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lunedì 29 agosto 2016

2016 L37: Sophie Hénaff - Poulets Grillés


LE LIVRE DE POCHE (2016)

Le 36 quai des Orfèvres s’offre un nouveau patron. Faire briller les statistiques en placardisant tous ceux qu’on ne peut pas virer et qui encombrent les services : tel est le but de la manœuvre. 

Nommée à la tête de ce ramassis d’alcoolos, de porte-poisse, d’homos, d’écrivains et autres crétins, Anne Capestan, étoile déchue de la Judiciaire, a bien compris que sa mission était de se taire. Mais voilà, elle déteste obéir et puis… il ne faut jamais vendre la peau des poulets grillés avant de les avoir plumés !

Un polar original, nerveux, et désopilant.

Lettura estiva molto consigliata... 

2016 L36: Naïri Nahapétian - Qui a tué l'ayatollah Kanuni ?


LIANA LÉVI (2009)

Téhéran, juin 2005, veille de l élection de Mahmoud Ahmadinejad. L ayatollah Kanuni, un juge tout-puissant qui préside depuis 25 ans à la répression des opposants iraniens, est retrouvé assassiné dans son bureau du Palais de justice. S agit-il d une revanche des Moudjahedin du peuple? Ou bien est-ce un nouveau règlement de comptes entre mollahs? Malgré eux, trois personnages se trouvent mêlés à cette affaire. Narek Djamshid, qui, après avoir quitté l Iran enfant avec son père pour se réfugier à Paris, rentre pour la première fois dans ce pays. Leila Tabihi, une « féministe islamique » qui tente en vain de se présenter aux élections présidentielles depuis des années. Mirza Mozaffar, ancien politicien, homme public en déclin, mais membre toujours fringuant de la jet set téhéranaise et don juan infatigable. Ces trois points de vues sur l Iran structurent ce roman qui nous fait découvrir que les mollahs sont des hommes d affaires comme les autres, mais aussi que la boisson préférée de la jeunesse iranienne est le Parsi Cola ! L enquête policière permet de revenir sur la période sanglante qui a marqué l instauration de la République islamique. Narek éclaircira ainsi les circonstances de la mort de sa propre mère, au lendemain de la révolution de 1979. Enfin, en filigrane, sont évoquées les raisons de la victoire de l'actuel président iranien Mahmoud Ahmadinejad.

A me é piaciuto molto... a mia moglie meno.. ma consiglierei la lettura per capire un po' l'Iran dal di dentro...

venerdì 12 agosto 2016

2016 L35: Fëdor Dostoevskij - Memorie dal sottosuolo



A quarant'anni Fedor Dostoevskij è uscito da poco da una serie di vicende drammatiche (la militanza socialista, la condanna a morte commutata all'ultimo momento, la deportazione siberiana) e, pur praticando un'intensa attività giornalistica, sta ancora cercando la sua strada. "Memorie dal sottosuolo" (1864) è il libro che annuncia i capolavori della maturità. Con i suoi tratti autobiografici, il protagonista delle memorie è un uomo timido, senza risorse e protezioni, che la brutalità della vita sociale respinge nel sottosuolo, e a cui non resta che cercare uno sfogo provvisorio tormentando chi sta ancora più in basso di lui: Liza, misera prostituta alle prime armi, incontrata in una sera di neve bagnata.

Di non facile lettura... non dico sarà tra i prescelti, ma tutti dicono fosse una lettura necessaria per capire meglio l'autore...

I dubbi di chi la cooperazione allo sviluppo la fa dal basso


RBA è uno dei tanti acronimi che girano dalle mie parti. Per molti indica le tre agenzie ONU più importanti basate a Roma, FAO, PAM e IFAD, raggruppate nel Rome Based Agencies, mentre per altri il RBA ricorda l’approccio basato sui diritti (Rights Based Approach).

