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mercoledì 27 ottobre 2010

due film da ricordare

il bambino con il pigiama a righe (The Boy in the Striped Pyjamas) è un film del 2008 diretto e sceneggiato da Mark Herman, adattamento per il grande schermo dell'omonimo romanzo di John Boyne.

Bruno è un bambino tedesco di otto anni, che nel 1942, durante la seconda guerra mondiale vive una vita agiata e confortevole in una bella casa di Berlino. Suo padre Ralf è un ufficiale nazista autoritario che, dopo una promozione, si trasferisce con la famiglia in campagna per incarichi di lavoro. Bruno non è affatto contento di questo trasferimento: deve lasciare la sua bella casa e i suoi amici. Nella nuova casa non ha nessuno con cui giocare; in più sua mamma gli proibisce di "esplorare" i dintorni, vietandogli anche solo di andare nel giardino sul retro. Dalla finestra della sua camera, però, Bruno vede ogni giorno delle persone all'interno di un recinto, tutte uguali e vestite con un "pigiama a righe". La mamma, a disagio di fronte alle sue domande, gli lascia credere che siano "contadini" al lavoro in una "fattoria". A Bruno però viene espressamente vietato di andare alla fattoria per giocare con i bambini che si trovano lì, perché sono "strani" e "diversi" da lui.

Intanto a casa di Bruno arriva un nuovo tutore, che educa lui e la sorella maggiore Gretel di 12 anni secondo l'ideologia nazista. Gretel, affascinata anche da un giovane tenente delle SS, Kotler, comincia ad aderire a questa ideologia; Bruno, invece, non riesce a capire perché gli ebrei debbano essere considerati cattivi, anche perché Pavel, un prigioniero ebreo che lavora in casa, è molto gentile con il bambino. Finalmente Bruno scopre il modo per "evadere" da casa e si lancia nell'esplorazione del bosco vicino, fin quando non arriva alla tanto agognata fattoria, in realtà un campo di concentramento, dove conosce Shmuel, un bambino ebreo rinchiuso nel campo che diventa suo amico.

Un giorno, Bruno scopre di poter passare sotto il filo spinato che lo separa dal campo, e si offre così di aiutare Shmuel a trovare il suo papà, che non vede da tre giorni. Shmuel procura un altro "pigiama" e Bruno, mimetizzato, entra nel lager. Ad un certo punto scoppia un gran trambusto: le guardie armate di bastone spingono gli ebrei e li fanno entrare in un edificio di cemento. Dopo essersi spogliati pensando si dovessero fare una doccia, Bruno e Shmuel, tenendosi per mano, vedono aprire una botola sul tetto dell'edificio da dove entra lo zyklon B. Quando il papà di Bruno arriva alla camera a gas c'è solo silenzio: la loro morte è già giunta.

Temple Grandin (Boston, 29 agosto 1947) è una professoressa associata dell’Università Statale del Colorado ed una delle personalità più famose nel mondo affette da autismo. La Grandin è molto nota anche per la sua attività di progettista di attrezzature per il bestiame.

Da questa storia vera è stato tratto un film di Mick Jackson del 2010, con Claire Danes, Catherine O'Hara, Julia Ormond, David Strathairn, Melissa Farman, Barry Tubb, Cherami Leigh, Tamara Jolaine, Charles Baker, Blair Bomar.

due serate di fila così "impegnate", sul tema dei figli e l'essere umano, la sua possibile cattiveria; molto da pensare, ma prima bisogna digerirli... vedeteli se potete.. ne vale realmente la pena...

martedì 26 ottobre 2010

más fotos de Colombia





a caballo llegando en la comunidad Chiles. Las otras son en Ipiales, con Rosa, en la holla comunitaria, y con todo el grupo, al márgen de la Shagra

recuerdos de Colombia




la primera foto es con Tito, un líder de los Arhuacos de la Sierra Nevada

la segunda es durante la "limpia" en el resguardo de Chiles

y la de arriba es con el equipo local al márgen de la laguna La Cocha, en pasto

sabato 23 ottobre 2010

Quarantottesimo libro 2010: Le livre d'un homme seul - Gao Xingjian

Le Livre d’un homme seula été écrit de 1996 à 1998, en France, pays dont Gao Xingjian, réfugié politique depuis 1988, a acquis la nationalité en 1998 et où lui a été décerné en 2000 le prix Nobel de littérature.

