Visualizzazioni totali

sabato 30 maggio 2020

Rue Jean-Pierre Timbaud, Parigi

Ho appena terminato di leggere un libro intitolato Rue Jean-Pierre Timbaud, una strada di Parigi che conosco bene per averci vissuto e dove adesso vive anche mia figlia. La strada in realtà copre realtà molto diverse e quella raccontata dal libro riguarda essenzialmente la parte alta, verso la stazione Couronnes della metro, partendo dalla zona della Moschea Omar e andando su verso Belleville.

Il tema trattato è la sconfitta del modo francese di inserimento degli immigrati e del progressivo comunitarismo che si sta imponendo nella zona. In particolare, il ruolo nefasto degli estremisti islamici che non sembrano essere controllati da nessuna forza pubblica. Gli effetti sono una divisione etnica, linguistica e culturale che porta allo sbando il quartiere e che apre dei boulevards ai trafficanti di ogni tipo.

L’autrice, che ha scritto il libro per raccontare un po’ la storia sua e della sua famiglia, che hanno vissuto per anni in quella strada, si interroga molto sul senso di abbandono e di rifiuto della società “francese” che sta diventando dominante fra i giovani, alcuni dei quali tentati anche dalla guerra santa in Siria.

Molti anni fa, a metà degli anni 90, proposi di iniziare una riflessione alla FAO sul concetto di “periurbano”, a margine dei lavori di un altro gruppo che voleva occuparsi di agricoltura urbana. Il punto sul quale riflettemmo, assieme a un gruppo di lavoro coordinato dalla Facoltà di Agraria di Padova e con partecipanti misti sia di passaporto che di specializzazioni, era cosa dovessimo intendere per periurbano. Al di là della distanza geografica, ci parve evidente che fosse necessario riflettere sull’insieme di valori che faceva e fa “urbano”, cioè fin dove arriva l’attrazione della città e come questo decida, in varie forme, il modus vivendi e, nel caso agricolo, i sistemi di produzione dei contadini che, pur lontani, vivono in funzione di quel mercato. Queste riflessioni le abbiamo condensate in qualche articolo che potete trovare sul web, in particolare con l’amico Paolo Toselli.

Ma andammo oltre, e cominciammo a chiederci quanto può pesare il modello urbano, di fatto occidentale, proposto-imposto nei paesi del Sud, senza nessuna attenzione e rispetto per i valori locali, quasi come il “nostro” fosse l’unico modello possibile. Luci, musica, feste e ristoranti, giovani vestiti alla moda, molto rumore, tanti soldi in giro, fatti legalmente o no, questo è secondario, e poi il corollario di droga e violenze alle donne. Dietro questa veste quotidiana arrivano i “valori” dell’Occidente, il Dio Mercato, la Legge del più forte e, corollario religioso, il cattolicesimo nelle sue varie forme. 

Se volevi diventare moderno, quella era la strada. Volente o nolente molti ci hanno provato, strappando vecchi valori per buttarsi nella ricerca esasperata di cosa faceva moderno. Era già evidente allora quali potessero essere i rischi impliciti, soprattutto nel mondo islamico che avevamo di fronte nel Mediterraneo. La guerra civile in Algeria era stata il caso perfetto per chi avesse voluto capire. Una parte della società algerina ha semplicemente rifiutato l’imposizione del modello occidentale e, aiutata o sobillata da estremisti violenti, ha deciso di ribellarsi e dire basta. Lo fecero con l’arma democratica del voto, e vinsero le elezioni. Per noi europei, e per i francesi in particolare, fu un trauma immenso. Accettare che un movimento pericoloso, mezzo terrorista, arrivi al potere con le elezioni e si metta a guidare l’Algeria del petrolio e del gas che serve a noi europei, che pretenda di farlo in nome di una visione diversa della società e che noi non accettavamo a priori, ecco, tutto questo non era accettabile. E venne dato l’ordine all’esercito di sopprimere il Gia e i suoi adepti. Ne venne fuori una guerra, illegittima, che ha decine di migliaia di morti. Il Gia è scomparso ma non sono scomparsi i suoi epigoni e soprattutto è diventato chiaro al mondo musulmano che quella che si combatteva era una guerra per imporre “un” modello di sviluppo, quello occidentale e che non c’era spazio per niente altro.

Altrove nel mondo comunità religiose avevano fatto una scelta simile nel fondo, estraniarsi dal modello di sviluppo “occidentale”, ma siccome nell’immaginario collettivo non rappresentavano uno spauracchio, sono stati lasciati in pace. I casi più conosciuti sono gli Amish in America o i Menoniti in Bolivia.

