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domenica 29 marzo 2015

2015 L17: La primavera dei maimorti - Colaprico, Valpreda

Il Saggiatore 2012

Aprile 1969. In una Milano percorsa dalle agitazioni studentesche e dalle prime avvisaglie dell'autunno caldo viene ritrovato il corpo senza vita di un anziano cittadino svizzero. Le prime indagini rivelano che voleva pubblicare un libro di memorie e teneva la foto di una recinzione oltre i monti del lago Maggiore tra Italia e Svizzera, una rete alta e difesa da uomini armati: prima di incontrare l'editore qualcuno l'ha accoltellato. Tre uomini vengono fermati dai carabinieri e chiusi a San Vittore, poco prima che nel carcere scoppi una violenta rivolta. 

Bello, mi è proprio piaciuto. Sarà nella top dell'anno.

sabato 28 marzo 2015

War in progress...

La cartina, molto ben fatta, de l' Internazionale,
http://archivio.internazionale.it/atlante/conflitti-asimmetrici
non è aggiornata agli ultimi conflitti in corso, Ucraina, Yemen da un lato e soprattutto Boko Haram tra Nigeria, Ciad e Niger, ma per il resto credo abbia l'essenziale.

Quello che sta succedendo in posti che, con la globalizzazione galoppante, sono oramai a due passi da casa, dovrebbe essere al centro delle preoccupazioni di chi ci governa. Guardo i notiziari esteri, di quei paesi che ambiscono ad avere un ruolo sulla scena internazionale, e l'essenziale è sempre sui conflitti in corso, cercare di capire chi siano gli attori, gli argomenti, i possibili esiti e quali azioni noi europei possiamo portare avanti su questi temi. Poi, per sbaglio, giro sui canali italiani, e ... inutile andare avanti, lo sapete meglio di me cosa riempia la nostra televisione, pubblica e privata.

Siamo ancora fortunati che in Kossovo non si siano rimessi a sparare, ma intanto abbiamo l'Isis sotto (e forse dentro) casa: tutto il fronte mediterraneo è in fermento, la Tunisia unico elemento democratico, ma estremamente fragile, che rischia di cadere nelle mani dei salafiti  in qualsiasi momento. La Libia è persa, slo si cerca di limitare i danni, in Egitto siamo lì ad applaudire (di nascosto) un nuovo dittatore militare mentre il fronte mediorientale è prossimo allo scoppio.

Come scrivevo tempo fa sulla prossima guerra mondiale, le alleanze saranno mobili, dipendendo dagli interessi del momento. Da una parte siamo contro l'Iran e dall'altro ne abbiamo bisogno per combattere l'Isis in Siria. Gli americani sono contro il Sudan ma poi si ritrovano nella stessa allenza, guidata dai Sauditi, una monarchia del MedioEvo, per attaccare gli sciiti nello Yemen, con l'Iran che s'incazza. Siamo contro la Russia per via dell'Ucraina, ma senza la Russia non c'è possibilità di chiudere il casino siriano e iraniano.
Insomma possiamo continuare a non volere guardare fuori da casa nostra, ma oramai ci siamo dentro.

Il peggio è che ci arriveremo, alla consapevolezza, senza nessuna preparazione, cioè sempre all'ultimo minuto, stile Expo 2015.

Incrociamo le dita, perchè oramai non sono (quasi) più conflitti fra Stati, ma fra entità interessate a prendere il controllo delle risorse naturali (per cui dietro molti di questi conflitti abbiamo entità sovranazionali che soffiano sul fuoco apposta) e sempre di più fra poveri sgangherati che pian piano ricacciamo nello stesso paniere dell'estremismo islamico.. li aiutiamo a fondersi in un'unico movimento.. ingigantendo così il pericolo in modo da autorizzare maggiori spese militari ... ma non sarà certo così che risolveremo i problemi...

Prendiamo un piccolo esempio: Tunisia e altri paesi della regione. Dopo il fiorire delle primavere arabe, si erano rivolti alle istituzioni internazionali per ricevere degli aiuti freschi per appoggiare la transizione democratica. Il G8 aveva lanciato un'iniziativa che prese il nome della località dove si tenne la riunione: il Partenariato di Deauville che doveva aiutare a creare delle società libere, democratiche e tolleranti. L'articolo qui sotto data del 2013 e già allora spiegava quanto poco fosse stato mantenuto delle promesse fatte e dei costi futuri che le nostre società dovranno pagare per non aver fatto nulla al momento opportuno. Uno dei temi più cari a questi paesi, in primis la Tunisia, era quello dell'apertura del mercato agricolo europeo ai loro prodotti (ricordiamo che noi siamo quelli che predichiamo la libera concorrenza - in casa d'altri, ma chiudiamo le frontiere quando i prodotti degli altri devono entrare liberamente). Nulla è stato fatto, come ce lo ricordava ancora ieri sera una trasmissione televisiva franco-tedesca.

