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mercoledì 6 aprile 2022

2022 L20: Monica Galfré - Il figlio terrorista



Einaudi, 2022

Carlo Donat-Cattin è vicesegretario della Democrazia cristiana quando, nella primavera del 1980, si scopre che suo figlio Marco milita ai vertici di Prima linea, una delle principali organizzazioni terroristiche di sinistra attive negli anni di piombo. La notizia fa da detonatore a uno dei piú gravi scandali della storia repubblicana, che coinvolge il presidente del Consiglio Francesco Cossiga e si combina a circostanze inquietanti degne di una spy story. Al contempo il dolore privato della famiglia Donat-Cattin e il percorso di Marco, comune a molti altri giovani, mettono sotto gli occhi di tutti lo strappo senza rimedio che si è consumato nel corso degli anni Settanta. Attraverso questa storia, che è di padri e di figli, il terrorismo appare come una delle forme che assume il conflitto generazionale, una sorta di resa dei conti che ha le sue radici nelle caratteristiche e nei limiti della modernizzazione italiana. Di parricidio si parla già per il caso Moro, quando lo Stato rifiuta qualsiasi trattativa con le Br. Ma lo scandalo Donat-Cattin sembra annullare la distanza tra terrorismo e Stato, e suona come una chiamata di correo, oltre che per la classe politica, per l’istituto della famiglia, cuore del Paese. A distanza di quarant’anni, spenti da tempo i clamori, il caso Donat-Cattin ci appare una storia in grado di fotografare, in una unica istantanea, il dramma del terrorismo e l’Italia nel dramma del terrorismo.

Usando un epiteto caro a Paolo Villaggio, mi vien da dire che questo libro, su Marco Donat-Cattin, spiega bene come fondamentalmente lui sia stato una "merdaccia", alla pari dei tanti altri terroristi maschilisti che hanno dato vita a un gioco più grande di loro, ammazzando tanta gente innocente e creando lutti e dolore per l'eternità. Sembra il presule del terrorismo islamista, che anche lui pretende di cambiare la società, partendo dalla inquestionabile superiorità maschile. Un peccato che nel raccontare la storia di Marco DC, nel personale e nel politico, ci sia così poco spazio, quasi nulla, per chi di quel dolore è diventato vittima senza colpa alcuna.  La pretesa di rappresentare una generazione che si ribellava, solo dimostra la bolla nella quale vivevano queste merdacce, senza uno straccio di idea sul futuro che volevano creare, sempre pronti a sfruttare le loro compagne per i loro bisogni personali e basta. 

Restano solo le sofferenze create e nessun ripensamento serio ai loro deficit culturali strutturali. In questo senso ha ragione l'autrice nel terminare il libro dicendo che si tratta di "Una storia italiana".  


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