Visualizzazioni totali

venerdì 25 marzo 2016

2016 L16: Torsten Petterson - L'Alfabestista

Newton Compton

Nella cittadina di Forshälla la vita scorre lenta e tranquilla. Fino al giorno in cui in un parco pubblico viene ritrovato il cadavere di una donna. L’assassino l’ha strangolata, le ha cavato gli occhi e le ha inciso sulla pancia una lettera, una A. Tutti i sospetti si concentrano sul fidanzato della vittima, ma ciò non impedisce la sorprendente scoperta, a distanza di qualche tempo, di altri corpi, anch’essi senza occhi e con una lettera incisa sulla pancia. Cosa significano quelle lettere? Chi vuole la morte di persone apparentemente molto diverse tra loro? Per risolvere il caso, l’ispettore Lindmark dovrà entrare nella mente dell’assassino e seguirlo nei labirinti oscuri della perversione: un gioco destinato a insinuare nella sua esistenza l’ombra inquietante del dubbio…

Libro interessante perchè, per una volta, il commissario e la sua squadra non ci capiscono nulla dall'inizio fino alla fine. Se non fosse per gli aiuti esterni, decisivi a risolvere una parte del caso (alcuni degli omicidi restano insoluti), il nostro povero commissario sarebbe conosciuto solo per i maltrattamenti che fa subire negli interrogatori, spingendo degli innocenti a dichiararsio colpevoli di qualsiasi cosa. Insomma una storia strampalata, probabilissima perchè non credo a sti commissari che risolvono tutto... almeno questi qua cercano un po', fanno casini,poi si dimenticano di tutto finchè per caso non si riapre il tema. Capisco perchè il poveraccio non abbia fatto carriera.

lunedì 21 marzo 2016

2016 L15: Amir Aczel - Caccia allo zero


Raffaello Cortina editore 2016

Le origini dei numeri che usiamo, e dai quali dipende la nostra esistenza, sono state per secoli avvolte dal mistero. La storia comincia con il sistema cuneiforme babilonese, seguito più tardi dai caratteri dell’alfabeto greco e latino. Ma da dove provengono i numeri che usiamo oggi, quelli che vengono definiti indo-arabici? Per scoprirlo, Amir Aczel si è avventurato in territori inesplorati, attraversando l’India, la Thailandia, il Laos, il Vietnam e infine la giungla della Cambogia. Qui, finalmente, ha trovato il primissimo zero, il cardine del nostro sistema numerico, su una lastra di pietra che tanto tempo fa si trovava sulla parete ora ricoperta di viticci di un tempio del VII secolo in rovina. L’odissea di Aczel è accompagnata da una serie di stravaganti personaggi: accademici in cerca della verità, avventurosi esploratori della giungla, uomini politici sorprendentemente onesti. Alla fine, tutti contribuiranno a rivelare il luogo nel quale sono nati i nostri numeri. 

Gran libro... letto in un attimo ma sicuramente ci ritorneró sopra... sarà nella Top... 

mercoledì 16 marzo 2016

2016 L14: Arnaldur Indriðason - Les nuits de Reykjavik


Points, 2016

Erlendur le solitaire vient d’entrer dans la police, et les rues de Reykjavik dans lesquelles il patrouille de nuit sont agitées : accidents de la circulation, contrebande, vols, violences domestiques… Des gamins trouvent en jouant dans un fossé le cadavre d’un clochard qu’il croisait régulièrement dans ses rondes. On conclut à l’accident et l’affaire est classée. Pourtant le destin de cet homme hante Erlendur et l’entraîne toujours plus loin dans les bas-fonds étranges et sombres de la ville. On découvre ici ce qui va faire l’essence de ce personnage taciturne : son intuition, son obstination à connaître la vérité, sa discrétion tenace pour résister aux pressions contre vents et marées, tout ce qui va séduire le commisaire Marion Briem. En racontant la première affaire d’Erlendur, le policier que les lecteurs connaissent depuis les premiers livres de l’auteur, Arnaldur Indridason dépasse le thriller et écrit aussi un excellent roman contemporain sur la douleur et la nostalgie. De roman en roman, il perfectionne son écriture et la profondeur de son approche des hommes. Un livre remarquable.

