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giovedì 27 ottobre 2011

L. 50: La mise à nu des époux Ransome - Alan Bennett



Présentation de l'éditeur

Un soir, en rentrant de l'opéra, M et Mme Ransome incarnation de la bourgeoisie britannique contemporaine pétrie de convenances et de snobisme retrouvent leur appartement cambriolé, ou plutôt absolument vidé. Tout a disparu, jusqu'aux plinthes et au papier toilette. Monsieur cherche les coupables, Madame, d'abord effondrée, se rêve finalement une nouvelle vie et, pendant que le couple tente de faire face avec flegme aux événements, le fragile voile des conventions se déchire et les masques tombent. Il va falloir manger, se laver, trouver du linge et affronter le monde extérieur, ce grand inconnu peuplé d'individus aux manières extravagantes - épicier pakistanais, grossier inspecteur de police, ménagère abrutie de télévision. A la clef, une révélation : le mode de vie des Ransome et ses fondements sont bien partis avec les meubles ! Un pastiche social très réussi qui au passage égratigne sans vergogne le couple et ses petits compromis.

Biographie de l'auteur

Alan Bennett est une star en Grande-Bretagne, où ses pièces de théâtre, ses séries télévisées et ses romans remportent un succès jamais démenti depuis plus de vingt ans. La Reine des lectrices, parue en 2009 aux Editions Denoël, l'a rendu extrêmement populaire auprès du lectorat français.

Priimo libro di Bennett per cui difficile compararlo con altri, uno in particolare (La reines des lectrices) che sembra essere il piú caustico. Storia breve, da un paio d'ore di lettura, un humour inglese (sará vero? speriamo...) una storia che fa sorridere e che passa leggera leggera....

L. 49: Acciaio - Silvia Avallone


Rizzoli - La Scala

Anna e Francesca, “tredici anni quasi quattordici”, vivono nei casermoni di cemento costruiti negli anni Settanta dalla Lucchini S.p.a., la grande acciaieria che ancora oggi dà pane e disperazione a tutta Piombino. Anna e Francesca, la mora e la bionda, sono bellissime e irriverenti, e soprattutto sono inseparabili. Ma quando Anna scopre l’amore e il sesso con Mattia, qualcosa si rompe tra le due, che verranno risucchiate nelle loro storie private, sole davanti a genitori buoni a nulla o assenti o violenti, e si riabbracceranno solo quando la vita le sottoporrà alle prove più crudeli. Nel suo sorprendente romanzo d’esordio, Silvia Avallone racconta una periferia che non sembra avere rappresentazione pubblica, un’Italia alla ricerca di un’identità e di un futuro che paiono orizzonti lontanissimi, irraggiungibili come l’isola d’Elba, bellissima e a poche miglia di mare: un paradiso a portata di mano che resta però inaccessibile.

Gran bel libro. Uno pensa che stia raccopntando cose da tredicenni ma dietor in realtá c'é lo svaccamento generale del nostro sistema industriale e dei legami societali che avevano fatto l'Italia. In questo periodo di crisi sempre piú nera questo libro sará ricordato anche nel futuro per la sua semplicitá e chiarezza. Entra nel top 10.

mercoledì 26 ottobre 2011

Ultimo Minuto - Scoop: Scoperto il testo della “letterina” di Berlusconi all’Unione Europea

Ecco di seguito il testo che il nostro inviato è riuscito ad ottenere dal cestino dell’immondizia di Palazzo Grazioli. Questo pomeriggio, una volta tradotta nelle 27 lingue dell’Unione, sará letta dal Cavaliere direttamente alla vera capa, la Merkel. La lettera è stata scritta personalmene dal Cavaliere (Cav) assistito dal fido Brunetta (B):

