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martedì 28 giugno 2011

Accaparramento delle terre (2)

(continuo una riflessione iniziata a gennaio 2010)

Partiamo sempre dai pochi dati in circolazione. In questo caso usiamo quelli dell’Istituto di Ricerca sulle Politiche Alimentari (IFPRI) che calcola tra i 15 e i 20 milioni gli ettari ceduti, comprati o sottoposti a trattative per la produzione di alimenti all’estero, quasi la totalità in Africa e Asia. In se e per se non si tratta di superfici enormi, ma sembra importante notare il trend in rapido e progressivo aumento.

Alcuni pensano che queste iniziative possano essere benefiche per le comunitá locali. Se nell’astratto questo potrebbe anche essere vero, quando scendiamo nella realtá per il momento vediamo due tendenze delinearsi: da un lato la produzione di cibo e agrocarburanti per mercati esteri (cibo da rimandarea a casa propria, agrocarburanti da vendere nel mercato mondiale) e, dall’altro, zero investimenti al di fuori di quelli strettamente necessari per le produzioni di cui sopra.

Quando guardiamo piú da vicino la produzione di cibo fatta su queste terre, cibo che viene rimandato poi nella casa madre del paese che ha organizzato l’accaparramento, dovremmo fissarci meglio sui costi di produzione. Prendiamo il caso di chi prenda terre in Africa per fare del riso da mandare nel lontano est asiatico,.. Anche usando una mano d’opera servile (si sente dire che vengano usati prigioneri originari di quei paesi per ridurre cosí a zero il costo della mano d’opera), quindi con un costo molto basso, giusto il cibo per la riproduzione minima e un po’di soldi per organizzare dei campi dove mantenerli al chiuso una volta finita a giornata di lavoro, fra gli altri costi dovremmo considerare l’affitto della terra (che in realtá è bassissimo come vari studi stanno dimostrando) e quello dell’acqua (anche questa presa senza pagare nulla).

Per cui il costo diretto di produzione è bassissimo. Resta peró il problema di trasportarlo nei paesi di consumo, e lí il costo aumenta per forza e poi trasformarlo minimamente e farlo arrivare nei mercati locali. Anche con tutta la buona volontá il costo finale non sará bassissimo. Comparando questi costi con il potere d’acquisto delle popolazioni povere di quei paesi, il dubbio sorge che queste operazioni non abbiano senso dal punto di vista economico. Forse lo avranno da quello strategico politico: non riuscendo a garantire cibo a sufficienza sulle proprie terre (come è il caso della Cina), a quel punto la ricerca di cibo (o terre) esterne diventa obbligatoria e rischia di non fermarsi di fronte a nulla. Se non si ferma di fronte ai risultati economici negativi (dimostrando una volontá di sussidiare quelle produzioni a livelli molto alti), diventa difficile credere che si fermeranno di fronte a questioni di diritti di popolazioni locali.

Sarebbe interessante sapere se qualche studente stesse facendo degli studi di economia agraria (bilancio aziendale) per calcolare questi costi e vedere qual è il livello di sussidi che i governi patrocinati queste operazioni devono incorrere. Comunque sia, resta il fatto che le popolazioni locali ci perdono (terra, acqua, produzione e, soprattutto, cittadinanza); i governi che ospitano queste operazioni ci guadagnano ben poco anche loro e quelli che le patrocinano non ci guadagnano economicamente. Per non parlare della mano d’opera servile che proprio è l’ultima a guadagnarci qualcosa. Mi piacerebbe capire da dopve vengano gli elementi per sognare nella win-win situation…. Lo scenario è molto probabilmente quello di un rinnovato sbilancio a favore di chi ha il potere, mentre tanto le popolazioni locali quanto i governi locali son probabilmente destinati a restar fuori dal gioco.