Sembrano tutti entusiasti di questo libro.... io un po' meno a dire il vero. Il personaggio principale, Erlendur, sembra tagliato con l'accetta, la storia con la ragazza, una "specie" di fidanzata, sembra buttata lí per riempire un po'... poi lei rimane incinta ma di questo non sapremo più nulla... invece di Hannibal sembra quasi se ne innamori, ha la testa solo puntata su di lui, non rispetta una regola che sia una, fa tutto come gli pare e piace, ha la sensibilità di un elefante in un negozio di porcellane, ma comunque i suoi capi non trovano nulla di ridire... vabbè... insomma si passano alcune ore tranquilli, l'unico ricordo che resta è il desiderio di alcuni dei personaggi secondari di scappare via da quel paese, cosa che si pu1o capire benissimo.

martedì 15 marzo 2016

Poco a poco, inesorabilmente, la guerra avanza

Torno da un rapido passaggio in America, visitando la mezza città bianca che funge da Capitale. Il mio traghettatore mi spiega come poco a poco i bianchi stiano prendendo possesso di questa città che fu sempre di netta maggioranza nera. La separazione è evidente, sembra di essere dentro al film American Graffiti o nelle puntate di Happy Days. Tutti bianchi e gentili, si fermano appena vedono una striscia pedonale, anche se non si vede un pedone in giro. Quasi nessuno fuma più, solo due persone viste in 4 giorni. Finanche i barboni finiscono per bere acqua. Tante biciclette, giovani che sorridono e chiacchierano ad alta voce nei bar e ristoranti, serviti da camerieri rigorosamente o latinos o neri.

Poche migliaia di chilometri più sotto, in Honduras hanno ricordato ancora una volta che dei diritti degli esclusi è meglio non occuparsene, altrimenti prima o dopo si fa la fine di Berta Caceres. In televisione Trump continua la sua corsa verso l’investitura. Costruire muri, dividere chi sta dentro da chi sta fuori, illegale, da rimandare a casa. Mi risveglio in Italia e le immagini televisive rimandano agli stessi discorsi. Ascolto un telegiornale e ricasco nelle etrene lotte da pollaio italiano. Uno sforzo per capire cosa stia succedendo in questo mondo non lo senti nemmeno se paghi. Televisioni pubbliche o private fanno a gara per evitare di far capire cosa sta succedendo.

Bombe esplodono in Turchia, ma ancora più pericolosamente, in Costa d’Avorio. Si conferma che l’accerchiamento degli islamisti, siano Isis, Al-Qaeda o altro, va avanti. Sono passati anni da quando si è lanciata l’operazione di stabilizzazione del Mali, e il risultato non è stato ottenuto. Uno dopo l’altro questi paesi perdono le loro risorse economiche più immediate, cioè il turismo, e si trovano sempre più destabilizzate. Nessuno ha soldi per mandare truppe militari a sufficenza, per cui si perde controllo militare e, a ruota, sociale. Ogni bomba nei resort turistici significa una quantità di barche di migranti in più verso le nostre sponde. Questo non ce lo dicono. Ci fanno vedere le immagini angosciose dei migranti bloccati nei campi, di la da muri che continuano a costruirsi... ma non senti un politico che sia uno dire la verità semplice: una parte di questi immigrati scappa da guerre che noi abbiamo attizzato (come Iraq o Afghanistan) o che non siamo riusciti a completare (la cacciata del dittatore siriano). Scappano da pesi in rovina, e noi continuiamo a vendere armi in modo che i bombardamenti siano più efficaci e distruttivi. Un’altra parte scappa per ragioni economiche, cioè da economie che abbiamo distrutto, impedendo loro di esportare verso i nostri mercati e inondando i loro mercati di nostri prodotti, agricoli e non, sovvenzionati.

