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lunedì 29 aprile 2013

2013 L12: Dizionario delle cose perdute - Francesco Guccini

Una volta, c'era la banana: non il frutto amato dai bambini, bensì l'acconciatura arrotolata che proprio i bimbi subivano e detestavano ma che veniva considerata imprescindibile dai loro genitori. I quali, per bere un buon espresso, dovevano entrare al bar e chiedere un "caffè caffè", altrimenti si sarebbero trovati a sorbire un caffè d'orzo. Una volta, per scrivere, non c'erano sms o e-mail, ma si doveva dichiarare guerra ai pennini e uscire da scuola imbrattati d'inchiostro da capo a piedi. Una volta, si poteva andare dal tabacchino, comprare una sigaretta - una sola - e fumarsela dove meglio pareva: non c'erano divieti, e i non fumatori erano una gran brutta razza. Una volta, i bambini non cambiavano guardaroba a ogni stagione, andavano in giro con le braghe corte anche d'inverno e - per assurdo contrappasso - col costume di lana d'estate. Una volta, la Playstation non c'era, si giocava tutto il giorno per strada e forse ci si divertiva anche di più. Una volta, al cinema pioveva... Con un poco di nostalgia, ma soprattutto con la poesia e l'ironia della sua prosa, Francesco Guccini posa il suo sguardo sornione su oggetti, situazioni, emozioni di un passato che è di ciascuno di noi, ma che rischia di andare perduto, sepolto nella soffitta del tempo insieme al telefono di bachelite e alla pompetta del Flit. Un viaggio nella vita di ieri che si legge come un romanzo: per scoprire che l'archeologia "vicina" di noi stessi ci commuove, ci diverte, parla di come siamo diventati. 

Inclassificabile... una lettura per il piacere di ricordare le cose di una volta.... mancano peró la bicicletta, il pallone e altre cosette...

Spari a Palazzo Chigi: fine della luna di miele

Nemmeno il tempo di giurare, e ancor meno di godersi la luna di miele che molti giornalisti si prendevano a disegnare ieri nei giornali. Il signor Nessuno è arrivato davanti al Palazzo e si è messo a sparare. Benvenuti sul pianeta terra, località Italia. Questa NON è ordinaria follia, come provano a descriverla i telegiornali immediatamente successivi. Uno squilibrato, uno esaurito... ci provano a non voler vedere da dove venga questa "follia", ma è inutile nascondersi, questa è opera della crisi economica che da vent'anni viene avanti grazie a un governo inesistente, col suo lider carismatico in preda alle follie di garndeur e alla difesa dei suoi interessi personali anche, e soprattutto, a costo dell'interesse generale.

E adesso la crisi è lì, le piccole industrie chiudono una dietro l'altra, lo stato non funziona e non paga i suoi debiti strangolando sempre di più chi lavora. E cosa fanno, quelli dei piani alti? Fanno il governo con chi ci ha portato a questa crisi.

Ricordiamocelo quando queste scene, non più di individui ma di gente che non ne può più, arriveranno sotto i portoni dei palazzi a protestare. Pensare che la stessa gente che ci ha portato fin qua riesca poi ad avere il coraggio per prendere quelle decisioni non prese durante vent'anni... beh bisogna avere realmente fede in Dio...

sabato 27 aprile 2013

E la nave va... ma verso dove?

Dice che hanno fatto il governo, tante facce nuove, D'Alema eliminato, ancora non ci credo. Vedo tante facce femminili, giovani, insomma il giovane Letta non si può dire che non ci provi.

Domani la nave salpa.

Tutti lì a incensare l'unico governo possibile, l'alleanza col Caimano. Sottotraccia, per non spaventare nessuno, ma resta lui a dettare le carte.

Vedremo presto se riusciranno ad uscire dal porto, cosa a cui non credo assolutamente. I confini del porto sono vicini, fra un mese o poco più dovrebbero arrivare le due colonne d'Ercole delle sentenze Mediaset e Ruby. Chi scommette che, in caso di colpevolezza, il Caimano dirà che lui rispetta il giudizio dei magistrati e che questo non influirà sulla tenuta del governo? Io non ci metto neanche mezza sterlina. Il sospetto è che abbiano trattato, sottobanco. Nessun giornale sembra ricordarlo, tutti lì a parlare della crisi economica e della necessità di far qualcosa. Due programmi antitetici, domande sociali che se non soddisfatte fanno pensare a un ritorno agli anni 70 e, dietro tutto questo, l'unica cosa che realmente gli interessa: star lontano dal gabbio.

