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giovedì 28 febbraio 2019

2019 L9: Boris Quercia - Les rues de Santiago


Livres de poche, 2015

Il fait froid, il est six heures du matin et Santiago n’a pas envie de tuer qui que ce soit. Le problème, c’est qu’il est flic. Qu’il est sur le point d’arrêter une bande de délinquants, dangereux mais peu expérimentés, et que les délinquants inexpérimentés font toujours n’importe quoi...
Après avoir abattu un jeune homme de quinze ans lors d’une arrestation musclée, Santiago Quiñones, flic à Santiago du Chili, erre dans les rues de sa ville en traînant son dégoût. C’est ainsi qu’il croise le chemin de la belle Ema Marin, une courtière en assurances qui semble savoir beaucoup de choses sur son passé...

Per ricordare Santiago ...

martedì 26 febbraio 2019

2019 L8: Ian Manook - La mort nomade


Albin Michel 2016

Usé par des années de lutte stérile contre le crime, l'incorruptible commissaire Yeruldelgger a quitté la police d'Oulan-Bator. 

Plantant sa yourte dans les immensités du désert de Gobi, il a décidé de renouer avec les traditions de ses ancêtres. Mais sa retraite sera de courte durée. Deux étranges cavalières vont le plonger bien malgré lui dans une aventure sanglante qui les dépasse tous. 

Éventrée par les pelleteuses des multinationales, spoliée par les affairistes, ruinée par la corruption, la Mongolie des nomades et des chamanes semble avoir vendu son âme au diable !

Des steppes arides au cœur de Manhattan, du Canada à l'Australie, Manook fait souffler sur le polar un vent plus noir et plus sauvage que jamais.

Bello, ma un po' troppo "americano": si salta dalla Mongolia a New York, Australia, Francia, insomma peggio di James Bond... vabbè, adesso il commissario dovrebbe essere morto e passiamo ad altro.

lunedì 18 febbraio 2019

2019 L7: Kader Abdolah - La casa della moschea



Iperborea, 2008

"Ho scritto questo libro per l’Europa. Ho scostato il velo per mostrare l’Islam come modo di vivere... un Islam moderato, domestico, non quello radicale.” È tornando all’Iran delle sue radici che l’autore migrante di Scrittura cuneiformesi fa tramite tra culture, raccontando l’epopea di un’influente famiglia persiana i cui destini s’intrecciano alla storia del suo popolo, una saga che fa vivere dall’interno e capire le trasformazioni cruciali di un paese sempre al centro degli equilibri mondiali, negli anni che vanno dallo sbarco sulla Luna alla fine della guerra con l’Iraq, dal regime dello scià al post-Khomeini. Un romanzo che ha affascinato i lettori olandesi al punto da votarlo come secondo miglior libro mai scritto nella loro lingua, e con cui Abdolah segna la sua sofferta e complessa riconciliazione con il proprio passato. È Aga Jan il personaggio centrale, ricco mercante e capo del bazar di Senjan, nel cuore della Persia, patriarca della casa della moschea, dimora secolare dove regna l’armonia delle antiche tradizioni e, all’ombra dei minareti, si annodano amori, matrimoni, sogni, tresche e preghiere come i fili dei tappeti. Finché il vento della Storia irrompe nella casa e trascina con sé i figli della moschea, rendendoli protagonisti degli eventi più drammatici. Se il nipote Ghalghal diventerà addirittura braccio destro di Khomeini, nessuno si sottrae alle responsabilità del momento: chi lotterà contro l’oppressione, chi ne sarà strumento, chi farà esplodere i cinema e chi con la sua videocamera registrerà i fatti che faranno il giro del mondo. Solo il saggio e paziente Aga Jan rimane nell’occhio del ciclone, testimone del presente e custode del passato, fedele alle sue radici e a una religiosità che offre un’immagine dell’Islam ben diversa da quella trasmessa dai media occidentali, una fede profondamente umana.