Nei miei primi anni di lavoro su questo tema della cooperazione allo sviluppo,  non se ne parlava proprio della questione dei diritti come parte fondamentale del processo di sviluppo. Nella migliore delle ipotesi si faceva riferimento alla sfera della politica (politiche di riforma agraria per esempio, per quanto riguardava l’eterna questione dell’accesso alla terra da parte dei contadini), oppure proprio non ci si pensava (ricordo ancora, e lo cito spesso ai miei giovani consulenti, quella volta in cui feci un commento a un mio professore – rigorosamente di sinistra – che parlando dei piccoli agricoltori africani non ricordava mai l’imprtanza dell’apporto femminile, come se non esistessero –diritto al riconoscimento negato?- e la sua risposta lo qualificò a vita per me: rivolgendosi al pubblico del seminario disse: Paolo parla di donne perchè è italiano, e gli italiani sapete come sono...). Ricordo questo episodio in particolare per dire che eravamo ben lugi anche dal riconoscere la base della convivenza umana, l’alterità di genere e il diritto di essere riconosciuti in questa diversità e costruire da quello un’agenda di sviluppo.

Parlare di diritti dei contadini, diritti sulle risorse genetiche, diritto al cibo etc. Proprio non ci si pensava. Pian piano, grazie a sforzi di tante persone, abbiamo capito meglio che non si trattava di aggiungere una “nuova” dimensione alle già tante dimensioni dello sviluppo, ma che si trattava proprio della base fondante, senza la quale non può esserci nulla di duraturo.
Progressi ne sono stati fatti, formali ed anche sostanziali, sia a livelo di paesi che a livello internazionale. Restiamo comunque ancora lontani da una comprensione generalizzata di quanto fondamentale sia la questione dei diritti.

In anni recenti, abbiamo provato ad entrare anche in tematiche più tecniche legate all’agricoltura, cercando di portare questa ventata “diversa”, in un mondo di colleghi ottusamente chiusi nelle loro certezze di risposte tecniche ai principali problemi di cui soffre il sud del mondo. Avevamo la sensazione che dietro di noi soffiasse il vento della storia (ed eccoci ancora qui a farci delle illusioni a 56 anni suonati), che i paesi del mondo “sviluppato” avessero capito che l’agenda dello sviluppo doveva passare per la casella diritti, individuali e collettivi, soprattutto per quanto riguardava le questioni elementari dell’accesso alla terra, all’acqua, alle foreste, all’educazione e salute... giusto per citarne alcuni.

Eravamo diventati bravini nello spiegare ai colleghi quanto fosse drammaticamente attuale questa questione, spingendoli a riflettere anche nelle loro aree di lavoro. Il più difficile era ovviamente il lavoro nei paesi, laddove la questione dei diritti diventa una questione di potere allo stato puro, con pochissima disponibilità da parte di chi il potere ce l’ha a voler condividerne anche solo una briciola con chi ne è escluso. Ma con calma e pazienza qualcosa siamo riusciti a portare a casa, vedi la legge sulla terra in Mozambico oppure il programma per l’agricultura familiare in Brasile, esempi di lavori dove possiamo dire di averci messo più di una firma in calce.

Ma nel portare avanti il lavoro sul terreno e le discussioni con i colleghi non ti esime dal guardarti attorno, respirare l’aria e cercare di capire dove va il mondo. Ed allora cominci a renderti conto della forbice che si sta allargando tra le dichiarazioni formali sull’importanza degli RBA e l’interesse reale che a questi vengono portati. La sensazione che quella stagione stia finendo ti avvolge pian piano, a cominciare dal tuo stesso luogo di lavoro, dove misuri in prima persona questa distanza crescente. Lo vedi ancor meglio quando entri nel mondo delle emergenze, dove si arriva alla questione centrale, nel mezzo dei tanti conflitti in atto, sul cosa fare: limitarsi ai soliti palliativi, tende per gli sfollati, assistenza sanitaria e un poì di cibo per l’immediatezza, oppure cominciare a mettere sul tavolo le questioni più strutturali? Capisci dal silenzio che comincia ad avvolgerti, dal non rispondere ai tuoi messaggi, dal girare la testa dall’altra parte perchè ci sono cose più urgenti da fare... capisci quindi che il vento sta cambiando... e non porterà il “sol dell’avvenire”.


