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martedì 21 febbraio 2023

L’inutilità storica di queste sinistre


 Cresciuto nella periferia del pensiero “di sinistra”, ho tanto sentito parlare e un po’ anche letto, di queste “magnifiche sorti e progressive” che la rivoluzione socialista avrebbe portato a tutte le genti del mondo. I partiti che indossavano questa pelle ci parlavano di quanto questo mondo nuovo sarebbe stato migliore dell’attuale, dall’alto di una supposta superiorità intellettuale condita con una boria stile D’Alema.

 

Con gli anni, alla loro sinistra si svilupparono tanti gruppi e gruppetti uno più rivoluzionario dell’altro (penso per esempio a Lotta Continua, Potere Operaio, il gruppo del Manifesto e poi le varie Avanguardie, Lotta comunista e chi più ne ha più ne metta) che vivevano della luce riflessa della critica al partito comunista, promettendo lotte sempre più rivoluzionarie per cambiare il mondo. Inneggiavano alla Cina di Mao, ai Vietcong, al Che Guevara e a Castro, con slogan che, a dirli oggi, ti prenderebbero per matto: Lenin, Stalin, Mao-Tze-Tung… con bandieroni immensi con queste tre teste a guardare il sol dell’avvenire.

 

Si parlava a vanvera perché nessuno era mai andato in quei posti e comunque non aveva nessuna voglia di capire realmente cosa fosse successo. Poi arrivò Solgenitsin col suo Arcipelago Gulag per cominciare a rompere il muro d’omertà su cosa succedesse realmente nella Russia Sovietica. Pian piano emersero anche gli “errori” di Mao, con i suoi 30 milioni di morti dovuti al gran salto in avanti… e, dal crollo del muro di Berlino, fu chiaro che per le sinistre (italiane ed europee) era arrivato il momento di ripensarsi seriamente.

 

Quasi nulla venne fatto, a parte cambiare nome una, due, cento volte. Grazie a Dio arrivò Mani Pulite a mettere a terra il sistema di corruzione imperante, che fece pagare il prezzo maggiore ai due partiti che si fecero prendere con le mani nel sacco (DC e PSI), lasciando l’ex-PCI ai suoi trastulli identitari. 

 

La fusione tra le due chiese (DC e PCI), permise di non evitare di analizzare profondamente la propria interpretazione della società e del mondo. Iniziò così la stagione del rifugiarsi in una visione sempre più sbilenca, senza un passato e senza un futuro che non fosse quello di andare al governo ed occupare posti di potere.

 

I gruppetti della sinistra pretenziosa si erano sciolti come neve al sole e la spinta radicale che iniziava ad arrivare dal mondo femminile venne zittita ancora una volta dagli intellettuali sinistrorsi.

 

Già agli inizi degli anni 70 brave e conosciute specialiste avevano cercato di porre il problema di quale società si volesse costruire sulle basi di un patriarcato violento che esercitava un potere assoluto sulla vita, la cultura del mondo femminile.

 

Fu un grido inascoltato, e si continuò così nella spirale di una sinistra non più sinistra (oramai sinistra-centro e poi, sempre più, centro-sinistra) che aveva sempre meno da dire alla società intera e nulla del tutto al mondo femminile. 

 

I pochi, ma concreti, passi avanti che la società italiana compì in questo periodo storico furono sempre dovuti a forze esterne sia alle due Chiese (DC e PCI) e ai movimenti della sinistra rivoluzionaria. Per dirla meglio: si realizzarono contro le opposizioni di questi gruppi. 

Non avendo più nessuna visione e nessun sistema di valori da difendere, queste sinistre (sinistre-centro, centro-sinistre…) si beccarono in pieno la sberla portata dal neoliberalismo Thatcheriano e Reaganiano, basato sull’individualismo più sfrenato (che tanto piaceva ai socialisti di Craxi e De Michelis). Fu lì che nacque, per colmo della storia, la futura stagione dei diritti civili, LGBT e altro, dove l’individuo e i suoi diritti venivano a far presa in una sinistra che non aveva null’altro da proporre.