Cav: Signorina... signorina...
B: Dove sta?
Cav: Chi?
B: La signorina!
Cav: Quale signorina!? La Merkel?
B: Hai detto signorina?
Cav: E' entrata una signorina?
B: E che ne so! (Girandosi verso la porta) Avanti!
Cav: Animale! Signorina è l'intestazione autonoma, della lettera (riprende)...Ooooh! Signorina...Merkel
Cav: Non era buona quella "signorina" lì?... Signorina, veniamo, veniamo noi con questa mia addirvi …
B: A dirvi
Cav: Addirvi. Una parola! (con la mano indica a Brunetta che addirvi è una parola sola) Addirvi! Una parola!
B: (non capisce) A dirvi una parola
Cav: Che! Scusate se sono poche.
B: Che...
Cav: Che, scusate se sono poche, ma settecentomila lire, punto e virgola, noi, noi ci fanno specie che quest'anno, una parola, quest'anno c'è stato una grande moria delle vacche, come voi ben sapete! Punto! Due punti!! Ma si, fai vedere che abbondiamo. Abbondandis in abbondandum. Questi Euri servono, questi Euri servono che voi vi consolate. Scrivi presto!
B: Con insalata.
Cav: Che voi vi consolate!
B: Ah! Avevo capito con l'insalata.
Cav: (infastidito) E non mi far perdere il filo, che ce l'ho tutto qui.
B: Avevo capito con l'insalata.
Cav: Dai dispiacere, dai dispiacere che avreta...che avreta...che avreta (riflette sulla correttezza della parola) e già, è femmina, è femminile, che avreta perché... (guarda Brunetta interrogativamente) perché?
B: Non so!
Cav: Che è non so?
B: Perché che cosa? (Interrompendo la scrittura)
Cav: Perché che?? Ooooh!! Perché…dai dispiaceri che avreta perché… è aggettivo qualificativo, no?!
Perché dovete lasciare in pace il nostro Governo, che i Padrini che siamo noi, medesimo di persona vi mandano questo (alzando il pacchetto con le mani ), perche' il Governo e' un Governo che lavora, che si deve prendere una laura........
B: laura....
Cav: laura. Che deve tenere la testa al solito posto, cioe'....
B: Cioe'...
Cav: Sul collo. Punto, punto e virgola, un punto e un punto e virgola.
B: Troppa roba!
Cav: Lascia fare! Che dicono che noi siamo provinciali, che siamo tirati.
B: Ma è troppo!
Cav: Salutandovi indistintamente... salutandovi indistintamente... sbrigati!!! Salutandovi indistintamente, i fratelli Bersulsconi che siamo noi...apri una parente e dici che siamo noi, i fratelli Berlusconi.
B: ….
Cav: Hai aperto la parente? Chiudila!
B: Ecco fatto.
Cav: Vuoi aggiungere qualcosa?
B: Io, insomma, senza nulla a pretendere, non c'è bisogno....
Firmato: Il Cavaliere Nero

martedì 25 ottobre 2011

Haiti, piccole storie quotidiane



Parlavo le volte scorse degli eccessi che possono scoppiare così, di colpo. Un esempio è stato quando, pochi mesi fa, si è organizzata una distribuzione di riso, in una regione non colpita dal terremoto. Tutto questo avveniva negli uffici della direzione regionale dell'agricoltura. Nessuna lista di beneficiari e tutti lì a spingere e buttarsi addosso per accaparrarsi un sacco di riso. Pare succeda abbastanza spesso tanto che il PAM per un periodo ha anche smesso di fare le distribuzioni direttamente, lasciando l'incarico ai militari delle nazioni unite.

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Sono morti molti bambini a causa del colera. Pratica comune vuole che ci si rivolga a un curandero per una pratica di voodoo per risolvere questi problemi. Ovviamente i santoni voodoo non avevano la minore idea di come trattare il colera ed il risultato è stato da un lato i bambini morti e dall'altro una cinquantina di santoni voodoo ammazzati dalla gente inferocita che li ha ritenuti responsabili (di non saper curare la malattia, anche se erano stati pagati per quello). L'Unicef ha quindi organizzato dei corsi di formazione, corti e molto spicci, per spiegar loro come si trattava il colera in modo da evitare una carneficina. Pare abbia funzionato dato che non ci sono più notizie sul tema.

PS. Un esperto di cose haitiane mi dice di aspettarsi una recrudescenza del colera nei prossimi mesi. La campagna di prevenzione sembra limitarsi a qualche scritta per strada e qualche cartellone come quello che vedete nella foto (bisogna sempre bere dell'acqua trattata, in creolo). Staremo a vedere.

