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giovedì 28 luglio 2016

Papa Francesco: siamo in guerra, ma non di religione

Magari a forza di dirlo qualcuno anche lo ascolterá. Proprio in questi giorni sto cominciando ad occuparmi di una delle tante crisi in giro per il mondo, questa riguarda illago Ciad e Boko Haram e le milionate di displaced people che hanno dovuto fuggire da casa loro. Essendo la gran maggioranza dentro il territorio della Nigeria, é da lí che dovrebbero partire le operazioni.

Giusto per ricordare a chi non avesse seguito i fatti, quella è la zona dove sono state rapite le studentesse (ricorderete la campagna anche di Michelle Obama con lo slogan Bring Back Our Girls...). Allora tutto lascia pensare che siamo al fronte della guerra con Boko Haram, e questo probabilmente spiega l'interesse della comunità internazionale a fare qualcosa adesso.

Siccome sono un tipo curioso, e con alcune fisse in testa, sono andato a cercare un po'nei siti del web, francesi, inglesi, italiani (tipo Nigrizia per esempio o APM...). Salta fuori una storia già sentita, attorno alla quale si è fatto il vuoto politico da parte delle autorità nigeriane già da parecchi anni. In estrema sintesi, gli effetti del riscaldamento globale sta accelerando i processi di desertificazione nell'Africa sub-sahariana e questo ha effetti concreti sulla riduzione delle disponibilità di pascoli per i pastori (Hausa in inglese, Peul per i francofoni). Questi sono allora obbligati a scendere verso sud, alla ricerca di nuove terre, e ovviamente vanno a finire nelle zone coltivate da altra gente, contadini di diversa origine etnica ed anche religiosa.

I morti dovuti agli scontri fra pastori e contadini si contano già a centinaia, se non addirittura migliaia come riportava La Repubblica nel 2012 (http://www.repubblica.it/ultimora/24ore/nigeria-strage-contadini-oltre-1000-massacrati-da-pastori/news-dettaglio/4131294). Il sito di Nigrizia riportava altre centiaia di morti pochi mesi fa (http://www.nigrizia.it/notizia/nigeria-centinaia-di-morti-in-scontri-etnici-nel-benue-buhari-avvia-le-indagini). Insomma, un conflitto che nasce per ragioni legate alla rarefazione delle risorse naturali, incrementato da una governanza debolissima (un'amica antropologa francese mi diceva già parecchi anni fa che la Nigeria, di fatto, era una finzione di Stato, dato che oramai ognuno operava per conto suo), incapace di gestire e di intervenire su questi problemi, una comunità internazionale cieca di fronte alle radici dei problemi e che comincia a mobilizzarsi solo quando la "minaccia" arriva acasa nostra. Da questo punto di vista dovremmo dire "per fortuna" che il conflitto sia visto come un conflitto religioso, dato che questo sta obbligando la comunità internazionale a muoversi, ma poi ti vien subito da dire: occhio! Il problema vero è un altro.
Ieri ho provato a proporre ai miei superiori che trovino il coraggio per dire chiaro e forte di cosa si tratta, un conflitto che va avanti da un decennio almeno, e che quindi troviamo, noi nazioni unite, il coraggio per metterci a lavorare sulla questione delle risorse naturali, dalla desertificazione alla convivenza fra pasdtori e agricoltori, nel rispetto mutuo delle parti. Sarà molto difficile, alcuni penseranno impossibile, ma se lasciamo che i problemi alla base restino irrisolti, poi non possiamo lamentarci che queste situazioni marciscano e diventino ingestibili a scala planetaria.

A seguire.

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