Le Livre d’un homme seul est le récit qu’un homme fait de sa vie, les cinquante années qu’il a vécues en Chine, son pays natal, et son arrivée à Hong Kong, avant Stockholm, Sydney, New York et la France.
Deux chronologies y sont à l’œuvre, et de chapitre en chapitre se poursuivent, s’enchevêtrent, se croisent, s’éloignent et se rapprochent : la longue temporalité des années chinoises et le présent qu’inaugure l’exil. Deux narrations qui commencent en parallèle pour deux vies successives : la vie de l’enfant tel qu’il se tenait sur une photographie jaunie, perdue, où figuraient les treize membres de sa famille ; la vie de l’adulte qui, durant cette première nuit passée dans un hôtel de Hong Kong, baisse par précaution les stores comme s’il avait encore quelque chose à cacher ou à craindre.
Partir. Ecrire. Ne rien oublier.

Ricetta Xuor: Frangipane (Galette des Rois)

Préparation : 15 min
Cuisson : 40 min (four à 180: altre ricette consigliano 200 gradi: Xuor dice mai temperature così alte per pates brisees et/ou pates feuilletees)

Ingrédients (pour 6 personnes) :
- 2 pâtes feuilletées
- 140 g de poudre d'amandes (+ sono meglio è, quindi abundant cuam deficere)
- 100 g de sucre (8-10 cucchiai)
- 2 oeufs
- 75 g de beurre mou (quasi liquido è meglio)
- 1 jaune d'oeuf
- 1 fève

Préparation :

Etaler et placer une pâte feuilletée dans un moule à tarte, piquer la pâte avec une fourchette.

Dans un saladier, mélanger la poudre d'amandes, le sucre, les 2 oeufs et le beurre mou.

Placer la pâte obtenue dans le moule à tarte et y cacher la fève.

Recouvrir avec la 2ème pâte feuilletée, en collant bien les bords (passare un po' di tuorlo sul bordo e questo facilita l'incollatura).

Faire des dessins sur le couvercle et badigeonner avec le jaune d'oeuf.

Enfourner pendant 30 à 40 min à 180°C (thermostat 6-7); vérifier régulièrement la cuisson !

giovedì 21 ottobre 2010

Santos subito?

La vita (penso a quella professionale) a volte è proprio strana. Per chi si occupa dei temi come i nostri, fame nel mondo, riforme agrarie e conflitti legati alle terre, mai ci saremmo aspettati che questi venissero priorizzati da un Presidente eletto sulla scia di un continuismo con una politica militare, di destra molto dura, come quella che era stata implementata dal Presidente Uribe negli anni scorsi in Colombia.

In America latina ci si aspettava molto da governi classificati come progressisti, e vediamo tutti come i risultati siano piuttosto magri da questo punto di vista; ed ecco che ti appare la questione terra, pensando in particolare alle persone desplazadas dalle loro terre e dalle loro comunitá, da parte della Presidenza Santos.

Ci pare importante ricordarlo in questo blog fin da adesso, perché lo scetticismo è ancora grande, molti (che non hanno votato per lui) si chiedono quanto ci creda realmente, fin dove vorrá andare avanti e fin dove lo lasceranno andare.

Per questioni professionali seguiremo questo tema e questo paese. Ma il punto da sottolineare è come sia necessario essere aperti alle novitá e cercare di approfittare delle opportunitá che si aprano, come è questo caso. Tutti sappiamo che regolare la questione terra, in un paese dove il trend va esattamente in senso contrario, verso maggior concentrazione in sempre meno mani, non sará una cosa facile. Si spara ancora molto, le mine sono ancora un problema endemico cosí come le bande di paramilitari che insanguinano il paese.