Vengono,  enoi ci illudiamo di fermarli con questi fili spinati. In un anno è andata per aria tutta la zona di libera circolazione europea, l’unica vera tangibile vittoria di questa unione europea. Ci chiudiamo tutti in casa, pensando che di fronte alle sfide mondiali dei paesetti come la Lettonia, o l’Austria, o la Slovacchia, possano sostenere la sfida economica, tecnologica e finanziaria... Siamo delle scoregge al vento. Già quando eravamo 28 non riuscivamo a difenderci realmente contro i pesi massimi mondiali (qualcuno si ricorda che anni fa venne lanciato un programma che doveva permetterci di avere un sistema GPS nostro? Doveva esser concluso 3-4 anni fa, e invece non se ne sente più parlare. Il GPS è americano, anzi dell’esercito americano, per cui se un giorno gli girano le balle, ce lo chiudono, e noi torniamo ad andare a piedi). Uniti non ce la facevamo, adesso disuniti dove pensiamo di andare? Non abbiamo voluto fare altro che della carità ai paesi del sud, pensando fosse sufficente. E invece no. Il non far nulla non significa che le tendenze negative che abbiamo instaurato decenni fa si siano fermate. Abbiamo fatto di tutto per avere dei paesi in mano a una casta corrotta ma fedele ai nostri disegni. Abbiamo fatto di tutto per evitare che diventassero sul serio indipendenti e liberi, cioè capaci di competere, e magari vincere, contro le nostre imprese. I risultati sono arrivati. Noi esportiamo, e loro ci rimandano indietro i risultati delle nostre esportazioni, cioè la gente che non ha casa, lavoro, scuola ...

La sola minaccia che un milione di loro venga in Europa è stata sufficente per far saltare una costruzione di mezzo secolo. La Turchia ne ha, fra legali e illegali, qualcosa come 4 milioni... giusto per ricordarlo.

Ci chiudiamo nella nostra grettezza... invece di andare a prendere a bastonate i nostri eletti che sono  pagati per pensare a cosa fare rispetto a questi problemi. Non vogliono interessarsene perchè o non ci arrivano a capirli o perchè sono degli incapaci e, per alcuni di loro, perchè sono pagati per non far nulla. A qualcuno fa comodo questo andazzo, dove pochi settori, sempre di più quelli finanziari, ci guadagnao anche quando siamo nella merda come adesso. Privatizzare i benefici e socializzare le perdite perchè tanto pensano ci sia sempre un paradiso dove poter fuggire a godersi il bottino.

La guerra che viene sarà diversa, l’ho già detto e scritto. Sarà di tutti contro tutti, cercheremo di costruire mur sempre più alti per difenderci da tutti... ma non servirà  a nulla. Siamo immersi  in un fango culturale che da decenni ci spinge verso l’individualismo, mors tua vita mea... e finchè non cominceremo a rovesciare i presupposti stessi di questa inciviltà, non potremo sperare di salvarci.

Dobbiamo ripartire dalla base del vivere assieme, taking care of the others, preoccuparsi degli altri, perchè gli altri siamo noi. Gli altri vengono a dircelo ogni giorno, mostrandoci la povertà alla quale li ha ridotti il nostro sistema economico. Pensare che noi riusciremo a difenderci è proprio vano. Tocca a loro adesso e poi toccherà a noi. Un sistema che distrugge lavoro, distrugge le risorse naturali, ti toglie anche l’aria che respiri e concentra tutto questo in poche mani, sempre meno, è destinato a portarci ad una fine accellerata.

Imparate a chiedere le cose giuste: perchè continuiamo a dare miliardi alle banche e non ad occuparci della gente che soffre? Perchè appoggiamo regimi come l’Arabia Saudita che, a parte comprarci armi e bombe, ha l’unico primato di impiccare più gente degli iraniani o dei cinesi (o degli americani) e dove i rapporti sociali sono fermi all’età della pietra? Perchè abbiamo distrutto le piccole agricolture africane inondandoli con i nostri prodotti sovvenzionati?

Sul serio vogliamo vivere in un mondo dove pochi avranno tutto e tantissimi non avranno nulla? Siamo così stupidi da credere che anche noi saremo nella prima categoria, cioè quelli che sopravviveranno? Sveglia gente...

sabato 12 marzo 2016

2016 L13: Luciano De Crescenzo - Così parlò Bellavista

Mondadori

Il professor Gennaro Bellavista è un personaggio di Totò che si traveste da filosofo. E le sue uscite sono piene di saggezza e di umanità. Dal libro è stato tratto il film interpretato dallo stesso De Crescenzo nelle vesti del protagonista.

Devo fare mea culpa. All'epoca nè lo scrittore nè il libro suscitarono alcun interesse da parte mia. Leggerlo ora, tornando da Napoli, è stata come una illuminazione. Raccomandato assolutamente. Sarà nella Top dell'anno.

martedì 8 marzo 2016

Terra e Riforma agraria ... Una goccia di sole....


