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martedì 30 giugno 2015

Rousseau é morto, il nostro mondo sta male e nemmeno io mi sento molto bene



Inizio serio per un finale più lieve, citando W. Allen.

L’altro giorno mi trovavo all’Expo a parlare del tema diritto alla terra e diritto al cibo, nel quadro di un seminario su Fede, agricoltura e alimentazione, organizzato da una rete di organizzazioni di base cattoliche. Dopo un inquadramento storico, ho presentato gli strumenti approvati dalle Nazioni Unite in questi ultimi dieci - dodici anni, riflettendo poi sulla loro congruità rispetto alle dimensioni del problema che abbiamo davanti.

In sintesi, mi ponevo il dubbio gramsciano fra il pessimismo della ragione e l’ottimismo della volontà. Pessimismo di fronte ai fatti che ci assalgono ogni giorno e che ho così riassunti:
(i)                 Lo Stato-Nazione, nato sull’idea del Patto Sociale di Rousseau, ma modellato sugli interessi economici dei nascenti mercati nazionali, sta chiaramente morendo, sostituito da una “società liquida” dominata da interessi transnazionali, privati e che non rispondono a nessuna costituency democratica.
(ii)               Sempre più le Corporates (Multinazionali …) soppiantano questa generazione di mediocri politici e, quel che è peggio,
(iii)             stanno passando il potere a un grumo finanziario non più legato a nessun prodotto materiale.
(iv)             Il risultato è quello di crescenti disparità e asimmetrie di potere tra gli attori forti e quelli che non contano nulla, il tutto al di fuori dei confini “tradizionali” dello Stato, in un contesto di
(v)               Turbocapitalismo (Capital-intensive (distruttore di lavoro), alta concentrazione di risorse naturali – suolo, soprassuolo e sottosuolo  (non necessariamente nella vecchia forma di proprietà totale), sempre più legata (o meglio, sottomessa) alla finanza internazionale, con un limitatissimo interesse per le dimensioni ambientali, sociali etc. etc.

Perché sostengo questo? La mediocrità dei politici attuali, non solo italiani o europei, si badi bene, la stiamo vivendo in prima linea in questi giorni. L’avanzata dello Stato Islamico, oramai alle porte dell’Europa se non già dentro, è frutto, come ripetono da tempo vari osservatori imparziali (vedasi articolo di Patrick Cockburn su Repubblica di oggi) degli errori politici e militari dell’Occidente. L’incapacità di risolvere il problema greco, un granello di sabbia rispetto alla massa economico-finanziaria europea, conferma questa incapacità di vedere al di là del proprio naso di tutti i nostri leader. La crisi ecologica che ci viene ricordata ogni giorno di più, senza che si arrivi a decidere alcunché. L’unico attore mondiale ad aver detto parole chiare e limpide è stato Papa Francesco, la cui profondità di pensiero risalta ancor di più nella palude del nulla espresso dagli altri.

Non esprimono nulla perché oramai contano sempre meno. Quando le basi del trattato TTIP sono poste da interessi privati di grandi Corporates, è chiaro che, per il fatto stesso di accettare questo principio, i rappresentanti eletti dello Stato-Nazione riconoscono che il loro potere vale sempre meno. Monnaie de singe dicono i francesi, per indicare una valuta che non vale più nulla; da anni oramai ci intontiscono con la storia della necessità di accettare anche il settore privato al tavolo delle negoziazioni e dei grandi accordi internazionali. Guardate la Rio+20 del 2012, migliaia di imprese erano lì a dettare le loro priorità e a frenare sugli impegni da sottoscrivere. Oggi è anche peggio. La crisi iniziata nel 2008 ha mostrato come chi conta sul serio siano le banche, non i cittadini. La crisi greca viene dalla stessa base: un debito privato, in mano alle banche, (tedesche e francesi soprattutto), creato appositamente per finanziare le vendite di armamenti tedeschi e francesi ai governi precedenti della Grecia. Si è voluto salvare le banche affondando l’economia reale e la vita dei cittadini. E oggi, ancora si insiste che i cittadini devono pagare gli errori imposti dalla banda di Bruxelles. Oramai solo la finanza conta, e la finanza non risponde più a nessuno che non siano i soci e detentori delle azioni.

Quando parlo di crescenti asimmetrie di potere, faccio presente che il risultato è un gap di fiducia che lascia posto a qualsiasi reazione e avventura politica. Dal comunitarismo al populismo e alle dittature, nonché al ritorno dei nazisti come stiamo vedendo in Europa.

