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martedì 29 luglio 2014

2014 L25: L'honorable Société - Manotti DOA

Un candidat de droite volage et colérique entre deux tours d'élection, une poignée d'éco­terroristes piégés par des barbouzes, la future privatisation d'un des fleurons de l'industrie : c'est le point de départ de l'excellent polar écrit à quatre mains par Dominique Manotti et DOA. Une vraie fiction et non un pamphlet, car si l'Honorable Société est l'un des surnoms donnés à la Mafia, les auteurs ne versent ­jamais dans le règlement de comptes mais se concentrent sur une oeuvre de politique-fiction écrite au scalpel.
Rythme tendu, vision polyphonique, séquences rapides et précises, on avait l'habitude de lire ça chez les Anglo-Saxons. Les deux auteurs français ont relevé le défi, soigné tous les détails du scénario et réussi un roman d'action sur les relations entre l'argent et le pouvoir. Cynique et passionnant.

Gran bel libro, sará nella Top dell'anno, anche se il finale secondo me poteva essere lavorato un po'meglio. Comunque la suspense tiene fino all'89vesimo minuto, il che é molto...

domenica 27 luglio 2014

Week end di riflessioni (nere)



La fortuna di trovare per caso il film No - I giorni dell’arcobaleno di Juan Pablo Larrain, regista cileno, che ha messo in immagini un libro di Antonio Skarmeta (quello del Postino di Troisi). Ne avevo sentito parlare, del film, ma vederlo è ovviamente un’altra cosa. Il Cile l’anno precedente che ci andassimo a vivere. 1988, anno di nascita di Charlotte, ano di paura profonda, e di dubbi per tutti coloro che, all’opposizione della dittatura di Pinochet, dovevano decidere cosa fare rispetto a quel referendum, quasi imposto dai paesi del Nord per legittimare democraticamente il nuovo volto dei militari. Controllavano tutto, radio, televisione, banche, scuole, tutto quello che poteva servire. Avevano anni di “successi” economici di cui vantarsi. Di fronte a loro, una coalizione di 17 partiti, dai comunisti ai democristiani, quelli stessi che avevano contribuito alla fine dell’esperienza di Allende. Era una partita già giocata, i vincitori erano conosciuti, quindi perchè giocare? Molta gente, soprattutto i giovani, non vedevano il senso di partecipare a quello show che, alla fine, li avrebbe obligati a riconoscere Pino8 (Pinocio come era soprannominato) come loro legittimo Presidente. 
Ma qualcosa successe, e questo lo racconta il libro prima e il film poi. Potenza della comunicazione si direbbe: gli uni che avevano la boria del cmando come unica leittimità, gli altri che avevano la rabbia di tanti e tanti morti, ma che seppero accettare le proposte radicalmente diverse, puntate al futuro, del loro capo campagna. E vinsero.

Il Cile è là unico caso di cui mi ricordo dove una dittatura militare, sostenuta dagli americani e dai mercati del mondo intero, sia stata sconfitta con l’abc della democrazia: il voto.

Ecco perchè considero il Cile un paese del futuro. Sono passati attraverso sogni di rivoluzioni democratiche ed hanno pagato col sangue il desiderio di indipendenza. Sono stati relagati a potenza periferica, ma importante, nell’economia neoliberale americana, ma sono riusciti a ridistribuire le carte e pian piano a reinvestarsi un paese meno asimmetrico di prima e sempre avanti nello sviluppo. Michelle è dovuta tornare e dare una sterzata più a sinistra, altrimenti le nuove generazioni avrebbero mandato a cagare anche i vecchi della Concertaciòn. Ma il Cile costruisce, in Cile si parla politica, si discute, resta ancora tanto da fare, ma almeno ci provano, a viso aperto.