Ma l’altra faccia di questo fenomeno, ancora piú di nicchia per il momento, è la finanziarizzazione dell’agricoltura (guardate il film Small is beautiful di Agnès Fouilleux) . Parlo di quelle produzioni organizzate in funzioni di speculazioni di breve o brevissimo periodo che si stanno manifestando in Argentina sotto il nome di pool de siembras. Stiamo uscendo completamente dalle logiche contadine e/o alimentari. Qui non si tratta piú di produrre per vendere a dei consumatori che, siano locali o nei propri paesi, hanno e avranno fame. Si tratta di speculare sui prezzi, sulla tassa di cambio della moneta, con logiche tipiche da Wall Street ma che erano totalmente aliene al mondo agricolo. Durante la crisi del 2008 abbiamo visto all’opera gli speculatori mondiali e per la prima volta ci siamo resi conto che i movimenti sui prezzi dei prodotti agricoli non dipendono piú solo dalle variazioni climatiche (naturali) ma da speculazioni totalmente artificiali. Ecco adesso assistiamo all’arrivo di un altro modo di speculare incrociando le speculazioni sui prodotti con quelle sui mercati delle monete.

Tutti fenomeni di nicchia, dove comunque sono sempre gli stessi a perderci e in un settore dove, al giorno d’oggi, basta uno stormir di foglie per provocare un panico generale. Le tensioni sui prezzi alimentari continuano mentre osserviamo un aumento dei prezzi della terra nei paesi sviluppati (http://www.agriavis.com/news-4659-face+a+la+future+hausse+du+prix+des+terres+la+saf+prone+une+nouvelle+politique+du+foncier.html poi anche il documentario "Bubble Trouble?" con un capitolo intero su “food prices and farmland” http://downloads.bbc.co.uk/podcasts/worldservice/docarchive/rss.xml e l’articolo sui 15 anni di aumenti quasi continui dei prezzi della terra in Europa http://www.terre-net.fr/actualite-agricole/economie-social/article-safer-prix-terre-europe-marche-foncier-europe-202-63828.html); certi giornali cominciano a parlare di una o piú bolle speculative (http://www.lavieimmo.com/fiscalite-immobiliere/chine-une-taxe-fonciere-contre-la-bulle-10336.html). La domanda che viene quindi spontanea riguarda le vere motivazioni che spingono i fondi pensione, i fondi sovrani, i grandi gruppi industriali e bancari verso questi accaparramenti massicci di terre: non sará forse possibile che stiano diventando anche questi dei piazzamenti finanziari interessanti e che le tensioni speculative rendono questi giochi sempre piú interessanti (nonché aleatori)?

Ci aspettano degli anni difficili da gestire…

(con l'aiuto di Jean Gault)

sabato 25 giugno 2011

L. 33: La moitié du jour, il fait nuit - Stanislas Cotton


Sméraldine
14 x 20,5 cm, 192 pages
ISBN 978-2-88253-422-4
EUR 19.-



Des milices armées écument une région d’Afrique centrale sous la conduite du cruel Cobra. Elles déciment les familles, violent les femmes, détruisent les récoltes et pillent les maisons. La haine bâtit son empire.
Lors d’une soirée très arrosée, Kostia Vassiliev, correspondant de guerre au Journal, annonce à son ami Aristide Mironton, écrivain public et rêveur patenté, son départ pour cette région meurtrie d’Afrique. Mais Kostia disparaît après avoir pris la route avec un convoi humanitaire…

Les premières lignes

L e pick-up est ancien. Vieille mécanique asiatique munie de quatre roues motrices, qui entame, comme tant d’autres, une seconde ou une troisième vie dans cette région du monde. L’économie de marché se débarrasse de la ferraille en l’envoyant sous les tropiques. Manifestement, en d’autres temps, le pick-up était rouge, mais aujourd’hui, sa peinture écaillée est parsemée de taches de rouille et, par endroits, le métal de la carrosserie est troué. Un crâne humain aux dents parfaitement alignées, fixé à l’avant du capot, et au-dessous, deux tibias, propres et lisses, entrecroisés sur la grille du radiateur, composent une sordide bannière de pirates. Deux puissants phares ont été montés sur le toit de la cabine. À l’arrière, un trépied métallique boulonné sur le plateau de chargement, soutient le corps luisant d’une mitrailleuse légère qui pivote sur un angle de 360°. De chaque côté du pied repose une caisse de munitions.

Bravo Stan. L'inizio nion é proprio facile ma poi si entra nel libro e si arriva in fondo in un baleno. Lo scrittore che é in te sta crescendo. Top 10 2011

E con oggi é finita.