Un bel libro, se non fosse per il fatto di risentire una cultura di fondo sessista, avrebbe potuto essere il libro dell'anno. Comunque utile per farsi una prima idea dell'Iran e della banda di matti che lì governano. Quasi a far rimpiangere i tempi dello Scià.


lunedì 11 febbraio 2019

2019 L6: Marc Fernandez - Mala Vida



Livre de Poche, 2017

De nos jours en Espagne. La droite dure vient de remporter les élections après douze ans de pouvoir socialiste. Une majorité absolue pour les nostalgiques de Franco, dans un pays à la mémoire courte. Au milieu de ce renversement, une série de meurtre est perpétrée, de Madrid à Barcelone en passant par Valence. Les victimes : un homme politique, un notaire, un médecin, un banquier et une religieuse. Rien se semble apparemment relier ces crimes ... Sur fond de crise économique, mais aussi de retour à un certain ordre moral, un journaliste radio spécialisé en affaires criminelles, Diego Martin, tente de garder la tête hors de l'eau malgré la purge médiatique. Lorsqu'il s'intéresse au premier meurtre, il ne se doute pas que son enquête va le mener bien plus loins qu'un simple fait divers, au plus près d'un scandale national qui perdure depuis des années, celui dit des "bébés volés" de la dictature franquiste.

Quand un spécialiste du polar mêle petite et grande histoire sur fond de vendetta, le résultat détonne et secoue. Marc Fernandez signe ici un récit sombre et haletant qui nous dévoile les secrets les plus honteux de l'ère Franco, dont les stigmates sont encore visibles aujourd'hui. Un premier roman noir qui se lit comme un règlement de comptes avec la côté le plus obscur de l'Espagne.

Bel libro, mi verrebbe da dire uno stile simile a come li scrivo io. Secondo me però il finale lo ha fatto troppo di corsa.... quasi avesse fretta di fare dell'altro. Comunque si candida alla Top.

sabato 9 febbraio 2019

2019 L5: Ian Manook - Mato Grosso


Livre de Poche, 2018

Mato Grosso. Une odeur sauvage de terre trop riche et d’humus brun. La beauté vénéneuse de la jungle dans laquelle on s’enfonce jusqu’à s’y noyer. La violence du ciel et la moiteur des nuits. L’amour qui rend fou et la mort… incontournable.
Est-ce pour faire la paix avec lui-même que Haret, écrivain bourlingueur, est revenu après un exil de trente ans ? Est-ce parce qu'il a le sentiment que c'est la dernière fois ?
Dans un Brésil luxuriant jusqu’à l’étouffement, peuplé d’aventuriers, de trafiquants et de flics corrompus, le nouveau roman de l’auteur de Yeruldegger nous ensorcelle et nous prend à la gorge.

Come molti altri lettori, penso che Manook abbia scritto di meglio.

2019 L4: Olivier Norek - Entre deux mondes




Pocket, 2018

Fuyant un régime sanguinaire et un pays en guerre, Adam a envoyé sa femme Nora et sa fille Maya à six mille kilomètres de là, dans un endroit où elles devraient l'attendre en sécurité. Il les rejoindra bientôt, et ils organiseront leur avenir. Mais arrivé là-bas, il ne les trouve pas. Ce qu'il découvre, en revanche, c'est un monde entre deux mondes pour damnés de la Terre entre deux vies. Dans cet univers sans loi, aucune police n'ose mettre les pieds. Un assassin va profiter de cette situation. Dès le premier crime, Adam décide d'intervenir. Pourquoi ? Tout simplement parce qu'il est flic, et que face à l'espoir qui s'amenuise de revoir un jour Nora et Maya, cette enquête est le seul moyen pour lui de ne pas devenir fou. Bastien est un policier français. Il connaît cette zone de non-droit et les terreurs qu'elle engendre. Mais lorsque Adam, ce flic étranger, lui demande son aide, le temps est venu pour lui d'ouvrir les yeux sur la réalité et de faire un choix, quitte à se mettre en danger. 

Ha fatto di meglio.

giovedì 7 febbraio 2019

Venezuela e le incredibili visioni di certi esponenti della sinistra



In questi giorni di crisi acuta in un paese ridotto alla fame, mi capita di leggere articoli o prese di posizione da parte di Luciana Castellina, Gianni Minà (quello che nell’agemina telefonica alla lettera F aveva: Fidel) ed anche il Gianluca Melenchon. La prima reazione è stata di chiedermi se siano mai stati in Venezuela o se si siano limitati a leggere gli articoli de Le Monde Diplomatique, il cui direttore era notoriamente un fanatico di Chavez.

