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venerdì 17 luglio 2020

Economia di Francesco (e Clara)

 

Da varie settimane sono entrato a far parte del gruppo di appoggio a uno dei villaggi che sono stati organizzati per discutere dei vari temi legati all’economia del futuro, secondo le indicazioni di Papa Francesco. Si tratta di un’iniziativa diretta a promuovere discussioni e proposte da parte di un vasto gruppo di giovani (18-25 anni) che verranno poi presentate in una assemblea pubblica ad Assisi a novembre. Il Francesco di cui sopra è in riferimento a Francesco da Assisi, la cui frugalità, pensiero ed opere dovrebbero essere uno stimolo di fondo, assieme all’enciclica Laudato Sì di Papa Francesco. Delle persone più vecchie, come è il mio caso, sono state associate per condividere esperienze lavorative, riflessioni e idee, in modo da facilitare questo processo.

 

Grazie a un’amica cara insegnante alla Sapienza, il mio nome è stato proposto ed accettato. Una prima riunione mi ha permesso di ricordare come il mio potenziale apporto era legato alle esperienze di terreno, allo stimolo dato durane decenni a molti giovani stagisti, volontari, consulenti e, oggi, anche funzionari, della FAO. Ho anche spiegato la mia indipendenza di carattere e il rifiuto di sottomettermi ad autorità la cui legittimità sia dovuta a parentele e amicizie politiche e non a condivisibili idee sui temi dello sviluppo. Questo mi ha portato ad avere scontri continui con capi e direttori messi al loro posto per ragioni di ostacolo alle questioni agrarie, di mantenimento dello status-quo di dominazione del nord economico rispetto al Sud e di mancanza assoluta di volontà di dialogo e trasparenza.

 

La mia proposta era di condividere le riflessioni che ho elaborato nel libretto che uscirà a fine ottobre (La crisi agraria ed eco-genetica spiegata ai non specialisti, presso l’editore Meltemi) suddividendole in tre webinar intitolati, rispettivamente:

-       Where have all the farmers gone?

-       Selling Nature by the Dollar

-       Towards digital neo-colonialism

I titoli delle prime due prendono spunto da canzoni e dischi a me cari: Where have all the flowers gone? Di Joan Baez (https://www.youtube.com/watch?v=PSE03QVnXg0) e Selling England by the Pound dei Genesis (https://www.youtube.com/watch?v=E-jS4e3zacI).

 

La prima presentazione era riferita alle origini moderne del meccanismo di sviluppo agricolo del Nord del mondo, chiaramente inspirato al modello del farmer nordamericano e come, grazie a scelte politiche ed economiche vietate ai paesi del Sud, si sia arrivati a far competere nello stesso mercato globale agricolture con produttività estremamente diverse (500 volte maggiori nel Nord) e con protezioni (sussidi, barriere doganali ecc.) che contribuiscono a distruggere le agricolture contadine del Sud. Tema complesso, difficile da ridurre a una presentazione di 30-40 minuti e soprattutto da semplificare in modo tale da renderlo comprensibile alle nuove generazioni che sono poco avvezze alla storia agraria e comparata (una materia che, nella maggior parte delle università di agraria, non si insegna neanche per scherzo – fatta eccezione per pochi studiosi, fra i quali voglio ricordare il mio mentore Marcel Mazoyer).

 

La seconda, tradotta in portoghese col titolo: Vende-se por dólar – A monetização da natureza, è stata realizzata ieri sera, essenzialmente per un pubblico di giovani brasiliani, molto attivi all’interno del villaggio Agricoltura e Giustizia (sottolineo la loro decisione di ampliare il titolo globale dell’iniziativa, da Economia di Francesco a Economia di Francesco e Clara – anche lei da Assisi e come Francesco fatta Santa – in modo da ricordare l’importanza del mondo femminile in tutte queste discussioni su agricoltura e giustizia). Questa presentazione era centrata sul secondo volano della crisi, quello ambientale, le cui origini posso essere datate dalla decrescita del tasso di profitto del capitale negli anni 60, la rottura del Gold Standard nel 1971 (il sistema di parità monetarie fra oro e dollaro -e altre monete ad esso legate), con una chiara accelerazione a partire dall’arrivo al potere di Reagan e, più vicino a noi, l’accordo di Kyoto e l’imposizione del tema dei Servizi Ecosistemici (e relativo pagamento) nonché dei vari strumenti finanziari (derivati, Swap, Cat bond ecc.) che hanno servito e servono per sottomettere il terzo mondo e le sue risorse al controllo del Nord.

