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martedì 30 maggio 2017

Gocce di speranza ancora esistono

Per chi come me ha passato decenni a battersi all’interno di organizzazioni internazionali interessate maggiormente al mantenimento dello status quo piuttosto che combattere realmente contro povertà, fame e disastri ambientali, le notizie positive non sono mai molto frequenti.
Capita quindi che in tanti, partiti con bei propositi e tanta energia, ci si perda per strada e si finisca stanchi, delusi, depressi o quant’altro. Sembrano sforzi immani e Sisifo un compagno di viaggio quotidiano. Ricevi scappellotti sulla nuca, tipico gesto italiano per “correggere” i bambini disubbidienti e riottosi. Te li danno non fisicamente ma moralmente, con reprimende fra quattro mura; ti limitano nei viaggi, ti tolgono progetti, insomma il solito (light) mobbying. L’idea di presentarsi per posti a livelli superiori capisci subito che non porterà da nessuna parte, e quindi o trovi dentro di te le energie necessarie oppure ti butti giù. 
Io ho scelto una strada un po’ diversa, complicata ma che mi fa andare ancora con la testa alta dopo quasi 30 anni passati in questo mondo. Avendo una buona base tecnica di partenza, grazie agli insegnamenti di come si studino storicamente i sistemi agrari, le loro evoluzioni e possibili crisi, ho potuto zittire spesso la bocca di colleghi arroganti che non avevano né l’umiltà né le capacità tecniche per occuparsi di progetti e programmi di sviluppo. Avevano, spesso, l’autorità, il grado superiore, capi, direttori e via via sempre più su. Ma questo non è mai stato un vero problema, nel senso che, rispettoso della gerarchia come è doveroso che sia in grandi agglomerati come i nostri, non ho mai chiuso la bocca e ogni qualvolta venivano offerte possibilità di opinare, le cose le ho dette. Avendo qualcosa da vendere sul mercato della cooperazione internazionale, e avendo una solidità familiare e un accordo con mia moglie che mi ha permesso di non abbassare mai i pantaloni, ho tenuto duro. Ricordo ancora quando un direttore, il mio capo diretto, volle eliminarmi attraverso un concorso interno per formalizzare la mia situazione contrattuale dopo anni di precariato. L’idea sua era di pilotare il concorso e così fece, proponendo ai primi posti delle persone, di fiducia sua, che sfortunatamente per lui, non avevano i requisiti minimi richiesti. Era talmente pieno di sé, che considerava quelli come dei dettagli, quisquilie direbbe Totò. Si era anche parato il culo facendosi approvare le sue mosse dal capo dipartimento.
Il posto lo diedero a me e i due, meschini, fecero una figura di cui i vecchi ancora si ricordano. Ometto i nomi perché non val la pena di soffermarsi su di loro. Era solo per ricordare come, a volte, succedono cose positive, che ti fanno andare avanti. Così facendo siamo riusciti a smuovere le acque sui diritti sulle terre in paesi in guerra o immediatamente alla fine del conflitto. Sono riuscito anche a tirar su un gruppo, numeroso, di giovani di belle speranze, che oggi difendono gli stessi valori nei loro posti di lavoro, con organizzazioni internazionali, private, università e altro. Anche dentro l’organizzazione sono riuscito a dare un po’ di energia e qualcosa ho ricevuto in cambio.
Adesso mancano oramai poche settimane all’addio, e passo il tempo in questo ufficio decentrato dove le logiche interne sono sempre quelle di controllare i pochi soldi disponibili, non condividere nulla con gli altri se non quando obbligati, ottusità mentale, zero empatia e voglia di fare lavoro di squadra.
Una goccia però mi è arrivata anche qui. Ieri, per caso, ho aperto un documento, una nota concettuale si chiama nel gergo nostro, preparata da colleghi della casa madre, relativamente a possibili fonti di finanziamento per progetti sulla degradazione delle risorse naturali. Il testo era figlio di quelle visioni ideologiche del passato, madre natura messa a disposizione di noi umani, ideologia di basso livello che quasi quasi non trovi nemmeno da Trump; proposte intellettualmente limitate con la solita riproposizione di ricette che non hanno dato frutto finora. Le dita sono corse veloci sulla tastiera, e ho mandato indietro una serie di commenti forti, non al vetriolo, ma insomma il messaggio chiaro era: basta con ste cazzate, cominciamo a fare i seri se vogliamo avere ancora un futuro.
Mi aspettavo una valanga di critiche, e invece un collega mi ha detto di aver molto apprezzato questa chiarezza (lui è arrivato da poco, per cui le sue energie sono ancora vive) e mi ha detto: se vuoi un po’ di soldi per far qualcosa di serio e diverso, li posso trovare. Subito.
Un pensiero mi è passato per la testa. Anzi due. Avessi incontrato prima colleghi come questo, chissà quante cose avremmo potuto fare; adesso è tardi per me che conto le settimane. Ma mi son trovato a pensare che valeva la pena raccontare di questa goccia di speranza. Lottare dal di dentro per cambiare in meglio queste organizzazioni è un dispendio di energie enormi. Ma va fatto, e a volte arrivano dei segnali che ti incoraggiano a continuare. Lo dico e lo scrivo soprattutto per i “miei” ex-giovani che resteranno dopo di me a portare avanti questi principi di dialogo, negoziazione e concertazione, lottando contro poteri forti e in situazioni altamente asimmetriche. Arriveranno anche per voi queste gocce di speranza, credeteci.

Fregene 2017







pochi giorni fa, tornati al volo per una riunione di lavoro... voglia di mare...

sabato 27 maggio 2017

2017 L21: Mohamed Salmawy - Colazione al Cairo


Giunti 2012

Doha è una donna altolocata, una stilista riconosciuta che si muove tra feste esclusive ai piani alti dei grattacieli, lontana dai recenti avvenimenti politici che scuotono il Cairo. Un giorno, però, bloccata nel traffico di piazza Tahrir, rischia di perdere l'aereo che deve portarla in Italia dove per la prima volta ha l'occasione di presentare la sua collezione di moda al jet-set internazionale. Con l'aiuto del marito, influente membro del partito al governo, riesce ad arrivare in tempo in aeroporto e a partire. In aereo incontra il prof. Al-Ziny, esponente del partito progressista e avversario politico del consorte che, nonostante le iniziali ritrosie di Doha, si dimostra abile e affascinante conversatore. Arrivati a Roma si separano ma, complice il destino, si ritrovano in un ristorante di Trastevere e dopo cena, accompagnandola in albergo, Al-Ziny le regala una rosa. Doha ha abbassato ormai tutte le difese e si abbandona al fascino dell'uomo. Comincia allora a nutrire dei dubbi sul proprio lavoro, sulle proprie convinzioni politiche e sul proprio matrimonio. Intanto in Egitto la situazione politica si fa sempre più difficile tanto che al loro ritorno Al-Ziny viene arrestato. E Doha prende una decisione che cambia la sua vita mentre cambiano i destini del suo paese.