 

Ma restava sempre un cerotto per curare un tumore e difatti l’effetto di questa ondata di “diritti” sul motore interno delle sinistre è stato praticamente zero. Si è continuato a vedere una metà del mondo, quello maschile, assieme a piccole minoranze, importanti certo, ma che non contribuivano a fare una visione d’assieme. Inoltre, l’enfasi sulla questione “diritti” ha fatto dimenticare i “doveri”, l’altra faccia della medaglia che la sinistra non sapeva, e non sa, coniugare.

 

Se mia nonna avesse avuto le ruote, sarebbe stata un carretto si diceva dalle mie parti quando ero piccolo. Se le sinistre non fossero state così cieche e ottuse nella loro visione politica, avrebbero potuto vedere, ascoltare e dialogare con chi portava un messaggio nuovo proveniente dall’altra metà del mondo. Avrebbero capito che l’insistenza sulla questione domestica era centrale, anche per quegli intellettuali che continuavano a far partire l’origine del mondo dal Capitalismo. Non capivano che, anche in questa visione ristretta e sbagliata, lo sfruttamento domestico era la chiave sia per una riproduzione della manodopera di cui il capitale aveva bisogno, a costo quasi zero, ed anche la valvola di sfogo per quegli operai imbruttiti dal lavoro ripetitivo in fabbrica, che potevano poi tornare a casa e trovare un ambiente dove comandavano loro, così da poter sfogare i loro bassi istinti sulle loro compagne e spose. La saggezza maschilista veneta riassumeva questo con un: Femena, vien chì che te doparo!

 

Siamo così arrivati ai giorni nostri, dove le sinistre, cacciate dal governo nazionale e regionale, continuano per la loro strada senza meta e senza visione. Continuano a non vedere le ragioni di fondo dello sfruttamento, che inizia col patriarcato supportato dall’istituzione famiglia e messo sotto controllo dalla religione cattolica, e quindi non capiscono perché i giovani, maschi e femmine che cominciano a volere un mondo diverso, con più uguaglianza e dove anche i maschietti cominciano a prendere la loro parte di “doveri” nella sfera domestica, non seguano più questi partiti di vecchi che guardano al futuro con la faccia rivolta al passato remoto.

 

Lo scioglimento del PD sarebbe stata un’occasione d’oro per ribattere le carte e magari iniziare a cercar di capire la questione di genere a partire non dal capitalismo, ma da ben prima; capire che si tratta di una questione strutturale per le nostre società, del nord e dei Sud, e che non riguarda solo le donne, ma anche noi maschi. 

 

Nulla di questo è successo, adesso arriverà Bonaccini, quello che vuole l’autonomia differenziata assieme ai leghisti di Lombardia e Veneto, per cui l’unica cosa di cui siamo sicuri è che con loro non c’è nessuna speranza. Bastava leggere il programma di Damato nel Lazio, oppure quello della lista Progressisti (SI e ambientalisti) per vedere come non ci fosse la minima attenzione a queste tematiche chiave per il nostro futuro.

 

Lasciare il dominio patriarcale al maschio alfa ha portato solo e sempre guerre, violenze e sopraffazioni. La parola dominio è stata la prima parola imparata da questo maschio alfa, dominio sui più deboli, a cominciare dalle donne, e dominio sulla natura. Pensare all’utopia di una transizione ecologica senza aver abbattuto il maschio alfa è solo l’ennesima fregatura che ci viene proposta.

 

Basta! Dobbiamo liberarci di queste sinistre inutili (e oramai anche dannose) e cominciare a costruire qualcosa di diverso, a partire dal principio di base dell’uguaglianza nella differenza. Non è un ossimoro alla Aldo Moro (quello delle convergenze parallele), ma il riconoscimento che un’agenda politica di sola uguaglianza porterebbe ancora una volta a uniformare il mondo femminile a standard decisi dal maschio. Le donne sono diverse, dobbiamo accettare questa verità di base; sono sfruttate per mille ragioni che si intrecciano tra loro in una intersezionalità che complica la loro situazione. Ma dobbiamo cercare uno (o più) cammini da esplorare assieme, uguali, ma differenti.

 

Ma fuori dalle gabbie politiche che vengono offerte ai giorni nostri dalle varie sinistre.

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