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domenica 31 gennaio 2010

Caracas (6)

Sabato siamo partiti per un altro Stato, Portuguesa, per visitare un' altra azienda. Incontri discussioni, visite al campo.. idee per il futuro lavoro.. e poi un pranzo rapido alle 3 del pomeriggio prima di partire per tornare a Caracas.
La luna esce verso le 7 e mezza, immensa, piena, bellissima. Strade non mal messe, ma essendo poche le autostrade, si passa spesso per le nazionali.. ci si ferma a cercare qualcosa da portare a casa, ma l' artigianato non é un granché per cui ho preso solo un pajarito che mostreró nei prossimi giorni quando Carlos mi dará le foto.
La salita verso Caracas (che si trova a mille metri slm) ci trova immersi in una nebbiolina mista a pioggia, si rallenta, macchine dappertutto, lo stesso stile a cui siamo abituati noi italiani. Ma senza nesusn incidente il mitico Freddy (il nostro autista) ci porta a casa. Arrivo qui all'hotel alle 10 di sera, stanco, ma con tante cose in testa.
Stamattina quindi per la prima volta leggo i giornali e vedo la tele. La situazione resta tesa, l'editoriale del giornale parla di fuga in avanti del Presidente che di frotne ai tre strikes di prima, alla crisi economica, con conseguente desempleo, non fa che spingersi sempre piú in lá, con discorsi oggettivamente aggressivi. E´vero che la situazione é andata peggiorando durante molti decenni, e che la borghesia che era al potere poco ha fatto per risolvere i problemi del paese, anzi ne ha approfittato per aumentare il dislivello ricchi-poveri (molto associato all'idea bianchi da una parte e "monos" dall'altra. Questa pentola a pressione si é caricata pian piano fino ad esplodere, prima con l'intento del 1q92 e poi con la vittoria elettorale del 1999. Adesso il pendolo politico della storia é dall'altra parte, con un linguaggio di discredito verso tutto quello che non é con il Presidente che preoccupa molto. Soprattutto perché alcune cose sono state fatte, tipo i mercati locali, ma la tensione che si sente nell'aria e il fatto che, al di lá di Chavez non si vede nessuna altra figura che riesca ad imporsi nell'immaginario colettivo e nella scena politica attuale. Come se la rivoluzione (ancora una volta) divorasse i suoi figli.
Vabbé, vado a sentire l´Aló Presidente della domenica e magari torno stasera o domani.

Venezuela (5)

Oggi siamo andati a vedere una esperienza diversa, piú recente, anche questa stimolante per il lavoro che sono venuto a fare. Lasciamo decantare le idee e le riflessioni...
Intanto le proteste continuano. Tre cose in particolare sembrano andar male: luce, acqua e insicurezza. In linguaggio del baseball gli oppositori dicono che questi sono i tre strikes che eliminano il battitore (Chavez). Nel gergo locale la eliminazione del pitcher si dice "ponchao", per cui nei giornali e sui muri, oltereché allo stadio si sente: "luz, agua, inseguridad, Chavez está ponchao". Forse non proprio, perché il potere comunque resta nelle sue mani, ma insomma bisogna pur tirarsi su il morale. Soprattutto quando ti hanno appena svalutato la moneta nazionale del 100% dalla sera alla mattina. Fino a ieri con 2.15 bolivares compravi un dollaro (al cambio ufficiale, a quello non ufficiale era a 5,50), da oggi é a 4,30. Addio sogni di viaggiare, i biglietti costano il doppio....
La sera torniamo al solito centro commerciale, per le solite ragioni di sicurezza. Mi rendo conto adesso, quando scrivo, che non sono mai uscito di sera fino ad oggi, domenica. Tutti ti dicono di far attenzione perché gli assalti sono all'ordine del giorno.
Un lider contadino ci raccontava che, scontenti del prezzo che gli pagavano, hanno deciso di andare a vendere un camion di ortaggi nella periferia di Caracas, nei ranchos. Cosa da non fare nemmeno se sei venezolano perché una votla arrivati lí si sono trovati davanti una milizia (Milicia Zero), di cui non sapevano nulla, armati fino ai denti, che pretendevano proteggerli. Non sappiamo a che prezzo, ma quel che é sicuro é che non ci sono piú tornati dopo.
Quindi anche stasera cibo industriale, ma per cambiare Tex-Mex, non male. La finalissima del baseball si gioca in casa del Magallanes, dura una vita, facciamo ora a cenare, mangiarci un buon gelato, tgornare in albergo, andare in camera e ancora stanno lí, ottavo inning.. quasi alla fine.. insomam contro tutti i pronostici rivincono los Leones di Caracas, per cui festa per le strade (anche se non capisco perché, dato che siamo a piú di sei ore di macchina dalla capitale)...

Venezuela (4)

Rieccoci qua a raccontare questo viaggio verso l'interno del paese. Per strada verso l'occidente, il lago Maracaibo, la terra più contesa del paese. Ci fermeremo prima dello Stato di Zulia, dove ancora adesso le minacce di morte e le violenze continue dei pistoleros assoldati dai terratenientes di fatto bloccano qualsiasi lavoro dell' istituto responsabile per la riforma agraria.
Arriviamo quindi a Barquisimeto, capitale dello Stato del Lara, nome di un generale in guerra assieme a Bolivar. La strada principale é chiusa da una manifestazione di studenti universitari, causa la chiusura della rete privata ostile al Presidente.
Un lungo giro ci porta all'hotel, piccolo, simpatico e accogliente, nonchè pulito.
Le proteste non faranno che aumentare in questi giorni in cui non ho scritto, fino ai due ragazzi morti a Merida. Tensione in aumento ma che noi, essendo in giro in campagna sentiamo molto poco.
I paesaggi sono molto belli, il primo giorno sembra di essere nel Sertao del nordest del Brasile, stessa vegetazione, stessa siccità e stessa povertá. Siamo andati a vedere le terre di un' azienda adesso parte della riforma agraria, dove una lotta lunga, intensa, con contadini portati in prigione per 3 anni, ha dato sbocco ad un gruppo di lavoratori convinti di voler provare a riprendere in mano la produzione e le loro terre.
L'acqua é sempre un problema in queste zone secche, per cui la prima cosa alla quale stanno lavorando é un grande bacino per mettere acqua in riserva. Hanno anche messo del pesce dentro, insomma forse qualcosa di buono succederá....
La sera torniamo all'hotel. La zona dove siamo messi non é delle piú tranquille per cui ci consigliano di non restare a mangiare in zona ma di andare in un centro commerciale, piú sicuro. Cosí siamo partiti e ci siamo persi, non avendo una guida, ma alla fine lo abbiamo trovato. Nulla di speciale la comida, ma almeno un po´di verdure, (comida por kilo) e poi baseball in diretta, finale del campionato nazionale. Il vero sport nazionale, come da noi il calcio. Sembrava dovesse vincere Magallanes, ma all'ultimo Los Leones di Caracas ce la fanno, riportando in paritá il numero di vittorie. Domani sera ci sará la bella ...

mercoledì 27 gennaio 2010

Caracas 3

El apagon... manca corrente e stanno iniziando a razionare il somministro.. pochi investimenti, poche piogge e adesso la situazione sembra peggiorare.. se non fanno nulla subito, il rischio é da aprile in poi ritrovarsi senza corrente... e questo malgrado il petrolio... ma conferma che reggere un paese é un lavoro complicato.. ogni minuto sei lí, a dover decidere, avendo una visione di dove vai...
non sono ancora riuscito ad entrare in un supermercato, mancanza di tempo; vorrei visitare quelli che mettono a disposizione i prodotti base, per capire cosa mangino i venezolani. La collega mi dice che l'insicurezza alimentare è aumentata... quello che è sicuro è che la violenza e l'insicurezza di strada è aumentata ed è molto alta.
Traffico sempre molto elevato, quasi un patto sociale fondato sul basso prezzo della benzina. Potete toccarci tutto ma non la benzina che costa meno della birra.. questo sembra l'accordo tacito.
Le manifestazioni continuano, vari paesi protestano ma qui tirano avanti. Partiamo per il sud, a vedere dei contadini, specie in via d'estinzione. Quasi l' 88% della popolazione è urbana, nel senso di ranchos (favelas) e città vere e proprie. 4 gatti rimasti in campagna, in un paese enorme dove peró di terra buona per l' agricoltura ce n'è pochissima, 3-4%..
Si importa tutto il mangiare dato che nesusno produce. Prezzi sussidiati per mantenere la pace sociale, ma allora come faranno a sopravvivere i contadini competendo con prodotti importati sussidiati e con tecnologie limitate su terre di poca qualitá? mah.. andiamo a vedere...

martedì 26 gennaio 2010

Caracas 2

Ritorno al futuro: me ne andai in un momento di altissima tensione, ritorno e la prima cosa che sento è la decisiones del gobernó di chiudere una delle rare voci dell’opposizione rimasta nel sistema radio-televisivo. Questo ha provocato immediatamente scontri per Strada, con morti e feriti.
Quando comandava l’élite precedente, il controllo del potere era forte, gran parte Della popolazione era esclusa da tutto, non avevano diritti, basti recordare le sommosse a Caracas quando iniziarono i programmi di aggiustamento del Fondo Monetario e la reazione del gobernó di allora, con l’esercito per Strada, anche se si voleva salvare una parvenza di democraticitá.
Dal rifiuto di quella classe politica, corrotta e incapaces e violenta, nacque un sentimento ampio nella popolazione, alla recerca di qualcosa di diverso, di nuovo. Qualcosa che desse voce ai Boveri, che rimettesse in Pieri un paese in ginocchio malgrado le ricchezze naturali enormi.
Da lì viene Chavez, che portava con sè il sogno di non ripetere le stesse pratiche dell’elite che veniva cacciata.
Invece ci troviamo con un governo che controlla 6 canali televisivi e moltissime radio, con l’ultimo canale dell’opposizione chiuso ieri sera. Sulle ragioni del perchè han ritirato la licenza le versioni divergono, anche se il Gubbio che si sia trattato di un gesto politico contro un blocco politico-economico contrario al gobernó attuale è molto forte.
Vi fa pensare a qualcuno di conosciuto a casa nostra? Un cavaliere, magari? Ecco, così capite quel gusto amaro in bocca che abbiamo in tanti. Fare le rivoluzioni per poi rifare le stesse cose, gli stessi meccanismi di controllare l’informazione, sempre con giustificazioni “giuste”, ecco, forse, anzi senza forse, non era questo che sognavamo. Chi dirá che non si fanno le frittate senza rompere le uova, che la rivoluzione non è roba per signorine, etc. , ma credo anche che l’osservazione piú da vicino di come sia messo questo paese ci serva di lezione. Il riformismo è difficile, lento, non assicura risultati, obbliga a negoziare, scendere a compromessi, vedi il povero Obama… per cui la gente si disaffeziona.. peró resta ancora una pratica che credo abbia piú futuro di altre….