Appena finito di scrivere sui dieci anni passati dalla Conferenza di Porto Alegre ed ecco che, dal sole a catinelle cade una goccia.. che illumina questa giornata.

Primo titolo emesso per una comunità contadina della Provincia di Biè, nel planalto centrale dell'Angola.

Anni e anni di lavoro per aiutare a costruire un ambiente favorevole al dialogo e al riconoscimento reciproco. E adesso pian piano vanno avanti anche senza di noi....

Per molti di voi che leggeret questo post non vi sembrerà nulla di speciale... ma quando capirete che la grandissima maggioranza delle comunità contadine, in Africa come altrove, non hanno titoli ufficiali che riconoscano i loro diritti consuetudinari... allo forse capirete perchè vedo il sole fuori dalla fienstra

ICARRD: Terra e Riforma Agraria: 10 anni fa la Conferenza (Porto Alegre, Marzo 2006)


Dieci anni fa non eravamo molto più giovani. Alcuni sì, iniziavano allora il loro lungo percorso professionale, ma molti di noi eravamo giá passati per illusioni precedenti. Per questo impostammo la Conferenza sulla Riforma Agraria in un tono propositivo, verso possibili cammini di sviluppo riformisti, non rivoluzionari, per evitare un confronto troppo duro dati i rapporti di forza esistenti.

La terra ci ha dato e continua a darci la base essenziale per quello che mangiamo e beviamo ogni giorno. La terra serve come riserva per immagazzinare acqua, non solo per produrre cibo. La terra é un enorme serbatoio anche di gas, per cui da lì veniamo e lì finiremo. Da sempre é stata oggetto di interessi, di conquiste, di desiderio di escludere gli altri, chiunque essi fossero. Attorno al tema terra ci giochiamo il futuro dell’umanità, oggi più che mai. Sulle terre costruiamo città, che poi vengono distrutte da i bombardamenti, creiamo riserve della biodiversità, piantiamo foreste per produrre cellulosa, sradicando quella stessa biodiversità che dovrebbe essere al cuore delle nostre preoccupazioni.

Ma soprattutto la terra è potere. Da sempre il Signore, sia medievale che moderno, esprime il suo potere col controlo territoriale, che include tutti quelli che da quella terra ci dipendono. La terra vale più della gente. La gente è merce, la terra è sostanza. Per questo ogni volta che si è provato a toccare il tema, ci si è scottati.

Riprovare a parlarne, dieci anni fa, ci ha portato allo stesso sconforto attuale. Riuscimmo ad aprire le porte ai movimenti sociali: per la prima volta vennero associati fin dall’inizio, con diritto non solo d parola, ma di vedere le loro posizioni espresse in documenti ufficiali da discutere nella Conferenza. Trattammo tutti su un piede di parità, compresi certi istituti finanziari di rilevanza mondiale che si sono abituati a dettar legge e comandar loro. Fu sufficiente questo per far sì che non venissero, colpiti dalla nostra arroganza di non riconoscere la loro ovvia superiortià.

soldi erano pochi, osteggiati da molti paesi e da molti colleghi che non volevano si parlasse di quei temi. Furono giorni importanti perchè dimostrarono che era possibile trovare un terreno comune sul quale costruire dei processi inclusivi. Percorsi lunghi, dove i trabocchetti sarebbero stati all’ordine del giorno, come fu in seguito.

Partimmo a mani paerte, senza sapere se saremmo riusciti ad arrivare alla fine in modo positivo. Tanti erano quelli che speravano in un fracasso, ma persero loro. Andammo con poche certezze, ma con tanta volotnà di dialogo, ripetendo come non fosismo noi a portar soluzioni, ma che assieme avremmo potuto fare della strada, cercare (almeno provare) a spostare equilibri politici (asimmetrici) consolidati.

Ricordo ministri africani (a dire il vero Ministre... donne), aprire la porta per far sì che il forum parallelo dei movimenti sociali potesse venire a confrontarsi con la conferenza ufficiale, testimoniando in maniera plateale l’essenza stessa del dialogo.

Si parlò dei diritti delle donne, dei popoli indigeni, posizioni diverse, contrastanti, soprattutto fra governi e movimenti sociali, ma questo era ovvio, meno forse il fatto che si riuscisse a trovare, a volte, non sempre, dei terreni d’intesa.