Nel mondo intero, come si è ascoltato la settimana scorsa durante i dibattiti sul Comitato di Sicurezza Alimentare alla FAO, la questione dell’accaparramento delle terre diventa ogni giorno di piú un problema di difficile gestione. Sempre piú terra in sempre meno mani, gente cacciata via da casa sua per far spazio agli agrocarburanti e tutto questo senza una sola speranza che questo modello possa servire a ridurre la fame e la povertá. Anzi, sappiamo da decenni oramai che questo modello ci porterá dritti contro il muro. Quindi qualcosa dobbiamo fare, cominciare a pensare, ad alleanze, a testare sul terreno la costruzione di nuovi tessuti sociali, ripartendo dal basso, con la pazienza del certosino. Processi lunghi, per i quali nessuno conosce la fine, e nessuno puó garantire che andranno a buon fine, ma almeno dobbiamo provarci. E questo con le orecchie e gli occhi aperti, perché a volte le sorprese arrivano da dove meno te le aspetti.

Adesso sta a noi prepararci per raccogliere questa sfida e proporci come dei possibili alleati in un programma di governo tremendamente complicato.

Torneremo su questo piú avanti….

domenica 17 ottobre 2010

Colombia: tierra: per capirne di +

Per chi non é pratico di Colombia, forse non é facile capire quanto il tema terra sia strutturalmente importante per riportare la pace. Metteró un po´ di articoli recenti apparsi nei media colombiani, in spagnolo, sperando che aiutino a capire il problema.

quesrto viene da El Periodico, datato 10 ottobre.

El gobierno titula tierras

El gobierno del Presidente Santos hará una especie de reforma agraria, distinta a las conocidas en el país. Empezará con la titulación de tierras, según explica el Ministro de Agricultura, Juan Camilo Restrepo:

El 55 de los predios rurales que se trabajan son informales. Quienes los explotan no tienen títulos plenos de propiedad. La tenencia de la tierra es bastante informal y trae problema para acceder al crédito, a una hipoteca, al subsidio oficial. Una de las maneras de promover el bienestar de la gente del campo es poder facilitarles su titulación.

Empezamos el proceso en el departamento del Guaviare. Estamos hablando de un millón 300 mil predios sin títulos. El gobierno esperaría que un tercio de esos predios se puedan formalizar en este cuatrienio.

El gobierno sacará un dinero, y vamos ir de la mano con las gobernaciones, y las alcaldías, para que haya cofinanciaciones. También habrá cooperación internacional. Esta es una herramienta para modernizar al campesino.

La política de tierras que está planeando el gobierno es muy distinta a la practicada en Colombia. Se creó el Incora, compró y expropió tierras, y las adjudicó.

La reforma agraria no tiene ahora ese corte. La política de tierras tiene 2 ejes, el de la titulación de quienes ya están ahí trabajando. Y por otro lado la restitución de tierras, a aquellos que fueron despojados en los últimos 20 años.

La complicada restitución de tierras

Los problemas mayores estarán en la restitución de tierras, admite el Ministro. Y el gobierno está listo a dar muchas batallas…

Algunas de estas restituciones se pueden dar por vía administrativa. Pero la mayoría tiene que ser por la vía judicial y por esa razón se ha presentado un proyecto de ley que esperamos empiece a movilizarse esta semana.

El proyecto de ley crea una jurisdicción agraria especial y el Estado irá de la mano con el despojado de la tierra, con quienes están en las listas, y han declarado que les arrebataron las tierras. Pero no basta con su declaración. El Estado acudirá a los catastros de hace cinco y diez años… y una vez se demuestre que ese predio fue despojado, el Estado asume la prueba para que el campesino vaya ante un juez agrario en la jurisdicción especial. Ese juez pedirá la restitución del título de propiedad.

Es un operación de gran aliento social y político. Se calcula que 500 mil familias fueron despojadas de sus tierras y esas tierras, en un cálculo muy conservador equivalen a dos millones de hectáreas.