La chiusa dell'articolo merita di essere ricordata: 
 
Le coût de l’inaction peut s’avérer colossal si ces pays échouent leur transition et glissent dans la violence et l'extrémisme qui risque de s’étaler sur des décennies
 
http://www.lesechos.fr/idees-debats/cercle/cercle-77734-le-faible-soutien-economique-au-printemps-arabe-risque-detre-couteux-1018092.php#


venerdì 27 marzo 2015

Terre ai giovani



Qualcosa si muove nel mondo agricolo italiano. Per anni i giovani sono diventati una bestia rara in campagna, terra d’esodo come molti altri settori produttivi. Le piccole aziende non ce la facevano più, si assisteva a una riconcentrazione delle terre a livelli preoccupanti, con porte chiuse per chi volesse entrarci.

Poi qualcosa ha cominciato a muoversi. Altraeconomia lo racconta quasi tutti i mesi per cui chi fosse interessato potrebbe sicuramente trovare maggiori informazioni nella rivista. Da parte mia a parte segnalare i bandi per giovani agricoltori emessi nelle Langhe, poi a Lucca, nelle Puglie e poi una serie di altre iniziative che sconfinano nel gran tema del Beni Comuni che in Italia stiamo finalmente riscoprendo. Anche il governo si muove ma come spesso succede suscitando più apprensioni che commenti positivi. Il decreto Terre Vive emanato alcuni mesi fa di fatto sembra un via libera alla svendita delle terre demaniali. Chi volesse saperne di più può trovare tutto all’indirizzo seguente: http://accessoallaterra.blogspot.it/2014/11/decreto-terre-vive-e-una-vendita-stile.html

Finalmente, volevo anche ricordare le Direttrici volontarie per la buona governanza dell’accesso alla terra, un accordo siglato dai paesi membri della FAO nel 2012 dopo anni di intensa negoziazione Nord-Sud-Est-Ovest. Peccato poi che la parte pratica, dipendente come sempre dal volere dei Donanti, si sia limitata ai paesi del Sud, dando l’impressione che, in fondo, quello che interessasse fosse mettere ordine nei sistemi amministrativi del sud in modo da dar maggiori garanzie ai famosi “investitori” in cerca di opportunità per far soldi. Migliorare i catasti, i sistemi di registrazione delle terre, far funzionare un po’ meglio l’amministrazione fondiaria ma non per promuovere uno sviluppo endogeno locale, solamente per facilitare le pratiche di acquisizione per chi arrivasse da fuori.

Abbiamo fatto una scommessa, e cioè che fosse possibile parlare di queste direttrici anche nel Nord del mondo. Approfittando della disponibilità degli attori laziali, municipio, regione e università agrarie, anche loro attori attivi nel promulgare bandi per facilitare l’accesso alla terra ai giovani, abbiamo provato a testare alcuni dei principi delle direttrici (volontarie, ricordiamolo). Il tutto per far vedere che, volendo, si può parlare di come migliorare la governanza della terra anche nel Nord, dalla Norvegia al Canada, dalla Russia all’Australia. Un piccolo studio fatto in Italia che presenteremo la settimana prossima alla FAO.

2015 L16: Bien connu des services de police - Dominique Manotti




Gallimard 2010

Le commissariat de Panteuil, banlieue nord de Paris, future incarnation de la "nouvelle politique de sécurité" du ministre de l’Intérieur? C’est en tout cas ce que souhaite sa commissaire en cette année 2005. Ce haut fonctionnaire policier ne manque pas d’ambitions: sa politique de maintien de l’ordre dans les quartiers, radicale, théorisée, doit servir les objectifs du ministre et, en passant, sa propre carrière.
Ses hommes, sur le terrain s’y emploient à leur manière. Ils font comme ils peuvent, survivent comme ils peuvent, donnent des gages à la hiérarchie, s’arrangent avec les faits, avec les statistiques, avec les règles - ils font le métier, quoi! - dans un climat de tension, de violence et de mensonge, avec la population, avec les « jeunes », avec les autres.
Noria Ghozali, commandant aux Renseignements Généraux, observe avec intérêt la vie et les soubresauts de ce commissariat, et notamment les contacts qui sont noués – sans doute pour la bonne marche des enquêtes - entre certains policiers et certains grands voyous. Et puis, soudainement, des squats, peuplés de travailleurs immigrés, brûlent.

