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domenica 25 novembre 2018

2018 L56: Valerio Varesi - La pension de la via Saffi



Agullo, 2017

Le commissaire Soneri est en poste à Parme, dans le nord de l’Italie. Voilà quinze ans qu’il est veuf d’Ada, son grand amour. Son amie intime Angela ne la remplace pas, même si le policier et elle partagent beaucoup de choses. À l’approche de Noël, la propriétaire de la pension Tagliavini est retrouvée morte chez elle. C’est sa vieille voisine Fernanda qui vient alerter la police, avant de disparaître. Le décès de Ghitta Tagliavini n’est pas aussi naturel qu’il semblait, une enquête s’impose. "35 via Saffi", c’est une adresse que le commissaire a bien connue : Ada y logea alors qu’elle était étudiante. À l’époque, la pension avait de nombreux jeunes pour locataires. Soneri s’y remémore des souvenirs heureux d’alors.
Ghitta Tagliavini était très connue dans ces quartiers de Parme. Ces dernières années, sa pension ressemblait plutôt à un hôtel de passe. Ce que confirme le Pakistanais qui tient un bar en face. Ainsi qu’Elvira Cadoppi, qui loge ici ponctuellement. Elles étaient originaires du même village, Rigoso, vers la montagne. Autrefois, Ghitta y fut rebouteuse, capable de guérir bien des maux. Respectée pour son don, mais généralement détestée, elle fut impliquée dans une affaire d’adultère. Elle vint s’installer à Parme, créant cette pension. Il semble que Ghitta ait été avorteuse clandestine, à une époque. Le commissaire comprend qu’il y avait un certain nombre de côtés sombres dans la vie de la victime.
Soneri hante le quartier, qui a bien changé depuis le temps où il y venait pour Ada. Rien d’anormal dans l’appartement de la voisine Fernanda, qui a visiblement programmé son départ. Le policier discute avec quelques rescapés du quartier, tel le clochard Fadiga et le barbier Bettati. Quant au Frère Fiorenzo, c’est à lui qu’on a anonymement transmis l’arme du crime, un couteau spécifique de charcutier. Tenu par le secret de la confession, ce moine ne pourra guère aider le commissaire. C’est lui qui se chargera des obsèques de Ghitta : peu de personnes sont présentes, alors que tant de gens la connaissaient. Ettore, l’amant d’autrefois de Ghitta, révèle que la défunte était bien plus riche qu’on le pensait.
Un lien pourrait exister entre ce meurtre et l’affaire Dallacasa. Quelques années plus tôt, un ancien activiste de gauche ultra fut exécuté, probablement par d’ex-amis. Sachant que Fernanda est l’héritière désignée de Ghitta, ça peut constituer aussi une piste à suivre. Néanmoins, Soneri s’intéresse plutôt à Pitti, un dandy efféminé rôdant fréquemment dans le quartier. Ce fut un proche de la défunte, et il paraît en relation avec Elvira Cadoppi. Par ailleurs, Ghitta était en contact avec des investisseurs immobiliers de Parme. Le cas de ces affairistes concerne plus sûrement la brigade financière. Tandis qu’arrive Noël, Soneri continue à fouiller dans les noirs secrets de Ghitta, et peut-être également d’Ada…

Insomma, era ben partito, ma alla fine l'intrigo diventa troppo complicato e poco verosimile.... vabbè, sarà per la prossima volta

venerdì 23 novembre 2018

Gruppo 无名: Nuove proposte arrivate

Cominciamo organizzando il tutto in due grandi gruppi: struttura-organizzazione e contenuti lavoro

Le proposte non sono in ordine di importanza, ma semplicemente in ordine di arrivo. Più avanti decideremo la gerarchizzazione.

Come già spiegato, salvo richiesta contraria, i contributi restano anonimi.

1. struttura organizzazione  

Espandere il modello CFS a FAO governing bodies, facendo entrare anche le organizzazioni contadine, indigene. 

Revisionare il modello di rappresentanza dei paesi e creare una accountability dei perm reps che spesso sembra che si facciano solo gli interessi loro e nemmeno tanto quello dei paesi. Questo creerebbe una doppia accountability e diminuirebbe i casi di corruzione e collusione.