Estupefacientes, el Triangulo de las Bermudas

El Ministro Juan Camilo Restrepo es muy critico sobre la gestión de la Dirección Nacional de Estupefacientes y el manejo que le ha dado a miles de hectáreas decomisadas a los narcotraficantes…

Las tierras que tiene la Dirección de Estupefacientes son muchas, más de 530 mil hectáreas de las mejores del país, que les incautaron a los narcotraficantes o fueron entregadas en desarrollo de la ley de Justicia y Paz .

Esas tierras han entrado a estupefacientes para ser administradas o mal administradas y entraron a un “triángulo de las Bermudas”. Entran decenas de miles de hectáreas pero no sale ninguna. Entonces vamos a sacar de ese triangulo de las Bermudas las tierras que ya pasaron por la extinción de dominio, listas para adjudicarlas y esa será la cuota inicial para comenzar con esta política. No se están comprando predios, se está utilizando un banco de tierras que tiene el Estado, como cuota inicial.

En la primera reunión con estupefacientes quedaron de sacar 100 mil hectáreas sobre las que ya hay extinción de dominio para adjudicarlas en esta primera fase.

El Ministro considera “defectuoso” el manejo que le ha dado la Dirección de Estupefacientes a las tierras incautadas…

Es cierto. Yo critico el manejo realizado. Allí han llegado cerca de 530 mil hectáreas de las mejores tierras del país y han sido manejadas muy defectuosamente. Algunos dicen que ha habido focos de corrupción y el país lo sabe, eso no es ningún misterio.

Cuando hablamos de 530 mil hectáreas estamos hablando de decenas de miles de fincas, 40 o 50 mil. El emporio Grajales es una de las más importantes empresas frutícolas del país. Independiente de la historia y de las andanzas de sus dueños, hoy es un empresa en poder de estupefacientes y no tiene una buena gerencia. Han ido quedándoles mal a los proveedores, tiene problemas laborales y sería una lástima que semejante empresa agrícola se llegara a acabar. Es una mala administración por parte del encargado y de Estupefacientes, por los mecanismos que usa.

Es obvio, le pregunto, que el ambicioso programa ya tiene enemigos grandes…

Hasta el momento ha habido una buena acogida, pero no faltarán francotiradores encubiertos que van a lanzarle todo tipo de pedruscos a estos proyectos, porque tocan intereses creados, inconfesables y violentos.

En Urabá, en una reunión para las primeras restituciones de títulos a algunos de los despojados de las tierras, esa misma noche asesinaron a uno de los postulantes. Al gobierno no se le escapa que tiene dificultades jurídicas, administrativas y enemigos que cada vez serán más vociferantes.

El gobierno Santos considera que la sociedad colombiana tiene una inmensa deuda con la historia, con el derecho nacional e internacional y con la ética consistente. Hay que acelerar el proceso y hacer lo posible para que los despojados de las tierras las puedan recuperar.

¿Y qué pasa cuando la tierra está en poder de políticos y personajes de importancia nacional, que seguramente la compraron de buena fe?

Si se compró la tierra de buena fe -y eso se comprueba en el proceso- la ley prevé que la tierra se le reintegra al dueño original. Mientras tanto el tenedor recibirá el valor comercial de la tierra que se le está devolviendo al despojado.

Somos consientes que las tierras pueden estar en manos de parlamentarios y otra gente adquirente de buena fe. Por eso hemos previsto la figura de la indemnización. De lo contrario sería ponerle una bomba de tiempo, de malestar, que se juntaría a lo muchos problemas que ya tiene la sociedad colombiana.

Colombia: En una semana el Gobierno comienza la restitución de tierras

dal giornale El Tiempo:
El anuncio fue hecho por el presidente Juan Manuel Santos, este sábado en Santa Marta.

Los campesinos que fueron despojados de sus tierras por los grupos paramilitares recibieron la noticia que llevan años esperando: a partir de la próxima semana el gobernó nacional iniciará el proceso de restitución de las propiedades que les fueron arrebatadas.

El anuncio fue hecho por el mismo presidente Juan Manuel Santos al inicio de la décima jornada de Acuerdos para la Prosperidad, en la capital del Magdalena.