Tanta energia e tantissimo stress. Mia moglie quasi non mi riconosceva da come tornai a casa. Dieci anni presi in 4 giorni. Ma giorni intensi, ripagati da quanto i movimenti contadini vennero a dirci qualche settimana dopo a casa nostra: che c’era stato un prima e un dopo nei nostri rapporti. Secondo loro la conferenza era stata un successo grandioso, dimostrando che si poteva fare alleanze strategiche su questo tema. Insomma, dieci e lode. Il massimo, ma anche l’inizio della fine. Certi paesi (del nord, ovviamente) si preoccuparono sul serio che l’esempio costituito da quella conferenza potesse far venire strane idee. Il boicot inizió subito, e il risultato ecoclo qua.

Dieci anni dopo il grabbing continua più di prima, di terre, sabbia, aria, risorse genetiche e quant’altro. I diritti delle donne alla terra sono di la da venire ancora in troppi paesi, per non parlare di popoli indigeni o della popolazioni pastorili.


Oggi sono andato a festeggiare da solo. Un quartino di vino per non dimenticare. 

lunedì 7 marzo 2016

2016 L12: Federico Rampini - L'Età del Caos

Mondadori, 2015

Vista dagli Stati Uniti, l'Italia fa notizia perché è quel piccolo paese dove approdano ondate di disperati, costretti ad attraversare il Mediterraneo per fuggire a devastazioni molteplici: l'avanzata dello Stato Islamico, le guerre civili, la miseria. La Germania è un colosso economico dai piedi d'argilla, prepotente e timida al tempo stesso, incapace di dare all'Europa un progetto nuovo, forte e convincente. La Nato si riarma per far fronte a Vladimir Putin, ma gli europei hanno altro a cui pensare: i figli senza lavoro o sottopagati, i tagli alle pensioni, i servizi pubblici in declino, l'insicurezza sociale. Non sta molto meglio la "mia" America. Dopo sei anni di crescita, la maggioranza continua a pensare che "il paese è sulla strada sbagliata". Anche qui molti giovani, pur avendo sbocchi professionali migliori dei loro coetanei in Europa, non possono aspirare al tenore di vita dei genitori. Pesa anche la perdita di una missione. La nazione leader non crede più possibile una pax americana nel mondo. Insomma, siamo i primi testimoni di un evento epocale, la fine del dominio dell'uomo bianco sul pianeta. Il pendolo della storia torna dove l'avevamo lasciato cinque secoli fa, quando il baricentro del mondo era Cindia, l'area più ricca e avanzata, oltre che più popolosa. Ma il pendolo della storia è lento. Siamo ancora in uno di quei periodi instabili e pericolosi in cui l'ordine antico sta franando e del nuovo non c'è traccia.

Rampini scrive bene secondo me, ma resta un giornalista e lo stiule é quello. Ecco perchè il libro sembra una messa insieme di una serie di articoli, per dare un'idea della complessità del mondo attuale... 300 pagine per arrivare alla fine, tirando le somme, a rimettere al centro delle preoccupazioni l'uomo, i suoi rapporti sociali, la fiducia nell'altro etc. etc... Fa piacere scoprire che ci sia arrivato anche lui. Noi lo facciamo da parecchi anni oramai.

mercoledì 2 marzo 2016

2016 L11: Emiliano Fittipaldi - Avarizia

Feltrinelli, 2015

Che in Vaticano alligni il vizio dell'avarizia è stato spesso denunciato, da Dante alle pagine di cronaca di oggi, ma si tratta quasi sempre di scoop per sentito dire, intercettazioni spesso smentite, voci di corridoio. Emiliano Fittipaldi, che da anni segue questi temi per "L'Espresso", ha raccolto da fonti confidenziali una grande quantità di documenti interni del Vaticano verbali, bilanci, relazioni - e grazie a questo è in grado di tracciare le prime mappe dell'impero finanziario della Chiesa (...) Un'inchiesta tutta fondata su documenti e fonti interne alla curia, che fotografa un momento cruciale della storia vaticana...

Al di là dell'immaginabile... uno resta senza parola a vedere l'ampiezza della decadenza finanziario-corruttiva nel Vaticano. Pensare che Papa Francesco possa farcela a rimettere ordine rileva più che del miracolo e della fede... é come sperare di fare Tredici dieci volte di seguito...