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martedì 2 aprile 2024

Sfera domestica e sfera pubblica - Marea 1-2024

Sfera domestica e sfera pubblica




 

Paolo Groppo, Laura Cima, Marco D’Errico

 

Carole Pateman così riassumeva la questione: “La dicotomia tra il privato e il pubblico è centrale in quasi due secoli di scritti femministi e di lotta politica; è, in definitiva, ciò su cui verte il movimento femminista”.[1] Negli anni 70, a partire dal gruppo Lotta Femminista di Padova, emersero importanti filoni di ricerca su questa tematica. La prima elaborazione, di Mariarosa Dalla Costa, integrata da Selma James e Silvia Federici, introdusse le nozioni di lavoro domestico e riproduzione sociale[2], mettendo in discussione la posizione marxista secondo cui il lavoro domestico non sarebbe “produttivo”. Da lì emerse la campagna per il salario domestico che mantiene una sua attualità fino ai giorni nostri.[3] Un altro filone venne sviluppato da Antonella Picchio che, partendo dalla stessa base, e cioè l’importanza del lavoro di cura non salariato svolto in maggior parte delle donne, e condividendo le stesse critiche sollevate da Dalla Costa contro quella sinistra (dalla quale provenivano) che «non ha mai capito l'importanza sociale del lavoro non retribuito e ha distolto lo sguardo da tutto ciò che non è lavoro salariato», pose al centro delle sue riflessioni una visione del sistema economico in grado di contenere tanto il processo di produzione capitalista e il processo di riproduzione sociale della popolazione.

 

Alla Conferenza mondiale delle donne celebrata a Pechino nel 1995, Picchio formulò la proposta di conteggiare il lavoro domestico nel PIL nazionale, così da rendere evidente la sua importanza. Dal suo punto di vista, di estrema attualità, la conciliazione tra condizioni di vita e condizioni di lavoro salariato non è un problema femminile, ma piuttosto è il problema del sistema produttivo nel suo complesso.[4] Per questa ragione, le politiche di pari opportunità, per essere efficaci, devono passare per un cambiamento delle regole e delle relazioni fondamentali, che strutturano il mercato del lavoro, in generale, rispetto a tempi, spazi, adeguatezza dei salari, stress, sicurezza.[5]

 

Sulla scorta di lavori anteriori[6], assieme ad un gruppo misto di persone di varia provenienza, abbiamo promosso una riflessione che va nella direzione delle proposte di Picchio e cioè un cambio nelle relazioni uomo-donna all’interno della sfera domestica, per far sì che questi ultimi si facciano carico della loro parte di compiti, così da liberare tempo femminile. Una riflessione quindi non centrata sul valore del lavoro non salariato nella riproduzione del sistema capitalista, ma sulla questione del tempo, da ripartire in maniera diversa e più equa.

 

Su questa base, considerando tutta una serie di compiti necessari per tenere in piedi una coppia/famiglia, abbiamo costruito la proposta di un Indice di Parità Domestica (IPAD). Un indice pensato (inizialmente) per un pubblico limitato, gruppi, associazioni e/o movimenti che esprimono posizioni pubbliche a favore della parità di genere. L’IPAD permetterà di evidenziare la coerenza tra il discorso, la parola e le azioni concrete intraprese al loro interno per stimolare un percorso di cambiamento verso una vera uguaglianza. Per poter trovare però una sua valenza reale e condivisa, è fondamentale che la controparte con cui lavoreremo sia coinvolta e diventi protagonista della costruzione e del successivo monitoraggio, così che l’IPAD diventi “cosa loro” e mostrare come nel corso del tempo il valore migliori. Di fatto l’IPAD servirà, in un primo momento (T°), a rendere evidenti quali siano i reali rapporti di forza all’interno di coppie/famiglie e, di conseguenza, quali e quanti siano gli sforzi da fare per adeguare il discorso pubblico con le pratiche concrete interne. Lo scopo del dialogo e della negoziazione iniziale servirà per aumentare la presa di coscienza esplicita di quante siano le attività necessarie per tenere in piedi una coppia/famiglia, così che la volontà personale dei partner meno coinvolti aumenti.