Arrivederci fra un mese.... metto lo champagne in frigo...

venerdì 26 aprile 2013

ESPERANZA: 24 Aprile - Portici (NA)



Il 24 aprile presso l'Università Federico II, Facoltà di Agraria, è stata realizzata un'altra presentazione del libro Esperanza, grazie all'organizzazione della Prof. Maria Rosaria Carillo.
Bellissimo il luogo, molto buona la presenza e ancor di più la discussione che ha fatto seguito alla presentazione.
Continuiamo il Tour. Paolo

martedì 23 aprile 2013

Repetita Iuvant?



Per strada stamattina pensavo all’arrocco, una  mossa scacchistica che consiste nel muovere il re di due case a destra o a sinistra in direzione di una delle due torri e successivamente muovere la torre (verso la quale il re si è mosso) nella casa accanto alla casa occupata dal re. L’arrocco ha uno scopo importante nell’apertura delle partite perché permette di rafforzare la difesa del re e nel contempo mettere la torre in una posizione più attiva.

Pensavo a questo dopo essermi riletto il discorso di Re Giorgio e gli applausi indecenti che una classe politica allo sbando gli riservava. Si sono difesi come potevano, essendo oramai allo sbando, autisti incapaci di condividere il comune sentire della gente fuori da quei palazzi. Si difendono, chiudendo porte e portoni, facendo spallucce alle critiche durissime come riguardasse qualcun altro. Solo i grillini e i sellini hanno, coerentemente, ricordato che lì dentro si stavano solo scavando la fossa.  

Che il caimano fosse contento lo si può capire, ogni giorno che passa lo allontana dai processi in corso e da quelli da venire. Essendo lui proprietario unico del suo partito, avendoli comprati tutti fino all’ultimo, può permettersi di fare e disfare il paese a suo piacimento e interesse. Che i civici a loro volta fossero soddisfatti, anche questo si può capire: tutto pur di evitare la scomparsa (chi si ricorda più di Fini, uno dei tre proprietari del partito?).

Ci resta l’ex PD, il participio passato che deve solo certificare a se stesso di essersi suicidato. 

Vedremo se il Notaio passerà oggi in Sede, in occasione della riunione interna, o se si dovrà aspettare ancora qualche tempo.

Resta che questi deputati e senatori, per ragioni diversissime tra loro, ma accomunati nella stessa incapacità di coniugare l’interesse nazionale con le loro piccole voglie personali, hanno pensato di trovare la soluzione riproponendo il Presidente uscente. Pensavano in questo modo di realizzare il salto della quaglia, disorientando un’opinione pubblica che non li regge più, rimettendo al suo posto Giorgio Napolitano, facendolo diventare “Re” (fra virgolette) e dimostrando così la loro totale incapacità a guardare avanti. Il fatto poi che si parli di Giuliano Amato come possibile Premier, la dice lunga su come questi politici guardino avanti con gli occhi sulla nuca.

Che poi il Presidente uscente abbia accettato, non rendendosi conto del prezzo che dovrà pagare in termini di credibilità con quel popolo progressista che l’aveva sostenuto all’inizio del settennato scorso, lascia pensare che, ancora una volta, la vecchia classe politica parli un linguaggio di interessi che le sono propri e che il richiamo della foresta sia stato più forte di tutto. Accettare l’incarico per difendere, nei fatti, questa classe politica, vuol dire accettare di farsi trascinare in pieno in quel “teatrino della politica” che, a parole, tante volte si era criticato e detto di voler cambiare. Forse mai come stavolta repetita NON iuvant.

