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martedì 10 gennaio 2012

2012: previsioni (continua)

Adesso che abbiamo messo un numero di base, un indicatore che ci sarà utile nel futuro per poter comparare come sarà stato il 2012 riuspetto a quel che verrà dopo, cerchiamo di prevedere quali potrebbero essere le notizie interessanti dal nostro punto di vista. Un esercizio che ovviamente non ha pretese cabalistiche, ma uno stimolo per riflettere su aspetti e/o paesi che potremmo dimenticare velocemente nelle prossime settimane.

Cominciamo dal Venezuela: la ragione è semplice, legata al carisma del suo Presidente. Che ci piaccia o meno Chavez ha dato un'impronta al Sudamerica attuale, con il suo sogno boliviariano e l'alleanza con Evo Morales in Bolivia, con Corrales in Ecuardor e le simpatie di molti altri presidenti, della maggioranza dei paesi della regione. Lo stato di salute di Chavez è un oggetto misterioso come quello di tutti i capi di Stato; ricordiamoci il tumore che stava divorando Mitterand durante il suo secondo mandato e le falsificazioni mediche imposte da lui stesso in modo da non far sapere che per lui i giorni erano contati. Se queste manipolazioni succedono nei paesi democratici, non è da stupirsi che succeda poi ovunque. Per farla breve girano notizie piuttosto negative sul suo stato di salute, di un tumore che non avrebbe più possibilità di essere contrastato, per cui dobbiamo considerare l'ipotesi che il 2012 veda la sua uscita di scena. I riflessi interni ed esterni sarebbero sicuramente importanti, anche se limitati alla scala regionale (e probabilmente più a quella nazionale). A livello mondiale sarebbe più che altro una notizia da prima pagina per un giorno o due, poi resterebbero le traversie in quel martoriato paese. Il rischio di una guerra civile mi sembra poco probabile, ma sicramente ci sarebbero movimenti e volerebbero parole grosse da molte parti. L'impatto eventualmente più diretto potrebbe essere rispetto alla fine del conflitto interno colombiano. Già quasi distrutte, le ultime avvisaglie di FARC e compagnia si troverebbero con ben pochi aiuti sia locali (dall'altra parte dela frontiera) sia politici internazionali, per cui potrebbe essere la fine anche della parte superficiale di questo conflitto che dura da oltre 60 anni (che poi le vere cause del conflitto rimangano sempre di attualità, questo è un altro par di maniche).

La Nigeria: in questi giorni se ne parla parecchio a causa dei conflitti interni legati alla setta fondamentalista islamica che sta terrorizzando i pochi cattolici residenti. Ma della Nigeria bisognerebbe ricordare anche qualcosaltro: innanzitutto il tasso di natalità altissimo che la porterà a diventare il terzo paese più popolato del mondo entro il 2050, con oltre 700 milioni di abitanti, stime ONU, così come la diversità culturale, geografica, etnica e religiosa delle varie popolazioni che lo compongono. Il rischio di una esplosione del paese esiste a mio parere, con ripercussioni molto più grandi che nel caso precedente. Un gigante del genere che si spappoli e si divida in varie realtà regionali/locali (che di fatto già esistono), verrebbe a mettere in moto un problema conosciuto da molti ma che si spera continuamente non entri mai nell'agenda mondiale: le frontiere dei paesi africani, stabilite a partire da criteri decisi dalle potenze coloniali, non hanno granchè a che vedere con le realtà umane sottostanti, per cui prima o dopo la storia e la geografia assieme si rimetteranno in moto, con esiti totalmente incerti. Un esempio molto vicino a noi lo abbiamo in Libia: tenere assieme gli abitanti della Cirenaica con i tripolini non sarà affatto cosa semplice, dato che nulla li predispone a questo. Ricordiamoci della Jugoslavia, che sembrava tanto tranquilla ... I primi movimenti li abbiamo avuti coin la separazione "pacifica" del sud Sudan dal resto del paese. La questione del petrolio nelle zone di confime non è stata affatto risolta, ma facciamo finta che la situazione sia stabilizzata. A quel punto, ricordando che anche l'Eritrea era riuscita a venir fuori dal giogo Etiope, i Cirenaici potrebbero decidere di andarsene per conto loro e fare un paese nuovo sui bordi del Mediterraneo. Ma se scoppia la Nigeria, non parliamo più di un petardo, ma di una bomba atomica.

Della Siria si parla invece moltissimo, ma secondo me non succederà nulla di straordinario, essendo il potere ben impiantato nella gerarchia militare e non essendoci nessun paese occidentale disposto a entrare in una guerra che avrebbe risvolti sia su Israele sia, inevitabilmente sull'Iran, per cui si continuerà ad appoggiare gli insorti ma senza maggiori speranze.

Le novità invece potrebbero venire dall'Est. C'è chi dice che l'ipotesi che Putin non vinca le elezioni faccia parte della fantascienza, e che comunque i carri armati sarebbero pronti a chiudere i discorsi prima di qualsiasi altra azione da parte dell'opposizione. Ma forse stiamo sottovalutando il ras-le-bol (averne abbastanza) della popolazione civile rispetto a un assolutismo monarchico come l'attuale. Non credo si arriverà a una rivoluzione, ma a scossoni sempre più forti, questo sì. Vale però lo stesso discorso di prima: nessun paese occidentale oserebbe mettersi in mezzo, vuoi per elezioni in vista, USA, Francia, o più semplicemente per una Real Politik che fa sì che tutti i nostri governi preferiscono fare affari (gas) con i russi attuali piuttosto che avventurarsi in altre situazioni stile Jugoslavia, ma a dimensioni più grandi.

Dalle periferie degli imperi, americano e cinese, ci saranno sicuramente delle scosse, rivolte e conflitti, molti dei quali legati all'accresciyuta importanza della variabile agricola nel Risiko mondiale. Ma nessuno di questi sarà così importante da destabilizzare le grosse fortezze. La desertificazione cinese sarà una questione centrale, anche se poco dibattuta. Il governo ha lanciato un mega programma per contenere l'avanzata del deserto, le informazioni sono poche, ma è chiaro che si sta giocanbdo la faccia. Se non ci riesce adesso, la questione stessa della sopravvivenza della capitale potrebbe diventare centrale nel dibattito interno.
Chiudiamo ricordando che nel 2012 le probabilità che un grande leader mondiale ci lasci sono molto alte: parlo ovviamente di Mandela, un Grande uomo, oltrechè un uomo grande.

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