Torni a casa, ascolti le notizie, e capisci che anche i famosi paesi sviluppati di cui sopra, stanno abbandonando questa battaglia, in cambio di pseudo certezze elettorali. L’abbandonano a casa loro, chiudendo le frontiere, chiudendo gli occhi di fronte a quello che sta succedendo in Turchia, proponendo di ridurre gli spazi dei diritti dei lavoratori ogni giorno che passa... insomma, si annuncia un autunno fosco.

giovedì 11 agosto 2016

Petite poésie de Christiane


(photo de l'année 2008)

Le marronnier malade

avec ses branches

nues et sèches

montre un avenir

qu’il n’aura plus !

Christiane Roux, 10 Août 2016

lunedì 8 agosto 2016

La storica incapacitá della “sinistra” di guardarsi dentro e riformarsi



Quanti di noi di fronte a prese di posizione come quelle che elencherò in successione avrebbero pensato che chi scrive doveva essere un destrorso, mentre in realtà sono le sole posizioni che un progressista può ripetere oggi

-          Grazie al cielo l’ANC (Partito sudafricano di Nelson Mandela) ha perso le elezioni
-          Finalmente i ladri del Partito dei Lavoratori brasiliani (quello di Lula) cominciano ad andare in galera (Joao Vaccari, ex tesoriere del Partito dei Lavoratori (PT) brasiliano, al momento al governo, è stato condannato a 15 anni e 4 mesi di carcere http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/brasile-oltre-15-anni-di-carcere-allex-tesoriere-del-partito-dei-lavoratori; José Dirceu, ex capo di gabinetto della presidenza Lula, condannato a a 23 anni e tre mesi di prigione http://www.ilvelino.it/it/article/2016/05/19/brasile-petrobras-lex-braccio-destro-di-lula-dirceu-condannato-a-23-an/ecabf608-b6a7-4e02-8b4a-69bc60ec3613/; Il Presidente del Partito, Jose Genoino, è stato condannato a 6 anni e 11 mesi di carcere http://www.italnews.info/2012/11/13/brasile-condannato-lex-aiutante-di-lula/)
-          Speriamo che in Venezuela il presidente sia abbastanza ‘maduro” da cadere e lasciar tornare la democrazia nel paese http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/05/22/venezuela-al-collasso-supermercati-vuoti-niente-farmaci-e-black-out-maduro-ci-fanno-la-guerra-come-con-allende/2747169/
-          Argentina, per fortuna che “Cristina” e il modello K se ne sono andati http://www.limesonline.com/largentina-rivede-i-fantasmi-della-crisi-del-2001/57644
-          In Nicaragua non riusciranno più a liberarsi del presidente sandinista Ortega http://www.huffingtonpost.it/daniele-mastrogiacomo/ortega-si-proclama-presidente-a-vita-anche-il-nicaragua-cede-al-potere-personale_b_4693360.html

Mi fermo qui, perchè la lista sarebbe lunga, soprattutto con gli epigoni europei di quello che fu un movimento storicamente imporante per promuovere i diritti delle classi povere e trasformatisi, col tempo, in meri occupanti di potere, sempre alla ricerca di benefici personali e per gli “inner circles”.

Que reste-t-il de nos amours cantava anni fa Charles Trenet (https://www.youtube.com/watch?v=T_uvgm2_hRk); noi potremmo dire lo stesso oggi. Ci credevamo, eravamo anche arrivati a festeggiare la vittoria di Mitterand in Francia nel 1981, felici che eavamo assieme al nostro “pote” Renaud (anarco-mitterandiste...). Poi pian piano abbiamo cominciato a svegliarci e adesso guardiamo con sgomento chi sta ancora lí a credere in partiti che non sono mai riusciti a portare avanti un esercizio minimo di verifica interna. Qualcuno ricorda ancora quanto scriveva poco tempo fa Fabrizio Barca, incaricato di una verifica dello stato del P{D a Roma? Ha definito il PD «non solo cattivo, ma pericoloso e dannoso» e che «lavora per gli eletti anziché per i cittadini» (http://www.lettera43.it/politica/pd-roma-barca-partito-cattivo-e-pericoloso_43675163186.htm). A voi sembra che qualcosa sia cambiato? Diceva Agatha Christie: “Un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova”.