"La mayoría de esas tierras son tierras que hemos incautado del narcotráfico. Algunas son tierras emblemáticas alrededor de las cuales se ha discutido mucho, pero nosotros ya tenemos la decisión firme de iniciar ese proceso", dijo el mandatario.

Santos se comprometió con los campesinos colombianos despojados de sus propiedades que su gobierno se las devolverá, asegurando que ya cuentan con las herramientas legales para iniciar este proceso, y confiando que la Ley de Tierras que cursa en el Congreso de la República facilitará aun más la entrega de los predios.

"A los honorables senadores y representantes: ustedes entienden la importancia de esta Ley de Tierras, pero tenemos los instrumentos para que por lo menos en esta primera fase lo podamos hacer sin la ley. La ley va a facilitar continuar con el proceso, pero en esta primera fase tenemos los instrumentos para iniciar el proceso", puntualizó Santos.

Continua dunque la gran sorpresa di questa Presidenza; eletto nel seno del continuismo al uribismo, il Presidente Santos si é smarcato subito su una delle questioni piú delicate del paese: la terra.

La violenza, il conflitto armato in Colombia sono figli di questo "despojo" realizzato contro i campesinos. Una vera e propria contrareforma agraria che ha portato ad ingrossare le favelas delle cittá di migliaia e migliaia di famiglie scappate dalle zone rurali. Da un lato la guerra fra gruppi guerriglieri e l' esercito, e poi l'arrivo dei paramilitari, alleati sia al governo che ai grandi proprietari terrieri; scaccciando la gente hanno recuperato, illegalmente, le loro terre. La cosa strana é che i para hanno infiltrato la politica, lo stesso cugino dell'ex presidente é sotto inchiesta, cosí come vari altri parlamentari e pezzi grossi. Il presidente attuale viene da quel mondo per cui la soprpresa quando ha iniziato a dichiarare la prioritá per una riforma della terra in favore dei desplazados é stata, ed é, molto grande. Per il momento molti scontenti, soprattutto nei ranghi dell'uribismo, e molto scetticismo da parte degli altri, anche se timide aperture cominciano a mostrarsi.

La paura di molti, da cui lo scetticismo delle forze di sinistra, é che questo serva per "titolare" le terre despojade ai vecchi proprietari contadini i quali, senza mezzi di sostento, rivenderanno, legalmente questa volta, le terre a quegli stessi usurpatori di prima, cosí di fatto legalizzando il despojo.

Sta al Presidente e al suo Ministro dimostrare che non é questa la finalitá, e di sicuro il lavoro da intraprendere é molto duro e pochi vedono un futuro radioso. Noi ci siamo offerti di aiutare, usando l'esperienza che stiamo maturando in altri contesti simili.

Sicuramente le minacce avranno giá iniziato, dato che i primi 130mila ettari da restituire sono stati identificati e gli intestatari ai quali verrano tolte le terre (in quanto prestanomi dei Paras), non staranno con le mani in mano. Basta prire un giornale qualsiasi ogni giorno per leggere di morti e violenze che continuano....

stiamo a vedere...

Resguardos indigenas de Ipiales y Chiles, Nariño, Colombia


Venerdí siamo andati a conoscere queste due comunitá indigene di Pastuzos. Dopo la visita a Ipiales, frontiera con Ecuador, siamo andati a Chiles, accolti da una ceremonia tradizionale di benvenuto, per me e tutti gli altri della delegazione. Ci hanno accolti all'entrata del Resguardo, fatti salire a cavallo (erano 30 anni che non ci salivo) e cosí siamo stati accompagnati dalle autoritá, con alla loro testa la Gobernadora che vedete nella foto.

Il momento clou é stato quando ci hanno lavato delle nostre impurezze, ci hanno fatto inginocchiare, soffiato in faccia il flusso della vita e poi fatti camminare attorno al ciclo sacro.

Nessuno di noi se lo aspettava. Una moltitudine di persone erano lí, vecchi a simboleggiare la sabiduria, i giovani, future generazioni alla riscoperta dei valori della loro comunitá, donne e uomini tutti.

Li stiamo appoggiando con una terra comunitaria, una Shagra, che ha dimensioni simboliche per loro, il cuore della comunitá dove si scambiano le informazioni, si produce e si prendono le sementi per portare nelle loro parcelle familiari.