Romanzo all'acqua di rose dove basta una piccola spinta e il castello dell'oppressione secolare in Egitto viene giù tutto. Sogni quasi adolescenziali, insomma... palloso.

martedì 23 maggio 2017

Un film, Manchester e altre vecchie idee che tornano…

Strana giornata questa di oggi. Tutte le fonti informative sono lì a ripassarci servizi da Manchester dopo l’attentato di ieri sera. Eppure la mia attenzione è stata più attratta da un film, Lo Stato contro Fritz Bauer, appena finito di vedere. E mi sono chiesto perché.

Il film ha il grande merito di ricordarci quello che abbiamo tendenza a dimenticare. Si applica alla Germania ma noi italiani non possiamo certo dirci esenti, e così pure altri paesi “occidentali” sono sicuramente passati per comportamento molto simili.

La storia ci racconta che i nazisti hanno perso la seconda guerra mondiale, e così pure i loro alleati dell’Asse. Ma la realtà ci dice invece un’altra storia, e cioè che molti di quei paesi perdenti non hanno mai voluto fare realmente i conti col loro passato. 

Lo Stato contro Fritz Bauer ci racconta di una Germania diventata “democratica”, atlantista e filo-occidentale dove l’essenziale dei gangli della sfera pubblica sono rimasti in mano ai funzionari e gerarchi nazisti. Usando il pretesto del caso Eichmann, ci viene descritto il clima di quegli anni (fine anni 50), dove era penalmente molto più pericoloso avere tendenze omosessuali che aver avuto un passato da gerarca nazista.

La realtà è che abbiamo voluto, o hanno voluto, raccontarci una storia, inventandola in buona misura, dove NOI, gli occidentali, eravamo i buoni e gli altri, i rossi, erano il male. Se ripensate bene, fatta l’eccezione particolare del caso ebreo, era la stessa visione manicheista che ha portato la Germania a dichiarare la guerra. Noi siamo nati e cresciuti in un clima di belle storielle, dove lo sviluppo e la pace erano ovvie conseguenze del fatto di essere noi i buoni. 

Ce l’hanno cantata così bene che alla fine gran parte delle masse ha finito per crederci. Il fatto che a casa nostra non ci fossero più guerre, e che quelle che avvenivano fuori dai confini del mondo sviluppato avessero sempre davanti quelli là, i rossi, cioè il male, ci rafforzava nella nostra visione bianca e nera. 

A un certo punto, il fiore del male ha cominciato a fiorire anche nelle alte sfere occidentali, per cui a forza di raccontarci che noi eravamo i buoni, abbiamo cominciato a credere sul serio di avere una missione civilizzatrice. Noi, l’occidente, dovevamo portare la democrazia altrove, da quei barbari che non conoscevano la vera fede, la nostra. Discorsi degni della Conquista spagnola, che giustificava la sottomissione dei popoli americani sulla base della nostra ovvia superiorità. Lo stesso abbiamo fatto nel sud del mondo quando ce lo siamo spartito fra di noi. E adesso si ricominciava. Fatti fuori i rossi ad Est, ecco apparire un altro tipo di Male, questa volta ammantato di valori religiosi. Gli storici ci diranno un giorno se abbiamo dovuto allevarlo noi quel Male chiamato Isis, Al-Qaida, Boko-Haram etc. etc., come un bisogno consustanziale al nostro modello ideologico, o se sia sorto da solo, provocato dalle continue pressioni ideologiche di un mondo individualista, conquista e che non rispettava altri valori che i suoi. Quel che è certo è che grazie a quel nemico possiamo tornare a stringerci attorno ai nostri valori, non negoziabili, come si sente dire ogni volta che succede un attentato. Ne abbiamo bisogno di momenti del genere, che rafforzino i sentimenti di unità e facciano tacere le voci critiche, più che mai adesso che il modello politico economico dominante sta mostrando la sua vera faccia. Una faccia che è fatta di distruzione del pianeta, distruzione sistematica del lavoro umano e, quando non succede, lo riporta a livelli di schiavitù degni del periodo pre-industriale. 

Allora ecco gli alti lai contro i terroristi. E ancora una volta la mente mi va a quella discussione mai conclusa alle nazioni unite per mettersi d’accordo su cosa si possa chiamare “terrorismo” e cosa no. Nessun accordo è mai stato trovato, per la semplice ragione che una serie di paesi chiave, tra i quali i nostri eroi Americani, non vogliono che si codifichi una pratica del genere per paura di finirci dentro per tutto quello che hanno fatto in giro per il mondo dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi. 

Le nostre care televisioni, indipendenti ovviamente, ci raccontano di questi gesti criminali e terroristici; peccato che dimentichino poi di parlare del terrorismo fatto dai nostri, i buoni, a casa degli altri. Bombardare facendo migliaia di morti civili, quello non è terrorismo, ma “vittime collaterali”. Lo stesso si potrebbe dire, cinicamente, di quei bambini morti a Manchester. Vittime collaterali di una guerra che non hanno voluto né dichiarato. Una guerra che abbiamo dichiarato noi per primi, ricordiamocelo, anche se continuiamo a voler raccontarci il contrario e cioè che sarebbero stati gli altri, prima i rossi e adesso gli islamisti, a decidere un bel giorno che dovevano attaccare noi, i buoni, proprio perché eravamo buoni.

