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giovedì 30 dicembre 2010

Il re del Belgio e la teoria del domino

La teoria del domino divenne famosa negli anni 60 grazie agli Stati Uniti quando, applicandola al sud-est asiatico, teorizzarono che la caduta in mano comunista di uno dei paesi della regione, avrebbe inevitabilmente fatto cadere gli altri nella stessa rete, uno dopo l'altro. Da lì la decisione di entrare in guerra contro il Vietnam. Gli esiti sono conosciuti: si trattò di una teoria autorealizzatrice dato che, grazie all'entrata in guerra americana e alla quantità di atrocità commesse da loro e la immensa quantità di bombe sganciate nei paesi vicini, non solo perdettero il Vietnam ma riuscirono a dare una man forte ai movimenti comunisti in Cambogia e Laos che, effettivamente, "caddero" nella rete comunista subito dopo il Vietnam.
Parlo di questa teoria, in questo periodo di crisi mondiale, perchè potremmo pensare di applicarla per una lettura possibile di cosa potrebbe succedere nel futuro prossimo.
Centriamo l'attenzione sull'Europa: bene o male un numero importante (e crescente) di paesi sta capendo che, oltre a mettere assieme la parte economica e finanziaria, bisogna far crescere anche la componente sociale e politicia, cioè fare una vera unione europea, delle genti e dei paesi e non solo dei mercati. Molti si oppongono, per mille ragioni diverse, ma l'inerzia della crisi sembra forzare la mano anche ai governi più restii ad andare in quella direzione. Cosa potrebbe succedere se un giorno arrivassimo ad avere una vera Unione Europea? Beh, potremmo difendere meglio i nostri interessi comuni, un modello di sviluppo dove il mercato non è il solo giudice, dove, per quanto sempre meno, esistono istituzioni per difendere i cittadini, dove si possa ancora parlare di diritti e non solo di doveri. Insomma un modello blandamente conservatore, con poche tinte progressiste ma che, nel consenso mondiale attuale, rischierebbe di dare un cattivo esempio a quei paesi tipo la Cina e gli Stati Uniti, dove il concetto di diritti o non esiste o si sta rapidamente perdendo, in favore di una applicazione selvaggia dell'economia di mercato.
Pensiamo adesso al Re del Belgio. Immaginiamo per un momento che si riesca a toglierlo di torno. All'inizio pensavo all'ipotesi che venisse ucciso, lui, l'unico faro di unità di un paese sull'orlo della divisione totale. Ma poi mi son detto che basterebbe minarne la credibilità, per esempio che apparisse come contagiato dall' AIDS. La sua figura, il suo ruolo super-partes, il suo essere rappresentante di fiamminghi e valloni, riconosciuto e rispettato verrebbe meno. E come corollario le spinte centrifughe, soprattutto fiamminghe, porterebbero al collasso l'identità paese e la separazione molto più vicina se non inevitabile. Dietro loro, il partito di destra olandese, già pericolosamente presente in parlamento, si sentirebbe le ali al vento e la proposta di federare le Fiandre con l'Olanda in nome dei valori della razza fiamminga troverebbe un appoggio e uno spazio politico immenso.
Ricordo anche il sogno della grande Ungheria che i partiti di estrema destra stanno portando avanti, reclamando di ridiscutere le frontiere con la Romania dove vivono importanti gruppi di origine ungherese. A sua volta questo fare deflagrare l'unità romena perchè se da un lato dovrebbero guardarsi dal gruppo ungherese, dall'altro si ritrovano con il problema dei moldavi che vogliono essere riconosciuti come romeni per poter entrare a pieno diritto nell'Unione Europea. Questo porterebbe la febbre ancora più a Est, verso i territori della Ossezia e Abcazia, minoranze più o meno sobillate da Mosca. Sempre in Romania e Ungheria, un rinnovato spirito nazionalista non potrebbe che avere effetti negativi sulle comunità Rom, già tartassate nei decenni precedenti (tanto da far perder loro tutti i possedimenti terrieri che detenevano in Ungheria e spingerli sulle strade per diventare delle "gens de voyage").
Ma anche verso sud si otterrebbero degli effetti quasi immediati: basti pensare alla Lega e al suo disegno di secessione mai sopito. Solo l'ingordigia di voler ampliare la loro Padania fino al centro Italia potrebbe far perder loro tempo, non certo la chiarezza di una visione politica che sda sempre punta a spaccare l'unità d'Italia in nome di provincialismi e localismi. Dato lo stato della politica italiana, un disegno di questo genere potrebbe trovare molti consenzienti nel Nord.