Quindi, pessimismo della ragione o ottimismo della volontà? Ripartire dal basso per ricreare società più democratiche, dove la centralità dell’essere umano, in equilibrio rispettoso con Madre Natura trovi il suo modo di evolversi, fuori dai ricatti della finanza. Strada difficile, ma credo non ci siano alternative. Quindi domenica si vota NO per ricordare semplicemente che o l’Europa si ricorda che deve essere una Europa dei cittadini, oppure come ha detto un toscano molto conosciuto: “Se è questa l’Europa che volete, allora tenetevela”.

Ripartire dal basso con chi ci sta e abbia a cuore la nostra casa comune. Ed ecco il perché di cercare ponti con le comunità cattoliche di base, ma non solo loro. Una agenda di base ce l’abbiamo, cioè si è imposta da sola in questi anni:

dalla Food security alla Food sovereignty (chi produce, distribuisce e consuma cibo deve poter controllare i meccanismi e le politiche di produzione e distribuzione del cibo, e non lasciarle in mano a Corporates o  mercati - No all’aumento della produzione ma enfasi su una miglior distribuzione e un miglior accesso;
Proteggere i Beni Comuni (Terra, Acqua, …): No alla privatizzazione e NO alla centralità umana rispetto alla natura
Promuovere una cultura basata sui diritti
Promuovere agricolture familiari locali con preferenza per l’agroecologia – Diversificazione invece di Omogeneizzazione
Enfasi maggiore sulla parità di genere  e
Occuparsi del gap crescente di sfiducia tra la gente– cioè ricostruire un Patto Sociale.



lunedì 29 giugno 2015

2015 L28: Le collier rouge - Jean-Christophe Rufin

Gallimard, Folio 2014

Dans une petite ville du Berry, écrasée par la chaleur de l'été, en 1919, un héros de la guerre est retenu prisonnier au fond d'une caserne déserte.
Devant la porte, son chien tout cabossé aboie jour et nuit.
Non loin de là, dans la campagne, une jeune femme usée par le travail de la terre, trop instruite cependant pour être une simple paysanne, attend et espère.
Le juge qui arrive pour démêler cette affaire est un aristocrate dont la guerre a fait vaciller les principes.

Trois personnages et, au milieu d'eux, un chien, qui détient la clef du drame...

Plein de poésie et de vie, ce court récit, d'une fulgurante simplicité, est aussi un grand roman sur la fidélité.
Être loyal à ses amis, se battre pour ceux qu'on aime, est une qualité que nous partageons avec les bêtes. Le propre de l'être humain n'est-il pas d'aller au-delà et de pouvoir aussi reconnaître le frère en celui qui vous combat?

Probabilmente libro dell'anno!!!!

LUNA PARK EXPO 2015



Come promesso, a mente posata racconto le sensazioni di questa visita necessariamente breve. Le foto accompagnano il testo.(spero riuscirle a caricare sul blog.. altrimenti su FB)

Comincio dalla fine, cioè da dove sono uscito, in direzione della stazione dei treni di Rho. Almeno l’idea di portare i treni fin sotto l’Expo è stata una buona idea, ma ricordatevi che se per caso vi venisse voglia di bere un caffè in stazione, potete scordarvelo. Non ce ne sono. Se non altro troverete un negozietto per comprare giornali, acqua e poco altro. Sempre meglio, molto meglio, di Porta Garibaldi, Milano, dove sono arrivato sabato. Milano PG non è una stazione, e io ho commesso l’errore di non ricordarmi che in effetti Milano PG è un Passante Ferroviario, cioè una serie di binari dove passano e si fermano treni, con un passaggio sotterraneo che vi conduce da uno all’altro. Anche qui vale la regola del caffè di cui sopra. Aggiungo che avete interesse, in ambi i casi, a non aver bisogno di bagni, che tanto non li troverete.

Ripartiamo comunque in direzione Expo. Scesi dal treno a Rho capirete subito che il collegamento deve essere stato progettato da ingegneri Maoisti (o forse della 5.a Internazionale): si cammina, subito e tanto. Ma il passaggio è bello nella sua semplicità.

Entrati in Expo da quella parte, troverete il Padiglione Zero sulla vostra destra. Il nome deriva dal voto che tutti i visitatori di buon senso gli darebbero. Magari per l’estetica qualche punto anche lo prenderebbe, ma poi vai dentro e, a parte la frescura, ieri apprezzatissima, non trovi assolutamente nulla che non sia un grande schermo dove proiettavano un piccolo gregge di pecore che arrivava su un sentiero, accompagnati dai cani pastore. Bastava venire sul lago di Bracciano e mettersi lì sulla strada che va verso Martignano: passano due volte al giorno e sono anche più numerose.