lunedì 22 aprile 2013

2013 L11: Les visages - Jesse Kellerman

Sonatine Editions, 2009

Lorsque Ethan Muller met la main sur une série de dessins d’une qualité exceptionnelle, il sait qu’il va enfin pouvoir se faire un nom dans l’univers impitoyable des marchands d’art. Leur mystérieux auteur, Victor Crack, a disparu corps et âme, après avoir vécu reclus près de quarante ans dans une maison délabrée. Dès que les dessins sont rendus publics, la critique est unanime : c’est le travail d’un génie. Mais les ennuis commencent lorsqu’un flic à la retraite reconnaît sur certains portraits les visages d’enfants victimes des années plus tôt d’un mystérieux tueur en série. Ethan va alors se lancer dans une enquête qui va bien vite virer à l’obsession.C’est le début d’une spirale infernale à l’intensité dramatique et au coup de théâtre final dignes des plus grands thrillers.

Premier roman traduit en France de Jesse Kellerman, Les Visages se place d’emblée au niveau des plus grands livres du genre, que ce soit Ne le dis à personne d’Harlan Coben ou L’Analyste, de John Katzenbach.

Questo é quanto dicono alcune delle recensioni fancesi. Ma poi lo leggi e lo trovi francamente palloso. L'intrigo non é granché, lo stile nemmeno, insomma lungi da me l'idea di raccomandarlo. Passiamo al prossimo...

sabato 20 aprile 2013

Al di la del bene e del male


Malgrado la lotta inane con questo computer, forse riusciro a scrivere e addirittura pubblicare questo posto.
Dicevo, pensando al suicidio politico del PD commesso in questi giorni, che in fin dei conti si tratta dell'arrivo, tardivo, dei parlamentari PD nell'era della modernità. Sappiamo tutti, e lo sentiamo tutti i giorni, che viviamo oramai in un mondo fatto di individui e quasi sempre meno di società. Il motto della Tatcher, che diceva conoscere solo i primi e non avere traccia dei secondi, si è pian piano materializzato nella realtà del nord come del sud del mondo.
Anche in politica questo principio si è fatto strada, e non da adesso. I partiti personali li abbiamo visti nascere da parecchi anni oramai: chi si ricorda di Rinnovamento Italiano, il micropartito di Dini? Tutti invece ci ricordiamo dell'Italia del Valori, morta recentemente, ma il nesso fra i due era evidente. Mi faccio un partito così difendo meglio le mie idee. Giusto, nessun problema vista l'aria dei tempi. Il Cavaliere lui si è detto: mi faccio un partito così difendo meglio i miei soldi, le mie aziende e non vado in galera. Avendo i soldi, lui ce l'ha fatta. Ma resta il dato di fondo: quello era il cammino dove ci spinge l'aria dei tempi. Anche Grillo e il suo proprietario, Casaleggio, hanno sentito l'aria, e quindi si sono fatti il loro movimento, ammantandolo di un sano populismo e un po' di partecipazione retina (dalla Rete, il Web) che alcuni magari confondono con partecipazione Cretina. Monti, per fare prima, se n'è preso uno già fatto, quello che ancora esisteva di Fini e Casini, con un pezzetto di Montezemolo. Che non gli sia andata bene conta poco, l'importante era il segnale. Restando a sinistra, possiamo immaginarci una SEL senza Vendola? No, lui ne è il deus ex-machina e se ne sta appropriando ogni giorno di più.
Resttavano i piddini: gli ultimi ad avere ancora dei padri fondatori in vita; gente che credeva nei valori di gruppo, nella comunità di base e che, per questo, avevano sognato di mettere assieme la cultura cattolica e quella socio-comunista a partire da quelle realtà che abbiamo imparato a conoscere bene con i film di Don Camillo e Peppone: la stessa voglia di essere dentro una comunità più amplia, la solidarietà come principio. Ma questo non va più bene nei nostri giorni. Oggi conta il singolo, la sua fortuna o sfortuna. Farsi strada da sè, alla moda americana, non rendendoci conto che quella strada è lastricata di morti. Ma questo ci porterebbe lontano, soprattutto mi lascerei andare a sentimenti personali. Meglio restare sul freddo ruolo di osservatore. Il PD per entrare nell'era moderna doveva uccidere i propri padri fondatori, per rendere plastica l'idea dell'abbandono di quei principi che avevano portato tanta gente a votare l'Ulivo: non solo CONTRO Berlusconi, ma soprattutto a FAVORE di una visione del futuro costruito assieme.
Ed eccoci qui, con le nostre parole, a dire il vuoto lasciato dall'esplosione: il parto è stato duro, i padri uccisi e adesso sono anche loro, giovani e vecchi parlamentari piddini, parte della modernità. Che nel frattempo abbiano anche ammazzato il partito, quello resta un dettaglio ai loro occhi. Adesso stanno lì, alla ricerca della (vana) gloria del loro cammino di successo.
Li lasciamo andare, voltando loro le spalle, dato che oramai non abbiamo più nulla da spartire con loro. Restiamo qui, a provare a ricostruire quel senso di comunità che solo potrà portarci avanti. Senza guru e teleimbonitori, sapendo che la strada sarà dura e lunga, ma sapendo anche che solo così ritroveremo un senso al nostro essere e fare politica. 

