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sabato 15 maggio 2010

Torniamo a parlare di Haiti

Cito un estratto di un articolo di Barbara Schiavulli pubblicato su L'Espresso del 13 maggio col titolo: L'agonia di Haiti.

"Il 31 marzo scorso, le Nazioni Unite, la Banca mondiale e decine di paesi donatori hanno stanziato 5,3 miliardi di dollari per i prossimi due anni e altri 5 per i successivi otto: Haiti non è mai stata così ricca. E così disorganizzata. Nessuno si fida di mettere i soldi in mano al governo che è stato dimezzato dal sisma e resta comunque uno dei più corrotti al mondo. Il Parlamento si riunisce in tenda ai piedi del palazzo presidenziale distrutto. Centinaia di organizzazioni umanitarie sgomitano per aiutare la gente, ma un vero piano di intervento non c'è. Forse perché le Nazioni Unite hanno perso 200 persone il giorno del terremoto, forse perché il Paese non sa da che parte cominciare. Non sa neanche dove creare i nuovi campi con le case prefabbricate. Il Duch relief group, Cordaid (organizzazione olandese), sta per finire 150 abitazioni con le pareti di tela e gli infissi di legno, più di una tenda ma meno di una casa. "Sono troppo lenti, così ci vorranno dieci anni", si lamenta una signora che aspetta fiduciosa di trovare il proprio nome nella lista di coloro che accederanno al villaggio. Ma il problema, oltre alla presenza di macerie che impediscono la ricostruzione e il risanamento delle case ancora in piedi, è la guerra per la terra. Molti haitiani vivevano in affitto e i padroni di case e terre non vogliono in alcun modo prestare i loro beni per paura che le costruzioni provvisorie diventino permanenti, non sarebbe la prima volta in un Paese quasi tutto abusivo. I proprietari di case, scuole e terreni, dove sorgono le tendopoli, stanno sfrattando gli ospiti. E per questo nella capitale non sono state edificate più di una decina di case provvisorie. "Sono dispiaciuto che dopo settimane e settimane di sforzi, non abbiamo ancora un posto per costruire", spiega il portavoce della Croce Rossa, Alex Winter. Gli ingegneri passano il loro tempo a cercare di identificare i luoghi dove innalzare le gru . "Se non fai le cose come si deve, si possono creare scontri", dice Alex Coissac, dell'Organizzazione internazionale per la Migrazione".

Allora, ste cose qua le scrivevo vari mesi fa, dette e ripetute ai colleghi che lavorano nel quadro del post-terremoto, senza che si sia smosso un chiodo. Quasi che fosse una fissa mia. Poi va lì una giornalista, nemmeno specialista di disastri, e riesce a capire al volo l'importanza di questo problema. Ricorderete cosa ho scritto tempo fa: non si vuol toccare il tema terra perchè fa paura. Peccato che senza metterci le mani (e adesso è già troppo tardi) non si capisce come si possa pensare alla ricostruzione del paese.

Torneremo su questo martoriato paese periodicamente per vedere come avanzano le cose.

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