Comunque il giro continua. Una sorpresa, molto apprezzata, non faccio l’ironico, è il caffè Illy che, nella versione “classica” viene venduto a 1 euro la tazzina. Credo sia l’unica cosa che costi uguale dentro e fuori. Per il resto, dopo aver sborsato i 34 euri per entrare, dovrete metter mano al portafogli con prezzi sempre più alti rispetto all’esterno. Come ha detto Gianni Mura qualche settimana fa, l’unica cosa gratis è l’acqua delle fontanelle. Aggiungo, per onestà, che anche le mappe distribuite dai molti (nonché preparati nelle lingue straniere che ho testato) volontari.

Bella la ruota della Bielorussia, più piccola di quella dell’Eur e, dettaglio da non sottovalutare, non ci si può salire sopra. Gira da sola per ricordarci il nome del paese. Hanno portato anche dei cantanti e musicisti in vestiti tradizionali per intrattenere il pubblico, non numeroso. Visti gli applausi per quelle marcette, mi è venuto il dubbio che si fossero portati anche il pubblico.

Il travestimento da contadeuno è un trucchetto usato anche da altri. Nella piazza centrale fra il Decumano e la torre della vita, un gruppo ballava in abiti ovviamente tradizionali, cercando di convincere la gente ad andare a vederli al loro spettacolo, che onestamente non so quando e dove si terrà.

Il Laos e il Bangladesh, paesi poveri, sono andati da un lattoniere che gli fatto il 3x2. Così con lo sconto sono riusciti a farsi due padiglioncelli bellini da vedere.

Il gruppetto del caffè, capitanato dal Kenya da un lato e da Timor Est dall’altro, sembravano proprio un magazzino di caffè: tanti sacchi buttati lì, Illy che ti vende il caffè a prezzo normale, mentre i paesi produttori, come sempre, non hanno nulla da offrire a parte la vista su quei sacchi.

Il bello della visita, dal punto di vista estetico e personale, è stato il padiglione Italia. Impossibile entrarci, data la ressa di italiani che volevano assicurarsi che in Italia ci siano ancora tutte quelle prelibatezze che erano sicuramente in mostra la dentro, dato il progressivo asfaltamento (chiedo scusa per l’uso di questo “renzismo”) di tutto quanto ricordi ancora la nostra ruralità di una volta. Ho visto quindi solo l’esterno e mi è piaciuto.

Sono entrato in quello dell’Angola, credo sulla suggestione di quanto aveva scritto forse lo stesso Mura. A lui era piaciuto, io l’ho trovato molto low profile. Foto di paesaggi, un racconto e poco altro. Nemmeno un accenno alla polenta che anche loro producono nel sud del paese per esempio.

Gira e rigira, ho fatto alcune foto di quello che pian piano si è instillato nel mio cervello: l’impressione di aver sbagliato indirizzo. Baci Perugina, Padiglione Algida, Salumi Citterio, la Nutella.. poteva mancare la Nutella in una mostra per nutrire il Pianeta? Ovviamente no!. Così come non poteva mancare l’aperitivo Martini, da prendere in terrazza naturalmente. Deve essere così: prima di dare le razioni ai rifugiati nei campi profughi, la Martini offre un aperitivo, con oliva incorporata, in modo che anche per i rifugiati ci sia un momento chic. Dopo aver trangugiato le razioni di sopravvivenza, allora una bella Birra Moretti non te la leva nessuno. Il Baffo Moretti lotta contro la fame nel mondo. Complimenti.

Gli ombrelloni della Coca Cola li ho visti da lontano per cui ho potuto evitarli, mentre, grazie a Dio, il padiglione della McDonald non è entrato nel mio cerchio visivo.

Assalito ad ogni piè sospinto da carrettini del solo venditore di olio d’oliva autorizzato (mi chiedo cosa possano vendere, data la crisi di produzione che abbiamo in corso per colpa delle malattie dell’anno scorso), mi sono buttato nel padiglione del vino italiano. Non ho avuto il tempo di salire a guardare la fila di bottiglie, tanto dovresti pagare ogni assaggio, ma al piano terra ho apprezzato sia i sensori per far “sentire” i vari profumi delle spezie, del miele, del cacao.. che poi ritroviamo nei vini, nonché la sfilata di contenitori a diverso colore per mostrare concretamente cosa significhi, per esempio, il giallo paglierino…

Avrete capito che di contadini nemmeno l’ombra. Si può fare peggio di così in una Expo dedicata a questi temi? La risposta è si! Si possono mettere dei carretti in mezzo al Decumano pieni di verdura di plastica. Il senso della vergogna non ha nemmeno sfiorato gli organizzatori.