 

L’ultima la faremo la settimana prossima, e su quella ritorneremo.

 

Nelle discussioni che hanno fatto seguito alle presentazioni, sono tornate, puntualmente, le domande ovvie su come organizzare una collettività di attori per battersi contro questo mondo e su quali forze politiche poter contare. 

 

Da parte mia, credo che sia necessario apprendere a dosare le nostre forze perché si tratta e tratterà di battaglie che dureranno anni e decenni. La preparazione del mondo attuale, resasi evidente a partire dal 1980 quando Reagan e Thatcher arrivarono al potere, ma in realtà iniziata ben prima, ha necessitato sforzi, risorse e un peso politico che il mondo capitalista e di destra aveva a disposizione, nonché un chiaro e unico obiettivo: mantenere alto il tasso di profitto e continuare a fare soldi, in un modo o nell’altro, anche a costo di mettere in pericolo la sopravvivenza stessa della razza umana. Dal lato opposto, anche se siamo tanti (come io credo), siamo divisi e disillusi e, soprattutto, abbiamo un evidente problema di rappresentazione politica. Restando a casa nostra, in Europa, è chiaro che i partiti e movimenti che si rimandano – chi più chi meno – alla sinistra (qualsiasi cosa intendiamo con questo), hanno difficoltà storiche a capire l’origine, la complessità e le ragioni di fondo dei meccanismi messi in atto per sottomettere il Sud. Credo sinceramente che nessuno degli attuali eletti, in gran parte dei paesi europei, non solo in Italia, abbia chiaro da dove venga la crisi agraria, la distruzione delle agricolture familiari nostre e quelle del Sud, le migrazioni e i conflitti crescenti. Le stesse agenzie delle Nazioni Unite, in primis la FAO, come ho potuto vedere dal di dentro durante questi anni, preferiscono girare alla larga da questi temi. Eco allora che solo pochi individui (e voglio qui ricordare e ringraziare il mio mentore interno, Josè “Pepe” Esquinas) hanno osato sfidare questi muri interni per cercare di portare avanti temi difficili, abrasivi e poco amati dai piani alti.

 

Ma non ci resta altra soluzione che continuare a batterci. Solo che questo necessita degli sforzi coerenti in materia di:

-       Studiare di più e meglio i meccanismi che ci hanno portato alla situazione attuale. Quindi più storia e più analisi comparate, materie che non si insegnano nelle università agrarie di solito.

-       Andare a sensibilizzare e spiegare il perché del mondo in crisi in cui viviamo alla “gente” comune, che non capisce facilmente da dove venga tutto questo (compresa la crisi attuale del Covid, ultima in ordine di tempo delle crisi agrarie dovute all’assalto selvaggio delle ultime riserve di risorse naturali)

-       Aprirsi e battersi per organizzare entità collettive dal basso, privilegiando le alleanze e lasciando perdere i giochi di potere a cui, troppo spesso, anche movimenti ben conosciuti (tipo la via campesina) si sono lasciati andare

-       Finalmente, bisogna battersi per entrare nelle istanze decisionali di organizzazioni, governi, partiti, ma non sulla base di quell’individualismo che ci insegnano da 40 anni, ma sulla base degli sforzi collettivi di cui sopra. Oggigiorno chi arriva nei posti direttivi di queste istituzioni ha dovuto abbassare i pantaloni talmente tante volte che non si può sperare in nulla di positivo.

 

Io sono ancora qua, come direbbe Vasco e, come canta l’altro Francesco, quello da Pavana, la mia parte ve la posso garantire (https://www.youtube.com/watch?v=QDZ9bZmA07Q).

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