lunedì 25 gennaio 2010

Tornare a Caracas: prime impressioni

Torno in Venezuela, e a Caracas in particolare, dopo una visita lampo durante il Forum Sociale Mondialer del 2006, ma soprattutto dopo l´ultima missione terminata il 12 aprile del 2002. Fu un giorno teso, molto particolare, col golpe messo in atto da una destra revanchista che aveva trovato un largo appoggio nella classe media.
Duro´ poche ore, il Presidente Chavez fu liberato e tornó trionfalmente a Caracas. Io avevo il volo di ritorno, solo che la strada per l´aeroporto era considerata poco sicura. Nessuno sapeva cosa fare, così decisi di prendere un taxi e scendere giù a Maiquetia. L' aereo di air france era li, con l' equipaggio appena arrivato da Parigi bloccato in aeroporto, stanchi e senza sapere dove andare.
Furono ore lunghe, e alla fine ci imbarcarono e lo stesso equipaggio ci portó in Guadalupa dove, con un altro volo, potemmo tornare a casa.
Inizió cosí un periodo teso, con una estremizzazione della vita politica che non é cessata nemmeno adesso.
Esco dall'aeroporto, solita foll, "taxi señor?", "cambio?" e poi con Freddy, il nostro autista, partiamo per la cittá. L'aeroporto é giú al mare, la cittá invece é posata nella valle dell'Avila, su in alto. Circa 30 Km, percorsi facilmente da quando hanno rifatto il ponte che per anni ha costretto tutti a passare per la carretera vieja, essendo crollato quello precedente, in mezzo a "ranchos" non proprio sicuri. Tanto é che se gli aerei arrivavano dopo le 5 del pomeriggio, per ragioni di sicurezza non si poteva venire in cittá e si dormiva sul posto.
Adesso non piú e in mezz'ora siamo in cittá. Per chi sia stato mai in una cittá asiatica, Bangkok, Manila, Katmandu, balza subito agli occhi la poca, pochissima pubblicitá per strada. Quansi che il settore privato se ne fisse andato e restassero cosí solo i tanti inni alla rivoluzione. Patria, Socialismo o Muerte... sono arrivato all'hotel a riposarmi.. domani continuiamo.

domenica 24 gennaio 2010

Ricetta Xuor (in realtà della sorella)

GRATIN FAN FAN

Couper les pdt en rondelles
Les mettre dans un Fait-tout
Recouvrir les pdt avec du lait; saler et poivrer
Une fois cuites mettre une bonne cuillerée de crème (dans le lait et pdt); un peu de noix de mouscade rapé égoutter les pdt; les mettre dans un plat a gratin aillé.
Ajouter du gruyère dessus, quelques noix de beurre et gratiner (grill; faut surveiller)

Anguillara Sabazia com'era (continua)


e adesso attacchiamo la lettura di Al Gore


La Scelta, dalle prime pagine val la pena approfondire.. lettura semplice e concreta. Vedremo alla fine..

sabato 23 gennaio 2010

C'è grano e grano

Parliamo di grano proveniente da incroci naturali e per questo parliamo dell’opera dell’agronomo italiano di fama mondiale Nazareno Strampelli (1866-1942). Strampelli, in dieci anni di lavoro, riuscì a selezionare un centinaio di qualità di grani che avevano almeno le seguenti necessarie caratteristiche:

- capaci di adattarsi alle relative condizioni climatiche regione per regione
- nutrienti e digeribili (per le conoscenze di allora)
- sfamassero il popolo
- contenessero grosse quantità di quella proteina chiamata glutine che era ciò che dava l’energia e la forza.

Il famoso grano duro Senatore Cappelli è esente da ogni contaminazione da mutagenesi indotta in qualsiasi modo; questo tipo di grano era stato individuato in quanto coltivazione ottimale per la zona dell’Italia centrale (Toscana, Marche, Sardegna).

Negli anni ‘60 cominciarono a cambiare le cose e si passò alle mutazioni ed arriviamo ai grani a cui è stata apportata una mutazione del gene, ma che non sono ritenuti OGM.

Il 25 ottobre 1974 venne iscritta per decreto nel “Registro varietale” una nuova tipologia di grano duro che in pochissimo tempo avrebbe rivoluzionato la cerealicoltura italiana e non: il grano Creso. Questa tipologia di grano aveva tutti i numeri per vincere sulle altre: maggiore produttività, precocità, stabilità qualitativa, ricca di glutine, tutte caratteristiche che l’industria della pasta cercava da tempo. In più la pianta era molto più bassa delle altre che arrivavano anche al metro e sessanta per cui erano sempre minacciate da vento e pioggia: avere piante più basse è un enorme vantaggio per la coltivazione estensiva meccanizzata in quanto i bracci e le maglie delle trebbiatrici (la macchina che raccoglie il grano) sono basse; inoltre, un altro vantaggio non trascurabile, sta nel fatto che il frumento ad alto fusto “alletta”, cioè si piega verso terra, a causa dell'azione del vento e della pioggia. Anche per ovviare a questo inconveniente, il frumento è stato quindi per così dire “nanizzato” attraverso una modificazione del gene (ma non in modo transgenico): piante basse non vengono piegate dal vento, cosa che non obbliga il contadino a variare continuamente la sua direzione di trebbiatura; in definitiva l’operatore va avanti e indietro per il campo senza il problema di dover recuperare la posizione di cattura della pianta se piegata in più direzioni.

Il Creso era stato inventato e sviluppato presso il centro di studi nucleari dell’Enea Casaccia, vicino a casa nostra, dal professor Scarascia bombardando con raggi Gamma la varietà storica di grano duro allora più diffusa (appunto la “Senatore Cappelli”), si producevano delle mutazioni geniche straordinarie. Incrociando poi quel che ne veniva fuori (il “Cappelli CB144”) con un’altra varietà, la messicana “Cimmyt” se ne dava l’ultimo tocco e da qui nacque il malefico grano Creso, quello che tutti i giorni avete sulle vostre tavole: sì, state mangiando OGM da quando siete nati e non lo sapete e, per quel che riguarda i cibi genicamente modificati, anche per molti prodotti biologici nei quali non si dichiara la qualità del grano utilizzato.

Va da sé che dopo qualche anno il Creso diventa la varietà più prodotta in assoluto: ancora oggi ha un posto di rilievo tra i dieci tipi di grano duro che vanno per la maggiore, quasi tutti selezionati negli ultimi 10 anni a partire proprio dal Creso.

Il risvolto negativo è l’aver ottenuto una minor fertilità della pianta, per cui il contadino si è infilato in un mercato obbligato di acquisto annuale di sementi e, cosa più pericolosa, questo grano può sopportare maggiori quantità di veleno

Al contrario, pur essendo altamente fertile, la resa del grano Cappelli è bassissima, 14 quintali per ettaro, mentre quella del grano irradiato può arrivare fino a cinque volte tanto.
La fregatura sta nel fatto che si crede che un prodotto sia OGM solo se si va a manipolare un gene (per essere cavillosi quella è una mutagenesi diretta), ma ciò non toglie che se alla fine abbiamo una mutazione della catena genica per mezzo di metodi esterni, sempre di mutazione genetica si tratta. Quindi buon appetito con brioche, cornetti, pasta, pane e dolci all’effetto-cobalto-radioattivo.

Chi avesse voglia di mangiare la vecchia varietà Cappelli, la potete trovare al Podere del Pereto che si trova in provincia di Siena e che distribuisce in tutt'Italia. Conviene contattarli per farsi dire chi sono i rivenditori nella vostra zona: Podere Pereto telefono 0577-704.371.Ricordarsi che, per quanto detto sopra, una pasta prodotta in modo decente non può costare poco, tipo 90 centesimi al chilo.

frase del giorno: On ne peut pas être à la fois au même endroit

sentita dai volontari in azione ad Haiti ...

Libri da non comprare: Cucino dolci


Questo manuale che pretende insegnare "tutto il gusto dei peccati di gola", di fatto ha troppe ricette sbagliate; esempio la ciambella al caco: Fate cuocere la ciambella nel forno già caldo a 180 gradi per 50 minuti circa, ecco dopo 35 era già al limite bruciatura

Quinto libro 2010: Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte


autore: Mark Haddon
Einaudi collana Supercoralli

Christopher è un quindicenne colpito dal morbo di Asperger, una forma di autismo. Ha una mente straordinariamente allenata alla matematica ma assolutamente non avvezza ai rapporti umani: odia il giallo, il marrone e l'essere sfiorato. Ama gli schemi, gli elenchi e la deduzione logica. Non è mai andato più in là del negozio dietro l'angolo, ma quando scopre il cane della vicina trafitto da un forcone capisce di trovarsi di fronte a uno di quei misteri che il suo eroe, Sherlock Holmes, era così bravo a risolvere. Inizia così a indagare...
Una forza tremenda. Letto per cominciare ad esplorare il mondo dei bambini della Luna, in vista di un possibile futuro video. Invito tutti a leggerlo, soprattutto Massi e Fede, per farsi un' idea delle difficoltà che ci aspettano e Xuor perchè lo divorerà in una giornata.

venerdì 22 gennaio 2010

Presentazione video...

Tanti amici sono venuti, con tanti commenti, critiche e suggerimenti. Dato che lo scopo era proprio quello di stimolare reazioni, direi che l'esperimento é riuscito.

Molti ci hanno detto che dovremmo farne un altro, visto dalla parte degli utenti... aspettiamo a sentire le reazioni degli amici della Cusmano..

Forza Islanda

leggo e mi par giusto condividere questa notizia:

Il presidente islandese ha bloccato un disegno di legge per pagare fino a 3,4 miliardi di sterline a Gran Bretagna e Olanda per i depositanti di IceSave, ammettendo che il sentimento popolare nell’isola è troppo radicato per procedere senza un referendum.

L’iniziativa riapre un’amara disputa e complica fortemente il contratto di prestito islandese con il Fondo Monetario Europeo e ha già portato ad un nuovo declassamento a BB+ da parte dell’agenzia di rating Fitch, che ha definito la decisione “una significativa battuta d’arresto degli sforzi islandesi per riprendere i normali rapporti finanziari con il resto del mondo”.

La legge su Icesave è stata approvata dal parlamento islandese lo scorso anno in una votazione sul filo del rasoio ma una petizione del movimento InDefense ha cambiato il panorama politico. La lobby ha raccolto 56.000 firme – un quarto degli elettori. Il presidente Olafur Ragnar Grimsson ha detto che “la stragrande maggioranza” voleva dare direttamente il proprio parere sulla vicenda, e che non sarebbe stato effettuato alcun pagamento senza il loro benestare.