Da parte mia, come ho già avuto modo di scrivere, ci sono stato dal 1994 fino a pochi anni fa, grazie a progetti o missioni a cui avevo preso parte, l’ultima su richiesta del governo “rivoluzionario”. Il mio tema di lavoro è sempre stata la questione fondiaria, cioè l’accesso alla terra, quindi riforma agraria e come far funzionare meglio gli “asentamentos”. 

Ho potuto conoscere così tanta gente, dai contadini di vari degli dati in cui abbiamo lavorato, a tecnici del governo (di prima e di dopo), nonché il fratello di Chavez e vari intellettuali di sinistra per lo più critici fin dai primi giorni di questa avventura che si spera finisca presto.

L’ignoranza crassa con cui hanno trattato il settore agricolo e in particolare la ridicola “rivoluzione” agraria hanno portato il paese alla fame, e questo non certo per colpa dell’”embargo”. La struttura istituzionale inventatasi da Chavez, con le sue “missioni”, ha creato un sistema parallelo a quello ministeriale aggiungendo confusione e corruzione a qualcosa che di suo era già burocratico e corrotto. 

Non si tratta di pensare al buon tempo antico, perché la corruzione e la fragilità di un sistema economico retto solo dal petrolio la conoscevamo da decenni. Qui il punto è di ricordare che non ci si inventa bravi governanti o politici solo perché chi c’era prima non valeva molto. Aggiungiamoci poi il fatto che siano militari, cioè gente che sa solo impugnare le armi e che quanto a livello di preparazione politico-governativa, a parte imparare a memoria qualche massima del Lider, hanno negli anni dimostrato un’incapacità flagrante. Ad esser sincero non tutti i militari sono dei buoni a nulla. Ne avevo conosciuto uno, che aveva studiato a Civitavecchia, che era stato nominato a capo del Catasto (epoca Chavez). Avemmo delle lunghe e interessanti discussioni e quanto sognava di fare sembrava una cosa sensata. Forse però non era troppo ligio al Lider o forse non si faceva corrompere facilmente, fatto sta che pochi mesi dopo non lo trovai più.

Adesso che la stragrande maggioranza dei veneziani cerca di liberarsi di questo giogo, tirar fuori ancora l’imperialismo yanqui fa un po’ sorridere. Che Trump sia entrato a gamba tesa come un elefante in un negozio di porcellane è ovviamente vero. Il punto però che dobbiamo ricordare, cari Castellina, Minà e Melenchon, è che le elezioni presidenziali del 2018 non sono state avallate dalla comunità internazionale a causa dei brogli compiuti dai chavisti. Quindi l’indifendibilità di Maduro, anche secondo le regole democratiche internazionali, era chiara. Che magari poi a qualcuno non faccia Guaidò va anche bene, ma forse varrebbe la pena ricordare che tutti gli altri oppositori o sono in carcere o sono stati costretti all’esilio. 

I milioni di venezuelani che hanno già votato con i loro piedi per scappare dal paese, sembra non dicano nulla a una sinistra che sembra storicamente incapace di studiare (sul posto) prima di prendere posizione. Difendere Maduro è come difendere Ortega in Nicaragua, o Castro2 a Cuba: non se ne può più di questi errori storici.


Riguardo ai miei post precedenti su questo tema, ho ricevuto dei commenti da alcuni ex-colleghi dell’organizzazione per cui ho lavorato, altamente negativi e tutti a difendere la rivoluzione. Persone che hanno fatto carriera con lo stesso sistema: clientele e obbedienza assoluta a un capo che, al pari del duo Chavez-Maduro, ha rovinato la nostra organizzazione. Sembra essere questo il destino di una sinistra latinoamericana e europea incapace di riflettere a mente fredda e con razionalità. Voglio ricordare un giorno, verso la fine degli anni 90, ero all’ufficio del Ministro dello Sviluppo Agrario e arrivò una delegazione del MST (il movimento dei contadini senza terra brasiliani). Tornavano da una missione a Caracas su invito del governo locale che cercava appoggi internazionali. Il Brasile era restio ad associarsi a un’avventura di quel tipo per cui il Ministro chiese a quelli del MST di passare da lui al ritorno per sentire le loro opinioni. Il giudizio fu molto duro: una banda di matti dai quali noi, MST e voi, Governo, abbiamo interesse a starne lontani.