Siamo messi male. Ma noi che ci diciamo ancora di sinistra ripetiamo alto e forte che non difendiamo quei partiti e quei movimenti che si sono trasformati in centri di potere e di collusione, bande di corrotti e peggio. Bisogna ricostruire un senso della cittadinanza mondiale a partire da un’agenda di valori condivisi, ripulire la scena da personaggi che starebbero meglio nelle patrie galere che altrove. Ma la pulizia, necessaria, non sarà sufficiente. Non basta dire Lula in galera o Renzi vattene a casa, bisogna pensare a come ricostruire e cosa fare, con chi e su quali basi.

I tentativi di Sanders in America dimostrano che esiste ancora una fetta importante della popolazione disposta a mobilizzarsi, andare al di là del proprio particolare, di uscire per andare verso gli altri. Sarà un cammino lungo, irto di difficoltà, ma voglio sperare che possiamo ancora farcela. Lasciare il mondo in mano ai finanzieri e ai bombaroli, non è esattamente il mio sogno. Bisogna quindi cominciare con chiarire le posizioni e dire chiaro e forte che non possiamo più perdere tempo e energia a sostenere quei personaggi di cui sopra che vent’anni fa ci fecero sognare. Che se ne vadano al diavolo. Chiedere loro di lasciare il palconscenico è ovviamente troppo dato che nessuno di loro vuol abbandinare la fetta di potere, grande o piccola, che è riuscito a conquistare. Per cui vanno accompagnati alla porta, e l’esercizio spetta, in primis, ai propri sostenitori, a chi ingenuamente sogna ancora che questa gente possa sul serio aiutare i più poveri.

Un caro amico cileno mi diceva anni fa: prima odbbiamo fare pulizia in casa nostra, e solo dopo potremo presentarci con la testa alta. Ecco, credo proprio avesse ragione. Cominciamo col ripulire a casa nostra quindi....






mercoledì 3 agosto 2016

Il riscaldamento globale spiegato ai leghisti (e non solo …)


L’anno scorso si è realizzata la COP21 (Convenzione delle Parti... quali parti dite voi? La parte, la parte come direbbe Totó...) a Parigi e, fra rulli e suon di tamburi, si é firmato un pezzo di carta. Cosa ci sia scritto sopra non é chiaro a tutti (a parte il neo eletto presidente delle Filippine, per cui quell’accordo é “una cosa stupida, non voglio rispettarla ... Quella non era la mia firma” http://www.greenreport.it/news/clima/cambiamenti-climatici-le-filippine-non-onoreranno-laccordo-parigi/) ma insomma ci sarebbero degli impegni, molto timidi a giudicare da alcuni osservatori (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/12/18/cop21-per-esperti-intesa-non-funzionera-obiettivi-timidi-accordo-non-vincolante-nessuna-sanzione-per-chi-non-lo-rispetta/2307496/).

Dato che per molta gente, leghista o meno, questa storia del riscaldamento globale (erroneamente, ma machiavellicamente, cgiamato cambio climatico) non é del tutto chiara, cercheró in poche parole di spiegare il perchè dovremmo preoccuparcene, in questi tempi di “invasioni” di immigranti, di “terroristi” e tutto il resto.

Grazie al riscaldamento globale la desertificazione nel Sahel (e altrove) avanza. Chiaro che ci sono anche altre cause, tra cui l’incapacità dei governi di farne fronte, ma restiamo su una delle variabili indiscutibili. Questo sta spingendo, già da parecchi anni, i vari gruppi di pastori dei vari paesi di questa fascia a scendere verso sud alla ricerca di nuovi pascoli. Dall’altro lato abbiamo un aumento delle terre coltivate, sia grazie alla ricerca agricola che mette a disposizione varietá più resistenti al secco, ma anche pewrchè una popolazione in aumento ha bisogno di più cibo. Quindi gli agricoltori del sud cercano di espandere le loro terre coltivate, in particolare là dove ci si avvicina a fonti d’acqua.

