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martedì 10 giugno 2014

2014 L20: Il Rosso e il Nero - Stendhal

Scritto tra la fine del 1829 e la prima metà del 1830, Il rosso e il nero è il secondo romanzo di Stendhal. L'autore ne corregge le bozze proprio durante le giornate della Rivoluzione di luglio, che liquida la Restaurazione e inaugura la monarchia borghese di Luigi Filippo. Di questo passaggio cruciale della storia francese Stendhal restituisce con crudele fedeltà non la cronaca (malgrado il sottotitolo del romanzo), ma lo spirito, muovendo dalla realtà della provincia per approdare a Parigi, dove da sempre si annodano e si sciolgono i destini politici della Francia. L'impietosa analisi storica non esaurisce tuttavia la complessità della vicenda e del suo protagonista. L'ostinata rivolta di Julien Sorel non è riducibile semplicemente all'acuto senso della propria inadeguatezza economica e sociale. La sua non è coscienza di classe, e Il rosso e il nero non è il romanzo dell'ambizione e della scalata ai vertici della società: Stendhal non è Balzac. Julien Sorel affronta il mondo brandendo la propria inferiorità sociale come un'arma, ma il mondo creato dalla potenza del denaro lo disgusta, anche se tanto spesso deplora l'umile condizione in cui la sorte lo ha fatto nascere. Perciò rimpiange l'epoca napoleonica (di cui questo romanzo rafforza il mito, nato già all'indomani di Waterloo), convinto com'è che allora fosse possibile affermarsi soltanto grazie ai propri meriti. Il rosso e il nero è il romanzo dell'esasperata consapevolezza di sé e della propria dignità, ma anche della vanità, dell'amor proprio, del risentimento. Racconta la guerra, persa in partenza, di un individuo contro tutti. Julien Sorel è un corpo estraneo in qualunque ambiente si venga a trovare, non si lascia integrare, e non sa cedere alla spontaneità nemmeno nell'amore. Maniaco della strategia, ha l'ossessione del controllo, su di sé e sugli altri, ma anche tutta l'ingenuità di chi vorrebbe imporsi in un mondo ostile senza conoscerne né accettarne fino in fondo le regole. Solo in rarissimi momenti si concede di essere sincero con se stesso, nella solitudine della natura o, alla fine, nel felice isolamento del carcere, in attesa della ghigliottina.

A me é sembrato un libro partito bene, sia con la descrizione storica che dei vari personaggi, ma poi mano a mano che ci si avvicina all'intrigo d'amore, diventa difficile capirne la logica. Il giovane Sorel non si rivolta contro un mondo che vorrebbe invece conquistare, anzi che pensa meritare dall'alto della sua superbia. Il rapporto con la giovane fidanzata é incomprensibile, ed il ritorno di fiamma della prima la fa passare come un'oca pronta a buttarsi a piedi del "bello del quartierino". Insomma la Signora de Renal ci fa una pesimma figura, Mathilde la giovane mezza svampita che alla fine scopre di amarlo alla follia non é che ne venga fuori meglio. Forse questo va messo in conto al periodo quando é stato scritto, un'epoca quando il "gender" non era ancora un tema alla moda. Peró poteva finire in modo diverso, con lui che invece di finire in galera arriva al culmine dei suoi desideri e cosí avremmo potuto vederlo alla prova dei fatti.. invece tutto finisce cosí causa una gravidanza non desiderata né da Mathilde né da Julien... Stendhal mi ha dato l'impressione di non sapere come far finire questa storia, come se gli scappasse dalle mani e quindi, con l'artificio della gravidanza, fa pendere l'equilibrio per una fine si tragica ma, onestamente, un po' fuori tema.

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