In Francia i separatisti corsi ritroverebbero forza per il loro disegno separatista anche se questo sembra il paese dove meno chances possano avere, data la lunga tradizione centralizzatrice dello stato francese.
Finalmente in Spagna, l' Eta, e in Irlanda, l'IRA, potrebbero ricominciare a mettere bombe ed ammazzare a destra e sinistra.
L'europa intera si troverebbe quindi a non aver più la forza per discutere dei temi urgenti, come venir fuori dalla crisi e come accellerare il processo di integrazione sociale e politica, spinta da queste forze centrifughe a dover cambiare l'ordine dell'agenda. E non lasciamoci incantare dalle frasi ad effetto tipo l'Europa delle Regioni, che viene messa in avanti da tutti i partiti simil-Lega come opzione B (l'opzione A essendo la fuoriuscita dall'Unione) per giustificare tatticamente il loro discorso politico che mira essenzialmente a distruggere qul po' di unità che si è creata in questi anni. La convergenza di fondo fra gli interessi localistici di questi movimenti e gli interessi supranazionali di paesi come la Cina e gli Stati Uniti mi sembra abbastanza evidente. Non dico che gli uni siano manovrati dagli altri, ma non vi è dubbio che le capacità negoziali di una Padania, di una Fiandria allargata, o di una "Grande" Ungheria sembrano ben poca cosa rispetto a una Cina che, giusto per citare un numero, detiene otto dei dieci porti più importanti del mondo. Sul serio pensano di difendere la cultura veneta, o basca, o corsa, emettendo moneta propria, rifacendo il Regno delle Due Sicilie, parlando dialetto, di fronte a un mondo dove le due potenze fanno e dsfanno a loro piacimento tutto quel che gli garba?
L'effetto domino non finirebbe a casa nostra, perchè immediatamente il Kossovo reclamerebbe il suo pieno rinoscimento (che oggi quasi tutti stentanbo a dargli); ma poi la gran tormenta arriverebbe in Africa dove i confini nazionali sono ancora talmente recenti (e talmente artificiali) che potrebbero saltare uno dietro l'altro. Potremmo iniziare fra qualche giorno col Sudan: il referendum dell'11 gennaio potrebbe iniziare la saga della separazione del sud dal nord, con corollario di possibili nuove guerre. La questione sempre irrisolta dei Sarahwi, nel Marocco, diverrebbe un' altra rogna all'ordine del giorno, così come le richieste dei ribelli del Meng in Nigeria. Ma non ci sono dubbi che molti altri casi apparirebbero immediatamente, anche in paesi dove tutto sembra tranquillo, tipo il Mozambico, dove le popolazioni del nord forse stanno solo aspettando un segnale di questo tipo per mettere all'ordine del giorno il fatto che, a parte il portoghese, non hanno nessuna ragione storica per stare assieme ai popli del Sud.
Può succedere tutto questo? Chi potrebbe aver motivo che NON succeda? Faccio questo ragionamento perchè le forze centrifughe sono già all'opera, in particolare i partiti e movimenti xenofobi tipo Lega. Senza che necessariamente si cerchino grandi complotti, sembra legittimo pensare che le grandi scelte che la crisi attuale dovrebbe imporre dovrebbero essere quelle di accellerare l'ntegrazione, mettere più sociale e difendere di più le istituzioni dello stato come rete di protezione sociale e non, al contrario, spingere per aumentare le fratture. Volente o nolente quindi questi movimenti spingono verso una accelerazione della crisi e verso lo scenario di cui sopra. Chi NON lo vuole? La Cina, gli Stati Uniti? Francamente penso che alla Cina farebbe molto comodo una europa miniscuola, ancor più divisa di adesso. Sarebbero una serie di bocconcini facili da mangiare. Forse per gli americani, in questo momento, sarebbe meglio avere una Europa un po' più forte, ma questo richiederebbe una Amministrazione americana forte e chiaroveggente, al di là degli interessi di bottega più immediati, e non sembra sia questo il caso attuale. Dobbiamo quindi ripiegarci sui nostri partitini politici che, in Italia come altrove, sembrano sempre più preda di signorotti locali, di una miopia che li porta tutti a dividersi senza che si veda all'orizzonte una generazione di Hommes d'Etat (o Femmes) capaci di leggere la situazione mondiale e reagire da Uomini di Stato.
Spero di sbagliarmi, e che la salute del Re del Belgio si mantenga per tutto il 2011. Gli mando i miei migliori auguri.

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