Qualche foto del piccolo posto della Coldiretti dove siamo andati a mangiare dopo il seminario, realizzato nel padiglione di fronte la Giordania e la Mauritania. Un padiglione opzionato da una ditta cinese che è fallita prima dell’inaugurazione, per cui non sapendo più cosa farne, lo hanno riciclato per eventi, seri come il nostro, o più ludici, usufruendo del bar al piano terra e della terrazza danzante la sera. Anche lì, non cercate i bagni, oppure portatevi il filo d’Arianna…

Ultimo dettaglio, la sera si può entrare pagando a prezzo ridotto: 5 euro. Pare ci sia tanta gente che ci va. Io ne ho vista molta anche ieri a camminare, fare pazientemente le file dappertutto… rischiano di avere una grossa cifra alla fine, in quanto a partecipazione. Quanto al tema centrale, lasciamo perdere.

martedì 23 giugno 2015

2015 L27: Les lieux infidèles - Tana French

Éditeur : Calmann-Lévy (2011) 
  Au cours d’une vie,seuls quelques instantssont décisifs.L’existence de Frank Mackey bascula par une nuit de décembre 1983. Il avait dix-neuf ans et attendait Rosie Daly au bout de sa rue, à deux pas du halo brumeux et jaune du réverbère. L’air était froid comme du verre, chargé d’un délicieux parfum de houblon brûlé venu de la brasserie Guinness. Ils avaient prévu de fuir ensemble leur quartier natal dublinois, pour vivre d’amour et de musique à Londres. Mais cette nuit-là, Frank patienta en vain. Rosie ne le rejoignit pas.Vingt-deux ans plus tard, devenu flic spécialisé dans les missions d’infiltration, Frank vit toujours à Dublin. Il a coupé les ponts avec sa famille et n’a jamais eu de nouvelles de son premier amour. Puis un jour, sa sœur l’appelle, affolée : on a retrouvé la valise de Rosie dans un immeuble désaffecté de Faithful Place. Forcé de revenir chez les siens, Frank revisite son passé, ses blessures de jeunesse, et toutes ses certitudes : Rosie est-elle jamais partie ?

Come sempre accade, ogni lettore ha un'opinione personale del libro appena letto. Personalmente sono rimasto deluso. Una storia tirata in lungo e in largo (500 pagine), di cui si indovina subito chi ne sia responsabile, per cui diventa alla fine una storia su un quartiere periferico, degradato, e una famiglia in particolare. Tutto sembra un po' ovvio, deja vu, per cui non ti resta un solo fatto, una citazione o un ricordo che valga la pena tenere in mente.

lunedì 22 giugno 2015

La Merkel spezzerà le reni alla Grecia?




[Cittadini europei] di terra, di mare e dell'aria.
Un'ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra [Europa].
L'ora delle decisioni irrevocabili.

Stasera dovrebbe succedere il patatracchete. O almeno così in tanti sperano. Una crisi voluta e creata a Bruxelles, fatta crescere con comportamenti e decisioni irresponsabili. Dati ufficiali truccati (ma di cui tutti erano a conoscenza) per permettere alla Grecia di entrare nell’Euro, finché nel 2009 il Re, oramai nudo, deve ammettere pubblicamente di aver falsificato i bilanci. Il debito era molto più alto di quello dichiarato, ma soprattutto era un debito delle banche. Ecco la vera ragione per intervenire. Salvare le Banche. La Troika e il FMI accorrono al capezzale del malato e prestano 110 miliardi (mica bruscolini, avrebbe detto Totò) a cambio di misure che rovinano l’economia ma, soprattutto, permettono di trasferire il debito dalle banche allo Stato. 

Una volta salvate le banche, dei cittadini greci non gliene fregava più niente a nessuno. E difatti siamo lì ad assistere, da anni, alla colpevolizzazione di un paese le cui pratiche erano conosciute da tutti e i cui governi, di destra e del Pasok erano accettatissimi in tutti i consessi internazionali. Cioè fra ladri e truffatori, ma con classe, si può andare a cena e anche a festeggiare.
Il fatto che la Grecia abbia tirato fuori dal cilindro il brutto anatroccolo Tsipras, in attesa di tirar fuori quello bruttissimo dei nazisti di Alba Dorata, non è andato giù a nessuno di quelli del giro di valzer (troika in testa).

