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martedì 23 luglio 2019

Farfallì, l’economia classica e il vero volto dei fascisti anguillarini



Farfallì è morto. Non ricordo il suo nome anagrafico, ma tanto in paese questo è sempre importato poco. Molti, se non proprio tutti, avevano un soprannome che, a volte, si trasmetteva da una generazione all’altra come nel caso di Vito, “o nipote de Scricca tajò”.

Farfallì l’ho conosciuto poco, anzi pochissimo, ma è stato sufficiente per capire meglio questo paese dove vivo, nonché quanto ho scritto nel titolo del post. Nulla più di Farfallì per capire cosa fosse la famosa rendita di posizione che gli economisti classici come David Ricardo hanno insegnato a tutti i giovani studenti di economia. 

Il paese era essenzialmente agricolo, nel senso completo di agricoltura e pesca. La povertà dominava, così come il latifondo contro cui la gens anguillarina si era battuta fin dai primi anni del 900, con il sindaco alla loro testa. I lavoratori agricoli impiegati nei pochi latifondi che coprivano tutto o quasi il territorio che porta da Anguillara al mare, giù verso Terra di Lite per capirci, godevano di un diritto di spigolatura che permetteva loro di raccogliere le spighe disperse nei campi dopo la raccolta. A dirlo oggi sembra una cosa da poco o nulla, ma all’epoca quel grano faceva la differenza tra vivere e morire di stenti. 

Il grano doveva esser poi macinato, ed ecco la famosa rendita di posizione di cui godeva la famiglia Micheli, proprietaria dell’unico mulino in zona. Essendo costretti a passare da quella forca caudina, erano anche soggetti al prezzo che dal Micheli veniva fissato e che era, regolarmente più alto che qualsiasi altro molino data la posizione privilegiata. 

Questo trattamento ha fatto sì che un rancore profondo nascesse nella parte popolare contadina di Anguillara nei confronti di questa famiglia; rancore che aumentò ancor di più quando, per proteggere gli interessi degli agrari e contro la volontà popolare, la famiglia Micheli fondò il Partito Fascista in paese. Il binomio sfruttatori e fascisti non poteva essere più chiaro. Che poi negli anni recenti anche dei discendenti di quei contadini sfruttati si siano messi con la destra originaria del fascismo, conferma come l’alimentazione povera di proteine, la poca cultura e la chiusura mentale non possano produrre altro che l’eterno ritorno del male.

Farfallì lo conobbi durante i tre anni di nomadismo causati dal cantiere per il raddoppio della linea ferroviaria che costrinse noi lavoratori pendolari a trovare mezzi sostitutivi fra cui l’autobus che ci portava a Torre in Pietra per prendere il treno in arrivo da Civitavecchia e diretto a Roma. Fu così che, grazie a Enrico, venni presentato a Farfallì come “quello che ha comprato da Micheli, lì dopo Metenpippo”. Non c’era bisogno di tante spiegazioni geografiche per Farfallì che, incuriosito, volle sapere un po’ di più della mia storia e come mai fossi arrivato lì. Fatte le dovute spiegazioni, fu lui a dirmi la storia della sovrattassa Micheli per la molitura del grano e del rancore storico che questo aveva generato. Capii così meglio il perché il vecchio Micheli non volesse vendere agli anguillarini, così da non far vedere pubblicamente la sua disfatta economica e sociale. Ecco perché mise in vendita questo ultimo lotto delle sue terre a un prezzo stratosferico, per impedire qualsiasi offerta da parte di locali. Poi fu la dea bendata a portarlo a più ragionevoli consigli, nella forma di un enorme debito di gioco creato da uno dei figli, il che costrinse ad abbassare il prezzo finché non si fece vivo uno dei vispi anguillarini che da tempo voleva mettere le mani sopra Formelluzzo, la terra dove abito così si chiama. 

Noi arrivammo per caso, soprattutto per la volontà di mia moglie di trovare un pezzo di terra di almeno un ettaro dove poter pensare a un’economia di guerra quando la prossima crisi mondiale scoppierà, cioè tra non molto. Micheli fu ben felice di vendere a noi, stranieri, anche se in cuor suo lui gli stranieri non li voleva, come mi disse nel salottino d’attesa del notaio dove dovevamo firmare l’atto. Quando glielo feci notare, la nostra estraneità al paese, lui rispose col tipico argomento della destra fascista e pragmatica: si ma voi avete i soldi.