Dopo un’era geologica iniziata 18 anni fa, arriva a termine il mandato del Direttore Generale della FAO, il senegalese Jacques Diouf. Arrivó al soglio romano in maniera del tutto imprevista, dato che tutti aspettavano il candidato cileno Rafael Moreno. Una certa simpatia circondó all’inizio questo agronomo formatosi in Francia che sembrava portasse un’aria nuova dopo il lungo regno del direttore precedente, il libanese Saouma, che occupó quel posto per un tempo immemorabile. Nessuno pensava che si sarebbe partiti per un “regno” altrettanto lungo. Provare a trarre un bilancio è impresa difficile, ed esula da questa nota, ma forse condividere alcune sensazioni dai piani bassi, dall’interno dell’organizzazione, non puó che far del bene.
Fin dall’inizio provó a tracciare prioritá (relativamente) nuove, una nuova organizzazione, in modo da dare un segnale di cambiamento forte. Una serie di iniziative precedenti al suo mandato vennero sospese, indipendentemente dalla loro importanza politica. Una di loro riguardó la questione della riforma agraria che venne tagliata di netto, tanto da far sparire addirittura il nome (l’ultimo baluardo lo difesi io per 17 anni come redattore della rivista Riforma agraria, colonizzazione e cooperative, anche quella oggi con un nome diverso). Cito questo esempio per dire come certe scelte non furono probabilmente pensate a sufficienza, ed infatti nel 2006 la riforma agraria, buttata fuori dalla porta (con molti dei senior managers FAO ad accompagnare il funerale) eccola rientrare dalla fienstra (cioè da quella realtá di un mondo dove masse sempre piú crescenti sono escluse dall’accesso alle risorse naturali e in assenza di sbocchi alternativi sul mercato del lavoro, hanno rinforzato le fila dei movimenti sociali che hanno, di fatto, reimposto il tema nell’agenda internazionale.
Altre iniziative, come il programma speciale di sicurezza alimentare partí subito con il piede sbagliato: pensare di proporre degli interventi per aumentare la produttivitá in agricoltura senza preoccuparsi della questione dell’accesso e della sicurezza fondiaria, non poteva andare molto lontano. Chi infatti investirebbe dei capitali in un’impresa di cui non è nemmeno sicuro esser il proprietario? Magari poi ci aggiungiamo la marca di un centralismo nelle decisioni, che si mostró fin dall’inizio. Una scarsa capacitá di porsi all’ascolto fece sí che ben presto anche i consiglieri piú stretti, i capi dei dipartimenti tecnici, rinunciarono a mettere in evidenza i difetti di alcuni dei programmi che avrebbero potuto essere meglio indirizzati. Si arrivó cosí ad alcuni scontri epocali con una delle menti piú brillanti di quell’epoca, capo di uno dei dipartimenti chiave, che se ne andó sbattendo la porta con una lettera di critiche molto severe contro il direttore generale. Non fu la prima né l’ultima, ma sicuramente quella che tutti ricordano.
Uno degli errori chiave fu quello di non capire che il personale che ereditava dal periodo precedente era in attesa di segnali di poter finalmente contare qualcosa ed essere ascoltato. Ma non vedemmo mai il direttore generale far un giro al bar o venire a conoscere gli uffici di chi mandava avanti la baracca. Per cui molto rapidamente venne catalogato come uguale al predecessore. Quello che non capí mai è che le nomine, soprattutto ai livelli piú alti, capi dipartimento, direttori di divisione, capi servizio non potevano piú rispondere solo a criteri di legalitá (non parliamo di trasparenza) ma dovevano ispirarsi anche a un concetto che ancora oggi ha molte difficoltá a passare: la legittimitá. Essere nominati ai piani alti non significava (e non significa) essere riconosciuti come dei Leaders. E il risultato fu che queste pratiche, le stesse di sempre, misero nei posti chiave delle persone che, al di lá dei loro meriti e demeriti, furono percepiti come dei “nominati” e non come dei leaders. Per cui la massa dei funzionari non sentí nessun messaggio vero, profondo, di cambiamento, di cui c’era tremendamente bisogno, e continuó tranquillamente con gli stessi ritmi di prima.
Il clima internazionale era diverso: meno fondi, molte piú critiche, una presenza sul terreno ridotta ai minimi termini (causa decisioni di altre agenzie ONU, prese prima che arrivasse alla direzione): tutto contribuí ad annebbiare il panorama molto rapidamente.
Le critiche che gli vennero rivolte forse furono esagerate perché non poteva essere responsabile di tutto; a volte erano strumentali perché certe dichiarazioni erano considerate troppo di “sinistra” e molti paesi del nord del mondo non digerivano l’idea che la FAO potesse “dire una cosa di sinistra” (Moretti dov’eri?). Ritorno al caso della riforma agraria. Quando nel 2006 arrivammo ad organizzare la conferenza mondiale sulla riforma agraria (ICARRD), assieme ai movimenti sociali e senza la banca mondiale, il discorso inaugurale di Diouf era quanto di piú in linea si potesse pensare con il settore progressista FAO: la terra non è solo una merce economica, è storia, cultura, religione, tradizione, un bene ricevuto e da lasciare alle prossime generazioni. Non a caso i primi a salutare i risultati della Conferenza furono i movimenti sociali (La Via Campesina: esiste un prima e un dopo ICARRD) e i primi a reagire contro qualsiasi piano d’azione per implementare i principi accordati furono i paesi del nord, quegli stessi che due anni dopo promossero un processo di valutazione esterna di cosa andava e cosa non andava nella FAO (ma mai che queste valutazioni si etsendano ai paesi emmbri e alla loro parte di colpe). In quello stesso periodo, 2008, Diouf osó dire che l’accaparramento delle terre e celava un rischio di neocolonialismo. Apriti cielo. Non l’avesse mai detto. Il fronte della resistenza si mise in marcia subito, ed anche dentro la FAO molti si rifiutarono di andare avanti nel filone proposto dal nostro direttore generale, preferndo parlare di opportunitá nuove; come se il land grab a cui stiamo assistendo fosse, nella realtá, qualcosa che le popolazioni locali stavano aspettando da anni!
Probabilmente avrebbe dovuto cercare di crearsi una allenza piú forte con i settori progressisti interni (che esistono), promuovere uno stile di management diverso, piú aperto, trasparente e collaborativo, stimolando idee ed iniziative, in modo da rimettere in moto la macchina. Non lo fece, e adesso se ne va lasciando pochi rimpianti. Vediamo cosa succede domani e verso quali cammini ci porterá il prossimo.