Inevitabilmente questo provoca conflitti, che prima di essere etnici o religiosi, sono essenzialmente legati alle risorse naturali e provocati dal famoso riscaldamento, contro il quale anche un accordo timido come quello di Parigi viene considerato “una cosa stupida”.
Come già detto nei giorni scorsi, nella sola Nigeria in questi anni recenti i morti si sono contati a migliaia. Adesso nella zona del Lago Ciad contiamo oltre due milioni di sfollati. A loro non resta che camminare.

Tanti moriranno in cammino, alcuni proveranno a tornare a casa, ma senza un’azione che vada alle radici del problema, questo si ripeterà ancora e ancora, in modo sempre più violento.
Aggiungiamoci le proiezioni demografiche che faranno diventare la Nigeria il terzo paese al mondo per popolazione complessiva (circa 400 milioni nel 2050 https://populationpyramid.net/it/nigeria/2050/ e quasi 750 milioni nel 2100.
Cammina cammina poi li ritroviamo a Lampedusa, ma anche su su a Gemonio sotto casa del Trota e famiglia.


Per cui, continuiamo a far finta di nulla, tanto che ce frega a noi del cambio climatico? Niente, solo qualche milione (o decine di) immigrati in più, un po’ di violenza supplementare, un mondo sempre più instabile, ... l’importante é che ci sia la salute ... 

martedì 2 agosto 2016

Ricette semplici da non dimenticare: Pesto


Ingredienti: 50 gr di basilico (alcuni sostengono che il basilico genovese sia unico.. ma quest'anno abbiamo avuto un ottimo basilico nostrano per cui ci siamo lanciati).
Un po'di sale grosso, 100 gr. di parmiggiano (anche qui, alcuni preferiscono il pecorino...), un cucchiaio abbondante di pinoli (variante provata: nocciole del nostro giardino)... poi uno spicchio d'aglio (occhio, togliere il germe) e finalmente, olio d'oliva buono, circa un 100 gr... (ma alla fine si fa a occhio)

In un mortaio pestare il basilico con il sale grosso finché diventa una poltiglia.
Tagliare l'aglio a pezzetti fini e aggiungerlo al composto, continuando a pestare. Stessa storia per i pinoli.
A questo punto aggiungere il parmiggiano, mescolarlo in modo da farne una pasta omogenea e quindi aggiungere l'olio fino ad una consistenza come quella che si vede nella seconda foto.

Noi preferiamo sterilizzare il tutto: quindi vasetti piccoli di vetro, monoporzione, e vai con la bollitura, 40 minuti...

PS. Mia moglie una volta aveva provato a congelarlo, senza sterilizzarlo. Al gusto aveva peró un che di amaro... per cui preferiamo l'altra strada....

2016 L34: Antoine Chainas - Pur

Gallimard 2016

« Cet endroit donne tout son sens à notre combat, Patrick. Les gens de l extérieur pensent que nous nous barricadons par peur d autrui, par étroitesse d esprit. Mais nous ne sommes pas hermétiques, bien au contraire.

Et ceux qui nous taxent de racisme ont tort aussi. Personne n' est plus ouvert sur le monde que nous. Qui voyez-vous ici ? Des Suisses, des Norvégiens, des Suédois, des Américains, des Anglais...

. Des banquiers internationaux, des gestionnaires de capital multinational, des artistes qui voyagent partout sur le globe, des ingénieurs membres d équipes polyglottes. 

Expliquez-moi qui d' autre pourrait être mieux au fait de l état de notre époque ? Dites-moi de quelle expérience peuvent se prévaloir ceux de dehors ? Quel sort funeste les attend dans ce chaos égalitaire, ce monstrueux fourre-tout qu ils ont eux-mêmes engendré ? 

Ce domaine que vous voyez est peut-être un des derniers où les valeurs, les règlements ont force de loi. Ce ne sont pas les races ni les religions qui nous préoccupent, mais la misère. 