In altre organizzazioni come UN Women per esempio il tema dell’ accountability è molto forte. Esiste una sezione ‘report wrongdoing’ e una ‘investigations hotline’ che non credo per FAO sia mai stata creata:

Eliminare tutte le posizioni di Deputy Director (nella Sede, e equivalenti negli uffici regionali) e abbassare il livello di Direttore/rice a D1, con conseguenti risparmi e riduzione dei posti di potere

Eliminare Strategic Objectives e Programmes (e tutte le posizioni specifiche afferenti). 

Ridare centralità ai meccanismi di dialogo fra Management e Organi di rappresentanza dello staff (UGS/APS)

Sospensione immediata del programma mobilità e apertura di un tavolo di discussione con integranti senior management e APS

Maggior libertà di espressione  sia a livello di idee lavorative, sia se si tratta di criticare il management;  

Politiche per la famiglia che siano degne di questo nome: orario flessibile per tutti; congedo di maternità da equiparare a  quello italiano o mondiale, lo stesso per adoption leave. Le UN hanno un congedo di maternità in totale di 3 mesi e discriminano bellamente - non solo la FAO, sul adoption leave che é di 10 settimane in tutto SOGGETTA ALL'APPROVAZIONE DEL DG??? Ma siamo scherzando.... un diritto che é assoggettato alla volonta' di un DG?? 

Ritornare ad a fare dell'ambiente FAO.. come una grande famiglia.. dove si possano coinvolgere le famiglie, e  i nostri figli per feste nazionali o culturali invece di essere come ora prigionieri della SECURITY.. spesso senza motivo... ;  

Mi piacerebbe che si potesse restare in FAO anche fino alle 1900: si potrebbero creare spazi per attività ludiche per i bambini, cosi i genitori non dovrebbero correre a destra e a manca senza sapere dove lasciare i propri figli; 

Teleworking... anche qui... ora abbiamo 10 gg in tutto l'anno sempre soggette al volere della dirigenza. In molte aziende il telelavoro è semplicemente una forma di lavoro ed un risparmio per l'azienda; 

Mobilità per i General service, tutti una volta nella vita lavorativa dovrebbero fare un'esperienza sul campo!! 


Basta discriminazioni  legate alla nazionalità

2. contenuti lavoro

Gender: due opzioni: mettere il gender team sopra le divisioni tecniche e non dentro ESP. Oppure come suggerisce la proposta seguente, tenere dei team più piccoli dentro le divisioni tecniche ma dare più potere politico al team tutto.

Il ‘gender team’ dovrebbe essere creato in OGNI dipartimento e non confinarlo a social policies and rural institutions (ESP). E’ vero che nei dipartimenti ci sono poi gender focal point, ma a volte queste persone sono identificate a caso, si tratta in realtà molte volte di donne che hanno a ‘cuore’ il tema gender. Bel sentimento, ma se uno vuole trattare per esempio tema rognoso gender in emergency context bisogna avere un esperto/a che sappia dove metterci le mani 

Riposizionare il gruppo Land Tenure in altro dipartimento: in particolare considerare i pro/cons di una integrazione con il gruppo Land Management. Riconsiderare il mandato in modo da aumentare lo spazio di lavoro nell'area di Policy. 

Ripensare il ruolo degli ADG per farli diventare dei Senior Policy Advisors nelle proprie aree di competenza e non più degli Yes Men/Women agli ordini del DG

Ripensare mandato Divisione delle Politiche vincolandola maggiormente alle altre Divisioni tecniche e agli uffici di rappresentanza nei paesi in modo da servire come policy advisors ai paesi direttamente sul terreno




giovedì 22 novembre 2018

Gruppo无名: Raccogliamo idee per una rinascita dal basso della FAO del futuro

Gruppo 无名: 
Raccogliamo idee per una rinascita dal basso della FAO del futuro

Cari/e amici/he e ex-colleghi/e

Pian piano si avvicina la fine di questa triste gestione brasiliana che lascia l’Organizzazione in condizioni peggiori del passato. Non starò qui a ripetervi quello che sapete già e sperimentate ogni giorno sulla vostra pelle: la mancanza totale di considerazione e di rispetto da parte di un management oramai chiuso nella propria torre d’avorio, intento solo a fare gli ultimi regali ai servi che per tanti anni hanno lodato il Supremo.