giovedì 18 aprile 2013

Il suicidio di "Sansone" Bersani



Deve essere stata una decisione difficile per Bersani quella di accettare che alla fine fosse Berlusconi a decidere per lui, tutto in nome di un superiore “interesse nazionale”. Ci aveva provato a smarcarsi dalla tutela di D’Alema e diventare finalmente un politico vero, indipendente dalle congreghe di partito e capace di una iniziativa che tenesse conto della storia d’Italia degli ultimi 20 anni (No a Berlusconi) e nello stesso tempo si aprisse alle nuove istanze rappresentate dai grillini.

Certo, si può pensare che ci era arrivato solo grazie alla batosta elettorale e non proprio per sua esplicita volontà. Si può anche pensare a cosa sia dirigere un quasi-partito come il PD che non riesce proprio ad amalgamare le due anime originarie (DC+PCI) e soprattutto che non riesce a fare un salto generazionale con un peso tuttora preponderante ai vecchi funzionari di partito.

La poca apertura alla vita reale, alle istanze portate avanti dai movimenti locali (tipico caso quello sull’Acqua Bene Comune), erano un peso che sembrava impossibile da sormontare. Possiamo dire che, magari obbligato, ma Bersani ci aveva provato. Subito dopo le elezioni avevo scritto che,a mio giudizio, quello che doveva fare era di riconoscere di essersi sbagliato e lasciare il campo a qualcuno di diverso, una faccia nuova che potesse essere vista dai grillini come un segnale di apertura fuori dalle mura del partito. Lui invece si è intestardito con l’idea che doveva essere lui a provare a fare il governo, e questo non poteva funzionare perché o faceva contento Berlusconi con le larghe intese, perdendo per strada la metà dei voti, mentre se andava verso i 5 stelle Grillo e il proprietario Casaleggio non avrebbero mai potuto appoggiarlo, pena perdere loro la loro ragione d’essere. Il risultato si è visto: nessun governo. Ma almeno un segnale di luce era arrivato con il metodo scelto per l’elezione dei Presidenti delle Camere. Ci si aspettava quindi che lo stesso metodo venisse proposto per l’elezione del Presidente della Repubblica. Il regalo servitogli su un piatto d’argento da parte di Grillo, proporre uno stimato Stefano Rodotà, uno che viene dal Partito, cioè parte della genetica dei DS, poteva essere l’occasione d’oro per dire: anche noi DS abbiamo pensato a lui, dentro di una terna comprendente, oltre a Rodotà, Prodi e Zagrebelsky. Certo, avrebbe fatto piú bella figura a proporli lui per primo e non aspettare che fossero le Quirinarie a mettergli sotto il naso i nomi che dovevano fare la terna DS, ma almeno, avrebbe salvato la faccia.