Continuiamo a guardare la realtà con questi occhiali sbagliati e quindi mai e poi mai capiremo cosa sia in corso. Io da alcuni anni oramai ho scritto che penso stiamo correndo velocemente verso una nuova guerra mondiale, di tipo diverso, non solo asimmetrico, come oramai dicono tutti, ma una guerra con alti e bassi, cona lenze variabili in funzione di obbiettivi che possono cambiare nel tempo. Tutti contro tutti, come regola di base, sapendo che dietro, la vera questione, quella sì di civilizzazione, riguarda la capacità di imporre il modello di sviluppo economico-finanziario, concertatore di risorse economiche e distruttore di risorse naturali nelle mani di una élite sempre più ristretta. Questo è il vero vulnus, ma ovviamente non ci viene raccontato. Ad ogni elezione siamo sempre pronti a festeggiare lo scampato pericolo e l’elezione di banchieri a capi di stato, così da rafforzare ogni giorno di più la presa diretta del controllo da parte della casta finanziaria.

Il cittadino medio mi ricorda una vecchissima vignetta apparsa sull’Espresso credo una quarantina di anni fa, all'epoca della crisi del petrolio, dove un tipo diceva: che me ne frega a me che il prezzo della benzina aumenti, tanto io metto sempre mille lire.

Ecco, questa è la cecità che ci circonda. Oggi siamo tristi per Manchester come lo siamo stati per Charlie, per Nizza e per altri attentati. Nulla dentro di noi cambiato realmente, non abbiamo aumentata la nostra empatia nei confronti di simili azioni successe nel sud del mondo. Ci siamo fatti la scorza più dura. Guardiamo ai nostri morti, cerchiamo di rafforzare le mura di difesa contro i “nemici”, ma non ci viene nemmeno l’idea di chiederci se per caso la vita non sia solo bianco e nero, e se quei nemici che ci sembrano essere sempre gli altri, non siano in realtà molto più vicini di quanto pensiamo, magari quelli che noi votiamo seguendo pedissequamente quanto ci viene detto di fare, da buone pecore.


Arbore avrebbe chiuso dicendo: Meditate gente, meditate!

venerdì 19 maggio 2017

Bangkok: eating edible insects (mangiare insetti...)

 My Organization writes: "It is widely accepted that by 2050 the world will host 9 billion people. To accomodate this number, current food production will need to almost double. [...] To meet the food and nutrition challenges of today – there are nearly 1 billion chronically hungry people worldwide – and tomorrow, what we eat and how we produce it needs to be re-evaluated. [...] Edible insects have always been a part of human diets, but in some societies there is a degree of distaste for their consumption. [...] Insects offer a significant opportunity to merge traditional knowledge and modern science in both developed and developing countries."

Easiest to say than to do. We saw those insects when walking through Bangkok-Chinatown ... we didn't tried. Next time, maybe...

giovedì 18 maggio 2017

2017 L20: Margot Lee Sheerly - Les figures de l'ombre



Harper Collins 2017

L’histoire extraordinaire de trois scientifiques Afro-Américaines qui ont propulsé les Etats-Unis en tête de la conquête spatiale Les « ordinateurs de couleur ». Tel était le descriptif de poste des mathématiciennes afro-américaines Dorothy Vaughan, Mary Jackson, Katherine Johnson et Christine Darden, employées à la NASA dans les années soixante. Armées de simples crayons, règles et calculatrices, très loin des ordinateurs hyper performants que nous connaissons aujourd’hui, ces quatre scientifiques ont permis la réussite de la mission de John Glenn en 1962 : il fut le premier astronaute américain en orbite, dix mois seulement après Youri Gagarine. Grâce à ces femmes, les Etats-Unis devaient prendre la tête de la course à la conquête spatiale. Pourtant, leurs noms sont restés inconnus du grand public pendant plus de cinquante ans. Dans une Amérique des années soixante rongée par la ségrégation raciale (à la NASA, Blancs et Noirs de déjeunaient pas à la même table), sans compter le sexisme auquel elles devaient faire face, leurs carrières ont été pour ainsi dire oblitérées. C’est après un travail de recherche très méticuleux que Margot Lee Shetterly réhabilite aujourd’hui leur histoire dans ce document exceptionnel, adapté au cinéma par Hollywood, avec entre autres Taraji P. Henson et Kevin Costner. « Un texte inspirant et éclairant » Kirkus Review Un véritable hommage à des femmes d’exception.

Il mistero del cinema. Il libro è pallosissimo. Come siano riusciti a farne un gran bel film mostra che nella vita tutto è possibile.

mercoledì 17 maggio 2017

Bangkok - Chinatown (2)









Sempre girando per Chinatown, stradette interne, un telefono (forse) funzionante, ... ricordi

martedì 16 maggio 2017

Bangkok - Chinatown (1)








Chinatown: ci siamo andati domenica dato che, una volta tanto, non si moriva di caldo. Poca gente in giro rispetto a quello che pensavamo trovare. Ovviamente bisogna averci fatto il naso agli odori, ma per il resto traffico poco, gente che si fa gli affari suoi, qualche turista ... e poco più. Un po' di foto (domani carico le altre adesso sto di fretta)... giusto per ricordo.

lunedì 15 maggio 2017

Bangkok: Raccolta differenziata



Adesso ho la prova che anche a Bangkok si inizia a fare la differenziata. Guardando meglio il contenuto si capisce che c'è ancora parecchia strada da fare, ma l'importante è cominciare, n'est-ce pas ?

Foto fatta al quartiere cinese, domenica 14 maggio

domenica 14 maggio 2017

La sottile linea verde


Vivere in una città come Bangkok, megalopoli situata in un clima caldo umido, con i soliti problemi di inquinamento, traffico caotico, scarichi maleodoranti, puzze varie per strada etc., è un’esperienza che dovrebbe far riflettere sul mondo che stiamo costruendo: chi volendolo, pervicacemente, chi non-opponendosi e accettandolo nel profondo di sé stessi.

La logica del modello economico nel quale siamo nati e cresciuti è basata su due parole che sono diventate un mantra degli economisti: crescita e modernizzazione. Il Dio, unico e trino, che governa queste realtà, si chiama Mercato. Chi mettesse in dubbio questaTrinità è pregato di accomodarsi in panchina. Tutte le strutture che regolano e governano il mondo a livello nazionale o supranazionale, sono basate su questo schema. Lo stesso dicasi per il livello immediatamente sotto, le università, i centri di ricerca e tutto quanto serva per riprodurre una classe dirigente ligia a questi assiomi. Ovviamente anche le nostre agenzie delle nazioni unite sono state messe al passo.  Restano i soliti villaggi sperduti, alla Asterix, che cercano di non farsi sommergere da questa religione, ben più pericolosa dei quattro sprovveduti islamici radicali.