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L'auto del progetto ha avuto un incidente, tamponando una macchina che aveva rallentato. Niente male pensavano i colleghi tanto abbiamo l'assicurazione. Sbagliato, il giudice locale ha bloccato la macchina e sono iniziate le discussioni. La contraparte ha subito mandato degli avvocati, anzi degli azzeccagarbugli il cui unico scopo non era risolvere il caso ma mantenerlo aperto in modo da alzare il loro prezzo. Riunione dal giudice con lo scrivano che prende appunti a matita su un vecchio bloc notes. A quel punto deve passare tutto in bella copia e stampare il verbale. Scusa non è che hai 2 euro per andare a scrivere da uno che ha il computer con la stampante? La domanda era talmente strampalata che, essendo oramai ora di pranzo, la prendi per un invito a pagargli il caffè. Quello parte coi tuoi due euro... e torna 3 ore dopo, quando oramai la speranza di rivederlo era finita. E torna con una pagina scritta e stampata. La mostra al giudice, che la trova piena di errori di ortografia e la corregge. Orrore e adesso dove andrà a ristamparla? Lui prova a chiedere altri due euro poi, vista la faccia, parte mogio mogio.. e il mio amico dietro per capire dove stesse andando. A casa sua, perchè gli è rimasto un po' di inchiostro blu nella stampante: Mette la chiavetta USB nel suo computer, corregge e ristampa. E torna in tribunale, seguito dal mio amico con gli occhi fuori dalla testa. Il secondo esame stavolta lo fanno gli avvocati del tamponato e lì si scopre che la fantasia e i sinonimi in francese sono grandi come il Signore. Discussioni infinite e la giornata è finita, senza risultati. Macchina bloccata e arrivederci al giorno dopo. Il giudice ne approfitta per chiedere un passaggio in macchina perchèp altrimenti si trova a piedi. E una volta in macchina eccolo spiegare che insomma, con un po' di buona volontà (e vari bigliettoni) la cosa si risolverebbe subito e che lui vorrebbe tanto aiutare.
Il giorno dopo si scopre che lui è solo un assistente giudice, in fase di tirocinio e che il tamponato fa parte delle famiglie ricche che vorrebbero approfittare del tamponamento con una macchina nazioni unite per farsi un po' di soldi. Per fortuna è passato di lì il giudice vero al quale si è riusciti a spiegare tutta la storia, che le due parti hanno firmnato il verbvale e che quindi non ci sono ragioni di tenere bloccata la macchina. Pausa pranzo, telefonate e pazienza. E finalmente la macchina torna libera. Sono passati due giorni di tribunale normale in uno dei tanti Dipartimenti del paese. Questa storia è accaduta quasi all'inizio dell'anno e al giorno d'oggi le assicurazioni non hanno ancora finito di discutere.
PS. Sempre sulle macchine: una delle cose impossibili da ottenre sono le targhe. Un po' come succedeva in Costa Rica alcuni anni or sono. Forse con un po' di olio negli ingranaggi statali si riuscirebbe a risolvere il problema. Nel frattempo l'unico modo di lavorare è affittarle, care, da un monopolista nazionale.

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L'autista ti riporta in albergo e intanto parli con lui; e ti racconta che almeno ha uno stipendio fisso, mensile, ma che nonostante questo a casa non hanno l'elettricità e nemmeno l'acqua. Vari kilometri al giorno per andare a prenderla e lui deve farsi 45 minuti a piedi ogni mattina per venire in ufficio. Saluti da Port au Prince.

E con questo post chiudiamo questa missione haitiana.

venerdì 21 ottobre 2011

20 Ottobre 2011: tante ragioni per ricordarci questa giornata

Ragioni internazionali innanzitutto: Gheddafi, l’amico di Sarkozy, Berlusconi, Blair, Cooondoleeza Rice, Hillary Clinton e poi giú fino a D’Alema, Prodi e chi piú ne ha piú ne metta ha ricevuto la giusta paga e adesso riposa, speriamo non in pace, da qualche parte a Misurata. Non pace all’anima sua, ma l’animaccia de li mortacci sua…

In Spagna, notizia sorprendente, l’ETA rinuncia alle armi. Il dubbio resta finché non le vedremo sul serio, consegnate e distrutte, ma per il momento mettiamo anche questo nel conto positivo di ieri.

Mozambico: l’ENI annuncia aver trovato un enorme giacimento di gas nel nord del paese, cosa che dovrebbe far piacere non solo a noi italiani (si parla di sei anni di consumo per tutta l’Italia garantiti da quel giacimento) ma, speriamo, anche per i mozambicani…. Torneremo a parlarne in futuro…

Poi veniamo a cose di casa.. e non possiamo non citare la cosa piú incredibile che sia successa ieri a Roma: ha piovuto. Ora, noi tutti sapiamo che a Roma non piove e non nevica mai, per cui è inutile preparasi a queste eventualitá, avere un piano di emergenza, pulire strade e tombini.. perché spendere soldi per queste cose inutili? Tanto se poi succede basta dichiarare lo stato di calamitá… Li mortacci sua.. roba da dar ragione al Berlusca quando parla di un paese di ….

Finalmente abbiamo anche un (probabile) governatore della Banca d’Italia: persona seria, nulla da dire. Di questi tempi ne abbiamo bisogno con la crisi attuale che ci sovrasta. Speriamo che Visco abbia ascoltato Prodi l’altra sera sul TG3: 3-4 minuti di una chiarezza tale che mi chiedevo se stavo sognando (http://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=271426509564804&id=61555958157)

mercoledì 19 ottobre 2011

Haiti: Goudou goudou (à quoi tient la vie)


Hugues è un vecchio amico da oltre un quarto di secolo. Ci siamo visti per discutere del suo primo romanzo che uscirà a dicembre (Caporal Liméris - bello, ve lo consiglierò a gennaio con calma). Il discorso è andato sia al passato a tutti questi anni passati, ai sogni di cambiare il mondo o almeno Haiti, le molte delusioni portate a casa e le speranze che ancora ci animano.

Inevitabilmente il discorso è andato a finire anche sul terremoto (goudou-gougou in creolo). Gli ho chiesto come l'ha vissuto lui e la famiglia, dato che erano qui in città quando è successo.