Ed invece è arrivato Marini: ha ragione da vendere Renzi a dire che Marini, con tutto il rispetto per la persona, viene percepito come un uomo del secolo scorso. Invece del metodo trasparente e rispettoso dei segnali mandati dalla cittadinanza, la quale ha detto chiaro e tondo per i 2 terzi che di Berluscon9i non ne voleva più sapere, ecco tornare il mondo degli anni 70, invecchiato e impolverato.
Un giorno sapremo cosa gli è saltato in mente di calare le brache in questo modo. Adesso resta da battersi e sperare che Marini non passi e che al posto suo vada su Rodotà, Prodi o Zagrebelsky. Dopo di che, sancita la fine dei DS, bisognerà cominciare a chiedersi quale altra aggregazione sarà possibile creare. Non certo una cosa simile ai 5 Stelle, troppo etero diretti per rappresentare un esempio per il futuro.

mercoledì 17 aprile 2013

17 APRILE: 16 ANNI DI IMPUNITA’. GIORNATA DI LOTTA PER LA RIFORMA AGRARIA E LA GIUSTIZIA


16 ANNI DI IMPUNITA’. GIORNATA DI LOTTA PER LA RIFORMA AGRARIA E LA GIUSTIZIA
 
5 aprile 2012 – dalla pagina del MST http://www.comitatomst.it/node/1003
   
Quando eu morrer/Cansado de guerra/Morro de bem/Com a minha terra:Cana, caqui/Inhame, abóbora/Onde só vento se semeava outrora Amplidão, nação, sertão sem fim/Ó Manuel, Miguilim/ Vamos embora (Chico Buarque – Assentamento)

“Morire bene con la propria terra”. Purtroppo, molti senza-terra sono già morti senza avere una terra che abbiano potuto chiamare loro. Il massacro di  Eldorado dos Carajás, avvenuto nel 1996, sulla BR 155, nel sud del Pará, durante il quale 155 poliziotti militari ha usato armi da fuoco contro 1500 Senza Terra, tra i quali donne e bambini.
L’azione della Polizia militare ha assassinato 19 contadini e ha messo di fronte all’intero paese la questione della violenza nelle campagne contro quelli che lottano per la Riforma Agraria. Fino ad oggi, nessuno è stato punito per il massacro e i sopravvissuti, mutilati sia fisicamente che psicologicamente continuano a non ricevere la dovuta assistenza medica.
 Nel 2002, l’allora presidente Fernando Henrique Cardoso ha riconosciuto il 17 aprile come Giornata Internazionale di Lotta per la Terra. Il MST realizza durante il mese di aprile giornate di lotta, con occupazioni, marce e manifestazioni in tutto il paese, per fare pressione sul governo a dare rilievo alla realizzazione della Riforma Agraria e onorare la memoria di coloro che hanno perso la loro vita nella lotta per la terra.
 “Il nostro giorno di lotta è nato purtroppo a causa   Eldorado dos Carajás. Il latifondo è  di per se stesso violento e impedisce alle persone di vivere e lavorare nelle campagne. Quel che è successo a   Carajás ci dà forza e chiarezza per lottare fino a quando ci saranno latifondo e diseguaglianza, violenza e mancanza di democrazia” Pensa   Jaime Amorim, dirigente del MST nel Pernambuco.

Per Dom Tomás Balduíno, vescovo emerigo di Goiás co-fondatore della    Commissione Pastorale della Terra (CPT), “questo giorno ricorda la forza del percorso dei lavoratori del Campo da Zumbi di Palmares ad oggi. La lotta per la riforma agraria non consiste solo nel conquistare un pezzetto di terra ma nel cambiare il paese. E’ una lotta profonda ampia che mira a cambiamenti importanti “.
(…)
Sedici anni dopo il massacro, i conflitti nelle campagne continuano; durante quest’anno tre membri del MLST sono stati assassinati in Minas Gerais. In Pernambuco, altri due compagni del MST sono stati uccisi dai pistoleiros negli ultimi giorni.

 Jaime Amorim pensa che oggi la violenza contro gli insediati sia più selettiva “Abbiamo due tipi di violenza: la prima, praticata da grandi gruppi di latifondisti colpisce i leader locali come è successo quest’anno. La seconda è la violenza dello Stato che usa l’apparato giudiziario per impedire alle persone di guardare avanti e scorgere la prospettiva di una Riforma Agraria concreta. Il fatto che ci sono molti accampamenti che esistono da 10, 15 anni senza che ci sia stata l’espropriazione da parte dello stato, è di per se stesso una violenza”.