Voilà ce que nous voudrions éradiquer. On pourrait considérer qu en un sens, nous sommes les ultimes philanthropes. » 

Leggere questo libro subito dopo Globalia fa un certo effetto perché anche qui siamo proiettati in una societá futura, non molto lontana, dove i ricchi e gli "eletti" si separano dal popolino per vivere per conto loro ed impegnandosi attivamente per evitare contatti con quelli di sotto. Qualcosa del genere già esiste, anche da noi in Italia, con i cosidetti condomini orizzontali, specie di comunità dove si accede solo a prezzi d'oro, confinate in zone chiuse al pubblico dove rigono regole interne, protette da sicurezza privata... ecco il libro fa un pasos ulteriore... con uno spruzzetto di thriller che ci mette un bel po' prima di emergere completamente. Insomma un libro da estate...

lunedì 1 agosto 2016

Un articolo interessante: riscaldamento globale, conflitti pastori-contadini, banditismo e crisi di leggitimità dello Stato


Ho letto e condivido con piacere questo articolo di Jibrin Ibrahim dal titolo Banditismo rurale: dalla crisi del nomadismo alla crisi dello Stato (http://opinion.premiumtimesng.com/2016/04/04/172091/).
Il caso che viene discusso è quello della Nigeria del Nord, dove ci stiamo preparando a iniziare le nostre operazioni, ma l’articolista fa giustamente capire come il problema riguardi tutta la regione del centro e ovest dell’Africa.

La tesi sostenuta è che il banditismo in Africa occidentale sia esploso sulla base di una crisi di lungo periodo dovuta al riscaldamento globale. A mano a mano che il clima diventa più secco, aumentano le migrazioni verso sud dei pastori della cintura saheliana alla ricerca di acqua e pascoli per le proprie mandrie. Ovviamente questo aumenta le presisoni in zone già abitate e su risorse usate da altre popolazioni locali, contadini di diverse origini etniche e, magari, anche religiose. Questo è quanto sta succedendo in particolare nelle regioni a Nord della Nigeria, che poco a poco si sta svuotando degli animali. L’autore sostiene che sia i pastori che i contadini stanno perdendo i loro animali che vengono portati via da queste bande di razziatori alle quali si vanno sommando ogni giorno di più dei giovani senza futuro che vedono in queste attività l’unica possibilità di sopravvivenza.

Con l’aumento dell’abigeato, aumentano i conflitti, gli scontri, i morti e, globalmente, l’insicurezza della regione intera. A livello più grande, assistiamo impotenti da vari anni a un massiccio flusso di IDPs, (rifugiati interni al paese) che scappano dalle loro aree di origine per questi fenomeni. Il rischio di crisi alimentarie è oramai conclamato, per questo le nazioni unite da qualche settimana hanno acceso i riflettori su questa parte del mondo, attraverso quella che viene chiamata la “crisi del Lago Ciad” (poveretto, lui non c’entra per nulla). L’effetto sottolineato dall’articolista, Professore di Sceinze Politiche, secondo lui parecchio sottovalutato per il momento, riguarda il fatto che queste esazioni stanno generando un senso di rivalsa e vendetta sulla base del solito detto che “sangue chiama sangue”. Si sta andando oramai aldilà di una “semplice” crisi del pastoralismo, verso una pi1u generale crisi dello stato-nazione, in questo caso della Nigeria. Più sforzi vanno fatti, studi sono necessari per capire le ragioni profonde di quanto sta succedendo, la complessità della crisi attuale, così come è necessario fare un serio lavoro sulla comunicazione che porti oltre il sensazionalismo e l’emozionalismo, per andare alla radice dei problemi politici di fondo. Emblematicamente, il Prof. Ibrahim sottolinea che  “troppe comunità oggigiorno stanno pensando e/o pianificando la ‘soluzione finale’ invece di parlarsi, negoziare e cercare dei mediatori credibili” (too many communities today are thinking about and planning the ‘final solution’ rather talking, negotiating and seeking credible mediators. More efforts should be made to ensure that lines of communication and dialogue are sustained between and among all the different parties…’).


Esattamente le stesse parole (dialogo, negoziazione e facilitazione) che sto cercando di proporre ai miei colleghi della zona, per guidare il nostro intervento nell’area. Speriamo bene.