Leggo giudizi contrastanti su questo romanzo, io faccio parte dei positivi e lo raccomando, rischia di essere anche nella mia Top

giovedì 26 marzo 2015

2015 L15: Alzaia - Erri de Luca



Feltrinelli, UEF 2014

L'alzaia è la fune che serviva a tirare dalla riva di fiumi e canali chiatte e battelli controcorrente. E qui è la corda che trascina pensieri, frasi, spunti, accadimenti. Alzaia diventa così un prezioso quaderno di riflessioni, un esercizio per non perdere la memoria. Si procede per "voci" in ordine alfabetico (e a quelle dell'edizione del 1997 se ne aggiungono molte altre) come in un vocabolario. Voci come Agguati, Compiti, Confini, Emigranti, Esecuzioni, Indifferenza, Maternità, Nuvole, Operai, Ricordo, Rondine, Sazietà, Sono io, Testimoni, Vacci piano, Yiddish, Zingari. E in ogni voce c'è un dettaglio, un segmento di verità, un appunto da non dimenticare. Walter Benjamin, scrive De Luca,"immaginava di scrivere un libro di sole citazioni, il cui senso fosse dato dall'accostamento, il cui valore d'autore risultasse dal montaggio. Questo libretto,Alzaia, che ammucchia frasi lette e vi appende un commento, è seguace di quell'intuizione".

Francamente non il migliore che abbia letto.

sabato 21 marzo 2015

2015 L14: La pioggia fa sul serio. Romanzo di frane e altri delitti - Guccini Macchiavelli





 Mondadori, 2014

A Casedisopra, nel cuore degli Appennini, l'estate è finita eppure in giro si vedono ancora dei forestieri. All'osteria di Benito, dove si ferma per un bicchiere chiunque passi in paese, il cameriere marocchino Amdi spesso serve da bere a due avventori singolari: un geologo impegnato a studiare il territorio e un architetto inglese innamorato del posto, Bill Holmes, che insieme alla bella nipote Betty sta conducendo una ricerca sulle costruzioni religiose di cui è ricca quella parte di Appennino. Nel frattempo, però, ha cominciato a piovere senza tregua, e l'acqua dà non poco filo da torcere all'ispettore della Forestale Marco Gherardini, che in paese chiamano "Poiana". A parte ciò, in paese tutto sembra tranquillo. Fino a che, proprio il giorno prima di andarsene, il geologo non sparisce misteriosamente. Dopo la sua scomparsa una serie di aggressioni turba la vita di Casedisopra. A indagare sui troppi misteri che si nascondono tra i ruderi della Casa-fortezza del Capitano e l'edicola con l'affresco di una Madonna incinta, tra l'agriturismo gestito da una stravagante signora e il Sasso Nero che racchiude un segreto, è incaricato il giovane maresciallo dei carabinieri Barnaba. Ma molto presto "Poiana" dovrà intervenire sia pure non ufficialmente. Ancora una volta Guccini e Macchiavelli evocano i sapori e le emozioni delle loro montagne e ci conducono lungo i valichi appenninici, dal Quattrocento a oggi, fino a scoprire una verità sorprendente e quanto mai attuale. 

Si va sul sicuro, una coppia in perfetta sintonia. Sarà nella top dell'anno

giovedì 19 marzo 2015

Venti di Guerra



Dopo la firma degli accordi di Oslo (1993), e pochi mesi prima di essere assassinato dalla destra israeliana, il primo ministro Y. Rabin venne pubblicamente sbeffeggiato mostrandolo vestito da Nazista (giusto per capire a chi livello siamo scesi...). Dietro questi gruppi c’era un leader di cui parla molto in questi giorni, avendo appena rivinto le elezioni in Israele.



Nel 2004 il Ministro della Giustizia israeliano “Tommy” Lapid sorprese i colleghi di governo al dichiarare che una foto di un’anziana palestinese cercando tra le macerie della sua casa gli aveva fatto pensare a sua nonna, morta a Auschwitz. Il Primo Ministro Ariel Sharon lo criticò duramente per questo paragone tra una palestinese e una vittima dei Nazi, dicendo che questi commenti erano "unacceptable and intolerable". http://news.bbc.co.uk/2/hi/middle_east/3742365.stm
Questo per dire che anche in Israele c’è  qualcuno che si sta rendendo conto da parecchio tempo di quello che sta succedendo.