Uscito dall'ufficio, chiusa la porta lasciando lì dei colleghi a lavorare. Arrivato al parcheggio e prima ancora di salire in macchina eccolo lì che arriba goudou goudou. L'edificio è venuto giù in un attimo e i suoi colleghi rimasti lì sotto. Due morti e tre feriti, amputati ma vivi. Il pensiero che corre ai figli, corri a casa e scopri che quel giorno era nato sotto una buona stella per lui e la famiglia: sua moglie aveva deciso di prenderli prima da scuola dato che aveva il pomeriggio libero. Loro a casa, in una zona che non è stata toccata, la scuola è crollata, tutta.

lunedì 17 ottobre 2011

Haiti: i perchè di una crisi


A volte bisogna guardarsi indietro e avere buona memoria per far chiarezza su problemi che sembrano insolubili. Haiti è un disastro, questo è sotto gli occhi di tutti, ma forse pochio ricordano che, fino alla fine degli anni 70, esisteva ancora un minimo di agricoltura contadina, povera, che come tutte le agriculture contadine di questo mondo faceva un po' di colture, un po' di agroforesteria e soprattutto dell'allevamento di pochi animali, in particolare maiali.

Alla frine di quegli anni, via un aereo arrivato d'Europa, entrò anche la peste suina, malattia sconosciuta negli Stati Uniti. Che c'entra questo con Haiti direte voi? Centra, perchè Haiti è maledettamente vicino allo zio Sam e la paura prese alla gola i decisori del ministero dell'agricoltura americano che, detto fatto, convinse il governo che l'unica soluzione possibile era quella di ammazzare tutti (tutti, non 95%, ma il 100%) i maiali che esistevano ad Haiti e in Repubblica Dominicana.

Con l'appoggio dell'IICA questo fu imposto e realizzato tra il 1978 e il 1982. Per Haiti e i suoi contadini fu un disastro totale, che probabilmente ha anche contribuito ad accellerare la caduta del dittatore Duvalier.

Gli americani, coscienti di aver creato un gran problema, decisero di porre rimedio e sostituire i maiali ammazzati con nuovi e più moderni. Maiali che uscivano non più dalla secolare selezione contadina, ma dai risultati dei centri di ricerca americani. Razze nuove che avevano bisogno di una cura particolare e di cibi di una certa qualità. Tutto quello che i contadini di Haiti non erano in grado di dar loro.

Il risultato fu che quasi la metà del mezzo milione di maiali introdotti dagli americani e dall'IICA morirono rapidamente. I contadini haitiani non hanno fatto altro che seguire l'esempio: mettersi a disboscare e vendere la legna trasformata in carbone, non essendoci altri modi per sopravvivere, così che da un lato ruscirono a rallentare la loro morte e dall'altra nel frattempo hanno pelato le montagne a livelli quasi irrecuperabili. Ecco perchè, senza una politica di ricapitalizzazione dell'agricoltura, gli sforzi per gestire le aree degradate non potranno portare risultati certi e sostenibili.

Haiti: 16 ottobre Giornata mondiale dell'alimentazione




Speriamo nelle nuove generazioni ....

domenica 16 ottobre 2011

Haiti: paysans, paysannes




Contadini che invecchiano, giovani che se ne vanno, terre che si degradano e società che si sfaldano. Simbolo di un paese allo sfacelo, il casino quotidiano dal quale non si sa come uscirne, un traffico caotico, tutti che vogliono passare sopra, sotto, di lato, tutti più furbi, ma sostanzialmente tutti soli. Se ne va la vecchia società rurale che riusciva a tenere assieme, bene o male, le famiglie ricche e la massa povera. Oggi la risposta è la stessa che troviamo a Lampedusa: nelle gambe e piedi dei giovani che se ne vanno, nelle famiglie che sognano solo che i loro figli riescano a passare la frontiera americana o canadese, le più ambite.

Anche in campagna è oramai così, non siamo nell'America Latina delle lotte contadine, qui La Via Campesina non ha peso, ognuno per sè, a farsi la propria organizzazione ma senza sogni, attenti solo a domattina. Non possono più pensare all'avvenire perchè l'avvenire è a Miami, Monreal, Ottawa, via da qui.

Pensare a una strategia per ridurre la degradazione delle risorse naturali sapendo che lo stimolo per restare non c'è, complica tutto. Non puoi fare sponda con organizzazioni contadine, e nemmeno con Partiti politici che sono dei pesi piuma nel panorama nazionale. Siamo nel medioevo, piccoli feudi elettorali dove ognuno pensa a sè, alla sua elezione e rielezione e negozia il suo voto direttamente col Presidente della Repubblica. Ecco perchè ci hanno messo così tanti mesi a formare un governo. Mille negoziazioni che dovranno continuare domani, e dopodomani e dopodopodomani ancora. Il tutto nella sola ottica dell'immediatismo.