Lo schema di comando è semplice: sopra sta il CT, colui che comanda nella sua invisibilità e nel cui nome tutto va fatto: il Mercato. Il livello immediatamente sottostante è quello, da un lato, di chi si occupa di mantenere accesa la fede attraverso i mantra della crescita e modernizzazione, e dall’altro chi organizza lo sfruttamento di tutto quanto sta ai piani inferiori, in modo da far risalire verso l’alto i benefici e rimandare verso il basso i costi. Il livello immediatamente sotto è quello dell’educazione, che si articola tanto col livello religioso per aiutare la divulgazione del mantra crescita-modernizzazione (C&M) quanto col livello affaristico finanziario per oliare i meccanismi e studiarne nuove possibilità.

A questo punto uno avrebbe il diritto di chiedere: ma a quale scopo tutto questo? La risposta ce la danno i sacerdoti, i custodi del mantra C&M: lo si fa per il Profitto. Il Profitto è la molla che deve spingere avanti tutta la macchina. Non essendo una cosa naturale, va continuamente ripetuta, in modo che tutti ne interiorizziamo il valore di assioma. Non si discute, è così e basta. Per il profitto tutto è lecito, le barriere dell’etica e della morale fanno parte di un mondo preesistente che va adeguato alla modernità attuale. Lo slogan è semplice: il denaro non puzza. 

Questo mondo organizzato si preoccupa di espandere continuamente le sue frontiere, in modo da farci entrare quanto più possibile di tutto ciò che ritroviamo sulla terra, preparandosi anche a ripetere lo schema con quanto si trovi a portata di mano nello spazio. 

Sacerdoti famosi di questa religione sono stati Milton Friedman, economista teorizzatore del monetarismo e del neoliberalismo sfrenato che, grazie al seguito di apostoli conosciuti come i Chicago Boys portò sangue e distruzione per una maggioranza di popoli dell’America latina arricchendo nel contempo una casta agli ordini di Washington. Assieme a lui ricorderemo Ronald Reagan e Margaret Thatcher che furono i politici chiave nel momento adatto per spargere questa rivoluzione conservatrice nel mondo.

Grazie a questo modello, continuiamo ad avere quasi un miliardo di persone che soffrono la fame e quasi la metà della popolazione mondiale che vive in regime di povertà, il tutto dopo decenni che ci sono stati presentati come quelli del miglior sviluppo possibile. Aver sfruttato, e continuare a farlo, gli esseri umani, per farli ritornare ai regimi di schiavitù, come ho osservato personalmente nello Stato del Parà in Brasile, ma che si potrebbe vedere anche in Africa, Mauritania e altri, non è bastato. Il mostro che comanda, il Leviatano della religione moderna aveva e ha bisogno di cibarsi in maniera crescente ogni giorno di più. 

Molti di noi non hanno ancora interiorizzato il fatto che il giro d’affari legato alla finanza mondiale ha oltrepassato l’insieme di tutte le economie mondiali da parecchio tempo. Si conta in Trilioni di dollari il giro d’affari la velocità, al contrario, è diventata infinitesimale, microsecondi. Solo computer sempre più avanzati possono stare dietro alla velocità con cui trattano gli affari e le speculazioni in borsa, anche qui l’uomo oramai è troppo vecchio e lento per queste cose. Per evitare rogne maggiori, dato che viviamo in una civiltà della comunicazione di massa, è fondamentale che qualcuno ci metta la faccia: ecco il ruolo che è stato deputato ai governi eletti, e le loro organizzazioni sopranazionali. Compito loro, indipendentemente dal colore politico oramai, è di riaffermare ogni giorno che passa che C&M sono la base della Libertà e quindi non si possono rimettere in discussione. 

Viene introdotta così un’altra parola chiave, che viene pian piano associata al mantra C&M: la Libertà. Fin dai tempi del giovane Giorgio Gaber noi sappiamo da che parte dobbiamo stare: “Gli americani hanno le idee chiare sui buoni e sui cattivi, chiarissime. Non per teoria, per esperienza, i buoni sono loro” (tratto dal disco e spettacolo Libertà Obbligatoria). Quindi chi sta con noi, in favore di C&M può attaccare anche la stellina della L di libertà, e il mantra diventa C&M&L.

Pian piano il cerchio si chiude: se sei contro la crescita e la modernizzazione sei contro la libertà. Basterebbe questo, ma possiamo aggiungere anche la doppia P di Proprietà Privata. E siamo così alla summa teologica: C&M&L&PP. 


Chi tocca i fili muore, come ben indica il segnale precedente.

Chi ha pagato il conto di tutto questo? Per quanto riguarda l’umanità, questo lo sappiamo e lo vediamo ogni giorno nei nostri telegiornali. Fame, Povertà, Miseria e Guerre dappertutto. Cortesemente siamo invitati, negli stessi telegiornali, a ricordarci però che grazie a C&M&L&PP siamo diventati più ricchi, possiamo girare il mondo, andare al cinema, insomma abbiamo la nostra razione di Pane e Circense che ci consiglia di star tranquilli se non vogliamo perdere la nostra fettina. Che poi questa fettina tenda a ridursi ogni giorno di più, non possiamo farci nulla, è il mercato bellezza. E sappiamo che Dio non può essere messo in questione.

Oltre a noi, umani parlanti, capita che da una cinquantina d’anni ci rendiamo conto che anche la Natura stia pagando il conto, e in modo ben più salato di quanto sospettiamo. Un economista americano, specialista di quel ramo della scienza economica che si occupa dell’ambiente (insomma, un bandito in giacca e cravatta), ci informa che annualmente il valore dei “servizi ecosistemi” persi dalla natura si aggira attorno ai 3 Trilioni. Gli zeri ce li mettete voi, ma dopo essere arrivati alla fine. Una persona sensata dovrebbe quindi trarre la conseguenza ovvia: abbiamo una sola Terra, la stiamo depredando a livelli accelerati, a botte di 3 trilioni l’anno, quindi forse dovremmo fermarci e ripensare tutta la religione che ci avvolge. 