Sarebbe stata un’occasione perfetta per riflettere sulla nostra incapacità di accettare la diversità, sulla violenza del nostro modello di sviluppo e sulla necessità, invece che violare le società del Sud, di riequilibrare e rafforzare quelle economie, partendo da quella agricola. Fare il contrario di quanto stavamo facendo da decine d’anni: proteggere le nostre agricolture e obbligare i loro mercati ad aprirsi, creando così masse di diseredati la cui unica via d’uscita era la migrazione. Ripensare il nostro modello culturale basato su guerre, “democrazia” controllata dalle banche e dalla finanza, religione cattolica secondo cui lo facciamo per “salvare” e “sviluppare” il terzo mondo…

Invece non abbiamo capito, e non capiamo ancora quale immagine proiettiamo di noi al Sud. Un’immagine che porta, inevitabilmente, alla separazione: il nostro modello costa troppo, a Madre Natura e a tutti quelli che ne sono esclusi; non è esportabile, ma noi continuiamo a crederlo, ed ecco che le reazioni si fanno sempre più dure ed arrivano ad infiltrare casa nostra. Non sarà con le armi che batteremo questo “terrorismo” o il comunitarismo di casa nostra. Ma ripensando a chi siamo in un contesto di una sola Madre Terra, da rispettare, per cui dobbiamo cominciare col condividere con gli altri, rafforzare quelle economie e rispettare quegli ecosistemi che sono fondamentali a tutti noi. Vabbè, forse sono le solite parole al vento…

venerdì 29 maggio 2020

2020 L26: Géraldine Smith - Rue Jean-Pierre Timbaud

Stock, 2016

En 1995, l'auteure et son mari, tous deux journalistes, s'installent dans le xxe arrondissement. La diversité de ce coin de Paris leur plaît. Leurs enfants vont à l'école de la rue Jean-Pierre Timbaud ? une école primaire catholique, mitoyenne d'un centre juif pour enfants handicapés et de la mosquée Omar, haut lieu intra-muros de l'islam salafiste. À travers eux, Géraldine Smith fréquente les parents : par exemple Bruno, ex-chanteur pour midinettes, compositeur de variétés ; la mère réunionnaise de Corenthin, agente des douanes ; le père de Jean-Moïse, chauffeur de taxi camerounais, résolu à sauver ses enfants des « mauvaises fréquentations », ou, encore, le père algérien de Massiwan, comptable au chômage et en panne d'espoir pour son petit garçon.Mais la France « plurielle » manque chacun de ses rendez-vous. En classe, des enfants nés à Belleville se perçoivent, et sont perçus, comme Algériens, Camerounais ou Marocains ; dans la rue, des librairies islamistes évincent le petit commerce, y compris musulman ; une organisation prosélyte pakistanaise, le Tabligh, recrute chez les jeunes ; les regards des hommes en qamis jugent les femmes aux bras nus ; une mère en survêtement de sport est traitée de « pute » ; la fille au-pair australienne se fait agresser au moment de l'invasion de l'Irak. En 2007, quand les Smith saisissent une opportunité professionnelle en Amérique, ils partent sans regret. Géraldine emporte avec elle le récit inachevé d'un échec. Depuis, régulièrement, elle revient, revoit ses amis, interroge la directrice de l'école, d'autres habitants de la rue, et continue à suivre au plus près la réalité du quartier.

Molto interessante, nei prossimi giorni scriverò un post su questi temi.

mercoledì 27 maggio 2020

La Francia, come sempre, al centro del mondo

 
Una volta ancora i francesi, questa volta quelli di “sinistra”, si ergono come centro del mondo presente e futuro. E, ovviamente, a parte confermare la loro prosopopea, dimostrano di essere lontani anni luce dal capire l’essenza della crisi che non è dovuta al Covid, ma al rapporto malsano instaurato da Homo Economicus contro la Natura.

Il documento appena pubblicato “Un monde à reconstruire” (https://france.attac.org/actus-et-medias/salle-de-presse/article/plus-jamais-ca-un-monde-a-reconstruire), si porta dietro una parte importante delle sigle che si vogliono progressiste. Una volta ancora manca completamente un’analisi della crisi agricola ed ecologica mondiale per cui, pur buttandola in caciara col titolo “un mondo da ricostruire”, alla fine si tratta sempre e solo degli interessi francesi. 

Tutto quel riguarda il terzo mondo così caro ai francesi, si limita al solito annullamento del debito e a proporre un fondo di aiuti. L’avessero detto 40 anni fa magari sarebbero stati interessanti, ma dirlo nel 2020 significa solo una profonda ignoranza dei meccanismi che creano la povertà nel Sud, distruggono le risorse naturali e perpetuano il ciclo capitalista di dominazione dell’uomo sulla natura.

Chi ha pazienza troverà questi temi analizzati in profondità nel mio prossimo libro in uscita a fine ottobre da Meltemi. Per il momento basti ricordare lo sviluppo disuguale tra agricolture del nord e del Sud (in senso economico e non solo geografico), che mette in competizione sistemi agrari con scarti di 1 a 500 di produttività netta, riuscendo a rendere poveri sia gli agricoltori del Sud geografico che del Sud europeo. A questo aggiungiamo i meccanismi di compensazione approvati dalla conferenza di Kyoto che permettono di distruggere le risorse naturali del Sud compensando in modi astrusi in altri posti. A questo si aggiunge il terzo canale di colonizzazione genetica per cui, non stanchi di prenderci le terre del Sud, le risorse naturali, adesso andiamo a prenderci direttamente i codici genetici che ci servono per ricostruire e metterci un trade mark, dei prodotti per le nostre industrie (chimica, farmaceutica, bellezza e compagnia bella).