Dal 2004 ad oggi le cose sono cambiate, in peggio. Le colonie abusive nei territori palestinesi aumentano ogni giorno.  Le cifre che circolano sono di circa 300mila coloni, che sicuramente aumenteranno velocemente nei prossimi anni. Questa settimana è arrivata la dichiarazione più chiara sulla volontà di guerra del candidato, uscito vincitore, alle ultime elezioni. http://edition.cnn.com/2015/03/16/middleeast/israel-netanyahu-palestinian-state/

Per decenni si era andati avanti spingendo sull’ipocrita idea che era meglio un governo conservatore, duro e forte per arrivare a chiudere le negoziazioni con i Palestinesi. Votate per noi e avremo la pace, questo era in sintesi lo slogan del Likud. Questa volta è stato diverso, e la cortina di fumo è stata sciolta. Votate per noi e loro non avranno mai uno Stato, queste le parole di Netanyahu.
La costruzione del muro è utile per non vedere le sofferenze degli altri. Oggigiorno gli israeliani sentono parlare dei palestinesi solo nei telegiornali, dato che non possono recarsi dall’altra parte pena una multa e un po’di prigione. Il muro li separa anche visualmente. Occhio non vede e cuor non duole. Fino a quando esploderà di nuovo, più forte di prima, … anche i muri più resistenti sono caduti.

Quando i neri americani dovevano cedere i loro posti ai bianchi sugli autobus, arrivò il giorno quando Rosa Parks osò infrangere il tabù. Venne arrestata, ma da lì partì il movimento guidato da M.L. King, e l’America non fu più la stessa, anche se a Ferguson non se ne sono accorti. In Israele invece Rosa Parks non è ancora arrivata, e la segregazione continua…

L’acqua è un problema serio: rimando a un paio di articoli interessanti per chi volesse rinfrescarsi la memoria:

Anche la corrente lo è, particolarmente acuto per la gente di Gaza:

Capiamoci bene: qui non si tratta di attaccare gli ebrei, ma delle pratiche che il governo di Israele sta portando avanti, cosciente che il risentimento non solo cova, ma che non può far altro che crescere. Dichiarare che con lui eletto la Palestina non avrà mai uno Stato vuol dire buttar benzina sul fuoco.
Gli israeliani chiaramente giocano sulle divergenze politiche interne che oppongono Fatah, che controlla la West Bank e Hamas che controlla Gaza. Il risultato è che il Parlamento non si riunisce da anni. Ed è chiaro che finché i due gruppi non si metteranno d’accordo, la voce palestinese resterà sempre debole. Tutto sembra dividerli oggi, tipo la prima Forza Italia e il PDS dell’epoca. Abbiamo visto come è finita da noi, per cui può anche essere che un giorno riescano a mettersi attorno a un tavolo ed avere un programma comune.

Leggevo per caso sul web un articolo che racconta una storia apparentemente incredibile dei lontani rapporti tra Hamas e Israele…

Francamente, ho poche speranze per il futuro…



domenica 15 marzo 2015

The physical divide



Ramallah-Gerusalemme marzo 2015





Ecco gli ultimi ricordi prima di lasciare quella terra martoriata. Non avevo mai visto il muro di Berlino, anche per scelta, per non vedere come l’essere umano possa essere meschino e cattivo. Adesso mi sono trovato davanti a questo muro e l’impressione è molto forte. Come a Berlino tutti pretendono aver ragione, sta di fatto che non sarà mai questo il modo di dimostrarlo. Aver tirato su il muro di Berlino ha squalificato per sempre l’URSS nella scena mondiale. Altrettanto vale qui. Un muro costruito per non voler vedere gli altri, per annientarli culturalmente, negare la loro esistenza e diritti.