 Dom Tomas Balduino afferma che questa violenza esiste perché “il potere pubblico nega sistematicamente la Riforma Agraria, appoggiando il discorso dei grandi fazendeiros e delle imprese che afferma che ‘l’agrobusiness è il modello del progresso’. Tutto quanto si oppone a questo supposto progresso, secondo questa logica, è un ostacolo da rimuovere”.

 I media sostengono queste posizioni e la loro informazione riflette gli interessi delle elite alleate all’agrobusiness. “La stampa ha cambiato atteggiamento: un tempo criminalizzava i movimenti e squalificava la lotta e i dirigenti. Oggi tenta di ignorare le lotta sociali e la popolazione, senza informazioni, si allontana dal tema, facendosi l’idea che il movimento è smobilitato o che la lotta per la Riforma agraria non è più importante”, analizza il dirigente MST. (…)
Perché la Riforma Agraria diventi realtà e la felicità smetta di essere una fantasia bisogna lottare. Jaime Amorim afferma che “siamo molto animati in vista della giornata di lotta di quest’anno perché sarà una dimostrazione di forza. Stiamo costruendo una unità tra i movimenti delle campagne perché noi tutti siamo stati aggrediti dallo stesso apparato. Dobbiamo unirci per gridare insieme a voce alta a favore della riforma agraria e contro il latifondo”. (…)

Cooperazione Cuba-Venezuela: proviamo a fare quattro conti?



Lo scambio fra petrolio e assistenza tecnica (salute, educazione, sport, scienza e tecnologia) tra i due paesi è regolato dal Convenio Integral de Cooperación e successivi adeguamenti. Da un valore iniziale di 53mila barili di petrolio al giorno, sono passati a circa 100mila barili  (http://lexpansion.lexpress.fr/economie/venezuela-apres-chavez-le-secteur-petrolier-ne-connaitra-pas-de-revolution_375046.html) a condizioni preferenziali. Non è tutto gratuito ma una parte importante sí, e il resto é comunque fornito a prezzi altamente sussidiati.

La parte preponderante (per non dire esclusiva) dell’assistenza tecnica ricevuta riguarda i medici cubani, nel quadro del programma Misión Barrio Adentro. La partecipazione esclusiva dei medici cubani aveva suscitato molte critiche, arrivando a provocare dei movimenti di piazza in Venezuela.(http://news.bbc.co.uk/hi/spanish/latin_america/news id_4727000/4727493.stm)

Le cifre fornite dal governo parlano di 32 mila medici cubani che si trovano attualmente in Venezuela (http://www.vtv.gob.ve/articulos/2012/10/30/convenio-de-cooperacion-cuba-venezuela-12-anos-dandole-amor-al-pueblo-8216.html). Lo stipendio ai medici è pagato dal governo cubano, mentre il Venezuela corrisponde vitto, alloggio e trasporto (http://www.opalc.org/images/INRE/pierre%20ejarque%20droit%20du%20developpement%20cuba%20venezuela%20p%E9trole%20m%E9decins.pdf).

Centomila barili al giorno per trentaduemila medici fanno grosso modo 3 barili di petrolio per medico e per giorno, cioè circa 90 barili al mese. Il prezzo attuale è di circa 90 dollari al barile, il che darebbe un valore di 8100 dollari al mese. E’ vero che una parte del prezzo del petrolio è pagato dai cubani, ma questa minor spesa per i venezuelani va considerata nel contesto di non dover pagare lo stipendio (costo assunto da Cuba) e di dover pagare vitto, alloggio e trasporto. Quindi, possiamo avanzare, anche se con prudenza, che il costo di questa politica di cooperazione, essenzialmente centrata sullo scambio petrolio contro medici, ha un costo mensile per ogni medico che arriva in Venezuela, di circa 8mila dollari, non pochi verrebbe da dire.

O que quer o Brasil com o ProSavana?





See below an article on ProSavana and land use rights of the local communities that is circulating in the internet. 