Sappiamo che la nostra agenzia, per essere una delle prime ad esser stata creata, paga il prezzo di un imprinting storico di tipo piramidale per cui contano molto di più i generali che i soldati. Questo sentimento di abbandono lo abbiamo vissuto in tanti, ma ogniqualvolta abbiamo provato a stimolare delle azioni partecipate, inclusive, dal basso, ci siamo scontrati con un sentimento di abbandono e di poca voglia di crederci da parte di tanti giovani e non più giovani, come se oramai avessimo tutti introiettato lo stesso virus dell’individualismo che impedisce la realizzazione di azioni che concretamente abbiano un impatto sui problemi che la FAO dovrebbe affrontare.

Malgrado la mia stanchezza profonda e la disillusione che mi ha provocato questo management che si voleva “progressista” e che poi è affondato negli scandali di tutti i tipi, al pari dei loro mandanti brasiliani oramai in carcere, mi è venuta voglia di provare a stimolare una riflessione e una possibile raccolta di idee che - sognando a occhi aperti - potesse costituirsi in una piattaforma delle cose da fare e/o da cambiare dentro l’organizzazione che possa dirsi legittimamente prodotta da chi la FAO la conosce dal di dentro.

Magari non servirà a nulla, tanto le elezioni future risponderanno sempre alle stesse logiche di spartizione del potere, un manuale Cencelli applicato alle varie agenzie nazioni unite (chi prenderà l’UNEP adesso che il norvegese ha dovuto dimettersi? E chi la FAO?), ma se vogliamo che un giorno le cose cambino, dobbiamo pur iniziare da qualche parte.

Possiamo iniziare buttando lì le cose che ci teniamo dentro, senza una struttura già predisposta, e poi mano a mano che andiamo avanti, vediamo come organizzarci. 

Dato che per molti di voi non sarà facile metterci il nome e la faccia, propongo di chiamare questo gruppo con gli ideogrammi indicati sopra, che significano Senza Nome (un grazie particolare a BV). Potete rispondere sul blog oppure scrivermi sulla mia mail paologroppo60@gmail.com. Metterò io le vostre proposte nelle attualizzazione periodiche di questo post, così non correrete rischi.

Se vi va di far girare questa proposta ad altri amici/he e colleghi/he, magari anche traducendolo, sentitevi liberi di farlo. 


Alla fine spero che entro l’estate prossima abbiamo un prodotto nostro, che ci faccia sentire parte di una stessa squadra.  

martedì 20 novembre 2018

2018 L55: John Berger - Una vez en Europa


Algafuara Ed. 1992

Las cinco historias de amor incluidas en Una vez en Europa son un alegato contra la destrucción de la vida rural. John Berger -«un escritor sin rival en la literatura contemporánea en lengua inglesa», según Susan Sontag- refleja en ellas su modo de entender la realidad. Como él mismo reconoce, «tal vez mi aversión por el poder político, sea cual sea su forma, demuestra que soy un mal marxista. Intuitivamente siempre estoy al lado de aquellos que viven dominados por ese poder». Como antes de Puerca tierra, destaca aquí ese «realismo limpio» de John Berger, obsesionado por la claridad de una expresión que surge ante nosotros como una poderosa llamada de atención sobre el divorcio entre el hombre y la tierra.

Un regalo de mi amigo David para seguir en las reflexiones del nuestro GreeNTD... Lettura interessante....

martedì 6 novembre 2018

2018 L54: Fernand Braudel - La dynamique du capitalisme



Traduit dans plus de vingt langues, La Dynamique du capitalisme présente avec verve les conclusions de trente ans de recherches sur l'histoire économique du monde entre le XVe et le XVIIe. siècle. Cet opuscule regroupe trois conférences, que Braudel a prononcées aux Etats-Unis en 19 ;6. Il y résume de manière limpide ses thèses sur la naissance du capitalisme à l'époque moderne, la notion d'économie-monde, etc. "Histoire économique" fait peur, sonne étroit et abstrait. Pourtant, nous dit Braudel, cette histoire-là est "l'histoire entière des hommes, regardée d'un certain point de vue. Elle est à la fois l'histoire de ceux que l'on considère comme les grands acteurs. un Jacques Coeur, un John Law ; l'histoire des grands événements, l'histoire de la conjoncture et des crises, et enfin l'histoire massive et structurale évoluant lentement au fil de la longue durée." C'est donc une histoire concrète, fondée sur le quotidien, en même temps qu'une réflexion sur l'évolution des économies-mondes : ainsi l'Europe a-t-elle vu en quatre siècles son centre de gravité se déplacer de Venise à Anvers, puis Gênes, Amsterdam, et Londres. C'est là que, successivement, "le soleil de l'histoire fait briller les plus vives couleurs, là que se manifestent les hauts prix, les hauts salaires, la banque. Toute une modernité économique en avance s'y loge."