Passi il check point ed ecco la strada che ti si apre davanti. Muro a destra e muro a sinistra. Siamo in territorio occupato, questa è terra palestinese che deve essere restituita. Chi è stato chiuso dentro il muro, i palestinesi che si trovano in territorio occupato, hanno dovuto accettare di lasciare le loro proprietà dall’altra parte del muro a cambio di una carta d’identità detta di Gerusalemme, che permette loro di passare nella parte palestinese senza visto. Non sono cittadini di serie A, ma una sottoclasse occupata che non può votare in Israele, nemmeno alle comunali. In quelle terre palestinesi hanno trovato l’acqua, e questa la mettonio in gtrandi cisterne per poi alimentare la rete idrica israeliana. Le case palestinesi sono state staccate, no acqua né energia elettrica. Devono comprare tutto, ed ecco il perché di tante cisterne sui tetti.

Difficile dimenticare, ma ancor più difficile capire come possano vivere gli israeliani con questo peso sulla coscienza.

giovedì 12 marzo 2015

Ratio per una visione propositiva



Ramallah, 12 Marzo 2015

Ed eccoci qui per l’ultimo giorno di missione. Ora di tirare le somme anche se mancano ancora alcuni appuntamenti. Una volta ancora troviamo che la questione istituzionale in senso largo, oggi diremmo governance, è abbastanza centrale nel problema che ci ha portato qui.

Da un lato abbiamo un livello internazionale che ovviamente passa sopra le nostre teste anche se le ripercussioni sono molto concrete (nell’ area C non si può far praticamente nulla). Dall’altro però abbiamo un livello interno che tocca le responsabilità del giovane Stato palestinese che cerca con difficoltà comprensibili di emergere e di strutturarsi. Lo sappiamo bene noi italiani quanto sia lungo il tempo di creare uno stato minimamente organizzato, per cui i pochi anni passati fin’ora da quando sono al comando anche se sembrano un’eternità per chi ci è dentro ogni giorno, vanno letti con il distacco dell’osservatore straniero e imparziale. Le istituzioni ci sono, sono state create magari un po’ rapidamente, ma ovviamente quel che resta da costruire sono soprattutto i ponti tra di loro. La tendenza sembra essere chiaramente in favore di potentati locali piuttosto che di mattoni di un’unica costruzione. Difficile in questo contesto intervenire, e alla fine ti vien da pensare che anche la comunità dei donatori si sia seduta su questa constatazione e alla fine preferisca portare avanti iniziative lodevoli ma settoriali che rinforzano lo spirito individuale piuttosto che di gruppo.

Oggigiorno l’evidenza comincia ad esser tale per molti responsabili, non abbastanza sfortunatamente, né cui né altrove, che non si possa parlare di gestione delle risorse naturali separandole una dall’altra. Non posso pensare alle terre agricole senza osservare le spinte delle aree urbane per convertire quelle terre ad uso edilizio oppure industriale o artigianale. Ma nemmeno posso più evitare le crescenti pressioni del mondo ambientalista per non vedere sempre e solo la dimensione produttiva ma anche quella protettiva della biodiversità – di cui facciamo parte, occhio – per cui sia necessario pensare anche a proteggere degli spazi sia per uso ricreativo sia per uso delle future generazioni. Esempi di questa normalissima dialettica politica ne abbiamo a iosa, quindi nulla di speciale nel sottolinearlo qui. 

Ovviamente vorremmo tutti che in uno Stato nuovo si facesse tesoro degli insegnamenti altrui, ma alla fine siamo tutti figli di una stessa storia che ci fa guardare prima le cose più vicine, i nostri interessi immediati, piuttosto che gettare lo sguardo più lontano.

Su questa breccia, esistente e riconosciuta da tutti gli interlocutori, si potrebbe provare a intervenire, sia con le autorità nazionali (e in questo inserisco anche il mondo non governativo locale) sia con la comunità internazionale, donatori ed operatori, in modo da portare avanti una specie di moral suasion sull’importanza che la questione governance resti in alto nell’agenda di lavoro.

Possiamo proporre delle azioni tecniche mirate a migliorare certi aspetti legati alle risorse naturali, ma non dobbiamo dimenticare il quadro d’insieme, in modo da far sì che tutto si tenga, sia il tecnico che la visione d’assieme istituzionale, legale e politica alla fine. Cominciamo ad avere abbastanza elementi per riflettere su una vera strategia d’intervento. Speriamo riuscire a farla capire agli uni e agli altri. La demografia (e i bisogni crescenti di abitazioni, acqua, cibo..) da un lato e la diminuzione progressiva delle terre disponibili (qui si parla di un 1% all’anno che viene perso per l’insieme di ragioni precedenti, senza contare quelle internazioinali) rendono ogni giorno più urgente un intervento logico e coerente.

Canzone del giorno:  Supertramp

The Logical Song