Risposta sbagliata. La risposta giusta è di mettere anche la Natura dentro nella giostra del C&M&L&PP, sotto al guida di Dio, il Mercato.

Quindi chi vive in queste megalopoli inquinate, sporche e invivibili deve dirsi che questo è il migliore dei mondi possibili e che se ci fosse un po’ più di mercato sui temi della Natura, tutto andrebbe meglio. Potete dire che magari sono legato a idee oramai troppo antiche e che, alla fine, dire che una specie rara, un ecosistema particolare o cose simili hanno un valore economico, è solo un modo moderno per dire quello che diremmo noi: e cioè che queste cose non hanno prezzo. Gli economisti organici alla religione dominante vogliono farci credere che mettere un prezzo, magari alto, sia solo un modo per ricordarci la loro importanza. 

E’ così che il piano orizzontale comincia ad inclinarsi, e la “ragione” viene portata a dirigersi verso l’orizzonte C&M&L&PP. Il passo successivo, una volta che si accetta l’idea che questi beni rari (non unici, occhio, ma rari, un modo semantico e gentile per far passare l’idea che in fondo in fondo, cercando bene, se ne trovano ancora - se invece restassimo a discutere di beni unici, allora il discorso cambierebbe, e di molto) abbiano un valore e quindi un prezzo (anche qui giocando sulla confusione della persona ordinaria che non immagina le guerre che ci stanno dietro a valore. e prezzo), viene posta - senza porla direttamente, la questione successiva: dove posso trovare queste rarità e dove posso “investire” i miei risparmi per aiutare la biodiversità?

In questo modo si è riusciti a far passare l’idea che noi, cittadini lambda, potremmo mettere dei soldi per “proteggere” la Natura. Per semplice traslazione, quando vogliamo mettere i nostri risparmi da qualche parte, immediatamente pensiamo alla nostra cara Banca. Ed infatti, sorgono come funghi Banche ambientali che si propongono giustamente di far fruttare i nostri risparmi investendo sul benessere della Natura.

Ma come è possibile che una Banca faccia fruttare i miei soldi (che ho trasformato in azioni per proteggere un bene ambientale)? L’unica possibilità è che ci sia un mercato dove si possano scambiare queste azioni e dove, attraverso degli interventi fatti per salvare l’ecosistema, le nostre azioni aumentino di valore così che possiamo venderle e guadagnarci sopra.

Ottimo, siamo già tutti più contenti, e in fin dei conti ci diciamo che il C&M&L&PP non ha tutti i torti.

Come tutti i mercati del mondo, anche questo mercato ambientale è truccato. Esiste cioè una teoria ufficiale e poi esiste la realtà. La realtà è costruita dagli uomini, a partire dal presidente Reagan, seguito poi da Bush padre che hanno creato le vere basi dei mercati ambientali. L’invenzione del secolo è semplice come dire buongiorno (un vezzo di francesismo, chiedo venia). Si tratta della parola: Compensazione. Io do a te una cosa in cambio di un’altra, una cosa vecchia che il mondo, dal baratto al mercato. Quel che cambia è l’applicazione: si legano mercati economici e finanziari con i mercati ambientali. Nella pratica funziona così: io voglio costruire una fabbrica inquinante in una zona non lontana dall’ecosistema protetto. Vado sul mercato e compro dalla banca ambientale l’equivalente dei “danni” che la mia fabbrica provocherebbe in quella zona. Se la domanda di azioni della banca ambientale per quel “prodotto” cresce velocemente, anche l suo prezzo (ops. Valore) iniziale sale e io, che ho messo i miei risparmi ci guadagno di più.

In questo modo, all’industriale che ha i soldi (finanziati dalle banche), viene dato un certificato di poter inquinare, tanto lui “compensa” con dei soldi messi a comprare azioni dell’ecosistema che la banca (magari la stessa) mi ha venduto.

Chi più soldi ha, più può inquinare. 

Poi resta il problema chiave: un ecosistema, per definizione, funziona come un sistema: cioè tante variabili in interazione permanente di cui noi umani riusciamo ancora a capirne poco. Ecco perché quando vado in una banca ambientale, non mi propongono di salvaguardare un ecosistema nella sua integralità, contando anche gli effetti subiti da altri ecosistemi più o meno vicini e includendo anche gli effetti del nostro ecosistema sugli altri - dato che non sappiamo modernizzarlo e calcolarlo, ma mi propongono qualcosa di semplice: proteggere un animale, una pianta, qualcosa che sia in pericolo di vita e grazie alla quale, “salvandola”, io mi metta il cuore in pace.

Stiamo così riducendo la complessità ambientale, quella che ci fa vivere, a qualcosa di semplice, le sue parti fondanti, dimenticando che l’interazione non si fa sommando gli addendi, ma moltiplicando. Per cui ogni intervento nostro, anche il più banale, alla fine non solo non attinge lo scopo, ma complica ulteriormente l’equilibrio della biodiversità esistente.

Noi respiriamo aria sempre più inquinata e la cui qualità va peggiorando. Stanno già operando mercati dell’aria, attraverso programmi che paesi donatori hanno proposto-imposto alle Nazioni Unite con la stessa idea di valutare il danno e poi compensarlo. 


La sottile linea verde dell’equilibrio ambientale è stata passata e di molto da parecchi decenni. Non contenti di questo, gli umani cercano tutti i mezzi per accelerare la sottomissione dell’ambiente naturale all’ambiente finanziario. Guardatevi questo documentario per saperne di più: ARTE: Nature: le nouvelle Eldorado de la finance. https://www.youtube.com/watch?v=M9IGLki5J1M

mercoledì 10 maggio 2017

Il ritorno del boomerang

Ieri sera e stamattina (oggi è festa in Tailandia) ci siamo guardati una serie di documentari trasmessi sulla rete del Parlamento francese (LCP La Chaine Parlamentaire) sulla storia dei servizi segreti francesi. L'abbiamo guardato per farci un'idea di quanto ci si possa fidare di questa istituzione, soprattutto pensando a quanto poco ci fidiamo dei nostri. E' stato come il lanciare un boomerang, senza immaginare che possa tornarti indietro e sbatterti in faccia. Partiti con la sana fiducia che i francesi sono più bravi di noi, siamo arrivati alla fine con più di una interrogazione sullo stato di chi dovrebbe proteggere i suoi concittadini. 