Farfallì è andato, forse verso sul cielo in cui lui credeva. Lo ringrazio qui, per avermi aiutato a capire meglio questa terra e questa gente che pian piano comincio a conoscere.   

sabato 20 luglio 2019

2019 L33: Leonardo Sciascia - Il giorno della civetta



Adelphi, 1961

Leonardo Sciascia pubblicò questo romanzo nel 1961. Allora, nelle parole dell’autore stesso, «sulla mafia esistevano degli studi, studi molto interessanti, classici addirittura: esisteva una commedia di un autore siciliano che era un’apologia della mafia e nessuno che avesse messo l’accento su questo problema in un’opera narrativa di largo consumo». La stessa parola mafia era usata con tutte le cautele e quasi di malavoglia. Eppure noi sappiamo che proprio in quegli anni avveniva la radicale trasformazione che spostò la mafia dal mondo agrario a quello degli appalti, delle commesse e di altre realtà «cittadine», non più regionali ma nazionali e internazionali.
Lo scrittore Sciascia irrompe dunque in questa realtà come nominandola per la prima volta. Basta leggere la pagina iniziale del Giorno della civetta per capire che essa finalmente cominciava a esistere nella parola. Sciascia sottopose il testo a un delicato lavoro di limatura, riducendolo ai tratti essenziali con l’arte del «cavare»: e, visto a distanza di anni, tale lavoro si rivela più che mai un’astuzia dell’arte. Qui infatti Sciascia ha scoperto, una volta per tutte, quel suo inconfondibile modo di narrare che non si concede ambagi e volute, ma fissa lo sguardo sempre e soltanto sulle nervature del significato, fossero anche in un minimo gesto o dettaglio. In questo senso, se Il giorno della civetta è diventato il romanzo più popolare di Sciascia, è anche perché lo rappresenta in una forma che, nel più piccolo spazio, raggiunge la massima densità.

A volte tornare indietro con letture marcanti come questa è non solo un piacere, ma una necessità storica. 
Sarà nella Top dell'anno.

venerdì 19 luglio 2019

2019 L32: Arnaldur Indridason - Cielo Nero


Guanda 2012

Nell'Islanda inebriata dai soldi facili della speculazione finanziaria chiunque si sente autorizzato ad arricchirsi, o perlomeno a indebitarsi per concedersi un tenore di vita che altrimenti non sarebbe in grado di permettersi. Ma presto la realtà bussa alla porta e Lina, segretaria di commercialisti, scambista nonché ricattatrice dilettante per ripagare le rate di casa e automobile, avrebbe fatto meglio a non aprire... Intanto Andrés, alcolista disadattato che sopravvive ai margini della società, cerca disperatamente di attrarre l'attenzione della polizia sull'uomo che per anni l'ha tormentato, devastando la sua infanzia e il suo futuro. Sigurdur Oli, uno degli agenti più fidati della squadra di Erlendur, è impegnato a indagare su entrambi i casi e si ritrova a mettere in dubbio sia la sua ammirazione incondizionata per quanti riescono ad accumulare enormi fortune sia il disprezzo viscerale per i falliti e i reietti. Passando dai bassifondi abitati da piccoli delinquenti - più patetici che pericolosi - allo sfarzo dietro cui si nascondono i crimini immateriali dei finanzieri, da paesaggi naturali di selvaggia bellezza a inattesi squallori metropolitani, lo sguardo impietoso di Sigurdur Oli osserva la decadenza morale di un paese che ha definitivamente perso la sua millenaria innocenza e, dopo aver sacrificato tutti i propri valori sull'altare di una corsa sfrenata al denaro, è sul punto di precipitare nel baratro di una crisi senza precedenti.

Si legge bene, anche se Sgirdur Oli non è il massimo della simpatia.

2019 L31: Peter May - L'île du serment


Actes Sud

De mémoire d'homme, aucun meurtre n'a jamais eu lieu sur l'île d'Entrée, située dans l'archipel de La Madeleine, à l'est du Canada, et peuplée par une poignée de familles d'origine écossaise pour la plupart. Jusqu'à cette nuit de tourmente où James Cowell est poignardé à mort. Sa femme prétend qu'un assaillant s'en est pris à elle avant de tuer son mari, mais tous suspectent cette épouse d'un couple vacillant. Tous, sauf Sime Mackenzie. Seul anglophone parmi les enquêteurs envoyés sur place, il éprouve un choc en découvrant Kirsty Cowell. Le sentiment irréfutable de la connaître depuis toujours. Isolé dans une équipe où œuvre comme spécialiste des scènes de crime son ex-femme Marie-Ange, meurtri par l'échec de son mariage, rompu par l'insomnie, Sime sombre dans un état second où la réalité se mêle à des rêves étranges, faisant ressurgir l'histoire de son aïeul, expulsé de l'île de Lewis dans les années 1850, au moment de la Famine de la pomme de terre. Avec la certitude folle que le destin de Kirsty comme le sien se sont noués là, quelque cent cinquante ans plus tôt, dans un amour interdit qui n'a cessé de brûler ni de hanter.
Le face-à-face entre le détective et la suspecte sur une falaise escarpée de l'île d'Entrée se superpose à l'image sépia d'une adolescente embrassée à l'ombre des pierres levées puis perdue sur un quai de Glasgow, dans le tumulte d'un navire qui déporte des milliers de misérables vers le Nouveau Monde.

Bello, anche se un po' lungo, dato che May ama dilungarsi sui paesaggi della sua memoria.