 

Il quadro concettuale che proponiamo si organizza attorno a tre perimetri:

Uno ristretto: che contiene le attività "centrali" del lavoro domestico. 

Uno intermedio: al primo elenco si aggiungono quelle che siamo più propensi a svolgere solo per piacere e quindi durano più a lungo di quanto sia strettamente necessario.

Uno allargato: ai primi due si aggiungono i tempi di percorrenza, i viaggi in macchina e, per esempio, portare il cane a passeggio.

A questo quadro di base, noi aggiungiamo il carico mentale, come descritto nei lavori di Ana Catalano Weeks.[7] Per ogni perimetro, verranno proposte delle dimensioni (aree tematiche) iniziali, a cui faranno seguito le variabili specifiche (esempio: dimensione: Lavoro domestico; Variabili: Cucinare, Pulizia, Lavanderia …). 

 

Per quanto riguarda il peso delle diverse attività, noi abbiamo scelto di attribuire a tutte lo stesso peso, senza distinguere tra attività più o meno care, più o meno faticose, più o meno lunghe nel tempo. Partendo da una lista indicativa che andrà completata tramite una negoziazione iniziale tra le parti, otteniamo un totale di X attività, alle quali si attribuisce valore -1 se vengono svolte solamente dal partner A; -0.5 se vengono svolte principalmente dal partner A; 0 se vengono svolte in maniera equilibrata dai due partner A e B; +0.5 se vengono svolte principalmente dal partner B; +1 se vengono svolte solamente dal partner B. Per le interviste, useremo un campione statisticamente rappresentativo della popolazione in studio. 

 

La media dell’insieme dei valori trovati, permetterà di stabilire un valore di partenza al momento T°. L’utilizzo della media è prassi abituale nella inferenza statistica. Nel caso dell’IPAD, dato che richiede interpretazioni soggettive sull’uso del tempo di ciascun individuo, l’utilizzo della media risponde a due esigenze: depurare il dato dal bias cognitivo che ognuno di noi metterebbe nelle risposte; e dare un senso di quanto allineate e consapevoli siano le coppie cui ci rivolgiamo. L’IPAD verrà poi misurato più volte nel tempo, perché la parte più interessante è proprio vedere come il bilanciamento cambi. Quindi i valori iniziali a T° assumono tutto il loro significato nel monitoraggio periodico (come è cambiato il valore a T1 e T2 grazie alle azioni specifiche messe in atto dalle/dai responsabili dell’associazione, movimento e/o partito?) piuttosto che nell’analisi spaziale (comparabilità nello stesso anno tra varie istituzioni) che non rappresenta il cuore del problema che vogliamo affrontare.

 

In una società che ha dato un ruolo chiave agli indici, ci sembra che accompagnare il lavoro di lobbying dal basso, con uomini e donne, per una reale condivisione del tempo all’interno della sfera domestica, così che l’uomo assuma la sua parte di responsabilità e si liberi del tempo femminile, per qualsiasi altra utilizzazione, sia una proposta interessante da discutere.



[1] Pateman, C. 1983. Feminist Critiques of the Public/Private Dichotomy, in S.I. Benn - G.F. Gauss

(edd), Public and Private in Social Life, Kent 1983

[2] Daniela A.; Stagno, Ch. 2021. Lo chiamano amore, noi lo chiamiamo lavoro non pagato In: Contratto o rivoluzione! L’Autunno caldo tra operaismo e storiografia[online]. Torino: Accademia University Press

[3] Rosa, K. S. 2022. The Wages for Housework Campaign is As Relevant As Ever. Novara media 

[4] Picchio, A. 2003. Political economy and a life research. Salute Mentale Donna - http://www.salutementaledonna.it/09_2003_reversibita_HTM_file/Picchio_ita.pdf (accesso 17 gennaio 2024)

[5] Picchio, Ibid.

[6] Groppo, P., Cangelosi, E., Siliprandi, E. Groppo, Ch., (prefazione di Laura Cima), 2023. Quando Eva bussa alla porta – Donne, terre e diritti. Ombre Corte, Verona

[7] Weeks, A. C., 2022. The Political Consequences of the Mental Load 

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