Il documentario è fatto nel più puro stile transalpino quindi, spiegando bene le origini, risalenti al Padre della Francia moderna, cioè De Gaulle, che dovette reinventarli per appoggiare il suo sforzo liberatore della Francia (contro la parte ufficiale detta di Vichy, che si era alleata con i tedeschi, portando con sé i funzionari ufficiali del servizio segreto).

L’evoluzione è interessante e ben fatta, soprattutto per chi conosce un po’ la storia loro. Interessante non tanto per quel che dice, ma per quel che NON dice. Arrivi così alla fine della serie (5 puntate di un’ora l’una, mica bruscolini) e ti vien da pensare che se questi sono i servizi che dovrebbero proteggere i francesi, allora siamo proprio a posto.

Andiamo con ordine. Come ogni buona storia cristiana vuole, anche in questo caso si inizia dal peccato originale. Dei servizi ufficiali dello Stato francese esistevano prima di De Gaulle, ma erano rimasti fedeli a quella parte della Francia che si era alleata alla Germania. De Gaulle si inventa poi una resistenza quasi personale, che però faceva comodo anche ai nemici dei tedeschi, e quindi da Londra inizia a metter su un servizio non solo alternativo, ma anche personale, cioè sotto la sua personale sorveglianza.

Il ruolo di questo servizio è stato molto apprezzato prima e durante l’invasione della Francia da parte degli alleati, e questo non si discute. Nel 1946 De Gaulle sbatte la porta e se ne va, per tornare, acclamato eroe, nel 1958. Nel frattempo c’è stata la disfatta di Dien Ben Phu nel 1954. A sentire gli autori del documentario, questa sembrerebbe essere stata la cosa migliore che i servizi hanno fatto fino ai giorni nostri. Infatti erano riusciti a decriptare le messaggerie dei vietmin, per cui sapevano con una precisione millimetrica quanti armamenti, di che tipo, quante munizioni avessero e ovviamente quante truppe. Pare che la testardaggine del Comando dell’esercito non li abbia ascoltati, e il bacino di DBP divenne la più amara sconfitta francese fino ai giorni nostri.

Da lì in poi sembrerebbe che i servizi entrino in un lungo periodo di ibernazione dove le sole forze restanti servono per litigare fra di loro, fra chi ha competenza sul suolo francese e chi all’estero. Non riescono ad anticipare le sommosse che porteranno alla guerra d’Algeria, ma trovano il tempo di dirottare, senza che i superiori ne sapessero nulla, l’aereo dei capi della guerriglia del fronte di liberazione così creando casini politici a non finire.

Non vedono nemmeno l’organizzarsi dell’OAS (Organizzazione armata segreta) creata con la complicità di altissimo livello dell’esercito francese. Di questo episodio i servizi sembrano non vederlo e non saperne nulla secondo gli autori del documentario.

Ma andiamo ad anni più vicini a noi. Metto qui sotto la lunga lista di attentati accaduti in Francia metropolitana,  di cui i servizi non sono quasi mai riusciti a ritrovare i colpevoli e risalire ai mandanti:

29 mars 1982 : 5 morts après l’explosion d’une bombe dans le Capitole Paris-Toulouse
A bord du train Capitole reliant Paris à Toulouse, l’explosion d’une bombe dissimulée dans une valise fait cinq morts et 27 blessés. L’attentat est rapidement revendiqué par « les amis de Carlos ». Trois autres attaques terroristes meurtrières suivent en 1982 et 1983 : l’attentat de la rue Marbeuf fait un mort en avril 1982 et les attaques à la gare Marseille Saint-Charles et dans le TGV Marseille-Paris en décembre 1983 font 5 morts et 45 blessés.

9 août 1982 : 6 morts et 22 blessés dans la fusillade de la rue des Rosiers à Paris
Ce lundi 9 août 1982, une fusillade menée par un groupe armé (de deux à quatre personnes selon les témoins) éclate à l’heure du déjeuner dans le restaurant de Jo Goldenberg situé rue des Rosiers, au cœur du Marais. Les tireurs lancent une grenade dans le restaurant et tirent sur la foule. En quelques minutes à peine, les tireurs tuent 6 personnes et en blessent 22 autres. Si l’attaque n’a jamais été revendiquée.

15 juillet 1983 : 8 morts et 56 blessés à l’aéroport d’Orly
Cette attaque à la valise piégée, revendiquée par l’Armée secrète arménienne de libération de l’Arménie (Asala), était motivée par la non-reconnaissance du génocide arménien. Le bagage, déposé par Varoujan Garbidjian, un Syro-arménien de 29 ans, explosera sur un tapis de bagages à l’aéroport d’Orly. L’attaque fera 8 morts et 56 blessés.

17 septembre 1986 : L’attentat de la rue de Rennes, le dernier d’une série d’attaques en 1985-1986
Entre février 1985 et septembre 1986, pas moins de treize attaques terroristes secouent la France. Le dernier d’entre eux se déroule rue de Rennes à Paris. Au total, ces attentats coûteront la vie à 13 morts et feront près de 300 blessés. Une série d’attaques attribuées au Comité de solidarité avec les prisonniers politiques arabes et du Proche-Orient (CSPPA), une organisation proche du Hezbollah.

25 juillet 1995 : 8 attaques terroristes à la bombe en trois mois se concluent par l’attentat du métro Saint-Michel
Ces attentats, dont le plus meurtrier est celui du métro Saint-Michel, sont attribués au GIA (Groupe islamiste armé). Une série d’attaques en représailles contre la France, à qui le groupe veut faire payer son soutien au régime dans la guerre civile algérienne. Le 25 juillet 1995, une bombe artisanale bourrée d’écrous explose dans la gare RER Saint-Michel à Paris. L’engin explosif fait 8 morts et 117 blessés.
En septembre 1995, le terroriste Khaled Kelkal est abattu dans les monts du Lyonnais, après d’autres tentatives d’attentats. L’année suivante, le 3 décembre 1996, un attentat similaire dans la station de RER de Port-Royal fera 8 morts et 151 blessés. Les auteurs de l’attaque n’ont pas été identifiés.

Mars 2012 : Mohamed Merah tue 7 personnes à Montauban et Toulouse
Les 11 et 13 mars 2012, Mohammed Merah abat 3 militaires à Toulouse et Montauban. Quelques jours plus tard, le 19, il tue trois enfants et un professeur à l’école juive d’Ozar Hatorah de Toulouse. Le terroriste islamiste sera tué le 22 mars après une intervention du Raid dans le quartier de Côte Pavée.

