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martedì 5 gennaio 2016

Buon anno

Rieccoci qui, ai primi di gennaio, con la solita liturgia degli auguri per il nuovo anno, il 2016 in questo caso. Ma è sempre stato così? Basta andare in biblioteca e cercando un po’ troveremo facilmente che la convenzione di attribuire a gennaio l’inizio del nuovo anno è abbastanza recente e, ovviamente, viene dalla tradizione occidentale. Tutto inizia col tour de France del 1563 del giovane re francese Carlo IX, figlio di Caterina de’ Medici. Rendendosi conto che in molte parti del regno l’anno iniziava con date differenti, (in certe zone iniziava il 25 Marzo, data dell’Annunciazione, altrove a Pasqua, per cui cambiava ad ogni anno, in altri luoghi era Natale a far partire il conto), decise di uniformare la data, proponendo un periodo e una data senza riferimenti religiosi, cosa che avrebbe potuto sollevare altre querelles fra i vari campanili. Questo per quanto riguarda noi cattolici e cristiani perchè altrove, in Scandinavia, in Cina, fra gli antichi Maya, l’inizio era, ed è rimasto per i primi due, diverso fino ai giorni nostri.

Per quanto riguarda poi la numerazione degli anni, anche lì potremmo aprire un capitolo piuttosto lungo. Fra il calendario ebreo, quello della Grecia antica e quello degli antichi romani (che iniziavano a contare dall’anno della fondazione di Roma), le differenze già erano grandi. Poi nacque Buddha (-543) datando così l’inizio del calendario buddista. La partenza di Maometto per Medina, nel 622, determinò l’inizio del calendario mussulmano e avanti così.

Quindi, diciamo buon anno a tutti, belli e brutti, come si diceva dalle mie parti quando ero piccolo, senza riferimenti a un numero in particolare.

Che poi sia un anno buono, non ci resta che incrociare le dita. Le notizie che ci arrivano dal medio oriente non sono buone e sono ancor più indecifrabili. L’Arabia Saudita ammazza 47 detenuti e oppositori, fra cui un noto esponente della minoranza sciita (circa un quinto della popolazione saudita, quindi arabi come loro, ma considerati come affiliati all’Iran, il grande paese sciita). L’Iran si incazza, l’ambasciata saudita a Teheran viene saccheggiata e alte salgo le grida per questo atto (l’assalto all’ambasciata, non le impiccagioni o decapitazioni) che ricorda quanto successe con l’ambasciata americana dopo l’arrivo al potere di Komeini.

I due paesi sembrano sul punto di rompere le relazioni diplomatiche. Discussioni iniziano in vari Think Tank esteri per decifrare quanto sta accandendo. Varie le interpretazioni. Alcuni sostengono che sia un segnale della debolezza dei Saoud i quali si sentono sotto attacco dogmatico-religioso da parte di Daech. Ricordiamo che quest’ultimo ha come obiettivo di far rinascere un mitico Califfato musulmano che, nella gerarchia, sta sopra il livello di potere che i Saoud esercitano in Arabia Saudita. Ecco perchè Daech incita i suoi sostenitori ad attaccare e abbattere il regno dei Saoud. Questi ultimi, per mandare un segnale chiaro e forte della loro potenza, da un lato si sono messi nella colizione anti Assad (che è sostenuto dall’Iran sciita), ma anche anti Daech, dall’altro sono in guerra diretta nello Yemen per appoggiare il ritorno al potere del loro protetto, un sunnita cacciato via dalla popolazione facente capo all’opposizione sciita. Non potendo far di meglio, la cosa più semplice era di dare un colpo agli sciiti di casa propria, attraverso l’uccisione di uno dei lider sauditi. Dietro questo si nasconde però anche una ragione economica e geopolitica. La pacificazione con l’Iran sta riportando quest’ultimo a giocare un ruolo politico importante nello scacchiere regionale e soprattutto preannuncia l’arrivo massiccio del petrolio iraniano sul mercato. Questo in un momento in cui anche i gas di sciste americani cominciavano ad assicurare una indipendenza energetica agli USA, quindi diminuendo il potere contrattuale dei sauditi, primi produttori al mondo di petrolio. Ed ecco partire la corsa al ribasso del prezzo mondiale, sotto il livello del costo di produzione del gas di sciste americano, così da toglierlo dal mercato, nonchè tagliar fuori altri grossi produttori, come il Venezuela e la Russia, i cui costi di produzione sono superiori a quelli dei sauditi. Il prezzo del petrolioè sceso attualmente sotto il livello di guardia, ed anche i sauditi sono in recessione, ma siccome hanno riserve finanziarie stratosferiche, vogliono continuare a tenere il prezzo basso per tagliar fuori tutti i concorrenti (la Russia paga il prezzo di appoggiare Assad in Siria), e in particolare per neutralizzare l’arrivo degli iraniani.

La guerra in medio oriente deve quindi accellerare e finire velocemente in qualche modo. Con i livelli di prezzi attuali, Daech guadagna molto poco dal contrabbando di petrolio, i Russi stanno raschiando il barile delle loro riserve finanziarie e fra poco non avranno più soldi per la loro politica estera. Gli iraniani hanno bisogno di soldi per far ripartire l’economia, i sauditi altrettanto ma non possono far rialzare il prezzo altrimenti i concorrenti se ne avvantaggeranno. Daech deve darsi una mossa se vuol scalfire i sauditi e soprattutto se vuol ottenere un qualche riconoscimento internazionale. Nello Yemen si continua la guerra che vede Arabia Saudita e Iran su fronti opposti, mentre nel Bahrein la situazione è calma solo grazie all’appoggio militare dei sauditi, per cui un altro vulcano potrebbe esplodere anche lì. Un casino insomma. Per complicare ulteriormente la situazione, ricordiamoci che il grosso del petrolio che passa dallo stretto di Hormuz se ne va in Asia e non in Europa. Quindi i veri interessati a calmare la situazione sarebbero i compratori asiatici, Cina in primis, che invece sta alla finestra a guardare gli avvenimenti. Noi europei invece ci mettiamo in mezzo, dichiarando guerra a questo e a quello, senza che in realtà gli interessi economici nostri siano realmente in gioco. Noi siamo lì per difendere i “valori” e i “diritti”, come non smettono di ricordarci i nostri politici europei. Poi basta che l’ayatollah Kamhenei si chieda ad alta voce, dopo la decapitazione del lider sciita saudita da parte delle autorità dello stesso paese: ma dove sono i difensori del diritto internazionale, dove sono le voci che protestano contro queste barbarie?, per renderci conto in modo evidente di come noi, europei, americani, occidentali insomma, usiamo due pesi e due misure. L’Arabia Saudita è l’alleato fondamentale per gli americani, e quindi per noi, per cui non possiamo lamentarci ufficialmente contro i loro, al massimo, come ha fatto la democrazia francese, “deploriamo” quello che è avvenuto. Se fosse stato l’Iran a decapitare un lider sunnita, possiamo facilmente immaginare le prime pagine di giornali e telegiornali... e invece nulla... il 2016 nasce sotto un cattivo segno, la bandiera dei “diritti umani” è stata ferita a morte. Come potremo ancora dire di voler usare degli approcci basati sui diritti umani quando i nostri stessi paesi sono i primi a strumentalizzarli?

Ben arrivato caro 2016, sfortunatamente per te credo che tu sia nato sotto un cattivo segno.

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