“Il caposaldo della struttura costituzionale della Repubblica d’Islanda è che il popolo sia il giudice supremo della validità della legge”, ha dichiarato. “In questa fondamentale congiuntura è anche importante sottolineare che la ripresa dell’economia islandese è una questione della massima urgenza”.

La reazione più aspra, e più gravida di conseguenze, è venuta invece da Londra: il ministro per i Servizi finanziari, Paul Myners, ha avvertito che la vittoria dei no al referendum isolerebbe l'Islanda dal sistema finanziario globale. Le sue parole non potranno che suonare come minacce alle orecchie degli islandesi, già adirati con la Gran Bretagna: nei momenti più difficili della crisi, Londra bloccò tutti gli assets di Reykjavik utilizzando la legge antiterrorismo. La petizione raccolta ieri dal presidente, non a caso, è stata un'iniziativa del gruppo «Gli islandesi NON sono terroristi».

Un viaggio verso gli altri - presentazione in FAO

Oggi a mezzogiorno faró una prima presentazione per un gruppo di amici in FAO. Vedremo dopo i risultati, ciao a tutti....

mercoledì 20 gennaio 2010

Nano-alimenti, questi sconosciuti

Dopo i nani e ballerine dell'epoca craxiana, passiamo adesso ai nano-alimenti. Leggo e condivido con chi fosse interessato queste riflessioni.

I "nano-alimenti" contengono nanoparticelle, che si chiamano così per la loro grandezza: 100 nanometri, cioè un milionesimo di millimetro. Vengono utilizzate per modificare la qualità del cibo, per esempio aumentandone il potenziale nutritivo, migliorandone l'aroma ed il colore o incrementando il potenziale antibatterico degli imballaggi dei prodotti.

Oggi, senza che vi sia stata una discussione in merito, gli alimenti della generazione nano e i loro imballaggi già sono in circolazione. Coloranti naturali, aromi e vitamine vengono inseriti in nanocapsule e mescolati a bevande. Ad alcuni alimenti si sono aggiunte artificialmente nanoparticelle. In talune sorte di Ketchup, il biossido di silicio ne aumenta la densità; per rendere più chiare salse d’insalata vi si mescola biossido di titanio; per evitare la formazione di grumi in alimenti in forma di polvere, vi si aggiungono silicati di alluminio. Per risparmiare costi d’immagazzinamento la superficie del cioccolato viene trattata con nanoparticelle di biossido di titanio, riconoscibili solo al microscopio. Si evita così alle parti grasse di trapelare alla superficie.

Se produttori di derrate alimentari, cosmetici o medicamenti fanno uso di nanoparticelle, queste inesorabilmente verranno a contatto con la pelle o con l’apparato digestivo. Se queste sostanze trovano un impiego diretto nella la produzione di cibi e bevande, di regola vengono assimilate dal corpo. Stando ai risultati attuali della ricerca i pericoli risultano considerevoli.

Le nanoparticelle di sostanze estranee al corpo possono penetrare nei tessuti, altrimenti impermeabili a sostanze di dimensioni «normali». E qui sorgono molte domande: una volta penetrate, quanto tempo vi restano, cosa possono provocare?

Anche l’influenza di nanoparticelle sul cervello è ben poco nota. Esse sono così minuscole da trapassare la barriera sangue-cervello (emato-encefalica) altrimenti difficile da superare. Si suppone che possono verificarsi delle infiammazioni capaci di provocare mutazioni. Sono noti in proposito alcuni esperimenti scientifici su animali. Due anni fa fecero scalpore esperimenti in cui determinate nanoparticelle di carbonio, cosiddette «Buckyballs», danneggiarono i cervelli di pesci. In altri esperimenti animali sono stati registrati effetti nocivi sui polmoni. Durante l’inspirazione piccolissimi tubi di carbonio, i cosiddetti «Nanotubes», possono restare impigliati nei polmoni, formando grumi. In esperimenti con topi da laboratorio i grumi furono talmente grandi da bloccare i bronchi, così da soffocare i topi.

La Commissione parlamentare per l'Ambiente ha criticato la proposta dell'esecutivo comunitario di rivedere il regolamento sugli alimenti di nuova generazione, inclusi i "nano-food". La relatrice, che appartiene al Gruppo della Sinistra Nordica e Sinistra Unita, ritiene che “la nuova normativa sugli alimenti di nuova generazione dovrebbe garantire ai consumatori europei prima di tutto che gli alimenti siano sani. Al momento e senza che si sappia, una grande quantità di alimenti contiene già nanotecnologie, anche se non esiste ancora né una normativa a riguardo, né un'uniforme procedura di accertamento dei rischi per la salute. Quello di cui abbiamo bisogno è un'univoca definizione dei nanomateriali per garantire la sicurezza dei prodotti alimentari che li contengono”.

martedì 19 gennaio 2010

Marc Bloch : un article quelques mois avant son exécution par les Allemands

L'alimentation humaine et les échanges internationaux, d'après les débats de Hot Springs[1]

I. — La première conférence des Nations Unies a réuni, du 18 mai au 3 juin 1943, à Hot Springs, en Virginie, les délégués de quarante-quatre nations, ras-semblés sur l'invitation du Président Roosevelt. Elle avait pour mission d'examiner les possibilités d'une action internationale concertée, en ce qui concerne l'amélioration des régimes alimentaires, l'orientation de la production agricole, une meilleure distribution des produits de la terre entre les peuples et les hommes.
Nous ne saurions prétendre ici à faire le tour des problèmes traités ou abordés. Mais deux d'entre eux semblent, avant tout, devoir retenir l'attention de qui-conque cherche à scruter ou préparer l'avenir. Ils touchent la politique de l'alimentation et la politique des échanges internationaux.
II. — S'inspirant des travaux de la S.D.N., parfois les précisant, la conférence a constaté une fois de plus l'existence, dans l'humanité actuelle, de vastes groupes en état de sous-nutrition permanente. Ce sont d'une part des peuples entiers, particulièrement en Asie ; de l'autre, parmi les nations de civilisation occidentale elles-mêmes, des groupes sociaux étendus. Plus nombreux encore sont, parmi nous, les groupes « vulnérables », victimes, trop fréquemment, de « mal- nutrition » : enfants, adolescents, femmes enceintes.
Le secours à porter aux peuples « sous-nourris » relève de la politique des échanges internationaux, dont il sera parlé dans un instant. Par contre, l'existence, à l'intérieur de chaque nation, de groupes en état de « sous-nutrition » ou de « malnutrition » pose le problème d'une politique nationale de l'alimentation. Cette politique peut se définir par diverses mesures ; mais elle suppose avant tout une organisation méthodique de la production et de la distribution des aliments ; par suite une adaptation de l'agriculture aux besoins réels des consommateurs plutôt qu'à leur pouvoir d'achat. Deux pays, qui sont entrés dans cette voie pendant la guerre, semblent décidés à y persévérer, après la victoire. Ce sont la Russie et — fait plus digne encore de remarque — la Grande- Bretagne. Or, il est presque superflu de faire observer qu'une pareille politique exige une large part de dirigisme dans l'économie et qu'elle sera probablement incompatible avec une liberté bien grande des échanges internationaux.
III. — Ainsi même le problème intérieur soulève déjà, au bout du compte, le problème international. Mais celui-ci a été directement abordé. Il a mis en lumière des oppositions d'une grande portée.

I— PROBLÈMES

En gros, le monde comprend trois catégories de pays ou régions :
a) Les pays industriels, qui ont un revenu national, par tête d'habitant, élevé, comme l'Angleterre et les pays de l'Europe occidentale ;
b) Les pays agricoles riches, à faible densité de population par rapport à leurs ressources naturelles. Leur revenu national par tête d'habitant est souvent aussi élevé et parfois plus élevé que celui des pays industriels. Nous citerons comme exemples l'Australie et la Nouvelle-Zélande: les États-Unis et le Canada entrent à la fois dans cette catégorie et dans la précédente ;
c) Les pays agricoles pauvres, à très forte densité de population par rapport à leurs ressources naturelles : Chine, Indes, Pologne, etc.
Les pays agricoles pauvres sont ceux dont le régime alimentaire est le plus déficient. Leur situation ne s'est améliorée que très lentement pendant la période du capitalisme libéral. La liberté ne leur a profité que dans une mesure très restreinte et il paraît certain aujourd'hui que la simple abolition de barrières douanières n'aurait que peu d'effet sur leur économie. Ils ont besoin d'une aide positive des pays industriels et des pays agricoles riches. Les premiers leur fourni- raient le capital dont ils ont besoin, d'abord pour améliorer leur technique agricole, surtout pour leur permettre de créer des industries légères (transformations de produits alimentaires, textile, etc.) qui réduirait le surplus de la population agricole. Les pays agricoles riches leur procureraient pendant la période de transition les denrées alimentaires nécessaires pour améliorer immédiatement leurs conditions d'existence. Enfin certains des pays industriels et les pays agricoles riches, qui ont le plus souvent une population très peu nombreuse, ouvriraient leur frontière à l'émigration en provenance des pays agricoles pauvres.
Les pays agricoles pauvres se sont donc présentés à la Conférence de Hot Springs comme des demandeurs. Mais si paradoxal que cela puisse paraître, ils n'étaient pas les-seuls dans cette position. Les pays agricoles riches figuraient eux-mêmes parmi les plaignants et il faut reconnaître que leur dossier est susceptible d'être plaidé. Leur principal grief contre les pays industriels est que le rapport d'échange entre marchandises industrielles et marchandises agricoles était avant la guerre défavorable aux pays agricoles, cette situation étant due essentiellement à la position de monopole des pays industriels. Les régions du monde qui, par suite d'avantages naturels ou d'accidents historiques, ont été en mesure d'accumuler les premiers le capital indispensable à la production industrielle moderne et de développer une industrie puissante, se sont trouvées par là jouir d'une position favorisée par rapport aux pays agricoles, ils ont été en mesure de dicter leurs propres termes pour la vente de leurs produits. Au contraire, les pays agricoles ont vu leurs marchés leur échapper dès qu'ils ont voulu élever le prix de leurs produits. L'agriculture exige un capital beaucoup plus faible que l'industrie, et les pays industriels sont presque toujours en mesure d'augmenter leur production agricole.
Les pays agricoles se plaignent, en outre, d'une élasticité insuffisante dans la demande des denrées alimentaires. Une faible augmentation de la production ou une faible réduction de la demande entraîne des baisses de prix catastrophiques. C'est ce qui se produit lorsque les récoltes sont bonnes ou lorsqu'une dépression même légère survient dans les pays industriels. C'est pourquoi en période de crise les prix agricoles baissent beaucoup plus rapidement que les prix industriels. D'où l'effort des pays agricoles pour obtenir l'assentiment des pays industriels à l'élévation des prix de leurs produits, d'où leur désir de créer des organismes internationaux qui veilleraient à maintenir les prix agricoles à un niveau élevé, d'où leur tendance en un mot, vers une économie de monopole qui formerait la contrepartie du monopole naturel dont jouissent les pays industriels, monopole naturel complété le plus souvent par le monopole artificiel dû aux ententes entre producteurs. Il fallait donc s'attendre à ce qu'à la Conférence de Hot Springs les producteurs agricoles tentent de se coaliser en vue d'obtenir de meilleurs termes d'échange pour leurs marchandises.
Aussi longtemps qu'il ne s'agit que des relations entre pays industriels et pays agricoles riches, le problème est d'une importance secondaire. Dans les deux séries de pays les populations ont déjà atteint un niveau de vie élevé, qui leur permet le plus souvent de jouir d'un régime alimentaire sensiblement supérieur au régime défini par les physiologistes comme le régime minimal. Mais il est clair que l'extension du système de monopole de l'industrie à l'agriculture aurait pour les pays agricoles pauvres des conséquences catastrophiques. Monopole signifie, en effet, restriction de la production et, par conséquent, disparition de tout espoir en une économie d'abondance qui permettrait d'améliorer les conditions d'existence de masses humaines les plus défavorisées. Le monde tendrait vers une économie statique ou à développement extrêmement lent, supportable pour les pays industriels et les pays agricoles riches, mais qui perpétuerait la situation misérable des pays agricoles pauvres. II est donc essentiel en examinant les résultats de la Conférence de Hot Springs, d'avoir toujours présent à l'esprit cette question : Est-ce que les solutions proposées tendent vers une économie de restriction ou vers une économie d'abondance ?