Un film che mi ha dato un pieno di energia, necessaria per continuare a guardare i bombardamenti di Gaza e quell’altro reortage su Arte sui Pigmei del Camerun. Sempre la stessa storia in tela di fondo. Non riconoscere i diritti degli altri, palestinesi da un lato e pigmei dall’altro. E tutto questo sempre per la stessa ragione: la terra. I pigmei stanno lentamente scomparendo, via l’assimilazione ai Bantu, e le malattie, tipo l’Aids. Sopravvivono come tutti gli altri indigeni africani, i cui diritti territoriali non vengono riconosciuti. I palestinesi, stessa storia. L’idea di una coesistenza basata sul rispetto dei diritti degli uni e degli altri proprio non riesce a farsi strada. Ma ci sono riusciti in Cile e, dicono i giornali, anche in Ruanda – paese dove non sono stato per cui mi riservo di tornarci a scrivere un giorno.

Non voglio aprire internet, altrimenti troverei dappertutto le stesse storie: l’Ucraina, che adesso ha deciso di tagliare l’acqua alla Crimea (gliene forniva quasi il 90%), per cui adesso possono avere qualcosa per negoziare con i Russi che li tengono per via del gas. Tanto della popolazione civile della Crimea, a chi vuoi che interessi? Proviamo a cambiare continente? Ma certo, andiamo in Asia, e allora proviamo ad andare a vedere come vivono i contadini del Bangladesh, del Pakistan o dell’India? Povertà, servitù, suicidi...

Sarà il brutto tempo, ma non riesco proprio a sorridere. Vado da Ikea a comprare un tavolino. Prendo la scorciatoia di Cesano, attraverso campi, in cima alla salita giro a destra e poi subito dopo a sinistra. Rallento per far passare le machine, così ho tempo per leggere le scritte sul muro: Rumeni al rogo! Buona settimana.

mercoledì 23 luglio 2014

2014 L24: Poussière tu seras - Sam Millar

Fayard noir (2009)

Inspirée du scandale de l'Institution pour garçons de Kincora dans lequel étaient impliqués, au début des années 1980, d'importantes personnalités, des activistes unionistes, les services secrets et la RUC [1] de sinistre mémoire, Poussière tu seras se contente d'évoquer en arrière-plan la veine politique et historique de cette affaire.
L'auteur préfère s'intéresser aux victimes, passées et présentes, à la désolation, la violence contagieuse qui détruit ce qui reste debout dans des existences déjà dévastées. Tous les protagonistes de l'histoire, à l'exception d'Adrian et de Sarah au début du livre, semblent être des survivants, broyés par cette vie grisâtre ou par des forces qui les dominent, fascination masochiste de Jeremiah, culpabilité alcoolique de Jack, cruauté mentale d'une incompréhensible Judith.
Jamais Sam Millar ne nous concède une once d'espoir, tenant l'os du lecteur et ne le lâchant plus. Quand parfois sa plume se fait plus légère ou plus rêveuse, c'est pour mieux nous assommer à la dernière phrase du chapitre. Et quand l'amour tente de se frayer un chemin dans ces ténèbres poisseuses (Judith fusionnant passionnément avec l'adolescent), il a la couleur du morbide, de l'anormal, du haineux.
On pourra ensuite discuter de la minceur du fil qui permet à l'ancien flic de remonter jusqu'à la tanière où se terre cette monstruosité humaine, pur produit, comme chez Edogawan Ranpo ou Thierry Jonquet, de notre propre monstruosité. Millar a eu le temps, en quelques superbes scènes (Adrian et le lac, Adrian et Judith, les visites à l'orphelinat Graham) de nous préparer à son stupéfiant affrontement final. Les corbeaux qui peuplent les dernières lignes de Poussière tu seras sont peut-être bien, avec le lecteur, les seuls gagnants de cette histoire.
 [1] Royal Ulster Constabulary, police d'Irlande du Nord de 1922 à 2001, dont la collusion avec les paramilitaires protestants fut dénoncée en permanence, tant par les nationalistes irlandais que par les organisations des droits de l'homme. Dans l'affaire de Kincora, elle ferma au mieux les yeux sur ce qui se passait.
http://leventsombre.cottet.org/service-de-presse/2009/poussiere-tu-seras

