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venerdì 11 novembre 2011

La stupa buddista più famosa di Vientiane: Pha That Luang, Laos


foto di: Aaron Smith from London, United Kingdom

E' il simbolo nazionale ed anche il monumento religioso più importante. Nemmeno i comunisti sono riusciti a scalfire il sentimento religioso di questo popolo, ed alla fine hanno dovuto adattarsi, come dicono ad Anguillara (T'a d'adattà) (questo era dedicato ai pochi ma buoni lettori della zona del Lago dove vivo).

Insomma, un Laos diverso da quando c'ero stato molti anni fa. Resta la solita gentilezza, anche se la transizione per diventare un altra caotica città è già iniziata. Non parlo del paese fuori la capitale perchè non l'ho visto. Se riusciremo a far finaziare la proposta di progetto, allora andremo a lavorare nel Plateau des Bolovens al sud e allora qualcos'altro potrò raccontare.

Per il momento le sensazioni sono limitate alla sorpresa dei tanti turisti che si vedono in giro, forse spinti qui dalle alluvioni di Bangkok o forse ci vengono di proposito, chissà. Europei, americani ma anche tanti asiatici, suppongo cinesi. Per i thai e vietnamiti difficile per me vedere le differenze e comunque penso siano qui per il business. Da anni si dice che questi due vicini gli mangeranno i gnocchi in testa, data la disparità delle velocità economiche: qui si va in bicicletta e là corrono come treni. E proprio per questo il governo da alcuni anni ha deciso di darsi una mossa. Il sogno è lo stesso della Cina, arricchirsi ma senza perdere il controllo politico. C'è molta più apertura di quando venni qui, anche i funzionari di governo parlano in modo più aperto e libero, confessano che non sempre capiscono le decisioni prese ai piani superiori e che comunque hanno molti problemi sul terreno dato che gli stranieri arrivano con velocxità troppo alte per le loro capacità di reazione. La paura è di aprire una piccola porta in uan diga di investimenti che potrebbe portarsi via tutto. Il legname è una delle risorse chiave: il Vientnam ha irrigidito la legislazione nazionale, più controlli e allora vengono qua dove le istituzioni sono deboli ed è più facile trafficare. Nel governo ne sono coscienti, ma non sono abituati a risposte rapide per cui da un lato le pressioni per avere concessioni aumentano, e in un modo o nell'altro le ottengono, dall'altro il livello centrale tarda a reagire, provocando malcontento.

Come tutte le transizioni di questi ultimi decenni anche questa è difficile. Nessuno fa sconti al Laos e tutti sono lì pronti ad approfittarne, indipendentemente dal colore politico, Cina, America, Vietnam, Thailandia e chi più ne ha più ne metta. La storia delle dighe sul Mekong è un'altra delle rogne grosse, che non si sa come andrà a finire.. ma di questo ne parlerò domani...

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