La quantità di articoli letti in questi mesi sulle colpe della Grecia, sulla intransigenza del governo democraticamente eletto nei confronti delle imposizioni dei corpi non eletti di Bruxelles, avevano lo scopo di preparare l’opinione pubblica al patatracchete probabile di stasera.

L’irresponsabile (politicamente) Merkel ci sta portando sull’orlo del burrone. Vuole spezzare le reni alla Grecia per impedire il contagio. Se un paesotto come la Grecia osa ribellarsi ai diktat finanziari, immaginate cosa potrebbero dire allora gli altri, Spagna e Italia, che seguono nella lista di paesi più indebitati? L’intransigenza tedesca si spiega solo così. Il rischio per l’economia tedesca ed europea è molto alto, lo stesso Euro potrebbe venir giù se stasera non trovano un accordo vero. L’economia tedesca, basata sulle esportazioni favorite da dei rapporti di forza perversi, ha molto da perdere in questa situazione. L’idea balzana del duetto Merkel-Hollande di un Euro a due velocità farebbe perdere molte fette di mercato, perché i tedeschi perderebbe competitività e i paesi dell’Euro 2 ne guadagnerebbero. Ma allora perché lo fa?

La ragione sta oramai sempre più nello stesso groviglio di interessi che sta prendendo in mano il mondo, e non solo l’Europa. La finanza ha bisogno di mettere in chiaro, con un esempio lampante, che le regole le detta lei e non più la politica né i regimi democratici.

L’interesse dei popoli europei e oltre è che stasera venga piegata l’arroganza dei banchieri e che l’Europa dei cittadini trovi finalmente un riscontro al massimo livello. Basta con i diktat finanziari e ricominciare a costruire un Europa unita a partire dal basso.

Peccato che per fare questo ci vorrebbero de;;e persone di uno spessore intellettuale d’altro livello. Non certo questa classe dirigente attuale. Questi al massimo sono capaci, come sta facendo Hollande in Francia, di preparare il brodo di cultura per l’estrema destra nazista che sta tornando in forze. 

L’Ungheria ha dato l’esempio, e adesso piccoli movimenti crescono, l’ultimo in Danimarca.

Incrociamo le dita, ma la serata si annuncia molto complicata.

mercoledì 17 giugno 2015

LAUDATO SI' - SULLA CURA DELLA CASA COMUNE

leggo rapidamente alcuni estratti sul tema della finanza. Domani controlleró sulla versione finale, anche se ci sono pochi dubbi sulla veridicità del testo:



"La tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica so­luzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri.


Degna di nota è la debolezza della reazio­ne politica internazionale. La sottomissione della politica alla tecnologia e alla finanza si dimostra nel fallimento dei Vertici mondiali sull’ambiente. Ci sono troppi interessi particolari e molto facil­mente l’interesse economico arriva a prevalere sul bene comune e a manipolare l’informazione per non vedere colpiti i suoi progetti.


Ma il potere collegato con la finanza è quello che più resiste a tale sforzo, e i disegni politici spesso non hanno ampiezza di vedute. Perché si vuole mantenere oggi un potere che sarà ricordato per la sua incapacità di intervenire quando era urgente e necessario farlo?

Da qui si passa facilmen­te all’idea di una crescita infinita o illimitata, che ha tanto entusiasmato gli economisti, i teorici della finanza e della tecnologia. Ciò suppone la menzogna circa la disponibilità infinita dei beni del pianeta, che conduce a “spremerlo” fino al limite e oltre il limite.

La finanza soffoca l’eco­nomia reale. Non si è imparata la lezione della crisi finanziaria mondiale e con molta lentezza si impara quella del deterioramento ambientale.

Il salvataggio ad ogni costo delle banche, facendo pagare il prezzo alla popolazione, senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema, riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro e che potrà solo generare nuove crisi dopo una lunga, costosa e apparente cura.

In questo quadro, il discorso della crescita sosteni­bile diventa spesso un diversivo e un mezzo di giustificazione che assorbe valori del discorso ecologista all’interno della logica della finanza e della tecnocrazia, e la responsabilità sociale e am­bientale delle imprese si riduce per lo più a una serie di azioni di marketing e di immagine."

Ecco perchè abbiamo in lui il più grande sostegno possibile, nonchè una guida politico spirituale di portata mondiale. Ed ecco perchè dobbiamo ancora credere e lottare per cambiare questo mondo. Si può. Basta volerlo e mettersi assieme a lavorare.