E allora perchè questi vecchi contadini dovrebbero preoccuparsi del futuro? Chi glielo fa fare? Dall'indipendenza ad oggi è risultato chiaro a tutti che lo Stato haitiano non è in grado di risolvere il problema basico della proprietà fondiaria, in città come nelle campagne. Quindi la caccia è aperta: chi può si prende le buone terre e chi non può va a tagliare la legna per farne carbone. Illegale, come lo è in Etiopia e in qualsiasi altro paese, ma alla fame e alla povertà non puoi parlare d'illegalità.

Speranze? Boh, non pare ce ne siano molte, vedremo nelle prossime missioni se riusciremo a montare delle basi minimamente solide, altrimenti lasceremo perdere.

sabato 15 ottobre 2011

Haiti: Petit Goave e Leogane




Sulla strada che va al sud, abbiamo alcuni progetti in corso e siamo andati a vederli e parlare con la gente che vive lì. Per il momento metto solo delle foto dei paesaggi, così per avere un ricordo bello di questo martoriato paese.

L.48: L’empreinte du diable - Arthur Upfield


Au Chalet du Panorama, petite pension isolée de l'État de Victoria en Australie, les clients apprécient par-dessus tout le calme qui les entoure. Mais cette quiétude va être troublée par la découverte du corps d'un des clients, un certain Grumman. L'affaire se corse d'autant plus que les bagages de la victime disparaissent mystérieusement et que le premier inspecteur dépêché sur les lieux est assassiné par un gangster bien connu des services de police. Chargé par l'armée d'enquêter sur les agissements de Grumman, soupçonné d'être un espion allemand, l'inspecteur Napoléon Bonaparte prend aussitôt la situation en main... Entre des employés plus ou moins modèles, des pensionnaires aux inavouables secrets et une hôtesse au charme troublant, le flegme légendaire de Bony est mis à mal à plusieurs reprises. Heureusement, sa logique imparable et son sens de la déduction ne lui feront pas défaut durant cette mission à haut risque.

una lettura piacevole del famoso detective australiano.

L.47: Prestiti scaduti - Petros Markaris


Bompiani 2011

“Non c’è un uomo che abbia dei soldi in mano e che non abbia nemici, signor commissario.”

Caterina, la figlia del commissario Charitos, sta per sposarsi, e lui, per l’occasione, è talmente felice da aver deciso perfino di cambiare la sua storica auto: una Seat Ibiza con tanto di navigatore satellitare al posto della vecchia e gloriosa Mirafiori. Ma ecco che un omicidio inusuale turba quel momento di serenità.
L’ex direttore di una grossa banca viene trovato morto nel suo giardino, decapitato di netto, probabilmente con una spada. E non è finita: qualche giorno dopo, un altro direttore di banca, questa volta un inglese, va incontro alla stessa sorte: decapitato con un colpo netto. La seconda vittima è uno straniero, l’agitazione si diffonde.
Bisogna fare qualcosa, non c’è un minuto da perdere.

Ovviamente entra nella top ten. GRan libro, soprattutto in questo momento di crisi greca ed europea. Divorato in tre giorni qui ad Haiti. Leggetelo tutti!

mercoledì 12 ottobre 2011

JISKOBOU (fino alla fine, in creolo haitiano)



Sono ancora 600mila le persone che vivono nelle tende a quasi due anni dal terremoto. Le speranze di tornare a casa si spengono lentamente, al ritmo di una ricostruzione che non si è mai messa in cammino. Emblema di questo è il palazzo presidenziale. Crollato (parzialmente) su se stesso, è rimasto lì, in attesa che qualcuno si ricordi di lui. Per ricostruire le case e farle più solide bisognerebbe innanzitutto sapere a chi appartiene il suolo dove sono costruite e siccome tutto è stato fatto ahumma ahumma, l'unica cosa sicura è che nessuno fa nulla, a parte le stesse famiglie che, a mano a mano che riescono a metter via un po' di soldi, comprano un po' di blocchi, qualche rete di ferro e qualche tegola e ricominciano a ricostruire le stesse abitazioni di prima, pericolanti e aggrappate al nulla come le loro vite.

Siamo andati sul terreno a visitare una delle comunità con cui lavoriamo. Sementi per le colture orticole, piccoli attrezzi da lavoro, dei bacini per l'acquacultura che potrebbe portare non solo cibo in famiglia ma anche un po' di soldi dato che il pesce si vende bene e poi piantine per rimboschire un paesaggio lunare com'è l'Haiti delle montagne.

