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martedì 25 luglio 2017

Assicurazioni Catastrofe (continua) Post 3

Post 3

Con Reagan al potere si potevano finalmente consolidare i due sogni del mondo finanziario: da un lato eliminare il solo potenziale ostacolo ideologico, l’Unione Sovietica, ancora vista da una parte degli occidentali come un baluardo anticapitalista, e dall’altro cominciare l’attacco in grande stile a quella fonte enorme di profitti che va sotto il nome di Ambiente.
La storia delle famose guerre stellari è cosa nota. Una partita di poker ben portata avanti dagli americani, rilanciando a livelli di spesa militare sempre più alta finché i russi vennero costretti alla resa finale firmata da Gorbatchev. Tutti felici, il nemico non c’era più e da quel momento in poi si poteva cominciare a parlare di un nuovo ordine mondiale.

Quello di cui ci ricordiamo meno sono i primi attacchi sistematici all’ambiente (americano), attraverso l’eliminazione delle prime leggi di protezione dell’ambiente e la riduzione del personale dell’agenzia responsabile per l’ambiente americano (EPA). Va ricordato che nel sistema democratico americano, agenzie come l’EPA possono far del male sul serio a chi non rispetta le leggi, sia egli un privato cittadino o il Presidente della Repubblica. Ragione per cui bisognava attaccare sia le leggi che chi era istituzionalmente predisposto al loro controllo, il tutto senza farsi troppo scoprire dall’opinione pubblica.

Con l’arrivo di Bush senior l’attacco all’ambiente diventa più sofisticato e strutturale. Viene così approvata una politica conosciuta come la No Net Loss Wetlands Policy. Roba da specialisti, ma che possiamo tradurre, in soldoni, nel modo seguente: una banca creata specialmente per finanziare operazioni di recupero di queste aree umide, si incaricherà di recuperare, restaurare e preservare l’habitat locale vendendolo al settore privato. Da parte dei privati, l’acquisto di porzioni di questi territori (azioni) servirà loro per compensare azioni meno benevole per l’ambiente che abbiano intenzione di fare altrove. Vengono poste in questo modo le basi del mercato delle compensazioni.

La compensazione è il meccanismo chiave che regge tutto il sistema attuale: io voglio fare un investimento in una zona protetta, per esempio voglio scavare un pozzo petrolifero in una riserva dell’amazzonia. Sono sicuro che ne combinerò di tutti i colori, danneggiando flora e fauna e rompendo equilibri millenari. A quel punto io “compenso”. Compro delle buone azioni per proteggere qualche componente dell’ambiente in altre parti del mondo e, una mano lava l’altra. La mia coscienza è a posto, l’ambiente… non lo sappiamo.

A partire dall’introduzione del meccanismo delle compensazioni sono sorti una serie di controversie, più attuali che mai:
  • Il diritto di distruggere, spesso in modo irreversibile delle specie o degli ambienti naturali straordinari, rari o vulnerabili;
  • Il carattere non rimpiazzabile o compensabile delle specie, habitat o funzioni ecosistemiche legate ai vari ambienti;
  • La tendenza alla mercantilizzazione o monetarizzazione della nature, se non addirittura alla finanziarizzazione attraverso la vendita di servizi ecosistemi;
  • I metodi di equivalenza per prevenire, compensare o riparare i danni ambientali: sono basati su ipotesi non comprovate nel tempo.

Clinton, il tanto amato Clinton, non fece nulla per togliere queste politiche, dato che alla fine era appoggiato dalla stessa cricca economico-finanziaria. Bush junior ovviamente riprese con buona lena i propositi del padre (e di chi gli stava dietro), aprendo la strada a simili interventi anche in altre risorse naturali: acqua e aria. Più recentemente, anche Obama si sarebbe allineato a queste stesse politiche, mantenendole tutte.

Un ventennio che ci lascia un’eredità che potremmo definire, usando le metafore care al nostro Renzi, come quella di una asfaltatura generale di tutto quanto proteggeva l’ambiente.
Sarà in questo periodo quando verrà realizzata la Cumbre di Rio de Janeiro nel 1992: tutti i governi del mondo riuniti per discutere di cosa fare per la protezione dell’ambiente mondiale. Tanti governi, fra cui gli americani, a difendere esattamente il contrario. Se ne usci con l’accordo di Kyoto che non riuscì mai a decollare realmente. 20 anni dopo si sarebbero ritrovati ancora a Rio (2012): in Brasile comandava la sinistra e eravamo tutti (?) contenti: stavolta avremmo vinto noi e avremmo costretto i cattivi a chiedere scusa. Non andò cosi. Nel 1992 erano solo governi. Nel 2012 la metà del partecipanti erano i CEO delle principali compagnie private del mondo, dalla Coca Cola in giù. Vinsero loro, ancora una volta.


(continua)

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