Se non si attacca il cuore di questi attacchi, noi possiamo continuare a menare il torrone per far ripartire le nostre economie, ma questo non produrrà un mondo, ma il solito mondo vecchio alla salsa “progressista”. Spiace che tanta brava gente si sia lasciata imbarcare in questo tipo di iniziative, che sicuramente arriverà fra poco anche in Italia, senza base storica e quindi senza costrutto.

Il mondo post-covid sarà ancora peggio del pre-covid se queste sono le analisi che vengono proposte da sinistra. Quella francese, dato che quella italiana non riesce nemmeno ad iniziare a pensare.

martedì 19 maggio 2020

2020 L25: Fred Vargas - Un lieu incertain


Viviane Hamy 2008

Adamsberg part pour trois jours de colloque à Londres.
Estalère, le jeune brigadier, et Danglard - terrorisé à l'idée de passer sous la Manche - sont du voyage.
Tout devait se passer de manière aérienne et décontractée, mais un événement macabre alerte leur collègue de New Scotland Yard, Radstock.
Clyde-Fox, un original local, lui parle du vieux cimetière de Highgate.
Des chaussures - avec des pieds dedans - font face au cimetière, "un des cimetières romantiques les plus baroques de l'Occident," un lieu macabre, gothique, unique.
Tandis que l'enquête anglaise commence, les français rentrent au pays, et se retrouvent confronté à un horrible massacre dans un pavillon de banlieue.
De fil en aiguille, Adamsberg, avec l'aide de Danglard, remonte une piste de vampires, et de tueurs de vampires, jusqu'en Serbie.

Ripreso in manodopo alcuni anni: ancora più bello della prima volta che lo lessi. Candidato alla Top.

martedì 12 maggio 2020

2020 L24: Francisco Coloane - Capo Horn


Super Pocket 1999

A Capo Horn due grandi oceani si scontrano in un incessante duello. I pochi uomini che si avventurano oltre l'estrema frontiera, dove finisce il mondo, ingaggiano una strenua lotta per la sopravvivenza contro una natura spietata e al tempo stesso grandiosa, sublime, apocalittica. Fuggiaschi, cinici gringos, mandriani, vecchi lupi di mare, sono i protagonisti di questi racconti di Francisco Coloane ambientati nella Terra del Fuoco. Ma sono anche gli animali a emergere da queste storie straordinarie dimostrando che solidarietà e vendetta non sono sentimenti esclusivi degli esseri umani. E questi ultimi, se sopravvivono alla desolazione e alla furia degli elementi, restano segnati per sempre dagli spazi infiniti e dalla libertà nella sua accezione assoluta.

Comprato più di 20 anni fa, questo libro mi ha pazientemente aspettato nella mia libreria. Di Coloane avevoletti i balenieri di Quintay, gran bel libro, e questo non è da meno. Penso sarà nella top dell'anno. 

2020 L 23: Lu Wenfu - Vie et passion d'un gastronome chinois


Piquier poche, 1996

Ce roman se déguste une serviette autour du cou. La journée commence bien. Invité à partager le petit déjeuner de Zhu Ziye, laissez-vous réchauffer par un bol de nouilles al dente, avec des crevettes sautées en accompagnement. Que diriez-vous d'un plat de rouleaux de poisson aux œufs de crevettes, à moins que vous ne préfériez une assiette d'oie braisée au marc de vin. Et si vous goûtiez plutôt ces tendres cœurs de légumes aux miettes de crabe ou ce jarret de porc confit au sucre glacé et ambré ? Ce sont quarante années de vie chinoise autour de la table qui sont évoquées ici, témoignant de la survie des traditions culinaires envers et contre toutes les turbulences des dernières décennies en Chine. En pénétrant dans l'existence de deux personnages ennemis que les circonstances ont réunis par mégarde, vous ne cesserez d'être tenus en haleine par la véritable héroïne du roman : la gastronomie. Pour elle le " capitaliste " Zhu Ziye sacrifie tout. Contre elle s'acharne Gao, moraliste épris de justice révolutionnaire. Ce livre a connu un grand retentissement en Chine et a donné lieu à une adaptation cinématographique.

Interessante, da leggere.

mercoledì 6 maggio 2020

2020 L22: Manuel Vazquez Montalbàn - Histoires familiales


Christian Bourgois, 1992

"L'Espagne décrite par Manuel Vazquez Montalban est surtout celle du début des années 80, de la démocratie encore mal assurée. II s'est fait, avec les enquêtes de son détective Pepe Carvalho, l'écrivain de cette période de transition.
Plantant le détective Carvalho comme "un homme qui interroge, qui observe, qui examine", avec tous les ingrédients du roman noir et les intermèdes gastronomiques auxquels il a habitué ses lecteurs, il bâtit des chroniques sans complaisance de l'Espagne contemporaine."

Tre racconti corti, chiari e concisi per inquadrare il nostro Pepe Carvalho. Libro consigliato.