Il—LES RÉSOLUTIONS DE LA CONFÉRENCE

Les pays industriels, importateurs de denrées alimentaires, et les pays agricoles riches, exportateurs des mêmes denrées, se sont affrontés sur le problème des stocks régulateurs. Un accord unanime existait au sein de la conférence sur la nécessité de constituer pour les principaux produits agricoles des organismes chargés d'en régulariser le marché et les prix. Personne ne désire revenir à l'anarchie caractéristique de l'entre-deux-guerres. Mais le désaccord a surgi au moment où il s'est agi de déterminer les attributions de ces organismes. Les pays importateurs de produits agricoles ont accepté de leur donner les pouvoirs nécessaires pour empêcher les cours de s'effondrer à la suite d'une bonne récolte ou de s'élever verticalement en cas de mauvaise récolte, en un mot pour soustraire les cours aux influences des variations atmosphériques. C'est le principe même sur lequel fonctionne en France l'Office du Blé. Théoriquement, cet Office n'a pas pour tâche de porter les cours à un niveau supérieur à celui qui s'établirait par le libre jeu de l'offre et de la demande. Il a essentiellement pour objet de constituer des stocks au cours des bonnes années et de les garder jusqu'au moment où de mauvaises récoltes rendent la consommation supérieure à la production courante. Les stocks régulateurs ainsi-constitués ne porteraient en rien préjudice aux intérêts des pays consommateurs, puisque le niveau moyen des prix resterait inchangé. Ils augmenteraient la sécurité des pays producteurs en les mettant à l'abri des fluctuations violentes. Les pays importateurs ont également donné leur accord en ce qui concerne l'intervention éventuelle des stocks régulateurs au moment des crises. Il est tout à fait essentiel en effet lorsque, pour une raison ou pour une autre, une dépression économique s'amorce en un point quelconque du globe, d'en empêcher les effets de se propager. Si des organismes comme ceux envisagés ici sont en mesure de soutenir les cours des produits agricoles, pendant le temps nécessaire pour que les mesures prises contre la dépression produisent leur effet, le pouvoir d'achat des pays exportateurs de produits agricoles se trouvera maintenu, et la chute du niveau général des prix amortie.
Mais les pays exportateurs voulaient davantage. Ils voulaient que les organismes qui géreront les stocks régulateurs aient également le pouvoir de procéder à des achats en temps normal, lorsque les cours des produits agricoles apparaîtront trop bas par rapport à ceux des produits industriels. Quel devrait être le rapport entre prix industriels et prix agricoles, c'est ce que personne n'a été capable de définir. Mais il est apparu que les producteurs agricoles considèrent le rapport qui existait avant la guerre comme leur étant trop défavorable. En outre, l'expérience des années d'avant-guerre ayant montré que pour faire monter les prix des produits agricoles, il fallait en limiter la production, les représentants des pays agricoles exportateurs ont insisté pour que des pouvoirs soient donnés aux nouveaux organismes agricoles, leur permettant de fixer des contingents de production ou d'exportation pour les différents pays.
Un dilemme s'est donc trouvé posé, qui consiste essentiellement en ceci : l'organisation de la production mondiale représente incontestablement un régime économique supérieur à la liberté pure et simple lorsque la réglementation tend à une expansion de la production. S'il s'agissait simplement de choisir entre la liberté pure et simple d'une part, et, d'autre part, un plan de production mondial tendant à l'accroissement de la production, la préférence devrait être accordée au plan. Mais, à Hot Springs, le choix était entre la liberté, mitigée de mesures destinées à apporter un certain ordre sur les marchés, et un système d'organisation à tendance restrictionniste. Le choix dans ces conditions ne saurait faire de doute. Il importe en premier lieu d'écarter le danger d'un système de monopoles agricoles qui compromettrait pour de longues années une expansion économique mondiale.
Certes, toutes les résolutions proposées accordaient aux consommateurs une représentation dans les organismes chargés de gérer les stocks régulateurs. Les pays producteurs ne verraient probablement aucune objection à ce que cette représentation soit égale à la leur. Il nous est apparu cependant que la représentation des consommateurs serait absolument impuissante à empêcher les tendances restrictionnistes de triompher, et cela essentiellement pour la raison suivante : il n'y a à peu près aucun pays dans le monde qui n'ait en matière de restrictions à la production une attitude ambivalente, aucun pays qui n'ait à défendre à la fois les intérêts de ses consommateurs et les intérêts de ses producteurs. Tel pays, par exemple, qui est importateur de certaines catégories de produits alimentaires est exportateur d'autres catégories. Ou bien, s'il importe tous les produits alimentaires dont il a besoin, il exporte d'autres marchandises, des matières premières notamment, dont le régime sera très vraisemblablement le même que celui des produits alimentaires. C'est dire qu'à l'intérieur de chaque pays, il existe un conflit d'intérêts entre consommateurs et producteurs. Or, si l'expérience économique des vingt dernières années est positive sur un point quelconque, c'est sur celui de la suprématie politique des producteurs. Plus puissants, mieux organisés que les consommateurs, ils font presque toujours triompher leurs thèses. En un mot, il n'est nullement certain que les délégués des pays importateurs de denrées alimentaires dans les organismes chargés de la gestion des stocks régulateurs, défendent avec énergie le point de vue des consommateurs. Soumis eux-mêmes à l'influence de certaines catégories de producteurs, il est plus que vraisemblable qu'ils seront amenés à traiter avec les représentants des pays producteurs de denrées alimentaires. Ils accorderont à ceux-ci des majorations de prix pour les produits alimentaires, en échange de majorations de prix pour les produits dont eux-mêmes sont exportateurs.
Bien que la résolution finale concernant les stocks régulateurs comporte des phrases à sens multiples, dans l'ensemble le danger d'une organisation agricole mondiale à tendances restrictionnistes a été provisoirement écarté. C'est surtout grâce à l'action des Anglais que ce résultat a pu être obtenu.
Ce qui eût dû être l'objet essentiel de la Conférence, a savoir : « Comment donner aux pays agricoles pauvres le pouvoir d'achat dont ils ont besoin pour améliorer le régime alimentaire de leur population ? », cette question n'a été examinée que très superficiellement. La délégation française a proposé un plan comportant la modernisation de l'agriculture de ces pays, leur industrialisation, des migrations suffisantes pour réduire la pression démographique dans les régions les plus pauvres en ressources naturelles, des mesures pour mettre fin aux pratiques de monopole dans les pays industriels. Ces propositions ont été insérées dans les résolutions finales, mais à aucun moment discutées à fond. On peut peut-être dire qu'elles sortaient du cadre de la Conférence de Hot Springs, et qu'il appartiendra à d'autres assemblées internationales de les discuter. Il reste vrai qu'elles constituent l'essentiel du problème à l'ordre du jour de cette première conférence.

III—POSITION PRISE PAR LES DIFFÉRENTES PUISSANCES À HOT SPRINGS

Les pays qui ont défendu la thèse du contrôle de la production sont les pays exportateurs de denrées alimentaires et de matières premières, essentiellement les pays de l'Amérique Centrale et de l'Amérique du Sud, Cuba, les Dominions Britanniques, au premier rang desquels l'Australie. Ils l'ont fait cependant avec réserve, en se défendant de tendre à une économie de restrictions. Cela est en soi un signe favorable, montrant que dans le monde présent, caractérisé par des possibilités techniques infinies, le malthusianisme économique devient de plus en plus impopulaire. On pourrait presque dire que les pays exportateurs avaient mauvaise conscience. C'est cette gêne qui explique en partie le succès de leurs adversaires en empêchant les mesures de contrôle à la production de figurer d'une façon explicite dans les résolutions finales.
La Grande-Bretagne a mené le combat contre les tendances restrictionnistes. Confirmant des informations que nous avons pu obtenir d'autre part, l'attitude de la délégation britannique à Hot Springs montre que l'Angleterre redoute une coalition des pays producteurs de denrées alimentaires et de matières premières, qui aurait pour résultat de porter les prix de ces marchandises, relativement au prix des produits industriels, à un niveau très supérieur à celui qui prévalait avant la guerre. Le résultat serait que l'Angleterre aurait à donner, pour obtenir la même quantité d'importations, un volume beaucoup plus grand de marchandises nationales. Étant donné que les débouchés pour les marchandises britanniques après la guerre seront probablement limités, cela signifierait que l'Angleterre éprouverait de grosses difficultés à équilibrer sa balance des comptes.
Mais dans leur attaque contre les tendances restrictionnistes, les délégués britanniques se sont trouvés gênés par le fait que leurs Dominions se trouvaient dans le camp opposé. Il est intéressant de noter qu'au sein de la commission s'occupant des stocks régulateurs, les deux chefs des tendances adverses étaient, d'une part, l'Angleterre, d'autre part, l'Australie. On peut conclure provisoirement de la Conférence de Hot-Springs, en ce qui concerne l'Angleterre, que l'opposition entre ses intérêts et ceux de ses Dominions la gênera considérablement dès qu'il s'agira pour elle de définir une politique économique d'ensemble.
Les délégués américains étaient naturellement tentés de prendre la tête des pays exportateurs de produits alimentaires. La plupart de leurs interventions ont visé à soutenir les délégués de ces pays. Les raisons de cette attitude sont faciles à comprendre. En premier lieu, les États-Unis eux-mêmes sont un pays exportateur de denrées alimentaires. D'autre part, toute leur politique sud-américaine exige qu'ils prennent la défense économique des pays de l'Amérique du Sud.
Cependant, les Américains à Hot Springs ont presque constamment cédé devant les Anglais. Il semble qu'une entente au moins tacite a été conclue entre l'Angleterre et les États-Unis pour qu'un certain nombre de questions délicates, mettant enjeu l'avenir même des deux Empires, ne soient pas soulevées d'ici la fin de la guerre.

