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giovedì 8 marzo 2012

Dar es Salaam, Tanzania


Il passaggio sarà rapido, quanto lo è stato quello di Nairobi, ma qui non ho nemmeno un Cicerone che mi faccia strada. Risultato, resto qui in albergo a lavorare. L'ufficio poi è proprio a due passi per cui penso proprio che questa volta non vedrò molto con i miei occhi.

Proprio nulla no, dato che ogni mattina, per attraversare lo stradone qui davanti, posso assistere ad uno spettacolo oramai scomparso nelle nostre strade e che comunque si ritrova in vari dei paesi africani dove sono passato: i vigili che dirigono il traffico. Quello di stamattina era chiaramente ispirato, sembrava il Maestro Muti a dirigere la Scala. La mimica era favolosa, ma avendo io dimenticato la macchina fotografica ed anche il telefonino, non ho nulla da mostrare. Ho anche cercato sul web, senza successo, se per caso qualcuno avesse messo in giro foto di questi veri artisti da strada (senza nessun intento spregiativo).

Ben vestiti di bianco, dato il caldo, oppure con maglioncino blu (a Nairobi, che si trova a 1600 mslm), berretto d'ordinanza, bastoncino, radio o telefonino (o tutti e due) e, nel caso del Mozambico, anche guanti bianchi, e poi avanti maestro, tocca a lei. Quelli mozambicani ed angolani li ho trovati più fissi, con gesti più rituali e molto simili a quelli che si studiavano nei manuali per prendere la patente motociclistica all'epoca di mio padre. A Nairobi li ho visti più rilassati, ma qui a Dar sono realmente scatenati. Da tornarci e fotografarli, assolutamente.

Non sono invece riuscito a capire dove siano finiti gli investimenti della Lega Nord qui in Tanzania. Due mesi fa se ne parlava dappertutto, ma poi come sempre altre priorità sono sopravvenute e, stando al giuriconsulta Maroni, i soldi sono rientrati in Italia. Forse volevano investirli nell'acquisto di terre, ma allora hanno fatto male a riportarli indietro perchè anche qui sembra stia diventando il nuovo business. Da quanto mi racconta il mio amico S. Maasai, sembrerebbe che le comunità pastorili riescano a difendersi meglio da questa parte della frontiera rispetto a quello che succede in Kenya dove la spinta per l'individualizzazione delle terre si fa sempre più presente.

Sono qui perchè stiamo portando avanti un progetto bello, che cerca di spingere per un riconoscimento non solo a livello nazionale, dell'importanza che hanno certi sistemi agrari (nel senso amplio di agricoli, forestali, peschieri e pastorili) in quanto promotori di bio diversità, di cultura e tecnologia diversa ed appropriata, di un modo diverso di porsi di fronte alle risorse naturali essendo per loro normale la trascendenza generazionale. Lavoriamo con Maasai e con altri gruppi più legati a pratiche agroforestali, con caffè organico. Lavoro lento, difficile ma sembra che pian piano si riesca a creare quel po' di credibilità necessario per poter entrare nelle stanze del potere ed iniziare un dialogo politico per programmi, leggi e politiche che li considerino maggiormente come attori dello sviluppo e non come poveracci da maltrattare o dimenticare. Un cambio paradigmatico di ottica, che anche per i nostri colleghi non è così scontato. Ma da quanto mi raccontano sembra che sia partito bene. Magari la prossima volta verrò con più calma e andrò a vederli e ve li racconterò con più calma.

Mangiato e bevuto una buona birra locale, adesso torno al lavoro. 8 marzo, sarebbe la festa della donna dicono.. ne abbiamo parlato molto oggi nella riunione, non della festa ma dell'importanza di partire da un approccio di genere che riconosca le nostre diversità, base necessaria per rifondare la cooperazione allo sviluppo a partire da processi più centrati sugli esseri umani, sui diritti e sui principi di dialogo e negoziazione. Ci credo, anche se so che non vedrò mai la fine di questo sogno, ma ci proviamo, così come ci provava Tomàs, il caro amico spentosi ieri e che sta mestamente tornando a casa in Paraguay.

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