mercoledì 22 giugno 2011

Addio Alberto M.

Alcuni mesi fa avevo scritto di te e della tua sofferenza. Non volevo e non voglio scordarmi di te. Anche se ci siamo conosciuti poco, timidamente, sempre dietro l'ombra di una sorellona super energica. Ma alla fine gli anni sono andati accumulandosi, pian piano sapevamo di cosa facevi, dei tuoi sogni e delle tue difficoltá. Parigi ti aveva accolto meglio che Vicenza, piú libertá.
Te ne sei andato oggi anche se da tempo non c'eri piú, ma in reraltá sei qui con noi, il tuo ricordo non ci lascerá.
Paolo

lunedì 20 giugno 2011

Le rapport FAO-OCDE prévoit une décennie de prix alimentaires élevés et volatiles

Selon le rapport Perspectives agricoles 2011-2020 publié aujourd'hui par la FAO et l'Organisation pour la coopérations économique et le développement (OCDE), les prix alimentaires resteront élevés et volatiles pour au moins une décennie supplémentaire, avec pour conséquence une aggravation de la faim et de la malnutrition.

Food Prices Projected To Rise Over Next Decade, FAO/OECD Report Says
Food prices are likely to continue to rise over the next decade, "putting the poor at an increasing risk of malnutrition and hunger," according to a joint report (.pdf) from the U.N. Food and Agriculture Organization (FAO) and the Organization for Economic Cooperation and Development (OECD), the Associated Press/Washington Post reports (6/17).