IV—POSITION ET PERSPECTIVES DE LA FRANCE

Quant à la position de la délégation française à la Conférence de Hot Springs, elle s'est trouvée définie par les intérêts évidents de la France. Au point de vue des problèmes discutés, la France est exactement dans la même situation que l'Angleterre. Certes, elle n'importe que des quantités limitées de produits alimentaires, mais elle est grosse importatrice de matières premières d'origine agricole, notamment de coton, auxquelles les résolutions de Hot Springs s'appliquent également. D'autre part, elle se procure à l'étranger la plus grande partie des matières premières d'origine extractive et du pétrole dont elle a besoin. Or, il est vraisemblable que les solutions qui l'emportent en matière internationale pour les denrées alimentaires s’appliqueront également à ces produits. En tout cas, ils constitueront un précédent. C’est pourquoi la délégation française s’est opposée aux projets d'organisation de la production, ces projets ayant une tendance restrictionniste. Mais il est clair qu'il ne s'agit là que d'une position provisoire Pas plus dans ce domaine que dans les autres la France ne doit prendre de position conservatrice II importe donc de rechercher dès maintenant les conditions d'une organisation internationale à tendance expansionniste et de saisir les occasions qui pourraient se présenter de faire triompher cette conception. Dans une telle œuvre la France serait susceptible de recueillir les suffrages d'une grande partie de l'opinion publique en Angleterre et aux États-Unis, pour ne pas parler des autres pays.
[1] Les Cahiers politiques. n° 4, novembre 1943, p. 20.

lunedì 18 gennaio 2010

19 gennaio: decennale morte di Craxi

Domani ricorre il decennale. Io sono cresciuto nel periodo della Milano da bere (bevevamo anche a Vicenza, clinto qualche volta quando Giorgio Gramola ce lo trovava), della piramide di Panseca (adesso mi accontento della Piramide Cestia, più durevole credo), della canotta bianca sotto la camicia sudata al congresso di Bari, della strafottenza di colui che all'inizio ebbe una buona visione, rendere il PSI un vero partito, fuori dai giochi DC-PCI. Solo che lo tradusse in un partito al servizio di Ghino di Tacco, col lascito storico di truffe, galere e Hammamet.

Per tutto questo credo sia giusto intitolare una strada a Craxi, qualcosa che ci faccia ricordare il percorso di quest'uomo tutto d'un pezzo e il suo rispetto per le istituzioni italiane. Propongo quindi:

Via Craxi dall'Italia!

Quarto libro 2010: Velocemente da nessuna parte - Grazia Verasani


Feltrinelli - Universale Economica


Presentazione dell'editore:

Giorgia Cantini ha un'agenzia investigativa a Bologna. È una quarantenne single, che ha solo avventure occasionali con gli uomini e un vero amico nel maturo vicino di casa, ex attore porno e gran cuoco. Ama bere molto e ascoltare musica rock. In genere si occupa di banali pedinamenti per coniugi o fidanzati gelosi, ma stavolta le è stato affidato un caso di sparizione. Dora vuole sapere cosa è accaduto all'amica Vanessa Liverani, Van per tutti: è una giovane prostituta, madre di un ragazzino di dieci anni, Willy, che conduce una vita solitaria ed è sparita senza lasciare traccia. Ma si ritrova presto il suo corpo senza vita nella Grotta delle Fate e Giorgia, per scoprire la verità su Van, si concentra sulle confessioni affidate da lei a un diario. Si addentra così nella realtà di una provincia corrotta e ipocrita, e si scontra con le dinamiche di una famiglia dal passato ingombrante. Nel continuo andirivieni tra una Bologna afosa e deserta e Sasso Marconi dove abita la famiglia di Van, Giorgia si confronta con la madre Lena, un'emiliana dai modi spicci, e con il nonno Rolando, ex partigiano che si prende cura del povero Willy. Resta sullo sfondo invece il padre di Van, su cui grava ancora l'ombra di un delitto passionale commesso anni prima. Giorgia è particolarmente brava a cogliere le sfumature emotive e a captare i segni della tragedia familiare, fatta di drammi antichi e oscure colpe, grazie alla sensibilità acuita in lei da due gravi perdite, quelle della sorella e della madre, e grazie alla sua capacità di immedesimazione. Riuscirà così a portare alla luce una atroce verità, frutto di vecchi dolori e violenze, la realtà di una vicenda dove si ripropongono sensi di colpa non rimarginabili e si ripete un tremendo destino.


Si legge in un attimo. Leggero, anche se i temi in sottofondo lo sono meno, consigliato per un week end di pioggia.

domenica 17 gennaio 2010

Sfogliando i giornali

Quanto ci è costato il flop del vaccino: 23 milioni di dosi inutilizzate e in scadenza. Ma per la Novartis che ha stipulato il contratto col Ministero della Salute l'incasso sarà pieno lo stesso: 184 milioni di euro. Ricordatevi quando poi vi parlano di crisi quelli al governo.

Andiamo a Treviso, terra dello sceriffo della Lega: Manolo e Goisuè Innocenti e il loro complice Devis Derlesi si sono dati al cinema: nel video girato dai tre, e di cui si vantavano al bar, si vede un disabile - tenuto priogioniero per giorni in un garage - costretto a correre fino allo stremo su una pedana, poi l' aguzzino lo spruzza con una bomboletta spray e un altro gli appicca fuoco con l'accendino; maglione e pantaloni prendono fuoco, il poveretto si contorce e grida e continua a correre mentre i tre torturatori assistono sgnignazzando. Chissà se dopo sono andati a farsi uno spriz al bar....

Quel bar dove non andava, nemmeno per un cappuccino-cornetto quella donna che viveva in una grotta di tufo con una figlia di 10 anni di età (a Frascati ... ma non sotto le fraschette...)

Scendiamo al sud, Puglia, e leggiamo assieme: Mazzette versate ai dirigenti della Asl negli ascensori, il 5% del valore di ogni appalto. Le prostitute pagate per rendere migliori i rapporti professionali. E soprattutto l'attività di lobby per mettere in contatto i suoi amici manager della sanità col mondo della politica. Parliamo di Lady Asl, Lea Cosentino, e l'oramai famoso Tarantini (il Giampi, amico del Cavaliere).

Mi consolo con Carlo Galli: "... In entrambi i casi, la politica non sa produrre diritto. E ciò significa che ciò che manca oggi in Italia è lo Stato, la funzione moderna della statualità ..."

tratto dalla Repubblica di sabato 16 gennaio

Terzo libro 2010: La poudre des rois de Thierry Maugenest


LA POUDRE DES ROIS Une Enquête Au XIIIe Siècle

Gallimard

Folio Policier


Primo libro che leggo di Thierry Maugenest e ne vale la pena. Si gioca sul filo del giallo, con un sottofondo moresco-cattolico nella Siviglia del 1200, riflessioni interessanti sulla medicina e il rapporto alla religione (e alla dimensione di genere). Fa venire voglia di conoscere meglio l'autore per cui l'impegno è di ritrovarsi dopo aver letto Venise.net, scritto nel 2003.


Estratto

30 août 1265– Ils sont revenus ! Ils sont revenus pour se venger ! Ils sont là, tous les deux !Ils sont revenus pour prendre ma vie…L’homme qui parle est seul. Son cheval, à qui il commande sans cesse deforcer l’allure, galope sur les versants des collines de l’Aljarafe. Plus au nord,des lourdeurs d’orage pèsent sur les hauteurs de la Sierra de Aracena. Cela faitplus d’une heure que l’homme a quitté Séville. De temps à autre il se retourne,referme la main sur la poignée d’une épée à lame recourbée, la dégage de sonfourreau et l’agite dans le vide autour de lui, comme pour tenir à bonne distancedes combattants invisibles.– Ils sont revenus ! Ils sont revenus pour se venger ! Après quinze années, ilssont revenus pour me tuer…Mais peu à peu ses forces déclinent. Il a de la fièvre. Il grelotte sous le lourdsoleil d’août. Sa voix se fait maintenant plus faible, ses phrases, qu’il balbutie àpeine, sont coupées de profondes respirations, des râles plutôt, qui setransforment parfois en une quinte de toux grasse :– Ils sont là… tous les deux… Ils sont revenus d’entre les morts…L’homme referme sa longue cape noire autour de lui pour tenter de conserver lachaleur de son corps. Mais en vain. Sa bouche se met à trembler et ses dentss’entrechoquent de plus en plus fort.Par-delà la houle argentée des oliveraies, le cavalier distingue, au sommetd’une colline, une petite tache mouvante lui rappelant l’écume qui dentelleparfois la crête des vagues. Le soleil qui sature les lointains ne lui permet pasde voir de quoi il s’agit. Le trop-plein de lumière le fait grimacer, la peau de sonvisage se ride autour de ses yeux en de profonds sillons et, peu à peu, àmesure qu’il se rapproche, il commence à distinguer des couleurs, du blanc, dubrun, qui prennent confusément la forme de murailles crénelées en pisé, demaisons blanchies à la chaux, de clochers et de minarets en pierres de tailleocre. « Ce doit être le village de Sanlúcar la Mayor, se dit-il. Je demanderaiqu’on donne à boire à mon cheval… puis je continuerai ma route… loin… trèsloin de Séville. »Est-ce l’effet du soleil s’il voit les contours du village onduler légèrement avantde s’évaporer en de ténus fils noirs ? Non, l’homme est bien trop près despremières habitations pour qu’elles tremblent ainsi dans un mirage de chaleur.Ce sont bien les vertiges de la fièvre qui sont la cause de ses visions. Cettefièvre survenue soudainement il y a quelques heures à peine. Cette mêmefièvre qui va sans doute l’emporter avant que le soleil ne se couche.

sabato 16 gennaio 2010

biorangette au chocolat - ricetta Xuor




buccette di arance biologiche al cioccolato

ci vogliono arance con la buccia grossa. Metterle dentro acqua fredda per tre giorni, cambiando l'acqua ogni giorno. Fare uno sciroppo (tempepatura 110 gradi); mettere le bucce dentro lo sciroppo e far cuocere 30 minuti.

Toglierle e tagliarle a listarelle di 4-5 mm.