mercoledì 6 febbraio 2019

Finanza e crisi ecologica: un messaggio ai colleghi FAO



Consiglio vivamente a quei colleghi e colleghe che si stanno occupando di far avvicinare il mondo della finanza (assicurazioni e fondi speculativi) alla questione ambientale, di leggersi questo articolo di Emanuele Leonardi su:


"La dimensione ecologica della crisi economica globale. Note per una critica ecologica del neoliberismo"
http://www.societadeiterritorialisti.it/images/DOCUMENTI/GRAPPOLI/Filosofia_scienze_umane/e.%20leonardi%20-%20la%20dimensione%20ecologica%20della%20crisi%20economica%20globale%20da%20lavoro%20in%20frantumi%20-%20ed.%20ombre%20corte%202011.pdf

Riporto qui sotto solo una frase dello stesso:

"La finanza è oggi il principale dispositivo governamentale attraverso il quale le criticità ecologiche vengono trasformate in opportunità finalizzate alla creazione di plusvalore, nonché alla completa sussunzione della natura sotto la logica valorizzante del mercato capitalistico."

Papa Francesco lo diceva da par suo con l'enciclica Laudato Sì...

Leggete cari/e colleghi/e e informatevi, prima di diventare i cavalli di Troia della finanza...

 


Degradazione delle risorse naturali: gli intellettuali e la scoperta dell’acqua calda



Per ragioni di lavoro e di interesse personale mi sono andato a rileggere un libro di due ben conosciuti intellettuali del ramo (Jean-Marie Baland e Jean-Philippe Platteau) intitolato: Halting degradato of natural resources, con sottotitolo: Is there a Role for Rural Communities?, pubblicato dalla FAO nel lontano 1996, con una prefazione di un altro famoso intellettuale, l’economista americano Mancur Olson. Per dirla in modo spiccio: un libro che non vale la pena di leggere!

All’epoca, quando lo lessi per la prima volta una ventina d’anni fa, mi era interessata l’analisi proposta ma c’era qualcosa che non mi quadrava. Adesso che gli anni sono passati, e che ho potuto misurare la quantità di energia necessaria per smuovere le acque sia a livello di campo che a livello politico, la rilettura del libro mi ha provocato altre reazioni, una in particolare. 

Un sentimento di stanchezza per delle ovvietà che qualsiasi persona di buon senso che sia andato solo un po’ a frequentare delle comunità agricole, pastorali o forestali in Africa o altrove, conosce benissimo. Il fatto che eminenti specialisti ci passino sopra anni, ovviamente senza mai andare realmente a tastare il polso della situazione sul terreno, permette loro di scrivere e dibattere sul fenomeno dell’acqua calda.

Quasi 400 pagine scritte fitte fitte per dibattere della tesi se la gestione delle risorse naturali sia fatta meglio da privati o dallo Stato centrale, per poi arrivare alla conclusione che la soluzione migliore è il co-management tra comunità e Stato:

“co-management must operate within a framework where the state integrates the populations concerned early on in the design stages of the resource-preserving strategy.” Ammazete, come direbbero a Roma, ci sono arrivati anche loro alla fine. A questo punto avrebbero potuto fermarsi e chiuderla lì. Sfortunatamente gli autori continuano la frase con una affermazione che conferma quanto poco abbiano frequentato le comunità locali: 

“Also, considerable effort must be devoted to explaining to them the objectives pursued and the benefits they will gain from restricted and careful use of the resource involved”.

Insomma, bisogna spiegare con tanta pazienza a questi ignoranti, che ci saranno benefici se seguono le direttive politiche dello Stato.

Ora, a parte trovare estremamente deboli questi argomenti, non suffragati da nessuna evidenza di campo, mi preoccupa il fatto che questi intellettuali “progressisti” facciano perdere una quantità considerevole di tempo, per leggerli, e di risorse, per farli pubblicare così la loro carriera andrà avanti, mentre ci sarebbero tante cose più concrete da fare. Concludo pensando che se questo è il massimo che i grandi intellettuali “progressisti” sono capaci di produrre, non dobbiamo stupirci del fatto che il grabbing delle risorse continui.