Bel libro. Certo che io avrei preferito fosse data piú rilevanza al sottofondo storico politico, altrimenti quello che resta é una storia di Noir ma se uno non va a cercare i riferimenti, non rimane nulla dopo.
Il libro sembra scritto molto velocemente e certe scene, tipo l'assasinio della gallerista, sembra trattato a semplice livello di bozza iniziale. Lo stesso si potrebbe dire dell'assalto (omicidio) del prete... che solo dopo aver chiuso il libro sembra di capire cosa centri.... Insomma, avrebbe potuto metterci un po' piú di tempo, dettagliare meglio senza perdere il ritmo, che é sicuramente la cosa migliore del libro.
Dovrebbe andare nella Top




lunedì 21 luglio 2014

2014 L23: Les Rues de Santiago - Boris Quercia

Asphalte éditions, 2014

Il fait froid, il est six heures du matin et Santiago n'a pas envie de tuer qui que ce soit. Le problème, c'est qu'il est flic. Qu'il est sur le point d'arrêter une bande de délinquants, dangereux mais peu expérimentés, et que les délinquants inexpérimentés font toujours n'importe quoi... Après avoir abattu un jeune homme de quinze ans lors d'une arrestation musclée, Santiago Quiñones, flic à Santiago du Chili, erre dans les rues de sa ville en traînant son dégoût. C'est ainsi qu'il croise le chemin de la belle Ema Marin, une courtière en assurances qui semble savoir beaucoup de choses sur son passé...

Bel libro... sará perché ci abbiamo vissuto e che il Cile ci é rimasto nel cuore.. ma vi invito a leggerlo. Probabile nella Top dell'anno.

domenica 20 luglio 2014

La Governanza é una danza



Scrivo per ricordare. Per me e per gli studenti a cui mi capita di andare a raccontare queste mie riflessioni. Oramai sarà chiaro a tutti che il punto centrale delle mie preoccupazioni professionali riguarda le risorse naturali, terra in primis, il loro accesso e il loro uso e gestione.

Ho già avuto modo di ricordare come le risorse di prima qualità si stiano riducendo, secondo pubblicazioni ufficiali della FAO. A questo si aggiunge la questione demografica, che porterà un paio di nuovi miliardi di abitanti su questa terra, e la competizione crescente da parte di settori alieni alla produzione agricola, interessati alle stesse terre di buona qualità. Il punto da cui partire è proprio questo: la buona qualità delle risorse ambite da tutti. Terre degradate o non ottimali ne esistono, e tante, il problema è che non interessano molto e soprattutto nessuno ha voglia di investire grandi risorse per il loro recupero. Quindi la corsa si restringe a una porzione delle terre disponibili, e tutti vogliono quelle. Le città si espandono, e le nuove lottizzazioni vanno a cercare buone terre e buona acqua, per vendere più care le case che saranno costruite sopra. Il golf: sempre più gente vuole giocare al golf. Avessero ascoltato Giorgio Gaber, si sarebbero dati al calcio, ed invece no, il golf. Cito: “Nello studio dell’Autorità Ambientale della Regione Puglia, sempre con riferimento a condizioni medie nazionali, si cita il dato di 100.000 mc/Ha/y per un campo della superficie di 60/70 Ha, con incrementi del 50-60% per la stagione estiva relativamente alle condizioni dell’Italia meridionale” (http://www.sardegnademocratica.it/ambiente/acqua-per-il-golf-quanta-1.23362). Il golf ha fatto fare un passo da gigante alla guerra per l’acqua. Prima si parlava solo di problemi legati alle terre, ma col golf, non c’è partita. A essere onesti va anche ricordato che se arriveremo prima alla guerra per l’acqua rispetto alla guerra per la terra, un contributo essenziale viene proprio dai sistemi produttivi che si usano nell’agricoltura moderna. Cito a memoria, ma credo che il 70% dell’acqua se ne vada per usi agricoli, e non dei piccoli produttori.