Metterle su una griglia e fare una "ganache" di cioccolato e ricoprirle.

Chi non sapesse cos'è una "ganache", ve lo dico subito: far sciogliere un cioccolato fondente nero nero (consiglio: Lindt argentato) con un po d'acqua. Quando è sciolto aggiungere un po' di panna fresca liquida. Mescolare bene e la ganache è pronta.

Vedere foto per il risultato.

LETTERA ALLA MAESTRA:

Cara maestra, ste vacanse mi hano desfato: fisicamente e pissicologicamente. Il papà ha deto che in casa la crisi è come la Belen Rodrighess: palpabile. Quindi gnente regali costosi.

La matina di Natale mi sono alsato tuto ecitato come Emilio Fede il 14 aprile 2008, rivo basso di corsa e apro il regalo: no catto mica un libro? Un libro!

Provi imaginarsi ... a un putello di 8 ani, bombardato da Nintendo, Ui, Gormiti, Bacugan, Lego, gagget di Dragobol, Plei Stession, ecc. . regalarghe un libro par Natale è come offrire a Bossi il federalismo solo par el Molise: na sconfita!

E spetti, parchè il belo non è gnancora rivato. Sa che libro che era? " Fiat Ritmo: manuale d'uso". La tentassione di pensare che Babo Natale no esiste e che il papà ha inscartossato uno dei due libri che abiamo in casa è forte. Ognimodo, sicome la tavola della cucina scorla che è una meraviglia e ogni giorno spando la minestra sulla tovaglia a causa dell'efeto tsunami che il brodo fa con gli scorloni della tavola (e aggiungo che mi becco unoscopelotto di soravia che ariva puntuale come el canone Rai), ho usato i due centimetri del libro come spessore per la gamba.

E' proprio vero che un libro serve sempre! Ma fin qua le ho racontato del dano morale. Manca ancora quelo fisico. Ieri, pena rivato in classe, il mio compagno Rafaele Gobi, che è un bullo che ha anca i video su iutùb, mi ha deto: "Dami subito tuti i giocatoliche ti ha portato Babo Natale!".

Quando che li ho presentato il manuale d'uso dela Ritmo mi ha deto che lui no lo prendo per il cesto e mi ha tirato un pugnasso verticale sulla testa, come Bad Spenser.

Insoma, oltre al dano, la befa.E oltre la befa , la beffana! Si, parchè anca lei non mi ha portato gnente!
Mi ha lasciato una letera sul bufeto co scrito: "Sei stato un putello cativo e meritavi il carbone.
Ma essendo una risorsa esauribile nel'arco di 200 ani e considerando che i cancari dei russi stanno già talliando le forniture di gas, è mellio sparagnare.
Sto ano dunque non ti porto gnente: continua a ciuciare lementine dell'ano scorso.
Cordiali saluti, la Beffana".

Insoma mi sa che a Natale non mi illuderò più.
L'ano scorso mi hano regalato paleta e secchielo al 25 di dicembre con tanto di leterina:"Volevi un palmare, ma pal-mare va ben anca questi!
"Saluti maestra!.

Marcel Mazoyer ad Anguillara




gita scolastica con pranzo (fettuccine fatte in casa ...). Occasione per riparlare della crisi agricola mondiale ... chi avesse voglia troverà un link a un video (manca il pezzo finale) di domande risposte che val la pena riguardare periodicamente.

venerdì 15 gennaio 2010

Presentazione video "Un viaggio verso gli altri"


Questa mattina é stato presentato il video presso la Comunitá Giacomo Cusmano di Anguillara alla presenza degli autori.


Appalusi scroscianti dal pubblico - non pagante :-)) - e commenti molto incoraggianti da tutti, specialmente Suor Francisca, Massimo e dai ragazzi stessi.


Prossime presentazioni verranno decise dai responsabili della Cusmano e li annunceremo su questo blog.


un caro saluto a tutti da Paolo e Massimiliano

Caponata alla Xuor

Si tratta di una caponata al forno.
Ingredienti per 4 persone:
2 peperoni
1 grossa melanzana
3 zucchine
2 cipolle bianche
5 pomodori ciliegia
Olive, capperi q.b.
Aceto di vino, olio di oliva, sale e pepe e ZUCCHERO.
Tagliare la verdura (peperoni, melanzane, zucchine e cipolla, NO pomodoro) a cubetti (pezzettini) di 2 cm. Quando è tutta tagliata regolarmente metterla dentro un’insalatiera e aggiungere un cucchiaio di zucchero, 3 di aceto e 4 di olio di oliva + sale e pepe.
Mescolare il tutto e mettere dentro una pirofila ( tagliare a metà i pomodori ed appoggiarli sopra le altre verdure prima di infornare) al forno (pre-riscaldato) a 180 gradi per 40 minuti.

Non dimenticare, durante la cottura, di rimuovere la verdura nella pirofila.

Quando è cotta aggiungere capperi e olive verdi snocciolate. Consumare caldo o freddo.

Non aggiungere olio nella pirofila!

Haiti: pensare una ricostruzione diversa

Dichiarazione riportata dall' edizione delle 7 di questa mattina di France 2: il grosso problema della ricostruzione ad Haiti è legato al problema delle terre (foncier). Nessuno sa di chi siano le terre per cui quando si dovrà ricostruire sarà ancora più complicato. Problema storico, che nessun governo ha mai voluto affrontare ad Haiti, per mancanza di coragggio o di voti o di tutti e due. Adesso che è venuto giù il mondo, e sapendo che bene o male bisognerà ricostruire, forse si potrebbe avere un po' di coraggio ed affrontare il toro per le corna ; l' idea sarebbe trasformare una tragedia nell'inizio di qualcos' altro.... Per esperienza so che le ricostruzioni cominciano ad essere pensate subito, per cui preferisco dirlo fin da oggi: la vera sfida, nuova, che potrebbe fare la differenza ad Haiti, come ho già avuto modo di dire in altre opportunità, è quella delle terre (foncier). Cosa si può fare? La stragrande maggioranza delle terre è concentrata in pochissime mani; una manciata di famiglie controllano tutto e non vogliono che si chiariscano i diritti in maniera chiara perchè nel flou attuale è più facile il controllo. Prendere spunto dal disatro del terremoto a Port-au-Prince per una iniziativa di riforma fondiaria e di rafforzo delle istituzioni responsabili, alla luce di un nuovo patto socio-territoriale, ecco un cammino possibile.

Sicurezza alimentare nei Paesi in via di sviluppo


La questione della sicurezza alimentare è riemersa di recente nelle cronache a seguito degli ultimi forti aumenti nei prezzi dei beni alimentari, di cui ci si chiede quali saranno le conseguenze di breve e lungo termine soprattutto nei contesti più vulnerabili, come quelli delle società ed economie dei paesi in via di sviluppo. Tuttavia negli studi tale questione è affrontata da molto tempo secondo le diverse prospettive che prevalgono in una data congiuntura storica, in un certo ambito disciplinare o nelle specifiche condizioni delle varie aree del mondo. Il problema della ”insicurezza alimentare” viene visto non solo come una transitoria produzione inadeguata di cibo, ma come una cronica iniquità nei diritti di accesso alle risorse e nei meccanismi della loro distribuzione, rimandando a questioni più ampie inerenti ai rapporti di potere sia locali che nazionali e internazionali. Su questo quadro negli ultimi decenni hanno agito diverse forme di intervento da parte di governi e organizzazioni internazionali rispondenti ai diversi “paradigmi dello sviluppo” prevalenti in ciascun momento.
Questo volume prende in esame alcune delle questioni che appiano particolarmente rilevanti nell’attuale contesto: dalle cause e conseguenze dell’aumento dei prezzi del cibo, alla struttura del sistema agroalimentare mondiale, alla rilevanza dei problemi fondiari e di sviluppo rurale, agli interventi messi in moto dalle nuove “tecnologie” di produzione alimentare e di reddito come le iniziative collegate alla produzione di agrocombustibili. I saggi presentati provengono da una molteplicità di ambiti disciplinari, sociali e politici. Il volume è curato da Corrado Tornimbeni, del Centro Dipartimentale di Studi Storici e Politici su Africa e Medio Oriente – Università di Bologna.

Shock dei prezzi e nuova geografia dell'agroalimentare mondiale
Roberto Fanfani, Nica Claudia Calò e Irene Monasterolo
Espansione dei biocarburanti: sfide, rischi e opportunità per le popolazioni povere delle aree rurali. Come i poveri possono beneficiare da questa opportunità che sta emergendo
Vineet Raswant, Nancy Hart, Monica Romano
Efficienza e contestazione socio-ambientale sulla via dell'etanolo brasiliano
Ricardo Abramovay
Bio-energie in Africa australe: impatti, sfide e opportunità
Annie Sugrue
Sicurezza alimentare e sicurezza fondiaria: spunti di riflessione per uno sviluppo rurale sostenibile in Africa
Paolo Groppo, Carolina Cenerini, Lucia Palombi
Verso la sovranità alimentare
Michel Pimbert
Sovranità alimentare e lotta contro la fame: UNORCA - La Via Campesina in Messico
Ernesto Ladròn de Guevara Alafita
Terre di donne, terre di uomini: la tradizione alimenta il futuro?
Gabriella Rossetti
La Politica Agricola Comune europea e la sicurezza alimentare globale
Alan Matthews
Sfruttamento sostenibile delle risorse ittiche nelle acque dei Paesi in via di sviluppo. L'apporto degli accordi di partenariato della Comunità europea nel settore della pesca
Cristiana Fioravanti
Il diritto al cibo. Accumulazione di crisi
Mario Miegge

Receta Xuor: Gratin rosado de Papas Chilota

Ricetta elaborata da Xuor con varietà di patate native dell'isola di Chiloè - Marzo 2009

Variedad GUADACHO COLORADO
Receta: Gratin rosado de Papas Chilota
1. Quita la piel frotando con las manos (no es necesario pelarlas con el cuchillo puesto que son papas "nuevas" y la piel se cae fácilmente) y pásalas bajo el agua;
2. Pela un diente de ajo y córtalo por la mitad. Restriegalo por el fondo de la fuente que vayas a utilizar, y si no te desagrada, déjalo en el fondo.
3. Trocea las papas a rodajas de +/- 2 mm de espesor y échales sal, pimienta (habría que probar también con nuez moscada)
4.- A parte, prepara una salsa con nata de leche (preferiblemente fresca) batida con una pizca de sal, pimienta negra y un trozo de queso tipo "chanco" (GOUDA) mantecoso (encontrado alJumbo) y un poco de leche.
5.- Junta las papas con la salsa. Cubre la fuente con una hoja de aluminio y hornea a 180 grados +/- durante unos 40 minutos.
6.- Cuando las papas estén listas, quita la hoja de aluminio y dejas gratinar algunos minutos.
7.- Voilà un gratín delicioso...Se sirve caliente.