Fátima Mello (*)
FASE, Brasil
Março de 2013


Os governos do Brasil, Japão e Moçambique estão iniciando a execução de um grande programa no norte de Moçambique, no chamado Corredor de Nacala, região que possui características físicas e ambientais muito similares ao Cerrado brasileiro. Apesar do padrão vigente de falta de informação às comunidades que serão afetadas ou, muito pior, da disseminação de informações distorcidas e contraditórias, o que se diz é que o ProSavana tem um horizonte de duração de 30 anos, abrangerá uma área estimada em 14,5 milhões de hectares nas províncias de Nampula, Niassa e Zambezia, onde cerca de 5 milhões de camponeses vivem e produzem alimentos para o abastecimento local e regional. As comunidades camponesas estão concentradas exatamente onde está prevista a chegada dos investimentos do ProSavana.

Apesar da ABC (Agência Brasileira de Cooperação) insistir na tese de que as críticas em curso decorrem de falhas de comunicação, o diálogo com organizações e movimentos sociais parceiros em Moçambique evidencia que o problema é mais grave: o Brasil está exportando para a savana moçambicana seus históricos conflitos entre o modelo de monoculturas em larga escala do agronegócio voltadas para exportação e o sistema de produção de alimentos de base familiar e camponesa. Em recente divulgação de informações sobre o ProSavana em Maputo os responsáveis pelo programa apresentaram um mapa do Corredor de Nacala dividido em áreas que serão destinadas a atração de investidores privados para “culturas de alto valor” e “clusters agrícolas” para a produção de grãos (entre eles a soja) pela agricultura “empresarial”,  produção familiar de alimentos pela “agricultura familiar”, grãos e algodão pela “agricultura empresarial de média e grande escalas”,
caju e chá pela “agricultura empresarial média e familiar”, e a “produção integrada de alimentos e grãos” por todas as categorias. Ou seja, a velha tese da convivência possível e harmônica entre os sistemas de produção do grande agronegócio e da agricultura familiar e camponesa, que no Brasil é fonte de intensos conflitos.

Enquanto os governos garantem que o programa trabalhará com a pequena produção camponesa em Moçambique, em 2011 a ABC ajudou a organizar a viagem de um grupo de 40 empresários da CNA (Confederação Nacional da Agricultura), da região do Cerrado, estado de Mato Grosso, para identificarem oportunidades de negócios no Corredor de Nacala. O presidente da Associação Mato-Grossence dos Produtores de Algodão (Ampa) afirmou que “Moçambique é um Mato Grosso no meio da África, com terra de graça, sem tanto impedimento ambiental e frete mais barato para a China” . São inúmeras as notícias de imprensa que falam de uma reprodução em Moçambique do Prodecer, o desastre socioambiental implantado pela cooperação japonesa no Cerrado brasileiro, que expulsou populações tradicionais de seus territórios, abriu um oceano de monoculturas para exportação e inundou a região de agrotóxicos.

Até agora se diz que o ProSavana terá 3 eixos: um de fortalecimento institucional e pesquisa; um segundo de montagem de um estudo base para a elaboração do Plano Diretor (a instituição escolhida para elaborar o estudo é a GV Agro); e um terceiro de extensão e modelos onde afirma-se que MDA, Emater entre outros atuariam a favor das demandas da sociedade civil de apoio aos pequenos produtores. Em resposta às demandas de entidades e redes como UNAC, ORAM, ROSA, Plataforma de Organizações da Sociedade Civil de Nampula, MUGED, Fórum Terra, União Provincial de Camponeses de Niassa, Justiça Ambiental entre muitas outras por informações, acesso às versões do Plano Diretor em elaboração e que as comunidades camponesas sejam consultadas, as autoridades brasileiras afirmam que o Plano Diretor será divulgado da melhor forma possível quando estiver finalizado.  Ou seja, um estudo com base na GV Agro está em elaboração sem que as entidades que representam os milhões de camponeses que vivem na região sejam sequer consultadas. Apenas receberão a informação quando o Plano Diretor estiver pronto. Eventos de lançamento de versões do
Plano Diretor são realizados, visando transmitir alguma informação, mas não para um diálogo qualificado nem para colher demandas e propostas das organizações e movimentos sociais. Conversando com camponeses ao longo do Corredor de Nacala fica claro que brasileiros e japoneses estão indo às comunidades para avisar que o ProSavana está chegando. Depois afirmarão que fizeram as chamadas consultas a sociedade civil. Isso que estão fazendo não é consulta; até agora o que existe é um grave problema de metodologia na definição dos conteúdos e dos interesses que serão atendidos pelo programa, que estão sendo definidos de cima para baixo, pelos governos e empresas interessadas.