Comunque, torniamo alle terre. Le terre interessano alle città, ai golf, ma sempre di più ai produttori di agrocarburanti, grazie alle dissennate politiche di certi paesi del Nord. Le terre interessano anche ad altre industrie, tipo il turismo, insomma tanti le vogliono ma nessuno vuole spendere un copeco per rimetterle a posto. Trattandole male, le terre si degradano e, dato che nessuno vuole spendere sul serio per le terre degradate, dovremmo avere tutti interesse a lasciare le buone terre solo per l’agricoltura. E invece nulla. Allora quando le terre di casa mia si stanno degradando, vedi il caso della desertificazione che avanza in Cina, la soluzione è lì a portata di mano: si va da un’altra parte a prendersi quelle degli altri (l’erba del vicino è sempre più verde, cosa risaputa). Questo è il fenomeno del land grabbing, o accaparramento delle terre. Lo fanno tutti quelli che possono e si credono furbi. Esportano i propri problemi altrove e ne ricavano benefici immediati a costi molto bassi. Ma per esser certi di poter pagare poco i loro misfatti, dove vanno a prenderle le terre? Non certo in Germania, ma invece nel Sud del mondo. Come funziona il meccanismo?

Primo atto: si crea il mito della disponibilità delle terre. Ci vuol tempo, costanza e tecnologia, e con le foto satellitari si ariva a mostrare che ci sono grandi quantità di terra “disponibile”, in Africa e in America Latina. Non si discute il concetto di “disponibilità”, semplicemente si mette in avanti il fatto che ci sono tante terre che non sono usate.

Atto secondo: a quelli che fanno ricordare che su quelle terre ci sono e ci vivono popolazioni locali, stanziali o nomadi, e che comunque si tratta di suoli fragili date le condizioni edafo-climtiche, gli si rispolvera l’equivalente del Protocollo dei Savi di Sion (un falso storico tendente a far credere ad una cospirazione ebraica mondiale): si ritira fuori l’articolo di Hardin sulla Tragedia dei Commons, un testo della fine degli anni 60 che doveva servire a dimostrare la superiorità della proprietà individuale rispetto a quella “in comune”. Anche se milioni di altre publicazioni hanno dimostrato la falsità di questo assunto, il testo continua a girare ed esser citato. In questo modo si riesce ad associare mentalmente l’idea che lasciare quelle terre in mano a qelle comunità (africane) sia uno spreco che il mondo non può permettersi.

Atto terzo: un po’ di clemenza, mio Signore. Per rafforzare la tesi precedente, ecco arrivare una schiera di economisti a dimostrare che quelli del Sud non investono in agricoltura e che di questo c’è bisogno: di investire. Questo giustifica quindi l’apertura delle porte a quelli che hanno i soldi, i soli quindi a potr esser ammessi al banchetto.

Atto quarto: dove andare. Per evitare troppe rimostranze, si consiglia di andare in quei paesi dove la governanza è debole. Cioè, in altre parole, dove le capacità di controllo da parte di istituzioni locali, democratiche, sia minima. Come farlo? Semplice. Si prepara il terreno rima, come si fa con le coltivazioni agricole: aratura, poi sminuzzo le zolle con l’erpice, poi semino e avanti così. In questo caso il terreno va preparato col tempo. Il tempo istituzionale o politico è diverso e più lungo del tempo agricolo. Da metà degli anni 80 in poi sono arrivati i PAS, programmi di aggiustamento strutturale, che hanno colpito in modo pegiore delle carestie che tanta pena hanno suscitato a livello mondiale (We are the world...). Si tagliano le istituzioni meno utili agli economisti, salute, educazione e servizi agricoli. Trent’anni dopo, nessuno di quei paesi che hanno sofferto il passaggio dei PAS è riuscito a rimetter in piedi delle istituzioni degne di questo nome. Di conseguenza la scelta è ampia sul dove andare. Ed ovviamente si va laddove le terre sono buone e l’acqua vicina. Ripeto quanto detto sopra: nessuno va a prendere le terre in mezzo al deserto, ma sì quelle vicine ai corsi d’acqua, casualmente le stesse che interessano le comunità locali, ma siccome abbiamo dimostrato che loro non sanno usarle bene (vedi Hardin), allora noi abiamo diritto a prendercele. In più abbiamo gli investimenti e, diciamocelo, chi ce lo può impedire? Una classe politica che abbiamo messo noi stessi in quei posti di comando?