giovedì 14 gennaio 2010

Lettura suggerita da Xuor : Christian Signol : Pourquoi le ciel est bleu


Le Mot de l'éditeur : Pourquoi le ciel est bleu

"Julien Signol, mon grand-père paternel, ne sut jamais lire ni écrire, et moi, son petit-fils, je suis devenu écrivain. Grâce à lui bien sûr, grâce à mes parents, à leur travail, leur courage, à tout ce qu’ils m’ont légué.Et pourtant, il a fallu plus de quarante ans à Julien pour oser poser à son fils la question à laquelle sa mère avait répondu par une gifle cruelle quand il avait sept ans : “Pourquoi le ciel est bleu ?”. Il en était resté meurtri, comprenant vaguement que l’enfant d’une domestique, veuve de surcroît, n’avait pas le droit de lever la tête vers le ciel. Cette scène ne s’est pas déroulée au XVIIIe siècle, mais à l’orée du XXe…Les hommes souffrent, luttent, pour que leurs enfants vivent mieux qu’eux. Julien en est un humble exemple : en échappant à un destin écrit d’avance, il a réussi à conquérir sa dignité, à offrir à ses fils tout ce qui lui avait manqué. N’est-ce pas encore aujourd’hui, malgré les différences de modes de vie, le but de tous les hommes et de toutes les femmes dans un combat qui demeure et demeurera toujours le même ?" Christian Signol

Le Mot de Xuor

Comme beaucoup de citadins français leurs origines sont liées à la terre, la mienne aussi. Les mots écrits dans ce livre je les ais déjà entendus : la difficulté, le travail, l’effort pour assumer les taches du quotidien, l’eau, boire, se laver, nettoyer les maisons, les étables, abreuver les animaux, tout cela demandait un effort physique de tous les instants. Ma maman me l’as raconté, à huit ans elle devait tirer de l’eau pour abreuver un troupeau de dix vaches, cela lui prenait deux heures tous les jours. Ces sueurs, cette précarité, cette peur de manquer, de la maladie, la faiblesse de ces peuples qui ne pouvaient être maître de leur destin. Mon père, fils de métayer dut partir lui aussi très loin pour fouir cette vie fragile.

Sans être les mêmes histoires, les origines des mouvements et des choix de tous ces paysans étaient avant tout pour que leurs petits puissent avoir une vie meilleure. Pussions nous dans ce monde de chaos, globalisé, avoir la force et la ténacité de tous ces hommes et femmes d’antan pour nous aussi élever nos enfants.

Signol avec son écriture limpide et douce nous ramène à l’obligation de mémoire et de respect pour là d’où nous venons : la terre et les générations qui l’ont travaillé.

martedì 12 gennaio 2010

Letture consigliate: Erano solo ragazzi in cammino

Letture consigliate: Erano solo ragazzi in cammino
di Dave Eggers, Mondadori-Strade blu

Traduzione italiana di What Is the What, pubblicato nel 2006 in versione originale, arriva nella mia biblioteca grazie a Jeff H. che voleva cosi ricordarmi il lavoro svolto (fin’ora?) in Sudan.

Dalla seconda di copertina: “In questo sconvolgente romanzo, Eggers racconta la storia della guerra civile in Sudan attraverso gli occhi di Valentino Achak Deng, un giovanissimo profugo che ora vive negli Stati Uniti. Seguiamo così la sua storia mentre, ancora bambino, si trova costretto a fuggire dal suo villaggio, dopo l'ennesima strage, e si incammina insieme a migliaia di altri orfani alla volta dell'Etiopia, dove per un po' sarà al sicuro. Le traversie di Valentino, che sono davvero di sapore biblico, lo portano in contatto con soldati governativi, miliziani allo stato brado, ribelli, mine antiuomo, iene, leoni, malattie, fame, sete e privazioni di ogni sorta - ma anche con una serie di storie tanto struggenti quanto inattese. Alla fine Valentino arriverà in salvo in Kenia e da lì giungerà negli Usa, luogo da cui racconta la sua vicenda. In queste pagine scritte con grandissima partecipazione umana e con sorprendente humour, vengono messi in luce la natura atrocemente stupida e genocida dei conflitti in Sudan, l'esperienza sofferta e precaria dei profughi, i sogni infranti del popolo Dinka e la terribile sfida che una persona deve affrontare quando tutto il mondo intorno a lui va letteralmente in pezzi. La limpida prosa di Eggers da a Valentino una voce unica, affascinante e sobria capace di rendere il suo racconto ora straziante, ora divertente, ora inquietante, ora poetico. Il risultato è una narrazione terribile della tragedia sudanese, ma anche un'emblematica saga della modernità”.
Estratto: “Un giorno stavamo portando un ragazzino morto dall’ospedale al cimitero quando scorgemmo una iena che lottava furiosamente con qualcosa nel terreno. Era come se stesse cercando di estrarre uno scoiattolo dalla sua tana, e io le tirai una pietra per farla smettere. Dato che la bestia non se ne andava, altri due di noi le corsero incontro con delle pietre e dei bastoni, urlando. Alla fine riuscirono a cacciarla via e fu a quel punto che vidi che quello a cui la iena si era così avidamente attaccata altro non era che il gomito di un uomo.”

Commento personale: un libro assolutamente da leggere e da consigliare agli altri, come ho già fatto e continuo a fare. Grazie Jeff.

domenica 10 gennaio 2010

A apropriação de terras: reflexões de outono

Paolo Groppo, SOLO (Solutions Oriented Land Officer) [1] 16-17 de novembro de 2009.

Ao apenas ouvir a palavra “apropriação”, o comissário Charitos[2] teria corrido para folhar seu inseparável dicionário. Teria descoberto que este termo (do inglês “grabbing”) significa: “a compra de matérias primas, produtos semi-elaborados e acabados não disponíveis no mercado, com a finalidade de vendê-los a preços maiores. Normalmente, um operador trata o maior número de produtos em um arco temporal restrito, para que poucos possam dar-se conta do que está ocorrendo. Trata-se de um comportamento considerado crime em tempos de guerra ou grave crise econômica. Diferencia-se da compra em massa já que esta está relacionada a produtos que se podem, facilmente, encontrar no mercado.” (Wikipedia)

Estamos então no limite da armadilha. Ademais, quando se agrega a palavra apropriação indevida a questão da terra, bem por definição imóvel, com um mercado desde sempre muito limitado, e em um período como o atual, de forte crise econômica, é lícito pensar que o limite do aceitável já tenha sido ultrapassado.

Escrevo estas reflexões durante a manifestação da sociedade civil em frente ao prédio da FAO, contra o land grabbing (apropriação indevida de terras), enquanto em meu correio eletrônico chega à última notícia da ONG GRAIN em relação a uma estratégica cada vez mais agressiva na compra de terras no Brasil, por parte de fundos especulativos[3].

Já é pacífico para muitos que de dois anos para cá este fenômeno está se acelerando, obrigando a todos os observadores a aumentarem o nível de alerta[4]. Talvez, entretanto, não se tenha feito uma análise ampla das componentes do fenômeno que chamamos apropriação, seja para auxiliar na preparação de uma estratégia mais completa para a sua contenção, seja para possíveis respostas propositivas e não apenas reativas.

Pode-se dizer, me parece, que são ao menos três as componentes que merecem maior atenção: a) a especulação financeira (que a GRAIN busca monitorar já há tempo), b) a questão subjacente de porque sobretudo os países asiáticos (e um em particular) estão em uma crescente busca de terras no estrangeiro, c) o conhecimento da situação de base – o baseline que tanto agrada aos nossos economistas – que nos permita ter uma idéia do que está acontecendo.

Comecemos com a especulação financeira: segundo a GRAIN, um quarto dos 120 principais investidores corporativos globais (fundos de pensões, hedge funds, private equity, etc.) têm já um “pé” na aquisição de terras no Brasil. De outros casos extraordinários já se falou nos jornais, emblemático aquele referente a Madagascar. Ninguém dispõe de números exatos, por isso o monitoramento iniciado pela GRAIN é, sem dúvidas, bem-vindo, ainda que seja um presságio dos debates destinados a prolongar-se no tempo, dada a poucainexistente transparência (e informadores) inicial. Logo, o que se quer recordar aqui é o efeito que esta especulação teve com relação às populações mais pobres. Não há dúvidas que quando se fala dos especuladores que conduziram a crise econômica mundial ou daqueles que especulam sobre a terra, estamos falando das “duas faces da mesma moeda”. E uma “moeda” que até o momento custou mais de 100 milhões adicionais de pessoas sofrendo a fome, fazendo ultrapassar a cifra simbolicamente terrível do bilhão de pessoas[5].

Todavia, não se tem notícias que estes 100 milhões a mais de pessoas passando fome tenham provocado manifestações em Nova Iorque, Londres, Berlin ou Paris. Nem em Pequim ou outros lugares. Dito em outras palavras, o grande capital do norte não está preocupado com estes fatores periféricos que, de fato, não incidem sobre as dinâmicas do mundo “desenvolvido”. O controle da informação e de uma sociedade civil acostumada às crises e desastres que todos os dias vemos nos jornais e na televisão, de fato, não permitiram nenhuma mudança de estratégia com relação a anúncios similares feitos no passado.

A realidade é que estamos desarmados frente ao papel preponderante da economia e da especulação financeira e não sabemos como nos posicionar (o que isso quer dizer?”incertos sobre que medidas adotar”). Pessoalmente eu pensaria que, vendo o efeito nefasto deste fenômeno, teríamos um argumento “de ouro” para pedir a saída da agricultura da OMC. Por anos, este foi um “cavalo de batalha” dos movimentos sociais, mas não me lembro de ter lido nada sobre as conseqüências do land grabbing.Creio que enquanto se aceitar que a agricultura seja tratada como qualquer outro mercantilismo, de fato não haverá armas legais ou políticas para afrontar a questão da especulação financeira sobre as terra. O raciocínio é simples: tratar a agricultura como qualquer outra mercadoria significa aceitar a inevitabilidade dos fenômenos especulativos que ocorrem quotidianamente sobre qualquer outro “asset” econômico. O custo disso foi de mais de 100 milhões de pessoas famintas em pouco mais de um ano e nada leva a crer que no próximo ano as coisas serão melhores. Logo, usemos este momento para pedir a saída da OMC, não porque a agricultura não tenha um componente comercial, mas simplesmente porque a agricultura é algo diverso, além disto: a agricultura é cultura, identidade e história.
O segundo aspecto é relativo à questão da disponibilidade das terras agrícolas para produzir quantidades crescentes de comida para uma população que não apenas aumenta, mas também muda o tipo de alimentação, indo em direção ao maior consumo de proteína animal que, naturalmente, necessitam de maiores quantidades de superfície para serem produzidas. Desde 2002 a FAO disponibilizou um estudo[6] que evidencia como, no caso dos países asiáticos em geral, não existem mais novas terras de boa qualidade (categorias Suitable e Very Suitable) para agricultura moderna, mecanizada. Os limites da fronteira agrícola foram atingidos. Para este tipo de agricultura já não há futuro na Ásia. Existem, sim, outras terras, mas de valor econômico muito mais baixo, onde resistem há séculos diversas formas de agricultura familiar capazes de se adaptar, de adequar o seu material genético, de diversificar as produções e manter um mínimo de equilíbrio com a natureza.