Bob Rodriguez: The man who sees another crash


Questo uomo é riuscito a garantire un beneficio netto ai suoi investitori del 15% all’anno per gli ultimi 25 anni. Qualcosa non mi quadra. Quando andiamo in Banca a mettere i nostri risparmi da qualche parte, titoli fissi, assicurazioni o altre cose “normali”, ti parlano di interessi di pochi spiccioli, ai quali poi devi togliere le tasse e i costi vari. Insomma, devo ammettere non aver mai sentito nulla di simile alle magie di questo “Guru”. Delle due l’una: o è lui ad essere un superman, che le indovina tutte (magari le propizia anche) oppure esistono realmente vari livelli (vari campionati) dove si gioca il gioco dell’economia: chi sta sopra guadagna bene o benissimo (e se per caso perde, lo fa poi ripagare dallo Stato, cioè noi cittadini), piú sotto ci sta il Parco Buoi (definizione di Giorgio Bocca) e infine quelli che nemmeno entrano a giocare.
Mi verrebbe da pensare che chi sta al piano alto e riesce a garantire degli interesi del genere, se da un lato spiega come continuamente troviamo i Madoff dei Parioli o altri simili truffatori e polli pronti a farsi spennare, dall’altro deve avere delle idee geniali per speculare “onestamente” e guadagnarci cosí tanto (perché oltre al 15% lui dovrá pur portar a casa qualcosa anche per lui a fine mese). Ma forse l’opacitá di queste operazioni è necessaria, perché in fondo in fondo nessuno ti puó spiegare come sia possibile fare degli affari cosí sbalorditivi e rimanere dentro il campo onesto.
Che ci siano gente pronta a speculare contro monete sovrane, questo lo sappiamo bene da quando lo speculatore (poi ammantatosi di una patina di benefattore) George Soros si mise a speculare contro la sterlina guadagnandoci, lui, un sacco. Quello che no si è mai detto è che se uno ci guadagna, un altro (o piú altri) devono per forza perderci. Siamo sempre in un mondo a somma zero. Poi uno va guardare piú da vicino questo “benefattore”e scopre che il suo Fondo d’investimenti è stato domiciliato a Curação, un paradiso fiscale da anni denunciato dal Groupe d'action financière sur le blanchiment de capitaux (GAFI), per essere mischiato a storie di lavaggio di soldi provenienti dal narcotraffico.
Magari non sará il caso attuale, ma certo uno che arriva a quei risultati difficilmente è un filantropo per l’umanitá e molto piú probabilmente fa parte di quella schiera che sta speculando sulla crisi attuale (sempre per garantire il famoso 15% ai sui investitori) e che nel momento in cui predice un prossimo nuovo crash, forse la cvaliditá delle sue previsioni è la misura di quanto ci stia speculando sopra per far sí che questo succeda. Se Soros da solo riuscí a mettere sul tavolo 10 miliardi di sterline per la sua mega operazione del 1992 contro la sterlina, immaginiamo cosa possa esser capace di fare un Rodriguez se si mette in testa che su questa prossima crisi ci si possa guadagnare un altro sacco di soldi.
PS. L’asimettria nellínformazione raggiunge probabilmente il suo apice nella finanza: qualcuno sa, e specula e noialtri tutti sappiamo quasi nulla, per cui dobbiamo affidarci a chi di professione studia queste cose. A margine voglio ricordare che il Prof. Roubini (quello che aveva predetto la crisi del 2008) annuncia due macro eventi per i prossimi anni: il primo riguarda unbrusco rallentamento per la Cina nel 2013 con riflessi per l’economia mondiale; il secondo riguarda l'éclatement de la zone Euro, situant à cinq ans la période qui nous sépare de la sécession des pays qui s'en trouvent à la « périphérie »

domenica 12 giugno 2011

L. 32: Aimes-moi, Casanova - Antoine Chainas



Milo Rojevic, flic falot et obsédé sexuel, enquète sur la disparition de Giovanni,son coéquipier. Les deux hommes travaillaient sur la mort d’une jeune prostituée. Au fil de cette recherche lambda, Milo va croiser la route d’une stagiaire qui lui enfonce des perles dans le cul, une dresseuse de chien aveugle qui souhaite que l’un de ses Doberman sodomise le flic, le jules de Mathilde son ex-femme, un boucher marmoréen, l’ex-femme de Giovanni, une neuro-psychiâtre mère d’un monstre attardé et, enfin, Elvis, le patron du Chamber, une boîte réservée aux déviants et aux monstres du sexe et des sens.