Progetto simbolico, importante in una delle zone piú violente del paese: le Nazioni Unite sono a fianco delle comunitá indigene per risollevare valori e costumi loro; riscoprire la diversitá, farne un elemento positivo di accettazione dell'altro, proprio lí dove, quando vedi la mappa della presenza di elementi violenti, ti tremano un po' i polsi. Ma bisogna esserci, e ci saremo.

Tierra de Nadie


In alto a destra trovate la localitá de El Charco: ecco, questa é la capitale della Tierra de nadie. Lo Stato non c'é, e gli unici che si fanno vedere ogni tanto sono quelli delle FARC. Qui é una delle zone future dove vorremmo andare a lavorare. Ma non nella parte bassa, verso la costa, causa infestazione di narcos, che usano la costa per far passare, via lance a motore rapidissime, contrabbando di tutti i tipi a partire della droga. Quindi bisogna spostarsi piú adentro, aguasarriba, dove le grosse lance non arrivano, ma dove la gente continua a morire di fame.

Certo che per arrivarci bisogna inventarsi qualcosa e ancor di piú per lavorarci... ma ci proveremo.

giovedì 14 ottobre 2010

rieccoci in Colombia

Domani mattina (oggi per chi legge) partiamo per il dipartimento del Nariño dove stiamo cercando di far funzionare un progetto con 4 agenzie delle nazioni unite dentro di una idea chiamata Finestra di Pace.

Per capirci, come mi hanno detto oggi, si tratta di una zona che, fino a pochi anni fa, era relativamente tranquilla. Poi le pressioni dello Stato, militari nella vicina regione del Putumayo, hanno prodotto il classico risultato dei vasi comunicanti: la produzione di coca si é spostata, entrando in forze nel Nariño che, avendo un accesso al mare, diventa ancora piú appetibile.

Le forze locali sono anche riuscite ad eleggere un governatore progressista, ex del M-19, ció nonostante la cruda realtá parla di gruppi residuali del ELN a cui disputano il territorio pezzi delle FARC e, sopra di loro, ben tre gruppi di neo-paramilitari: la ONG (Organizacion Nueva Generacion), il gruppo del Rastrojo e le Aguilas Negras. Nessuno ha la forza di eliminare gli altri, meno di tutti le forze statali, e quindi tutti sparano a tutti.

Noi arriviamo lí nella finzione che si tratti di una zona di post-conflitto (con la presidenza precedente non esisteva conflitto, per cui il massimo che accettavano era che tout va bien madame la marquise, avanti col post-conflitto.

Ogni organizzazione si arrangia come puó, dimostrando che le pratiche del liberalismo accattone pian piano entrano anche da noi: adesso domina il principio di ESTERNALIZZARE il rischio. Quando leggete della guerra in Irak o altrove, chi la fa sono privati, ingaggiati da compagnie che fanno il lavoro sporco in nome e per conto dei governi. Bene il principio é lo stesso: si contrattano delle ong, in modo che loro vadano a farsi vedere sul posto, in modo che la agenzia ONU possa dire che sta lavorando sul terreno quando in realtá sul terreno non civa, manda gli altri.

La congiura dell'ipocrisia. Poi capita che rapiscano le controparti colombiane. Richiesta di riscatti, minacce di morte, per loro e, novitá, anche per il pacchetto UN. Che fare? Andare o scappare? Essere o non essere avrebbe detot l'altro. Nel caso nostro, se non andiamo noi, UN, a cercare di aiutare un processo di pace che non vuol ancora chiamarsi cosí.. chi puó andarci?

Scappiamo e contrattiamo una ONG per fare il lavoro e poi facciamo uno studio euna pubblicazione? Molti collghi farebbero questo: la scelta piú facile.

Intanto andiamo a vedere domani e poi ne riparleremo.

