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sabato 13 febbraio 2010

Haiti: chiudiamo la baracca e passiamo ad altro

E’ passato un mese dal terremoto, tempo sufficiente per capire quale futuro si vuol dare a questo paese. Continuare con lo stesso pastrocchio oppure usare questa immane tragedia per ripensare i problemi di fondo e, per una volta, affrontarli.
Triste dirlo ma non trovo elementi per pensare che la seconda opzione sia quella vera. Cinicamente parlando, provate a chiedervi, quando siete soli, se secondo voi la popolazione di Haiti è composta di 8,5 milioni o di 8,2 milioni? Risponderete che, grosso modo, è la stessa cosa e poi cosa potete saperne se sono 8,5 o 8,2? Ecco, questa sarebbe una risposta onesta. Non lo sappiamo perché, a grandi linee, sappiamo che è un paese povero, anzi poverissimo, ma nessuno si ricorda la sua popolazione. La differenza fra 8,5 e 8,2 sono quelle trecentomila vittime di questo terremoto di cui, alla fin fine, non interessa più nessuno, a parte i diretti interessati e le loro famiglie e amici.
Adesso bisogna preoccuparsi del futuro, ricostruire, in attesa della prossima emergenza. Come vediamo anche noi in questi giorni, l’ Emergenza è un buon business e possiamo solo sperare che le pratiche della “nostra” Protezione Civile e del suo Illuminato benefattore, non siano lo specchio di pratiche diffuse anche altrove (spes ultima dea). Quindi preoccupiamoci di ricostruire Haiti: immaginatevi di ricostruire case e palazzi in un paese dove terra topograficamente facile da usare, cioè con poche pendenze, solida per poterci costruire sopra, ce n’è molto poca. E quella che c’è ha padroni occulti, nessuno o quasi ha titoli sulle proprie terre, non pensiate all’esistenza di un catasto o cose del genere. Risultato facilmente prevedibile: al non voler toccare questa variabile chiave, porterà a litigi e conflitti senza fine, con i più forti che ne approfitteranno per accaparrarsi il grosso degli aiuti per poter sfruttare ancor di più i più poveri.
Ricordatevi che se Haiti è deforestata questo lo si deve in gran parte alle pretese francesi nella prima metà dell’ottocento di farsi pagare dei “debiti-indenizzi” per le terre perdute dai proprietari francesi. Debiti immensi che obbligarono a vendere l’unica cosa possibile, il legname, dato che non potevano vendere se stessi come schiavi, essendo stata questa la ragione della lotta per l’Indipendenza.
Con questo voglio solo ricordare che noi europei abbiamo contribuito, ben prima degli americani, a creare il casino attuale. Adesso si continuerà sulla stessa strada. La reforestazione è una chimera: da sempre priorità di tutti i governi, ma (i) senza un governo che funzioni, (ii) senza un controllo sulle risorse naturali (iii) e senza soldi non si va da nessuna parte. Adesso i ricostruttori pensano di intervenire su (i) e (iii), lasciando fuori il punto (ii). Non funzionerà. Senza un’operazione seria e profonda sulla questione fondiaria, fra pochi anni saremo qui a riparlare di Haiti e del perché la ricostruzione non ha funzionato. E sperando che gli uragani estivi non arrivino puntuali come l’anno scorso, a completare l’opera (da giugno in poi).
Perché non intervengono sulla questione delle terre mi direte voi? Terra è potere e tutti (europei, americani, cinesi, brasiliani...) hanno paura di toccare questo tema perché lì si trovano ancora gli interessi di quelle elite che sostengono i poteri forti di questi paesi. Nessuno dei governi che “aiuta” Haiti, e sfortunatamente non sembra nemmeno le nazioni unite, hanno il coraggio di andare a mettersi su quei temi lì. Sembra che il ministro dell’agricoltura pochi giorni fa abbia ricordato che è questo il problema centrale.. ma non mi pare che ci fossero troppe orecchie ad ascoltare….

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