Non sarà nella top ten. Un po' surfait, all'eccesso, in tutto e per tutto. Secondo me l'autore ha voluto strafare mostrando di essere bravo nello stile e negli eccessi. Ma mi sembra sia andato in fuori gioco.

giovedì 9 giugno 2011

L. 31: Vento Sudoeste - Luiz Alfredo Garcia-Roza



Vento Sudoeste é um livro da série do Detetive Espinosa (posteriormente Delegado Espinosa), um policial da Civil amante da literatura e detentor de uma ética impecável (daí o nome inspirado no holandês magrelo). Em Vento Sudoeste, um sujeito entra na delegacia para falar com Espinosa a respeito de um crime que ainda não foi cometido. Desconhece-se a vítima e o motivo, mas sabe-se que o assassino será o próprio delator da contravenção. E resta a Espinosa, que poderia ficar vendo Fórmula 1 em casa, levar a história do moço à sério e arregaçar as mangas para entender a maluquice. E aí, no resto, é aquela fórmula dos romances policiais que o cinema holywoodiano tão bem soube estragar: suspeitos, pessoas que vão morrendo, mocinhas, sexo às vezes, etc. Dentro do que é possível se esperar de um policial propriamente dito, a história é original, vai vendo.

bel libro, letto in un attimo. Il mio primo policial brasileiro... ti da voglia di continuare a esplorare.
Per chi volesse saperne di piú consiglio questo indirizzo:
http://livrada.wordpress.com/2010/08/08/luiz-alfredo-garcia-roza-%E2%80%93-vento-sudoeste/

domenica 5 giugno 2011

L. 30: Les courants fourbes du lac Tai - Qiu Xialong


Editeur : Liana Levi
Publication : 7/5/2010

Eteindre son téléphone portable. Flâner en touriste. Voilà à quoi rêve l'inspecteur principal Chen. La semaine de vacances que lui offre le Parti dans une luxueuse résidence au bord du lac Tai arrive à point nommé. Mais ce décor de rêve cache une triste réalité. Les eaux du lac, autrefois renommées pour leur pureté, sont désormais recouvertes d'une algue fétide car les usines de la région y déversent leurs déchets toxiques. Et lorsque le directeur de la plus importante d'entre elles est assassiné, tous les regards se tournent vers les leaders de la cause écologique - une problématique toute neuve dans la Chine d'après Mao où la pollution tue chaque année des centaines de milliers de personnes.

Chen scopre i problemi legati all'ambiente: la domanda, lungo tutto il libro, riguarda la possibilità di rendere compatibili tassi di crescita economici ai livelli astronomici della Cina attuale e un ambiente che sta essendo distrutto anche lui a ritmi impressionanti. Non c'è risposta chiara, ma alla fine deve abbassare un po' la testa. Chen torna a casa con un caso risolto, ma soprattutto con molta tristezza e molte domande senza risposta. Un po' crepuscolare, bello... devo lasciarlo decantare e poi vedremo se sarà da top10 oppure no. Comunque una bella lettura.

venerdì 3 giugno 2011

Paraguay: Reivindicar la memoria de un valiente periodista

recibo y público este árticulo enviado por mi compadre lawrence Morroni desde Paraguay

Un articulo de Andres Colman recordando el 20 aniversario del asesinato de mi suegro periodista por la mafia brasileño-paraguaya
Lawrence


La foto desaparecidaCompartir48
Andrés Colmán Gutiérrez - andres@uhora.com.py

Una imagen vale más que mil palabras. Es la trillada frase que usamos en el ambiente periodístico para explicar el inmenso poder informativo y documental que puede tener una fotografía.

Hay fotos que ayudan a derribar Gobiernos dictatoriales, como la del reportero norteamericano que fotografió su propio asesinato en la Nicaragua de Somoza, y precipitó la victoria del Sandinismo. O fotos que desnudan crímenes horrendos, como la que muestra a personas tratando desesperadamente de romper las puertas cerradas del incendiado Supermercado Ycuá Bolaños en el siniestro 1-A paraguayo.