Essendo la legna l'unica fonte di energia, tutti hanno tagliato tutto e adesso il governo, i donanti, le ONG e le agenzie internazionali tutti quanti si preoccupano di ripiantare alberi. Ma con chi lavorano? Con le famiglie proprietarie delle terre, le uniche che possano investire oggi per un qualcosa di cui beneficieranno fra molti anni. Chiedo allora a un responsabile delle collettività locali quante siano le famiglie che non sono prorietarie e che devono prendere la terra con contratti di mezzadria annuale: la risposta è siderante, tra il 60 e il 70%. In questo giro ci accompagna uno dei notabili, delle 3 o 4 famiglie proprietarie della maggior parte delle terre e gli chiedo se non sarebbero disposti almeno ad allungare la durata dei contratti, in modo da stimolare anche le famiglie che affittano la terra a piantare e curare le nuove piante: la risposta la immaginate già: no, nemmeno parlarne!
Oggi è lunedì, si torna a scuola dopo la pausa delle vacanze, ed è anche giorno di mercato: le strade sono piene di gente, che circola, traffica, compra e vende, la vita insomma. Fa caldo, quel caldo umido, appiciccaticcio, col sudore che ti si incolla alla pelle. Anche la temperatura politica è alta, a ogni momento possono riesplodere disordini incontrollati per cui bisogna fare attenzione a dove e come ci si muove. Lentamente ma continuamente prosegue la discesa agli inferi: jiskobou!

lunedì 10 ottobre 2011

Port au Prince, continua




Continuando il nostro abecedario, un altro elemento ovvio del fare Sud è l'odore. O meglio gli odori, che si mescolano, diversi dalla mattina alla sera, fra rifiuti e cibo che viene cotto dappertutto, fogne a cielo aperto con cani che frugano dentro, quando non sono poveracci, esseri umani. Il cibo: non mangi quello che vuoi, ma ti adatti a mangiare quello che c'è, con una rassegnazione ovvia che ti porta a evitare verdure fresche per quanto appetitosa sia e riempirti di pasta e riso o panini. Necessità fisiologiche ti portano poi ai servizi igienici e lì è spesso un'impresa. Capisci subito che gli standards non possono essere gli stessi e che devi fare uno sforzo per imparare a vivere in queste condizioni.

E allora leggi qualche libro o articolo sul paese dove ti trovi, e le cifre ti stupiscono: reddito medio annuale di 330 dollari (cito una delle zone dove lavoriamo, giusto per dare un'idea) e allora pian piano cominci a capire che le acrobazie che devono fare sono sempre più difficili. Capisci che quando si svegliano la mattina ed escono da quello che eufemisticamente chiameremmo letto, hanno davanti una giornata di lotta, per sopravvivere. Dove trovare un po' d'acqua per lavarsi la faccia, un buco dove andare in bagno, e poi qualcosa da mettere sotto i denti e poi via a cercare i mezzi per tirare avanti. Raramente hai qualcosa di pianificato, devi sempre essere all'erta, per cogliere ogni minima possibilità. Se arrivi a sera avendo anche mangiato qualcosa è già parecchio, se poi sei anche riuscito a portare a casa qualcosa per gli altri meglio ancora. Chi non ha nulla sta lì, seduto sul muretto, ad aspettare qualcosa, cercando di non perdere troppe calorie, per cui tutto si fa al rallentatore.

Tu gli passi davanti in macchina e spesos non li vedi o non vuoi vederli perchè ti ricordano un mondo dal quale sei fuggito e al quale non vuoi tornare. Ma non puoi non vederli, non puoi non sentire quel caos, perchè è il nostro stesso caos, la nostra stessa povertà che vorrebbe tanto separare noi e loro, buoni e cattivi. Ma non è così semplice. Quelle tende sono lì perchè le case erano fragili, e le case erano fragili perchè non hanno soldi per metterci abbastanza ferro e quindi al primo scossone sono venute giù. Adesso le stanno ricostruendo, le stesse famiglie, non imprese specializzate, e vedi ritirare su le stesse strutture povere di prima.

Prepariamoci al prossimo terremoto e ai prossimi morti. Ma non diciamo che è colpa loro, che sono ignoranti e che dovevano imparare. I mezzi di controllo sociale oramai sono molto evoluti: il più semplice resta sempre quello di non dare abbastanza da mangiare, perchè senza calorie in pancia non vai a fare le rivoluzioni. Il più avanzato è quello di farci vivere a credito, in modo che, avendo sempre da rimborsare qualcosa, non possiamo permetterci ne scioperi ne lotte. E in un modo come nell'altro abbassiamo la testa. E quando la temperatura rischia di salire troppo, allora mettiamoci una setta religiosa in modo da recuperare quelle energie potenziali che potrebbero un giorno scendere in strada e spaccare tutto.

Pane e circenses era la strategia del romani, adesso si è solo evoluta ed ha preso dimensioni più globali. Port au Prince non è Haiti, è la Capitale, una delle Capitali, del mondo che ci attende domani.

Le foto sono della Cattedrale e lì vicino…

domenica 9 ottobre 2011

Per strada a Port au Prince, Haiti.



Tornando a casa stasera, nel mezzo del solito traffico incasinato, mi son chiesto come mai alla fine ti prenda questa sensazione di aver già visto gli stessi casini; ed ho pensato a quali siano questi elementi comuni che fanno Sud, nell'immaginario di molti di noi; il tutto per opposizione a ciò che fa Nord.
Partiamo dall'idea razzista che Sud sia terzo mondo. Questo ho voluto cercare, l'abecedario di cosa faccia Sud. Non che voglia aprire una discussione, ma semplicemente cercare dentro di noi cosa siano gli ingredienti che ci fanno dire, ecco, questo è il terzo mondo.