Tempo fa ne parlavo con alcuni cari amici, che forse leggeranno queste righe. Il dilemma é che chi sta sopra di te non ti da mai delle direttive chiare; non ci sono compagnie aeree che arrivino fino alla zona piú esposta, anzi ce ne sono, ma non sono agreed dalle nazioni unite, per cui se vai chi rischia é la tua agenzia che timanda.. insomma tutto per non rischiare; meglio stare sulla terrazza a prendere il caffé... pensare a quelli che muiono di fame e intanto chiedersi cosa faremo stasera: cinema, teatro o cena fra amici? Questi intanto muoiono sul serio, le comunitá indigene ti chiedno di non andartene, lavorare assieme é roba complicatissima, le minacce per i nostri sul terreno ci sono, vere, non balle.

Onestamente a noi tocca ancora la parte facile: arrivare vicino alle zone a rischio, ma non andiamo nelle comunitá sulla costa; ma dovremo discutere e decidere qualcosa, intanto certi miei colleghi continueranno col caffé sul terrazzo. Discutere dei grandi sistemi, lontani da ció che succede sul campo, é tremendamente facile. Se un giorno voi o i vostri figli decideranno di mettere in gioco la loro vita per questi temi, ecco, l'unico messaggio che posso lasciar loro é quello di guardarsi allo specchio tutte le mattine, ed avere il coraggio per andare avanti.

Il vecchio (ma sempre abile) Francesco da Pavana continua a cantare: ... e ho ancora la forza ....

domenica 10 ottobre 2010

Quarantasettesimo libro 2010: Les traîtres - Thierry Bourcy



Printemps 1917. Troupes françaises et allemandes se font face autour du lac des Soyeux, près de Chamblay. Ce matin-là, un fantassin nommé Blaise Pouyard est retrouvé poignardé sur la rive du lac. Ce pourrait être un coup des boches, comme le pense le colonel Tessier. Policier dans le civil, ayant déjà mené des enquêtes au front, Célestin Louise est convoqué par le général Vigneron. Il le charge de découvrir la vérité sur le meurtre. L’officier appartiendrait aux services de contre-espionnage, semble-t-il. Célestin Louise demande à être assisté par le jeune Germain Béraud, qui a déjà enquêté avec lui. Le duo interroge d’abord Mélanie Lepouy, une fille du village employée dans une usine de vêtements. Elle ne pense pas que Lannoy, son ex-soupirant, de passage en permission, ait assassiné le soldat. Selon elle, Pouyard était tracassé par quelque chose dont il ne lui a pas parlé. Des traces sur la rive du lac donnent à penser que la victime a pu être témoin d’un trafic, avant d’être éliminé. Peu après, Mélanie Lepouy est découverte égorgée. Pour le colonel Tessier, ça concerne la gendarmerie.

Célestin estime curieux que la 27e compagnie, qui était cantonnée près de là, ait été déplacée vers une nouvelle affectation. À Luxeuil, l’État-major lui confirme que c’est une décision normale. Ce qui ne l’est pas, c’est qu’un camion fonce sur l’enquêteur, puis qu’un contact avec qui il avait rendez-vous soit abattu. Le duo récupère l’appareil photo de Mélanie, avec sa pellicule, chez le père de la jeune fille. Peut-être contient-il des preuves d’un trafic. On ordonne à la compagnie de Célestin et Germain de mener un assaut par le lac contre l’ennemi. Décision absurde, à moins qu’on ne veuille se débarrasser de leurs sections. Évidemment, le résultat est désastreux. Entre massacre et noyades, les deux enquêteurs s’en tirent vivants. Simulant leur disparition dans le lac, ils comptent poursuivre leurs investigations. Rejoindre la Somme pour interroger l’artilleur Lannoy, l’ex-ami de Mélanie, s’avère un périple bien compliqué en ces temps de guerre.

