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sabato 22 luglio 2017

Assicurazioni Catastrofe (segue) Post 2

Assicurazioni Catastrofe (segue)
Post 2

Una volta decisa la svolta finanziaria, bisognava far sì che le politiche ufficiali del governo si allineassero, in modo che ci fosse una coerenza fra quanto detto e quanto fatto. In situazioni teoriche ideali, verrebbe da credere che innanzitutto sarebbe venuta la politica a dettare il cammino, e poi le scelte concrete per mettere in pratica quella politica. Nella realtà funziona in modo diverso: la scelta fu fatta dal mondo economico-finanziario privato, che forzò la mano al Congresso e poi si attivò per far sì che le politiche pubbliche si allineassero su quanto già deciso nei fatti.

Nixon avrebbe potuto continuare a fare la sua parte, dando il suo assenso politico a quelle decisioni prese in altre sedi, se non fosse stato per quello sfortunato incidente del Watergate che lo portò a lasciare la Casa Bianca. In quella feritoia si introdusse l’uomo delle noccioline per fregare la presidenza ai cari repubblicani, ma senza la forza proveniente dal mondo economico e finanziario, il povero Jimmy Carter dovette tornarsene alle sue piantagioni nel sud e lasciare finalmente campo libero al nuovo vento neoliberale che soffiava già da qualche anno.

Fortuna (loro e sfiga nostra) volle che il vento soffiasse nella stessa direzione anche in Gran Bretagna. Fu così che mentre a Torino ancora rimpiangevano i gemelli del gol, Pulici e Graziani, arrivarono sulla scena i gemelli del brigantaggio: Reagan e Thatcher. Gli intellettuali che stavano dietro a queste due figure da avanspettacolo erano i teorizzatori della supremazia assoluta del libero mercato, la scuola di Chicago di Milton Friedman e compagnia. Avendo avuto la possibilità di testare le loro politiche grazie ai regimi gentilmente disponibili dei militari cileni e sudamericani, vedendo cioè all’opera la congiunzione della (i) forza militare, (ii) dell’imposizione politica e (iii) dello strapotere finanziario, si era deciso che questo modello dovesse essere proposto (o imposto) al mondo intero. 


I due gemelli fecero di tutto per distruggere le regolazioni pubbliche statali, tagliare i diritti dei lavoratori e promuovere un modello di società dove esisteva solo l’individuo. Furono i ruggenti anni 80, dai quali non ci saremmo mai più rialzati, non avendo coscienza che quello che a noi sembravano essere ancora i frutti del boom economico degli anni 60, in realtà erano gli ultimi fuochi di un benessere che se ne stava andando, riconcentrandosi poco a poco nelle mani di pochi.

Il ruolo giocato dai mass media, già allora ben controllati da quello stesso grumo di potere che spingeva per queste politiche, è ben conosciuto da noi: il modello tette e culi di Canale 5 era quanto doveva esser dato all’ascoltatore medio, per allontanarlo in modo strutturale da riflessioni più profonde.

Nel tema che ci è caro (le risorse naturali), il neoliberalismo si tradusse con le teorizzazioni della necessità di trasformare i diritti consuetudinari delle popolazioni locali, indigene o meno, in diritti di proprietà all’occidentale. L’obiettivo era sempre lo stesso: bisognava creare dei mercati di questi beni, e il primo che venne lanciato fu il mercato della terra. 

Decenni di lotta per delle riforme agrarie che democratizzassero la distribuzione della terra, vennero spazzati via dalla bufera dei mercati fondiari originati dalla banca mondiale e a cui tutte le altre organizzazioni del sistema si associarono. Tutto quello che era “tradizione”, diritti consuetudinari etc. erano viste come retaggi di un passato da poveracci, quindi da buttar via, modificare il prima possibile e, soprattutto, con un modello unico che facilitasse l’arrivo dei capitali privati. Anche per i piccoli pescatori e le loro magre risorse, le cose cominciarono ad andar male. Anche se l’attenzione su di loro sarebbe stata posta vari anni dopo, in particolare durante la Presidenza Obama, in realtà la privatizzazione delle risorse alieutiche era già in marcia da prima 


I teorici di questa svolta avevano già scritto i loro vangeli anni prima, e quello di Hardin continua a circolare neanche si trattasse del Protocollo dei Saggi di Sion.
In un mondo dove si faceva crescere l’ignoranza e dove la riuscita individuale (all’americana) veniva presentata come il modello ultimo della nostra vita, anche una base intellettuale traballante come quella che sosteneva questo progetto di società riusciva ad imporsi. Le voci contrarie o non allineate venivano allontanate e marginalizzate, e il centro della scena veniva stabilmente occupato dagli imbonitori da cabaret.

(continua)

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