A questo punto tutto sembra a posto. Ed invece ecco spuntar fuori un problema. Quella stessa cattiva governanza, che era stata cercata come condizione basica per andare ad accaparrarsi delle terre, una volta entrato nel paese, diventa un problema. I nostri investitori, oppure le banche che li finanziano, vogliono la certezza della proprietà, non si fidano di accordi fatti a voce, di mape disegnate sulla sabbia... E si scopre che abbiamo bisogno di istituzioni per “governare” la questione territoriale. Notate bene, non si parla di istituzioni in senso lato, cioè non si dice: abbiamo bisogno di scuole che funzionino, di ospedali pubblici etc. etc., ma ci si limita alla parte più cocente del discorso: le istituzioni della amministrazione fondiaria.

Scoperto di aver fatto una cazzata con le ricette dei PAS, i soliti pensatori del Nord invece di andare a Canossa ed ammettere i loro sbagli, si inventano un modo nuovo di proporre soluzioni antiche: si parte col circo mediatico della “governanza”. Parola che non esisteva prima dei PAS. Parola che oggigiorno è in bocca a tutti i politici, di qualsiasi colore e latitudine.

Bisogna migliorare questa governanza. Ed eco che si disegnano degli strumenti ad hoc, volontari, dove si dice ai governi (tutti... Nord come Sud), cosa devono fare er migliorare la governanza in materia di amministrazione della terra. Cioè, per fare un esempio, si siega al govrno del Canada come dovrebbe fare per avere un catasto che funzioni, che sia in grado di darti un titolo ed una mappa in poco tempo in modo che gli investitori provenienti dal Burina Faso possano fare il business in tempi ridotti.

Dite che forse ho sbagliato l’odine dei paesi? Vabbè, capita. Mi scuso con i rispettivi governi. Allora adesso che abbiamo scoperto che biogna ricostruire le istituzioni, gli ingenui pensano che finalmente la banda dei PAS metta a disposizione soldi a buon mercato per tutti quei paesi le cui istituzioni sono state ridotte a un colabrodo. Ed invece no. Vi ho già detto che a nessuno interessa rafforzare la scuola pubblica del sud, gi ospedali e tutte quelle cose inutili. Bisogna mettere in piedi le istituzioni dell’amministrazione fondiaria, catasto, registro, mappe e quanto altro.

Come fare? Soldi non ce ne sono, e comunque a nessuno verrebbe in mente di andare a dire alla Norvegia che deve preocuparsi con la buona governanza nei confronti del popolo Sami. Mentre le stesse cose le diciamo ai paesi del Sud, quelli dove le terre ci interessano ovviamente.
Arrivano i nostri: a uesto punto, soldi non ce ne sono, il pubblico è incantato con la magia delle parole, per cui basta far arrivare i Donanti che mettono a disposizione un po’ di soldi in alcuni paesi. Scelti da chi? Da una organizzazione super partes? No, scelti da loro. Donare: dare altrui in dono, cioè senza compenso, regalare. I Donanti sarebbero quindi delle entità che regalano... deve essere un caso se poi sono le stese entità che promuovono quelle politiche e quei programmi che ci hanno condotto dove siamo adesso.

