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mercoledì 12 ottobre 2011

JISKOBOU (fino alla fine, in creolo haitiano)



Sono ancora 600mila le persone che vivono nelle tende a quasi due anni dal terremoto. Le speranze di tornare a casa si spengono lentamente, al ritmo di una ricostruzione che non si è mai messa in cammino. Emblema di questo è il palazzo presidenziale. Crollato (parzialmente) su se stesso, è rimasto lì, in attesa che qualcuno si ricordi di lui. Per ricostruire le case e farle più solide bisognerebbe innanzitutto sapere a chi appartiene il suolo dove sono costruite e siccome tutto è stato fatto ahumma ahumma, l'unica cosa sicura è che nessuno fa nulla, a parte le stesse famiglie che, a mano a mano che riescono a metter via un po' di soldi, comprano un po' di blocchi, qualche rete di ferro e qualche tegola e ricominciano a ricostruire le stesse abitazioni di prima, pericolanti e aggrappate al nulla come le loro vite.

Siamo andati sul terreno a visitare una delle comunità con cui lavoriamo. Sementi per le colture orticole, piccoli attrezzi da lavoro, dei bacini per l'acquacultura che potrebbe portare non solo cibo in famiglia ma anche un po' di soldi dato che il pesce si vende bene e poi piantine per rimboschire un paesaggio lunare com'è l'Haiti delle montagne.

Essendo la legna l'unica fonte di energia, tutti hanno tagliato tutto e adesso il governo, i donanti, le ONG e le agenzie internazionali tutti quanti si preoccupano di ripiantare alberi. Ma con chi lavorano? Con le famiglie proprietarie delle terre, le uniche che possano investire oggi per un qualcosa di cui beneficieranno fra molti anni. Chiedo allora a un responsabile delle collettività locali quante siano le famiglie che non sono prorietarie e che devono prendere la terra con contratti di mezzadria annuale: la risposta è siderante, tra il 60 e il 70%. In questo giro ci accompagna uno dei notabili, delle 3 o 4 famiglie proprietarie della maggior parte delle terre e gli chiedo se non sarebbero disposti almeno ad allungare la durata dei contratti, in modo da stimolare anche le famiglie che affittano la terra a piantare e curare le nuove piante: la risposta la immaginate già: no, nemmeno parlarne!
Oggi è lunedì, si torna a scuola dopo la pausa delle vacanze, ed è anche giorno di mercato: le strade sono piene di gente, che circola, traffica, compra e vende, la vita insomma. Fa caldo, quel caldo umido, appiciccaticcio, col sudore che ti si incolla alla pelle. Anche la temperatura politica è alta, a ogni momento possono riesplodere disordini incontrollati per cui bisogna fare attenzione a dove e come ci si muove. Lentamente ma continuamente prosegue la discesa agli inferi: jiskobou!

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