Ogni tanto un ripassino serve. Buona lettura anche a voi.

venerdì 2 novembre 2018

La progressiva sparizione di questa "sinistra" di governo



Non so se oltre alle pubblicazioni del gruppo Benedetti (Repubblica e l’Espresso) ci siano tanti altri luoghi dove si cerchi di discutere dell’evoluzione di questa forza politica, dalle sue origini al suo quasi nulla attuale. 

Anche stamattina ritrovo un articolo di Nadia Urbinati che fa seguito ai tanti interventi di Ignazi, Murgia, Cacciari e molti altri. Quello che mi sorprende è l’appiattimento storico su avvenimenti recenti per cercare di spiegare cosa sia successo e quali possano essere le strade per venirne fuori. Uno dei temi portanti sembra essere il ruolo chiave delle prossime elezioni europee, con proposte che rasentano l’incredulità, sia per la serietà dei proponenti, primi fra i quali Cacciari e Scalfari, sia per l’opposizione ontologica tra le parole “sinistra” e “Macron”. 

Ma lasciamo perdere per un momento questa poco utile ricerca dentro i limiti di una attualità che non si capisce se non si allunga il collo verso i decenni che l’hanno preceduta. Proprio in queste settimane mi è capito di rileggere un libro molto interessante sulla storia di Giovanni Falcone e il vuoto istituzionale, politico, mediatico che gli venne creato attorno per isolarlo e creare le condizioni per la sua eliminazione fisica. Che la Democrazia Cristiana fosse legata a filo doppio con la mafia era cosa che pensavamo in tanti fin da piccoli, ma Falcone riuscì a dimostrarlo nelle aule dei tribunali. Che la mafia fosse un’entità che agiva in modo organico e sistemico fu lui a pensarlo e a dimostrarlo, contro le opinioni di molti intellettuali siciliani e non. Che la DC locale e nazionale non volesse del bene a Falcone era chiaro, ma uguale era la situazione con il PCI, con intellettuali come Trombadori e Macaluso a criticarlo in maniera incomprensibile, fianco negli “eroi” della primavera siciliana come Leoluca Orlando. Non parlo poi dei giornalisti, sia quelli a libro paga della mafia oppure delle forze governative siciliane, ma anche di “penne” sacre come Sandro Viola della Repubblica.

Oltre a questo libro mi è capitato in mano il rapporto di minoranza sulla Commissione Parlamentare sullaP2, scritto dall’onorevole radicale Massimo Teodori. Testo che dovrebbe essere obbligatorio nelle scuole superiori, molto di più di quello all’acqua di rose preparato e votato alla maggioranza (pentapartito + PCI). Il testo è interessante perché spiega come non solo i partiti dei governo avessero contatti con la mente strategica della P2, Licio Gelli, ma che anche il PCI avesse molti scheletri nell’armadio da nascondere su questo rapporto che iniziò addirittura prima della fine della guerra, quando Gelli era un noto attivista della RSI.

Mano a mano che si va avanti con queste letture ritornano in mente tutte le rabbie di quegli anni ed anche si capisce a comprendere meglio il distacco fra la logica di quel potere, democristiano, al quale ambiva anche il PCI, e la vita vera della gente normale. Finché il patto lavoro e benessere contro delega totale ai piani alti di fare quello che gli garbava ha funzionato, lo scollamento non si è avvertito molto. Al massimo aumentavano i voti del PCI, che altro non era che una chiesa diversa negli slogan ma fondamentalmente sempre più articolata al modo di governare in voga: aiutare gli amici, nessuna trasparenza, un conservatismo di fondo e un interesse quasi nullo per il tema dei diritti femminili e un silenzio assordante nella lotta alle mafie, interrotto solo da quei militanti e leader che ancora credevano nei miti fondanti del Partito, per cui ci rimisero la pelle, senza che questo facesse cambiare la politica vera, non quella delle chiacchiere, dei lire nazionali.

Con lo sconquasso degli anni 90, e la provata incapacità di queste forze politiche di capire e gestire il nuovo mondo che appariva dopo la caduta del muro di Berlino e lo scioglimento dell’Unione Sovietica, la supplenza lasciata alla magistratura ha segnato il passaggio dal primo al secondo tempo. Un secondo tempo dove si è incrinato il patto di fondo, perché di lavoro e benessere cominciava ad essercene meno, mentre la sfiducia accumulata negli anni nei confronti delle forze di governo cominciava a cercare altre strade, velleitarie, ma comunque segnali che qualcosa di profondo si era rotto.