Mas também nestas áreas, décadas de péssimas políticas (para não dizer ausência de políticas) fizeram com que a terra acabasse mais árida e levaram à dificuldade crescente quanto a possibilidade não apenas de aumentar a produtividade, mas também de ao menos manter os níveis produtivos atuais. A nível macro vemos estes fenômenos no norte de Pequim, onde a desertificação avança e não é raro hoje em dia que soprem ventos similares ao sirocco do Sahara, que de quando em vez leva toneladas de areia à Itália[7].

Agreguemos, ainda, as crescentes urbanizações, a especulação fundiária que leva a que se destinem boas terras agrícolas a fins urbanísticos ou recreativos (campos de golf), para uma minoria cujo poder aquisitivo aumenta em função do empobrecimento do resto da população.
Portanto, não existem terras novas, a menos que se queria destruir as poucas florestas que restam ou, como refere a mais recente publicação da FAO, se realizem grandes investimentos para recuperar as terras degradadas[8].

Quem sabe sobre este ponto, mais técnico, algo a mais se poderia requerer aos governos e agências internacionais: o caráter técnico destes temas não permite a utilização de justificativas do tipo político. As técnicas de luta contra a degradação são conhecidas, como é conhecida a necessidade de associar os camponeses a estas lutas, e logo pensar em modelos de desenvolvimento não novos, mas antigos como o mundo, baseados na agricultura familiar, que melhor conhece o próprio território, espécies cultivadas, etc. Isto, aos poucos poderia se traduzir em um patrimônio comum sobre o qual criar um consenso. Em curto prazo, também isso poderia fazer parte de uma estratégia não apenas técnica, mas que associe os atores mais diretamente interessados.

Imaginemos: conseguimos conter a especulação financeira e também a degradação; novas políticas agrícolas começam a dar mais espaço à agricultura familiar e os seus conhecimentos históricos sobre sistemas agrários começam a fazer parte do patrimônio operativo de quem opera sobre o tema como governos, agências internacionais e ONGs. Com isso pensamos de ter avançado em direção a um mundo melhor? Eu diria que não, pois o ponto de partida sobre o qual medimos há décadas o fenômeno, antes e depois da descolonização, se refere a uma apropriação feita primeiro em nome das potências colonizadoras, e mais tarde mantida pelos novos governos surgidos das lutas de libertação.

Sejam países latino-americanos, africanos ou asiáticos, de governos ditos de “esquerda” ou de “direita”, sempre encontramos um ponto em comum: a indiferença, se não o desprezo, em relação aos direitos históricos das comunidades locais, dos indígenas e do papel histórico da agricultura familiar como motor do desenvolvimento. Partiu-se de modelos que negavam a existência destes direitos históricos, porque se tratavam de sistemas “tradicionais”, logo obsoletos, que deveriam ser contrapostos a uma agricultura moderna. Os resultados estão aos olhos de todos: não existe um só país que possa se gabar da superioridade da agricultura moderna (as plantations) em relação aos resultados da agricultura familiar. E onde os direitos à terra das comunidades locais não foram (voluntariamente) reconhecidos, gradualmente está nascendo uma crise de proporções muito maiores, que poderá passar anos em fase embrionária, mas cujos efeitos poderão ser devastadores[9].

Há poucos países que possuem legislação que reconheça os direitos territoriais das comunidades locais ou das populações indígenas. Menos ainda são os países onde estas legislações são realmente operativas.

Em um contexto atual de perda da biodiversidade causada pela exploração descontrolada e selvagem das florestas e de outros recursos naturais, e de redução da diversidade genética, proteger a transmissão dos conhecimentos tradicionais camponeses e indígenas deveria ser um elemento chave.

Ao contrário, o que assistimos é uma ocupação das terras boas, mediante manobras, por parte de uma elite que atualmente mistura os contatos políticos com os econômicos. O fato que a apropriação tenha provavelmente o “passaporte nacional”, não torna mais feliz as populações locais, ao contrário, reduz ainda mais as suas possibilidades de se rebelar.

Isto para se dizer que se deveria ir à raiz do fenômeno, e a questão do reconhecimento destes direitos, sejam de comunidades locais sejam de populações indígenas entre outros, deveria ser a linha mestra, dentro de um pacote de pedidos que incluísse os pontos referidos acima.
A pergunta implícita que se coloca ao final é óbvia: mas há espaço para se fazer algo diverso? E com quem se aliar? Para sermos honestos, é evidente que a relação de força não caminha na direção correta. Os governos realmente interessados a tratar destes temas são poucos. A ausência de todos os chefes de estado do G8 na recente cimeira da FAO demonstra claramente o quanto o tema é prioritário nas agendas nacionais. Restam os movimentos sociais, ao menos uma parte da sociedade civil, se souberem se articular de maneira mais definida e fluída. Parece-me necessário, ainda, um esforço para vencer reticências e preconceitos. Se penso em um processo ou iniciativa de desenvolvimento sem uma relação de colaboração entre as agências da ONU, ONG/OSCs, atores e território, me vem em mente um coro desafinado, um coro ao qual faltam vozes importantes. Todavia, diferentemente, do coro de verdade, neste caso o diretor da orquestra não é apenas UM, mas TODOS os coristas, que escolhem o repertório a ser seguido e a interpretação a ser dada. Este guia conjunto, este melhor concertamento, poderia aumentar a força propulsora e forçar mudanças (frente a quem hoje detém grande parte do poder econômico, mediático e político), o que de outra forma não passaria de sonhos.

Além disto, não é que existam muitas alternativas: a apropriação de terras e a contínua concentração destas nas mesmas e poucas mãos – como está acontecendo em muitos, demais países, somente poderá forçar a migração de camponeses e mais camponeses, cujo êxodo não ficará apenas nas cidades e favelas do sul do mundo, mas também mais ao norte. Até que não se compreenda que a nossa crise no norte está estritamente ligada aquela do sul, e que não existirá resposta aos nossos problemas sem um esforço paralelo e maior no sul, permaneceremos aqui a lançar palavras ao vento.

Mas vale a pena tentar, será que não somos demasiado poucos? Talvez. Mas quero acreditar que não e por isso escrevo estas páginas, para mandar esta mensagem em uma garrafa, para que ela se espalhe até onde alguém escutará, responderá e se unirá a luta.


[1] Um obrigado de coração aos que leram e comentaram este texto: Alberto, Carolina, Charlotte, Christiane, Claudio, Francesca, Lawrence, Leonardo, Luigi, Marco, Margret, Maria, Mario, Mathilde, Silvana e um agradecimento especial para Marianna quem fiz a tradução desse texto.,
[2] Kostas Charitos é o personagem inventado por Petros Markaris, grande escritor grego de novelas policiais, publicado por Bompiani
[3] http://www.grain.org/o/?id=87
[4] Segundo dados da FAO-FIDA-IIED este fenômeno de apropriação refere-se a ao menos 20 milhões de hectares (it.reuters.com/article/topNews/idITMIE5AG0H820091117)
[5] ftp://ftp.fao.org/docrep/fao/012/i1023i/i1023i00.pdf
[6] FAO: Global Agro-ecological Assessment for Agriculture in the 21st Century: Methodology and Results (http://www.iiasa.ac.at/Research/LUC/SAEZ/pdf/gaez2002.pdf)
[7] O jornal italiano La Repubblica, de 19 de abril de 2006, apresenta um artigo com o título: Sobre Pequim se abate o apocalipse de areia. O texto refere que “Apenas na noite entre segunda e terça-feira se descarregaram 300 mil toneladas de areia sobre a capital”.
[8] FAO Expert Meeting on How to Feed the World in 2050 – Jelle Bruinsma: BY HOW MUCH DO LAND, WATER AND CROP YIELDS NEED TO INCREASE BY 2050? “Also much of the land not yet in use suffers from constraints (chemical, physical, endemic diseases, lack of infrastructure, etc.) which cannot easily be overcome (or it is economically not viable to do so)” http://www.fao.org/fileadmin/templates/wsfs/docs/expert_paper/05-Bruinsma_ResourceOutlookto2050.pdf
[9] Quem estiver seguindo os noticiários latino-americanos nestes dias terá ouvido falar das revoltas da fome no note da Argentina, o que começa a se repetir com uma freqüência inquietante. É um pouco como se, não tendo se resolvido o problema da fome lá onde este se parece mais evidente (na África, no imaginário coletivo), a fome tivesse começado a se espalhar por todos os lados. Não sei quantos sabem que a região com maior número de pessoas que sofrem de fome é a Ásia, onde a conflitualidade ligada a terra está aumentando cada dia mais.

sabato 9 gennaio 2010

Secondo libro del 2010: Thierry JONQUET Les Orpailleurs


Edition originale : Gallimard / Série Noire - Février 1993 Rééditions : Dernière édition poche : Folio Policier - Octobre 1998

Bellissimo libro, sarà nei miei Top 10 dell’anno. Vi invito a leggerlo.

Quarta di copertina:

La main droite avait été tranchée, net, au niveau du poignet. Rien ne permettait d'identifier le cadavre, celui d'une femme. Dans la semaine qui suivit, on en découvrit deux autres, assassinées selon le même rituel. Si le meurtrier tuait ainsi en amputant ses victimes, c'était avant tout pour renouer avec ses souvenirs. Il effectuait un voyage dans le temps. Mais pour aller au bout du chemin, il lui fallut emprunter une route que bien d'autres avaient suivie avant lui. Des hommes, des vieillards, des enfants. Des femmes aussi.

Un estratto:
Szalcman se leva et embrassa du regard la perspective du camp. Il fit quelques pas en direction de la rampe et foula le macadam qui la recouvrait. Il se courba en avant et effleura le sol de sa main.
- C’était de la terre… de la terre battue, des milliers, des centaines de milliers de chaussures, de godasses, de pieds nus… de galoches ! murmura-t-il quand Nadia l’eut rejoint.
Une dernière fois, il contempla les baraquements alignés à perte de vue derrière les enceintes de barbelés, qui scindaient l’espace en autant d’enclos à la géométrie macabre, leva les yeux vers le sommet de la tour de garde.

Thierry Jonquet est décédé le 9 août 2009 à l'âge de 55 ans