Allora cominciamo: strade sfatte, con buche enormi, improvvise che ti trovi davanti spesso quando è tardi per evitarle. Strade impolverate, dove vige la regola dell'ognuno per sè, per cui si sorpassa a destra o a sinistra senza logica, basta buttarsi tanto l'altro si fermerà o farà spazio. I segnali sono un opzional. Quelli che dovrebbero indicarti dove andare non ci sono mai, mentre quelli pubblicitari ci sono sempre. Magari di dimensioni enormi, a fianco di quelli più artigianali, uno sopra l'altro, in un carosello di colori, forme e stili che sembra di stare al museo di arte moderna.

Ti passa sulla destra una macchinetta che trasporta persone, dunque una specie di microbus, con la gente attaccata dietro, stretta peggio che nella metro giapponese, con facce rassegnate che tanto così è la vita.

Le luci, sul finire del giorno, sono anch'esse un opzional. Di colpo arrivi a un incrocio moderno, pieno di luci, semafori che ti sembra di stare a niuiorc, ma l'attimo dopo ti ricordi che non è vero dato l'assalto normale a cui sei sottoposto: tutti chiedono la stessa cosa, largent (tutto attaccato), i soldi, per elemosina o per i prodotti più strani di cui non avresti mai bisogno salvo che, vedendoli lì, improvvisamente ti viene voglia di comprarli: una scarpa numero 40, un ventilatore cinese, un pacchetto di biscotti e un' aranciata speriamo non aperta.

Riparti, con il solito tipo che ti ha superato da destra per poi svoltare di colpo a sinistra e il tuo autista, flemmatico, non lo manda nemmeno a quel paese, giusto un colpetto di klaxon. Comincia a piovere, poco, quel tanto che ti obbliga a far funzionare il tergicristalli che, ovviamente, è stato riparato l'ultima volta prima della guerra. A forza di smadonnare parte anche lui, così che la polvere accumulata sul vetro può essere sparsa su tutto il vetro, con un ottimo effetto nebbia marrone che porta a zero la visibilità. Nessun problema perchè tanto anche la velocità è scesa a zero. Tutti fermi. Ti vien da pensare che ci sia la polizia di mezzo, e magari è vero, ma le cause possono essere molte. Di fronte di arriva uno di quei camion più grandi di moby dick e allora pensi: se fossi in brasile o paraguay sarebbero pieni di legname, magari trafugato illegalmente dalle foreste; se invece sei ad Haiti devono essere i camion delle nazioni unite con tutti i macchinari che portano in giro per togliere i detriti del terremoto di due anni fa.

E' buio, in un attimo la luce è sparita come quando non hai pagato la bolletta e te la tolgono di colpo. Questo è l'effetto tropici. Capisci che il tuo autista è abituato a questo strano fenomeno che si ripete tutti i giorni, per cui non reagisce come farebbe uno straniero qualsiasi, accendendo i fari, ma con sana filosofia zen, aspetta... ma cosa aspetta direte voi .. ecco anch'io mi sono chiesto cosa aspettasse e alla fine, dopo averglielo chiesto e aver visto che in cambio accendeva sti maledetti fari giusto un attimo prima di schiantarsi contro una macchina che non aveva visto dato che il parabrezza è sempre quello di prima, ricordate la nebbia di londra?, ecco, allora ti dici che forse lui aspettava solo la tua domanda.
Guardi fuori, per far finta di niente e darti un contegno, e adesso che la velocità ha ripreso il suo ritmo normale (buche, rallentamenti, sorpassi, il tutto con risultato di far scendere a quasi zero la velocità), ecco che segui in diretta la vita sul marciapiede. Sì perchè i marciapiedi hanno una vita incredibile che si svolge sopra: chi ci vive (e ci muore), chi vende, chi cerca di passare indenne, poi capita un bambino che incrocia il tuo sguardo... e ti sorride.. e allora non puoi fare altro che sorridere anche tu.... questo è il sud.... e questi siamo noi, tutti.