Percorrendo o Corredor de Nacala fica muito claro o que afirmam as organizações e movimentos sociais de Moçambique: a região é toda povoada por comunidades camponesas, que com seus sistemas de produção em pousio cultivam milho (o principal alimento do país), mandioca, feijão, amendoim. Ali vivem, produzem, realizam suas festas, desenvolvem em seus territórios relações familiares e comunitárias. Na região vivem cerca de 5 milhões de camponeses. As entidades e movimentos que os representam identificam a insegurança alimentar como um grande problema no país, e desejam que a produção de alimentos realizada pelo sistema da agricultura familiar e camponesa seja fortalecida. Suas propostas incluem crédito para o fortalecimento de sua produção, apoio a comercialização e compra da produção por preço justo, apoio às associações de pequenos produtores e entidades criadas pelas comunidades. Todos querem participar de programas que apóiem seus sistemas de produção.  Depois de escutar e dialogar com eles ao longo do Corredor e ver suas esperanças de que o ProSavana poderia ir ao encontro de suas propostas, quando se chega a Nacala o choque é gritante: uma cidade tomada pela construção de uma gigantesca infraestrutura de mega armazéns, portos (e um aeroporto construído pela Odebrecht) para exportar a produção da região.

Muitos problemas precisam ser enfrentados. O direito dos camponeses a terra é o principal. A Lei de Terras de Moçambique lhes dá o direito de uso da terra, que é pública. O direito de uso será concedido ás empresas? Como ficará a situação dos camponeses? Como diz um membro da Plataforma de Organizações da Sociedade Civil de Nampula, do centro do Corredor até Nampula “não existe área com mais de 10 hectares de terras desocupada”. Em Niassa as entidades afirmam que a província é toda povoada, exceto nas montanhas, e que todo o Corredor onde está prevista a chegada do ProSavana é a área mais habitada.  Os governos admitem que haverá reassentamentos. As entidades estão vigilantes e mobilizadas para não permitirem mudanças contrárias aos interesses
dos camponeses na Lei de Terras e na legislação sobre sementes que corre o risco de ser alterada para viabilizar o uso de transgênicos.  Estão preocupados com o modelo de monocultivos em larga escala e intensivo em uso de agrotóxicos que conheceram quando visitaram o estado do Mato Grosso e a área do Prodecer. Enquanto isso, realizam ações de resistência produtiva e de fortalecimento de alternativas, como é o caso do intercâmbio entre UNAC e MPA/Via Campesina sobre sementes nativas.

Há uma década por orientação do presidente Lula a política externa brasileira começou a se abrir ao diálogo com organizações e movimentos sociais. Com isso se fortaleceu a necessária disputa de rumos sobre a presença do Brasil no mundo, pois ela é o espelho da correlação de forças existente em nossa sociedade. O caso do ProSavana é crucial para que as conquistas dos movimentos sociais do campo brasileiro a favor da segurança e soberania alimentar, traduzidas em programas de apoio a produção e comercialização da produção familiar e camponesa, sejam refletidas na presença brasileira no Corredor de Nacala. Afinal, é disso que os camponeses e pequenos produtores precisam, no Brasil e em Moçambique, para se fortalecerem contra as injustiças sociais e ambientais e violações de direitos cometidas pelo modelo do agronegócio, para garantirem o direito a terra, a segurança e soberania alimentar da população. Que a presença do Brasil em Moçambique fortaleça os direitos dos camponeses, e que assim o Brasil seja capaz de demonstrar na prática que sua crescente presença como ator global visa de fato reduzir as desigualdades e fazer justiça.

(*) Agradecimentos a UNAC, ORAM e Oxfam Internacional no Brasil e Moçambique.
De: "Fatima Mello" <fmello@fase.org.br>