L’importante è partecipare, diceva De Coubertin. Eco io penso che sia importante capire a che gioco stiamo giocando (Mazoyer dixit), in modo che poi ognuno si assuma le proprie responsabilità. Questa “governanza” è una danza che serve sempre gli stessi interessi. Stupisce che anche i movimenti contadini si siano lasciati prendere al gioco ed abbiano finito per andare anche loro alla festa. Io resto con i miei dubbi... e continuerò a lottare perchè si ricostruiscano le altre istituzioni, educazione e salute, col rispetto che dobbiamo a quelli che abbiamo sfruttato per così tanti anni. Ma lotterò anche per far sì che la “governanza” sia applicata anche al Nord, non discriminando in funzione dei soldi dei “Donanti”, ma in funzione dell’esistenza di problemi che, è lampante oramai, il dio mercato iesce solo a creare e mai a risolvere, a casa nostra come altrove.    
 


lunedì 14 luglio 2014

2014 L22: Cyber China - Qiu Xiaolong





Les cyber-citoyens ont frappé : ils mènent une impitoyable chasse à l’homme contre Zhou, un haut dignitaire du Parti, pris en flagrant délit de corruption. Lorsqu’il est retrouvé mort, la blogosphère se déchaîne et affole les autorités. Secondé par la troublante journaliste Lianping, l’inspecteur Chen doit agir au plus vite avant que la cyber-révolution embrase le pays. Chen est pris dans la Toile…

Bello.. un altro valore sicuro.... consigliato...

lunedì 7 luglio 2014

2014 L21: Le retour du Professeur de danse - Henning Mankell

Le jeune policier Stefan Lindman est sous le choc : il vient d'apprendre qu'il a un cancer, et que son ancien collègue Herbert Molin a été torturé à mort. Pour tromper son angoisse, il part à l'autre bout de la Suède enquêter sur le meurtre de Molin. Que signifient les traces sanglantes sur le parquet, comme si le tueur avait dansé un tango avec le corps de la victime ? Les ombres d'un passé très noir se réveillent. Elles ont frappé, et vont frapper encore. Mais Stefan n'a plus rien à perdre ...

Bel libro... con Mankell difficilmente ci si sbaglia... consigliato...

martedì 1 luglio 2014

Angola: nuovo titolo per una comunitá SAN


Finalmente o TITULO da comunidade San da localidade da Hupa, já é uma realidade.
Il popolo San é anche conosciuto come Boscimani. Vive nella zona australe dell'Africa, principalmente Botswana e Namibia, ma alcune comunitá si trovano anche in Angola. Si tratta di popoli nomadi principalmente cacciatori-raccoglitori, Le comunitá angolane sono invece stanziali.
I boscimani sono diventati "famosi" (brutta parola, lo so), grazie al film del 1980
The Gods Must Be Crazy che raccontava l'incontro tra una comunitá del Kalahari con un artefatto, una bottiglietta di coca cola, dell'era moderna. Ne venna fatto anche un secondo, ancora piú divertente secondo me.
Le loro lotte per i riconoscimenti territoriali vanno avanti da molti anni, con scarsi successi. Vorrei sbagliarmi, ma il titolo emesso dal Governo angolano (dicembre 2005, consegnato a fime maggio 2006) per una comunitá San nella provincia della Huila, nel quadro di un programma di lavoro congiunto con la FAO sia stato uno dei primissimi titoli mai emessi in favore di queste comunitá. 
Negli anni abbiamo seguito gli sforzi di una piccola ONG locale, OCADEC, e mantenuto degli ottimi rapporti con le autoritá della Provincia della Huila, Il risultato, che a molti puó sembrare poca cosa, é che un secondo titolo, ottenuto dalla piena collaborazione fra le autoritá  governative e la ONG di cui sopra, con un piccolo appoggio della FAO, é stato finalmente emesso nei giorni scorsi.
La ragione della nostra soddisfazione sta nel fatto di essere riusciti a rompere il muro di incomprensione tra autoritá governative e organizzazioni non governative, portarle a conoscersi meglio e pian piano a collaborare. Il fatto poi che questo sia successo al riguardo di comunitá storicamente bistrattate, é ancora piú importante. Ci vuol tempo, ma anche questa piccola goccia contribuisce a restituirci un sorriso...
paolo
Un grazie ai tanti amici e consulenti che negli anni hanno reso possibile la costruzione di questa fiducia...