domenica 2 ottobre 2011

L. 46: Hypothermie - Arnaldur Indridason


Editeur : Métailié
Publication : 4/2/2010

C’est l’automne. Maria, une femme d’une cinquantaine d’années, est retrouvée pendue dans son chalet d’été sur les bords du lac du Thingvellir par Karen, sa meilleure amie. Après autopsie, la police conclut à un suicide. Quelques jours plus tard, Erlendur reçoit la visite de Karen qui lui affirme que ce n’était pas "le genre" de Maria de se suicider. Elle lui remet une cassette contenant l’enregistrement d’une séance chez un médium que Maria est allée consulter afin d’entrer en contact avec sa mère décédée deux ans plus tôt, qui lui avait promis de lui envoyer un signe de l’au-delà. Aussi dubitatif que réticent, Erlendur lui promet d’écouter l’enregistrement tout en lui répétant que ni l’enquête ni l’autopsie n’ont décelé le moindre élément suspect. L’audition de la cassette le convainc cependant de reprendre l’investigation à l’insu de tous. Il découvre que l’époux de Maria a eu un passé agité, qu’il a une liaison avec l’une de ses anciennes amours, qu’il est endetté et que Maria possédait une vraie fortune. Une intrigue parallèle nous raconte l’histoire d’un jeune couple disparu lors d’une promenade sur le lac. Et nous avons enfin des informations sur la nature des relations d’Erlendur avec son ex-épouse, Halldora.
Le thème sous-jacent de ce roman est la question de la validité des histoires de fantômes dont les Islandais, souvent, n’excluent pas l’existence. Il pose aussi la question du deuil, un thème transversal dans l’œuvre d’Arnaldur.

forse il migliore fra quelli letti fin'ora di questo autore. Oltre la storia, interessante, il travaglio personale di Erlendur, i suoi rapporti complicati con i figli e con il resto del mondo, sono ben espressi in questo testo: melanconia e un fondo di tristezza accompagnano tutta la storia (o le storie in realtà).... bravo, proprio bravo!

sabato 1 ottobre 2011

Aforismi


inauguro oggi una micro rubrica, dedicata al gatto di casa, Tigre.

Chi pensa di esser troppo piccolo per cambiare il mondo non ha mai passato una notte chiuso in una camera con una zanzara

L. 45: Trois jours chez ma mère - François Weyergans



Grasset, 20005

Un libro che ha vinto il Goncourt in Francia e che ho trovato di là, senza ricordare chi l'avesse comprato. Letto con curiosità ma, mano a mano che andavo avanti, un dubbio mi è sorto: o i giurati del Goncourt sono degli intellettuali sopraffini a cui noi non arriveremo nemmeno dopo morti perchè geneticamente troppo lontani, oppure qualcosa non quadra.
Se uno lo legge senza conoscere la fama dell'autore e le pippe mentali che i francesi amano farsi, non arriverebbe mai alla fine. Non è un gran libro onestamente e forse la spiegazione del perchè gli abbiano dato il premio nel 2005 è che il superfavorito, Houellebecq, stava proprio sulle palle a tutti. Riprendo i commmenti fatti dal critico di Famiglia Cristiana che sottoscrivo in pieno.


Un romanzo sull’impossibilità di scrivere un romanzo. Una storia continuamente interrotta. Annunciato da anni a ogni rentrée, e sempre rinviato, era ormai l’araba fenice delle lettere francesi, un oggetto misterioso, di cui l’autore distillava le anticipazioni, creando attorno al suo difficile parto un’atmosfera di attesa che suscitava l’interesse dei critici e metteva in imbarazzo l’editore. Ora, invece, quando tutti cominciavano a dubitare della sua esistenza, il romanzo è arrivato nelle librerie. E, a sorpresa, ha vinto anche il prestigioso Premio Goncourt, battendo sul filo l’ultrafavorito Michel Houellebecq.

Trois jours chez ma mère di François Weyergans (Grasset, pagg. 264, euro 17,50) non è un capolavoro. E non è neppure il libro migliore dell’autore. È un pastiche di generi diversi, un racconto autobiografico tra il comico e il tragico, in cui troviamo tutte le ossessioni dello scrittore, dalla psicanalisi all’educazione cattolica mal digerita e ripudiata, dai giochi di parole all’erotismo spinto. Ma Weyergans è una specie di Woody Allen prima maniera, a cui tutto si perdona. Goffo, maldestro, ansioso, malato – sembra incredibile – di agorafobia e di claustrofobia nello stesso tempo, seduttore inveterato, capace di proporre micidiali calembours, ha il dono di suscitare simpatia, mescolando come pochi intelligenza e umorismo, sublimi considerazioni metafisiche e trivialità.

Nel libro precedente (Franz et François, Grasset, 1997), aveva fatto i conti con il fantasma ingombrante del padre, intellettuale cattolico di fama, critico cinematografico, autore – negli anni ’60 – di saggi sul valore della fedeltà nella vita di coppia e sulla santità del matrimonio cristiano. Ora, in Trois jours chez ma mère, Weyergans figlio mette al centro dell’intrigo una visita sempre rinviata alla madre novantenne che vive da sola in Provenza. Di digressione in digressione, l’autore si sdoppia, cambia identità e il tema del libro diventa il dramma della pagina bianca, la crisi di ispirazione, l’impossibilità di terminare un romanzo o qualsiasi altra cosa. Ma il gioco questa volta sembra più futile e vacuo del solito: un esercizio di stile che strappa qualche risata, ma che non emoziona. Ed è probabile che i giurati del Goncourt abbiano voluto premiare non tanto il libro quanto l’autore. Sbarazzandosi del sulfureo e sopravvalutato Houellebecq.