In tutto questo, l’unico pesce grosso che è stato arrestato è Carlos, condannato a vita e su di cui è stata fatta anche una eccellente serie televisiva.

A questa lista mancano tutti quelli commessi da un gruppo armato molto simile alle nostre BR: Action directe:
1979
1er mai : mitraillage du siège du Conseil national du patronat français. Ce fut l'un des actes fondateurs d’Action directe et de sa dérive violente. Y participent notamment Jean-Marc Rouillan et André Olivier (futur fondateur de l'Affiche rouge)1.
15 septembre : bombe au ministère du Travail et à celui de la Santé1.
16 septembre : attentat au siège de la Sonacotra et mitraillage du Secrétariat aux travailleurs immigrés (situé dans le ministère du Travail, rue de Grenelle)1.
26 septembre : attentat contre le bâtiment de la Délégation des entreprises pour l'emploi2.
1980
3 février 1980 : bombe contre l'Inspection du travail.
7 février 1980 : nouvel attentat contre l'Inspection du travail, 66 rue de Mouzaïa (19e arrdt)3
10 février 1980 : bombe contre une société immobilière, l'UCPI, 13-15 rue Murillo (8e arrdt)3
10 mars 1980 : attentat contre une société de rénovation urbaine la SEMI-REP, 6 rue Bardinet (14e arrdt) 3 blessés3
15 mars 1980 : attentat contre l’immeuble abritant des locaux de la DST, 16 rue Rembrandt (17e arrdt)
18 mars 1980 : mitraillage du Ministère de la Coopération, avenue des Invalides (7e arrdt)
28 mars 1980 : attentat à l'explosif contre les locaux du GIGN, à Maison-Alfort et contre un commissariat de Toulouse.
5 avril 1980 : sabotage à Toulouse des installations informatiques de la société Philips. Revendiqué par Action directe du 27-28 mars.
15 avril 1980 : attentat à la roquette antichars contre le ministère des transports et bombe contre les bureaux du Service d'information routière du Ministère des Transports à Paris. Revendiqué par Les Moutons enragés et Action directe.
11 juin 1980 : attentat à l'aéroport d'Orly, 8 blessés
4 juillet 1980 : attaque et occupation de la mairie du 14e arrondissement à Paris, vol de tampons officiels, de cartes d'identité et de passeports.
28 août 1980 : braquage contre une agence du Crédit Lyonnais à Paris, affrontement avec des policiers.
19 septembre 1980 : attaque au pistolet-mitrailleur contre le bâtiment de l'École militaire, à Paris4
des attaques contre des ministères, la Sonacotra, des agences immobilières, des bâtiments de l'armée française, des sociétés liées au programme militaire français.
1981
15 avril 1981 : braquages rue La Boëtie et place des Ternes à Paris, le gardien de la paix Jean-Pierre Olive est tué5,6,3
3 novembre 1981 : braquage de la Société Lyonnaise de banque par la branche lyonnaise, le brigadier de police Guy Hubert est tué7.
22 décembre 1981 : attentats contre un concessionnaire, un restaurant, un magasin de jouets, un magasin de vêtements.
1982
13 mars 1982 : assassinat de Gabriel Chahine, membre du GARI et indicateur de police qui avait permis la première arrestation de Rouillan et Ménigon en 1980.
29 mars 1982 : mitraillage de la mission commerciale du ministère israélien de la défense, boulevard Malesherbes à Paris. Revendiqué par Action directe et les FARL.
31 mars 1982 : attaques contre des bâtiments israéliens (mitraillage de la mission commerciale de l'ambassade d'Israël, attaque à la bombe contre le Citrus Marketing Board of Israel, le 11 août de la même année8).
28 mai 1982 : tirs contre la façade de la Bank of America, à Paris.
1er août 1982 : mitraillage de la voiture d'un fonctionnaire de l'ambassade d'Israël9
6 août 1982 : attentat contre la Discount Bank.
7 août 1982 : attentat contre la société Nemor9
10 août 1982 : attentat contre la Citrus Marketing Board of Israël rue de la Baume à Paris, et contre l’hebdomadaire Minute, 1 blessé.
21 août 1982 : attentat à la voiture piégée contre un ressortissant américain à Paris. Deux artificiers sont tués. Revendiqué par Action directe puis les FARL.
17 septembre 1982 : attentat contre la voiture du responsable de la sécurité de l’ambassade d’Israël en France, à proximité du lycée Carnot. Revendiqué par l'Unité Combattante Marcel Rayman d’Action Directe et les Fractions armées révolutionnaires libanaises.
1983
31 mai 1983 : fusillade avenue Trudaine à Paris, deux policiers, Emile Gondry et Claude Caïola, sont tués et un troisième blessé grièvement10.
29 juillet 1983 : attaque une banque, à Saint-Étienne. 1 blessé.
30 juillet 1983 : braquage contre la Bijouterie Aldebert, à Paris.
27 août 1983 : attentat contre le siège national du PS et le Ministère de la défense.
26 septembre 1983 : attentat contre la Marine Nationale.
29 septembre 1983 : attentat contre le Cercle Interallié.
13 octobre 1983 : braquage contre une agence de la Société Générale à Paris.
14 octobre 1983 : braquage de l'avenue de Villiers à Paris au cours duquel un des participants, Ciro Rizzato, est tué et deux policiers sont blessés.
1984
29 janvier 1984 : attentat contre les établissements Panhard Levassor à Paris.
12 juillet 1984 : attentat contre l'Institut des Affaires Atlantiques. Revendiqué par le commando Ciro Rizzato.
13 juillet 1984 : attentat contre une annexe du Ministère de la défense ainsi contre des locaux du Ministère de l'Industrie. Revendiqué par l'Unité Combattante Lahouari Benchellal.
14 juillet 1984 : attentat contre une annexe du Ministère de l’industrie. Revendiqué par l'Unité Combattante Lahouari Benchellal.
2 août 1984 : attentat contre l’Agence spatiale européenne. Revendiquée par Action Directe Unité Combattante CIRO, 6 blessés.
23 août 1984 : tentative avortée d'attentat contre le bâtiment de l’Union de l’Europe occidentale.
28 août 1984 : bombe contre le Ministère de la Défense et le siège du Parti socialiste à Paris.
20 octobre 1984 : attentat contre l’usine Messier Hispano Bugatti à Montrouge, 3 blessés, revendiqué par l'Unité Combattante Farid Benchellal.
21 octobre 1984 : attentat contre les locaux de Dassault à Saint Cloud. Revendiqué par l'unité Combattante Farid Benchallal.
1985
25 janvier 1985 : assassinat de l'ingénieur général Audran (responsable des ventes d'armes de la République Française) par le commando Elisabeth Van Dyck (revendiqué en commun avec la Fraction armée rouge).
26 avril 1985 : attentat contre le siège du FMI à Paris.
29 avril 1985 : attentat contre les sociétés TRT et SAT, 1 blessé.
26 juin 1985 : Tentative d’Attentat contre le Contrôleur général des armées Henry Blandin.
8 août 1985 : attaque de la base américaine à Francfort menant à la mort de trois soldats américains. L'action est revendiquée par un commando commun RAF/AD du nom du militant Black Panther George Jackson.
4 septembre 1985 : quadruple attentat contre l’Association Technique de l’Innovation Charbonnière, Péchiney, des locaux appartenant à la Régie Renault et Spie Batignolles, 1 blessé.
17 novembre 1985 : tentative d'assassinat manquée sur Henri Blandin (contrôleur général des armées) par le commando Antonio Lo Muscio.
1986
15 avril 1986 : tentative d'assassinat manquée sur Guy Brana (vice-président du Conseil national du patronat français (CNPF), ancêtre du MEDEF) par le commando Christos Kassimis.
16 mai 1986 : attentat contre le siège mondial d’Interpol, 1 blessé.
5 juillet 1986 : attentat contre Thomson et la société Air liquide.
10 juillet 1986 : attentat contre les locaux de la Brigade de répression du banditisme à Paris tuant 1 inspecteur et faisant 22 blessés11.
21 juillet 1986 : attentat contre les locaux de l'OCDE revendiqué par le commando Ciro Rizzato.
1er novembre 1986 : attentat contre la section parisienne de l’Office National de l’Immigration et contre les bureaux de la compagnie aérienne Minerve.
11 novembre 1986 : attentat contre la direction générale de Peugeot. Revendiqué par le commando Clarence Payi - Sipho Xulu.
17 novembre 1986 : assassinat de Georges Besse, PDG de la Régie Renault, par le commando Pierre Overney. Selon la revendication d'Action directe, c'est en tant que représentant d’une entreprise à vocation internationale que Georges Besse est tué, en tant que spécialiste des restructurations (43 000 ouvriers précaires ou au chômage en quatre ans)12, mais également en tant que dirigeant d'une entreprise qui, une quinzaine d'années auparavant13, avait employé un vigile qui avait tué un militant maoïste Pierre Overney14.
15 décembre 1986 : tentative d'assassinat manquée contre Alain Peyrefitte, ancien garde des Sceaux. Un employé municipal de Provins venu examiner sa voiture est tué par l'explosion de celle-ci15.
1987
5 janvier 1987 : tentative d’attentat contre M. Bruguière, magistrat antiterroriste16.
19 novembre 1987 : attentat, sur un parking de la rue Falguière, 3 blessés.

