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domenica 11 novembre 2012

2012 L 52: Hector Tobar - L'estate dei barbari

Einaudi Stile Libero 2011 Un mattino d'estate, Araceli, l'unica domestica della famiglia Torres-Thompson a non essere stata licenziata per effetto della crisi, scopre che la casa è deserta. Dopo la violenta lite della sera precedente, sia il señor sia la señora sono spariti senza fornire spiegazioni. E soprattutto senza portarsi dietro i due intollerabili bambini. Cosi, nonostante Araceli abbia sempre tenuto a precisare di essere stata assunta come cuoca e domestica e non come baby sitter, si ritrova a dover badare ai due viziatissimi gringos. L'unica, forse, è cercare di rintracciare il vecchio nonno, visto da Araceli una sola volta e poi evidentemente bandito da quella casa... Oltre 500 pagine di cui, le prime 200, potrebbero essere condensate da un Reader's digest perchè, onestamente, sono lunghe e pallose. Poi la storia prende forma e pian piano diventa interessante. Un'America proprio come non la vorremmo ma che inevitabilmente è: sottilmente razzista nel suo sogno individualista, incapace di vedere l'altro anche quando ce l'hai in casa, tutta presa dall'accumulare, spendere, indebitarsi e sognare di elevarsi non assieme agli altri, ma sopra di loro. Il confronto con la basica saggezza dei latinos, che anche all'estero (e forse soprattutto all'estero) fanno comunità e che per questo spendono energie per capire dove sono e cosa fanno anche chi, come la cameriera, viene accusata di rapire i due figli della sgnagherata coppia protagonista del libro. Ed è sola grazie a loro e all'avvocato d'ufficio che riesce a venirne fuori, più libera di prima, mentre loro, i sognatori delusi, abbandoneranno casa e sogni per ritornare a una vita di classe media. Se questo fosse l'inizio di un'altra vita sarebbe anche un buon finale, ma l'autore ci ricorda come, fino alla fine, la moglie non abbia nessun rimpianto per il male causato alla cameriera che, per colpa loro, rischiava di finiore nell'ingranaggio della macchina del fango chiamata giustizia in America. Per cui, anche se su scala minore, continueranno prigionieri delle loro idiosincrasie del loro rifiuto genetico di capire cosa sia una società: insomma, resteranno semplicemente americani.

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