Lo scioglimento del PCI e della DC dentro quella strana cosa che oggi è diventata il PD, si è fatto nell’assenza totale di comprensione di cosa fosse successo e di come la percezione della gente normale fosse oramai lontana anni luce da quella dei quella che G. Stella chiamò la “Casta”.

Non essendoci quasi più nulla da proporre, nel senso che le grandi priorità del paese non erano state rilevate prima e lo erano ancor meno da questa nuova forza politica: lotta alle mafie, all’evasione fiscale, al degrado del territorio, nonché tentare di capire cosa produceva la nostra azione occidentale (non solo italiana ovviamente) nelle realtà del sud, provocando i primi mega flussi di immigrati che si pensò potessero essere risolti con un buon film e nulla più. L’economia andava a rotoli e forse non molti ricordano l’intervento del governo Amato che si prese i soldi direttamente nei nostri conti correnti per cercare di ridurre il mega deficit nazionale. 

Si cercò allora la supplenza dell’Unione Europea, inventandosi una sfida che facesse dimenticare tutto il resto. Riuscimmo ad ancorarci all’euro, pensando che quella fosse la soluzione. Fin dall’inizio mancava l’altra metà del programma e cioè una unificazione politica che compensasse le asimmetrie di potere evidenti nell’economia. Questa mancanza fece sì che pian piano quello che era diventata una “conquista” di cui tutti eravamo fieri, la moneta unica, è diventata parte del problema, dato che dietro di lei si nasconde un meccanismo e una ideologia neoliberale che sta trascinando i paesi del sud Europa verso il fallimento, mentre quelli legati alla Germania accumulano soldi a palate.

Che il banco dovesse saltare per aria era solo questione di tempo, e probabilmente questo non è ancora finito. I temi lunghi delle evoluzioni di società (tradotti in processi politici) hanno fatto sì che la rabbia accumulata da oltre un trentennio cominciasse a venir fuori. Che poi i 5S e la Lega riescano ad incanalarla è un altro discorso: già c’aveva provato l’ex-Cavaliere e gli è andata male, questi qui sembrano ancora più rozzi e impreparati, sopratutto nell’ala 5S. 

Abbiamo davanti anni di incertezze, economiche, politiche, finanziarie e tutto quello che viene dietro, tipo le emergenze ambientali e l’aumento prevedibile delle migrazioni. La riflessione dovrebbe portare su questa ampiezza di campo, e non focalizzarsi su queste elezioni che potranno solo certificare un avanzamento di queste forze fuori dal campo tradizionale, probabilmente però non abbastanza per cambiare la sostanza di un’Europa che al giorno d’oggi è più un problema che una risorsa. Basta leggere quello che lo stesso Espresso scrive dell’eredità che ci lascia l’ubriacone lussemburghese Junker, uno che avrebbe dovuto andare in prigione e non certo a dirigere la Commissione. 

Il dibattito in corso mi sembra tremendamente povero, ma nel che è peggio è che probabilmente è anche quanto di meglio questa “sinistra”, oramai transitata verso un Centro che forse non esiste più (in questo momento storico), sia capace di mettere in gioco.


Prepariamoci al peggio.

giovedì 1 novembre 2018

2018 L53: Francesco La Licata - Storia di Giovanni Falcone




Feltrinelli, 2006

Francesco La Licata ricostruisce le vicende salienti della vita di Giovanni Falcone, palermitano autentico, magistrato protagonista del pool antimafia e del maxiprocesso di Palermo, giudice a cui era stata data la delega per sconfiggere la mafia, e che dalla mafia è stato neutralizzato mediante l'isolamento e la delegittimazione, con accuse di protagonismo, opportunismo e smania di potere, fino all'epilogo della strage di Capaci, il 23 maggio 1992. Con una nota di Gian Carlo Caselli.

Basta una citazione, di Milan Kundera, nel capitolo finale: La lotta dell'uomo contro il potere è la lotta della memoria contro l'oblio.

Nessun dubbio che sarà nella Top dell'anno. 

E per i lettori di Repubblica, ricordatevi quando vi capiterà di leggere un articolo di Sandro Viola, che era uno dei nemici dichiarati del giudice Falcone.