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sabato 25 aprile 2015

2015 L19: La Oculta - Hector Abad Faciolince

La Oculta, una finca que existe en la vida real, en el suroeste de Antioquia, es el escenario de la novela que lleva el mismo nombre, escrita por Héctor Abad Faciolince (Medellín, 1958).
El autor, que también es traductor y periodista, se vale de su paisaje, su lago y la nostalgia que le inspira para remontarse a las épocas de la colonización antioqueña y hablar del pasado judío de muchas familias que encontraron en esas montañas su tierra prometida.

http://www.eltiempo.com/entretenimiento/musica-y-libros/la-oculta-ultima-novela-de-hector-abad-faciolince/15050235
interesante entrevista del autor

Ottimo libro, sarà nella Top

martedì 21 aprile 2015

La prueba que el capitalismo le ganó a los revolucionarios colombianos



Una de las prácticas típicas del capitalismo real, lo que conocemos, y no lo que está detallado en los libros, es la de trabajar hacia un control cada vez más estricto de los mercados de manera a reducir los beneficios (para los clientes) de una eventual libre competencia entre productores. La práctica se llama cartelización y es cosa común en cualquier país donde domine ese modo de producción.
Menos conocidas son las prácticas de los grupos “guerrilleros” colombianos, en particular FARC y ELN, al respeto de “cartelizar” las tarifas extorsivas en regiones donde ambas trabajan, de manera que la cobranza sea segura y alta. Cito del penúltimo numero (n. 1718) de la revista Semana de Colombia, un artículo sobre la minería ilegal que estaría remplazando el flagelo de la Coca:
“Los compañeros del ELN proponen revisar y unificar las tarifas de impuestos. Si no pagan se prohíbe la entrada a la zona y se les destierra si ya están. 3 millones mensuales por retroexcavadora, draga 500.000, motores 250.000, 10 por ciento por kilo (de oro) extraído”, dice uno de los apartes de uno de los correos encontrados en operaciones contra el frente 30 de las Farc.

Obviamente el impuesto sirve para apoyar la revolución. Que viva compañeros!!!

A mi juicio, una vez que las negociaciones de paz acaben y las Farc se presenten a libres elecciones, no llegarán ni al 5%. Esta gente ha destruido el sentido de los conceptos de lucha para un mundo mejor.

mercoledì 15 aprile 2015

Tenente William Calley – 3 anni e mezzo di arresti domiciliari e i combattenti ISIS, Shabab, Boko Haram ...



 “Non dovevi cercare la gente per ucciderla: erano proprio lì. Tagliai le loro gole, le loro mani, le loro lingue, li scotennai. Io feci questo. Molti di noi facevano questo ed io feci come gli altri. Avevo del tutto perso il senso della direzione”

Chi l’avrà detto? Al Qaeda, Boko Haram, ISIS, Shabab o qualche altro gruppo di pazzi sanguinari?

E dopo che questi fatti sono successi, voi andreste ad applaudire quella gente? Mangiare un boccone, bere un bicchiere, fare politica assieme a loro?

Bene, la risposta alla prima domanda è: sono parole di Varnado Simpson, uno dei soldati americani che partecipò al massacro di My Lai in Vietnam che, puntualmente, la rete franco-tedesca Arte (il solito gruppetto di estremisti comunisti) ci ha riproposto ieri sera. Chi volesse leggere qualcos’altro può andare a questo indirizzo http://www.nonsolobush.it/page6.php. Chi li comandava quel giorno, il tenente Calley, una volta scoperto, processato e condannato, se l'é cavata con 3 anni e mezzo di domiciliari.

Non metto foto su questo post perché sarebbe troppo.

Voglio solo ricordare che con gli americani andiamo d’amore e (quasi) d’accordo , facciamo politica, litighiamo, mangiamo i loro hamburger e li critichiamo.

Un giorno, ci piaccia o meno, ci toccherà cominciare a porci le domande che non vogliamo farci oggi. Dovremo capire cosa spinse quegli americani a compiere quegli eccidi e quelle bestialità raccontate anni dopo, dopo aver cercato di negarle per anni. Dovremo fare lo stesso con quegli assassini che prendono i nomi di cui sopra, se vogliamo capire chi sono, da dove vengono, e dove vogliono andare, spontaneamente o manipolati. Ma non sarà diabolizzandoli che andremo avanti. Lo che è duro ammetterlo … ma non ci sono alternative.

giovedì 9 aprile 2015

2015 L18: Temps glaciaires - Fred Vargas

Flammarion 2015

Adamsberg attrapa son téléphone, écarta une pile de dossiers et posa les pieds sur la table, s’inclinant dans son fauteuil. Il avait à peine fermé l’oeil cette nuit, une de ses soeurs ayant contracté une pneumonie, dieu sait comment. – le femme du 33 bis? demanda t-il. Veines ouvertes dans la baignoire ? Pourquoi tu m’emmerdes avec ça à 9 heures du matin, Bourlin? D’après les rapports internes il s’agit d’un suicide avéré.
Tu as des doutes? Adamsberg aimait bien le commissaire Bourlin. Grand mangeur, grand fumeur, grand buveur, en éruption perpétuelle, vivant à plein régime en rasant les gouffres, dur comme pierre et bouclé comme un jeune agneau, c’était un résistant à respecter, qui serait encore à son poste à 100 ans. – Le juge Vermillon, le nouveau magistrat zélé, est sur moi comme une tique, dit Bourlin. Tu sais ce que ça fait les tiques?