Quand Célestin et Germain sont repérés comme déserteurs par des gendarmes, ils parviennent à s’enfuir en volant un camion de munitions. Au PC où Lannoy est affecté, celui-ci apparaît peu suspect. Le duo se fabrique un faux ordre de mission et quelques autres documents afin de continuer. Ils se dirigent vers le Chemin des Dames, afin de rejoindre la 27e Compagnie. À Soupir, ceux-ci sont en première ligne du front. Les enquêteurs interrogent mine de rien les soldats, avant de participer avec eux à une attaque. Le duo est enlevé par surprise, et convoyé jusqu’à Paris. Ils s’aperçoivent qu’une de leurs pistes ne désigne pas un lieu, mais une personne…

S’il s’agit bien d’un roman d’enquête, le contexte apporte au récit une ambiance très particulière, forcément sombre. Car Célestin est un soldat comme les autres, entraîné dans cette gigantesque boucherie. À cette époque, le général Nivelle ne connaît que l’offensive, fatalement sanglante. On partage l’esprit des troupes en survie, obéissant malgré la stupidité des ordres. Célestin ne croit pas au hasard, c’est bien pour protéger un secret qu’on les envoie se faire tuer. Quand ses investigations se font clandestines, au risque de passer avec Germain pour des déserteurs, l’histoire en devient d’autant plus captivante. Il ne suffit pas de situer l’adversaire, encore faut-il l’arrêter. Les péripéties agitées se succèdent à bon rythme dans ce roman fort réussi.


molto bello.. nuovo autore scoperto per caso... lo consigliamo

sabato 9 ottobre 2010

Quarantaseiesimo libro 2010: Un homme heureux - Arto Paasilinna



L’ingénieur Akseli Jaatinen a été chargé de construire un nouveau pont dans le village de Kuusmäki, à l’endroit même où, pendant la guerre civile de 1918, une sanglante bataille a opposé blancs et rouges - épisode dont la mémoire continue de diviser les habitants de la commune, par ailleurs peu enclins à se laisser bousculer dans leur train-train. Dans ce milieu fermé, Jaatinen aura vite fait de s’attirer des inimitiés par ses méthodes peu conformistes. De bisbilles en provocations, les relations se tendent entre les notables locaux et le nouveau venu, qui se fait non seulement rosser et humilier, mais aussi finalement renvoyer de son poste d’ingénieur. Mais Jaatinen n’est pas homme à se laisser faire. Méthodiquement, il met en oeuvre une diabolique vengeance dont ses persécuteurs se mordront amèrement les doigts...

Les ponts que construit l’ingénieur Jaatinen sont une métaphore puissante de la solidarité entre les hommes, et sa quête du bonheur laisse entrevoir ce que pourrait être une humanité ouverte et soucieuse d’autrui.

gran bel libro e grande autore.... nei primi dieci dell'anno

mercoledì 6 ottobre 2010

Quarantacinquesimo libro 2010: Les croisades vues par les Arabes - Amin Maalouf


Juillet 1096 : il fait chaud sous les murailles de Nicée.
A l'ombre des figuiers, dans les jardins fleuris, circulent d'inquiétantes nouvelles : une troupe formée de chevaliers, de fantassins, mais aussi de femmes et d'enfants, marche sur Constantinople. On raconte qu'ils portent, cousues sur le dos, des bandes de tissu en forme de croix. Ils clament qu'ils viennent exterminer les musulmans jusqu'à Jérusalem, et déferlent par milliers. Ce sont les " Franj ".
Ils resteront deux siècles en Terre sainte, pillant et massacrant pour la gloire de leur dieu. Cette incursion barbare de l'Occident au cœur du monde musulman marque le début d'une longue période de décadence et d'obscurantisme. Elle est ressentie aujourd'hui encore, en terre d'islam, comme un viol.

Grande autore, ma stavolta é un po' lezioso... tanti troppi nomi, storie che non si approfiondiscono mai; buona partenza ma poi ci si perde e secondo me si rischia di dare un'immagine di un'insieme di popoli, gli abitanti di quelle regioni, solo e sempre in perenne lotta fra di loro. Mi ha fatto pensare a quei poveri contadini che, nei tre secoli raccontati dall'autore, hanno visto quasi una guerra all'anno, con razzie continue dei loro raccolti, morti, stragi e tutto il resto e, malgrado ció, sono sopravissuti ed hanno anche migliorato le tecniche produttive. Se ce l'hanno fatta in quel periodo, certo non sará adesso che spariranno..