Hay también fotos que provocan asesinatos. Como la que obtuvo el fotoperiodista argentino José Luis Cabezas, revelando cuál era el verdadero rostro del empresario mafioso Alfredo Yabrán en la portada de una revista, atrevimiento que hizo que Cabezas acabara quemado vivo, en enero de 1997.

En Paraguay, a veinte años del asesinato del periodista Santiago Leguizamón, una sorprendente revelación sugiere que fue también una foto la que precipitó el crimen. El comunicador Vicente Brunetti asegura que, poco antes de ser asesinado, Leguizamón le mostró una foto en la que aparecen juntos el narcotraficante colombiano Pablo Escobar Gaviria, el empresario fronterizo pedrojuanino Fadh Yamil y el entonces presidente Andrés Rodríguez.

Era parte de evidencias que estaba recolectando sobre los presuntos nexos del mandatario paraguayo con el narcotráfico internacional. El periodista no pudo publicar los resultados de su investigación. Fue acribillado el 26 de abril de 1991, en la frontera de Pedro Juan Caballero, y la foto nunca fue hallada.

Veinte años después, se reafirman las presunciones de que la Policía y la Justicia paraguayas, en lugar de esclarecer el crimen, se ocuparon de ocultar y hacer desaparecer las pruebas.

Veinte años después, los lazos entre narcotráfico y política aparecen más visibles que nunca. Lo afirmaron la viuda y los hijos de Santiago, y lo reafirmaron los colegas Humberto Rubin y Alcibiades González Delvalle, en la noche del miércoles 27 de abril, en un panel debate en la Universidad Católica: uno de los más probables candidatos a presidente de la República para el 2013 fue socio comercial de los Yamil, principales sospechosos de ordenar el asesinato de Leguizamón.

Y aunque ellos no dieron nombres, el empresario y candidato colorado Horacio Cartes se puso el sayo y negó las acusaciones, en declaraciones al periódico digital Paraguay.- com.

Veinte años después, la ciudadanía honesta del Paraguay tiene ante sí un tremendo desafío cívico: reivindicar la memoria de un valiente periodista que prefirió la muerte física a la muerte ética, y evitar electoralmente que la mafia llegue a la presidencia de la República.

mercoledì 1 giugno 2011

Epidemia da E.Coli: 16 morti. L’albero che nasconde la foresta

In questi giorni con i giornali italiani presi dalla politica italiana e da molte altre urgenze, si parla poco di un argomento che in molti altri paesi europei sta aprendo tutti i telegiornali: l’epidemia di E.coli che, fra Germania e Svezia ha già fatto 16 morti. Le discussioni sono state centrate sui poveri cetrioli spagnoli, anche se da stamattina si inizia a parlare di insalata e/o di pomodori.

Ho provato a leggere vari giornali, nonché telegiornali ma nessuno di loro ha ricordato un rapporto uscito poche settimane fa dalla OMS (aprile 2011) intitolato “L’antibiotico resistenza da una prospettiva di sicurezza alimentare in Europa“. Per farla breve si spiega come il loro uso e abuso abbia causato lo sviluppo e la diffusione dell’antibiotico-resistenza. Questo è diventato oggi un problema significativo: ogni anno, nella sola Unione Europea, oltre 25.000 persone muoiono per infezioni causate da batteri resistenti agli antibiotici, vale a dire ceppi di batteri che nel corso del tempo si sono “adattati” in modo tale da risultare immuni all’effetto di uno o più antibiotici.

Il dossier dell’OMS sottolinea che questo è anche un problema di sicurezza alimentare: l’uso di antibiotici negli animali d’allevamento – per la cura e la prevenzione di malattie o per la promozione della crescita – contribuisce in modo sostanziale alla comparsa di batteri resistenti e consente ai batteri portatori dei geni responsabili di tale antibiotico-resistenza di diffondersi dagli animali agli umani attraverso la catena alimentare.

Micronotizie complementari:

Una recente interrogazione al Parlamento europeo (aprile 2011) ricordava come nei Paesi Bassi l'88 % della carne di pollo è contaminata da batteri produttori di ESBL («beta-lattamasi a spettro esteso», conosciute anche come ESBL (extended-spectrum beta-lactamases).

Ricordiamo anche che la metà degli antibiotici prescritti in Europa è destinata ad uso veterinario.