Anni d'attesa e finalmente Adamsberg è tornato. Bel libro, come al solito ti fa viaggiare.. storia incredibilmente contorta anche se, mi permetto, non risulta del tutto chiaro il perchè si sia scatenato il tutto. Il caso ha voluto così? Non so, ma mi è rimasto come un amaro in bocca.
Top dell'anno.

Colombia in marcia verso la pace?



Primo post da Bogotà, dopo giornate intense sia alla Cumbre Mundial de Arte, Cultura para la Paz sia di riunioni extra per discutere con la Segreteria di sviluppo economico del Comune di Bogotà di temi di sviluppo ambientale sostenibile e modelli partecipativi e poi con la federazione delle camere di commercio dei settori legati all’agricoltura (risicoltori, produttori di concetrati per l’allevamento animale, molini etc.).

Il tema è sempre lo stesso: la irreversibilità del dialogo in corso all’Avana fra governo e guerriglia della FARC, prospettive di pace nel paese e come prepararsi a questo futuro che sembra avvicinarsi rapidamente.

La prima constatazione che ho condiviso con tutti loro è che al giorno d’oggi il centro geopolitico mondiale sta molto lontano dall’America Latina, per cui del negoziato di pace in Colombia, detto in soldoni, al di là dei diretti interessati e dei pochi che per ragioni professionali o affettive lo stanno seguendo, non interessa a nessuno. Il che obbliga i colombiani a rimboccarsi le maniche e ricordarsi che è un problema loro, trovare il modo di fare la pace ma soprattutto evitare di ricreare le condizioni che facciano ripartire il conflitto nel prossimo futuro.

Ci sono circa 3 milioni di desplazados, ai quali vanno sommati le circa 70 mila combattenti armati ancora in circolazione. Insomma un numero grande, non impossibile da gestire ma che richiederà uno sforzo adeguato. 

L’interessante della storia  sono tre momemti chiave:
1.       Il primo al Teatro Gaitàn dove sono stato invitato a condividere le nostre esperienze in materia di conflitti legati alle terre. Non c’erano star che richiamassero il pubblico, nessuno aveva l’obbligo di venire, ma il teatro era pieno. Varie centinaia (a occhio direi un 500 posti) di persone da mattina a sera e, più interessante, in gran parte giovani, ventenni o poco più. Lascia ben sperare per il futuro, e quindi un Bravi agli organizzatori (Comune di Bogotà, retto da circa 12 anni da maggioranze di sinistra)
2.       Il secondo riguarda il programma di sviluppo rurale che sta portando avanti il comune di Bogotà (il 75% del territorio comunale è rurale, incredibile vero?): esattamente quello che da quasi quindici anni veniamo predicando col nostro approccio di Sviluppo Territoriale Negoziato, in più con una attenzione particolare alla dimensione ambientale. Da ricordare che si lavora in zone dove la guerriglia comanda. Da ricordare anche che il modello organizzativo che vogliono spingere è quanto di più inclusivo, partecipato e orizzontale io conosca. Ossia, un programma che questione centralmente il meccanismo di potere (paternalista e assistenzialista) portato avanti fin’ora dal governo centrale. Un team giovane, motivato, al quale ho fatto alcune raccomandazioni perché capiscano a cosa stanno giocando. Troveranno molti ostacoli, proprio perché la centralità dei poveri attori locali, che loro vogliono portare a diventare i gestori del territorio, assieme alle istituzioni comunali, è esattamente il contrario dell’oppressione contadina storica. Saremmo onorati di poterli aiutare. Soprattutto perché dimostra, in vista del futuro scenario post-conflitto armato, che è possibile ricostruire il paese su basi diverse, più democratiche, partendo dal locale.
3.       Ultimo, ma non meno importante, la riunione con i settori produttivi del campo. Interessante vedere la disponibilità a dar una mano a un processo che, anche se ne sanno poco, dato che le informazioni filtrano col contagocce, giudicano oramai irreversibile. Si arriverà a firmare la pace, ma bisognerà darsi da fare per creare lavoro, ridurre il deficit sociale, accettare una buona dose di pragmatismo nel perdono per atti commessi dalle varie parti, e cercare una strada loro per andare avanti.

Torno a casa domani con un animo più leggero. Il cammino sarà lungo, ma questa volta sento che sarà la volta buona. Già una volta partecipai a un processo che sembrava essere in dirittura d’arrivo. A me toccò formulare la componente legata alla Terra del programma ProderPaz, che però all’ultimo momento non partì causa il rapimento di Ingrid Betancourt. Oggi è diverso, il senso della storia va nella direzione della pace. 

Dopodichè resterà da sormontare le immense fratture sociali esistenti nel corpo colombiano, in termini di diritti, di accettazione della diversità (afro, indio) e di guardare avanti nel rispetto degli altri.