Il lavoro dei servizi all’estero non è che porti risultati particolari, come dimostrò l’attentato a Beirut nel 1983 che costò la vita a 58 paracadutisti francesi.

L’unica cosa per cui tutti ci ricordiamo dei servizi segreti, e su cui il documentario si dilunga giustamente, è l’attentato contro il Rainbow Warrior, battello di GreenPeace nel 1985. Il casino che combinarono gli agenti, fattisi scoprire, quasi arrivò a far vacillare la presidenza della repubblica.
https://www.greenpeace.fr/attentat-rainbow-warrior-1985/  

Se un’altra stelletta se la possono mettere sul petto, questo riguarda la non partecipazione alla guerra illegale dichiarata dagli Stati Uniti e GranBretagna contro l’Iraq di Saddam Hussein. La qualità delle informazioni francesi era tale che il presidente Chirac fece fare al suo primo ministro Villepin un figurone al consiglio di sicurezza dell’ONU nel dichiarare che la Francia non avrebbe seguito gli americani.

La storia recente non sto nemmeno a ricordarla, ma oltre settant’anni di vita e di insuccessi dovrebbero farci riflettere sul loro (dis)funzionamento. 

Molti dei presidenti della repubblica che si sono succeduti dal dopoguerra ad oggi, hanno avuto un rapporto di “méfiance”, sfiducia nei confronti di una struttura, divisa al suo interno, in perenne lotta personale e di difficile controllo. Con l’arrivo di Sarkozy i mezzi messi a disposizione sono quasi raddoppiati, facendone oramai un potere interno che, come è stato ridetto recentemente dal candidato - perdente - del partito gollista, Fillon, si è alla fine costituito come una specie di Gabinetto Nero (Cabinet Noir) al servizio del capo dello Stato per spiare i suoi avversari.

L’idea di usare i servizi per scopi di bassa politica interna è vecchia. La sinistra lo scoprì solo quando andò al potere con Mitterand e il capo dei servizi rimise al Ministro dell’Interno dell’epoca, Pierre Joxe, la prima nota giornaliera da consegnare al Presidente. Questa nota conteneva una serie di pagine di “ragots”, sulla vita personale di noti esponenti politici, sindacali e di imprese importanti. Erano tutte storie “de cul”, chi va a letto con chi, quando e dove. Mitterand riuscì nell’impresa di complicare ancor più le cose perché, non fidandosi dei servizi segreti esistenti, causa una serie di precedenti storici non proprio degni di un eletto della repubblica, decise di creare una unità speciale antiterrorismo, in mano alla Gendarmerie (Carabinieri) direttamente all’Eliseo. Questa è stata la genesi del Cabinet Noir di cui parla Fillon: un altro livello di confusione in un mondo dove ci sarebbe bisogno di servi efficienti, esattamente l’opposto di quelli esistenti.


E ricordiamoci che se i francesi stanno messi così, noi non possiamo certo dire di star meglio, con tutte le storie di connivenze tra i servizi “deviati” e le mafie, terroristi e compagnia.