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martedì 26 giugno 2018

Migranti, cooperazione e sviluppo... se solo avessimo un po' di memoria




La foto di Luca Turi dovrebbe ricordarci subito di cosa si tratta e di quando: i profughi albanesi dell'estate 1991.
Cito di seguito alcuni estratti da un interessante lavoro dell'Istituto Affari Internazionali (L’Albania verso l’Unione europea: il ruolo dell’Italia - IAI, 09/12 2009):

"Durante l’estate del 1991 il tempo clemente e la relativa facilità di attraversamento dell’Adriatico spinsero una ingente massa di albanesi a cercare rifugio in Italia. Posta di fronte a questa prova inaspettata, l’Italia non seppe individuare una strategia di ampio respiro, limitandosi al contenimento dei flussi di disperati, al loro rimpatrio e alla lotta contro i fenomeni criminosi legati all’emigrazione

Chiusa l’emergenza, durante la quale la società del bel paese cadde vittima di non trascurabili pulsioni isteriche, il mondo politico, ancora impegnato in una difficile transizione, continuò, per un certo periodo, a considerare quello albanese come un problema di gestione dei flussi. 

L’Albania si ripresentò prepotentemente all’attenzione della politica estera nazionale alla fine del 1996. In quell’anno il paese venne colpito da quella che viene ricordata come la “crisi delle piramidi”, una bolla speculativa che colpì il sistema finanziario, la quale fece evaporare il 70% dei risparmi degli albanesi. Anche il sistema politico ne fu travolto e si ingenerarono gravi disordini. A differenza che nel 1992, l’ondata di profughi non superò le 14.000 persone, il che però non evitò la ripresa di impulsi fobici collettivi sull’invasione degli albanesi. Il vero problema risiedeva però nella destabilizzazione del paese e nelle ripercussioni che questa avrebbe potuto avere sulla regione, in un momento in cui la questione del Kosovo andava progressivamente peggiorando. A differenza dell’opinione pubblica, questa volta la politica italiana si dimostrò matura per affrontare la sfida che le si poneva di fronte.

[...] per la prima volta gli obiettivi della pacificazione, della stabilizzazione e della democratizzazione si sono collocati su un livello superiore rispetto agli interessi economici e a quelli politici di altra natura. Lungi dal ridursi, il peso dell’Italia nell’area ha negli anni successivi acquisito consistenza e sistematicità. Il varo della legge 84 del 2001 ha poi definito una strategia articolata di intervento del Sistema Italia nell’area dei Balcani nell’ambito della cooperazione allo sviluppo, della promozione e assistenza alle imprese, della cooperazione decentrata e degli interventi di particolare interesse nazionale. Serbia e Albania si sono rapidamente affermati come i principali termini di riferimento di questa politica."

Penso a tutto quello che sto leggendo e sentendo in queste settimane sul tema dei migranti. Mi preoccupa l'assoluta mancanza di visione e un minimo di memoria storica da parte delle forze di sinistra (non parlo dell'ex sinistra del PD), incapaci di ricordarsi il legame ovvio fra situazione di partenza (condizioni di vita, stabilità sociale, ecologica ed economica, rispetto dei diritti e quant'altro nei paesi di origine - i push factors) e le condizioni di arrivo (pull factors: condizioni spesso infraumane, sovraffollamento, sfruttamento totale nel lavoro legale o illegale etc.etc.). Dovrebbe essere facile da capire che per poter sopportare tutto quello che sopportano, il farsi depredare, violare, a volte ammazzare e poi sfruttare, devono esserci delle condizioni così misere alla partenza per cui si è disposti a tutto. 

Così successe con gli albanesi che vennero a "invaderci"; il ministro (di origine socialiste) dell'immigrazione dichiarava:
È necessario – afferma la Boniver (ministro dell’Immigrazione, ndr) – impedire ogni tentativo illegale di ingresso in territorio italiano: per questo a nessun albanese sarà permesso di scendere dalle navi
Corriere della Sera, 14 giugno 1991
Gli italiani brava gente, in specie gli ultras del Brescia, cantavano: "Albanesi tutti appesi olè"

Qualcosa successe negli anni successivi, grazie anche a un cambio nella politica estera italiana e un'azione maggiormente coordinata ed efficiente da parte di UE, NATO, Americani e altri donatori.
Oggi il risultato è sotto gli occhi di chi vuol vederlo: gli italiani emigrano in Albania (http://espresso.repubblica.it/attualita/2018/01/08/news/perche-migliaia-di-italiani-sono-andati-a-vivere-in-albania-1.316762) 

Quello che dovrebbero fare dei partiti (o movimenti) di sinistra, invece di continuare a gridare al lupo e basta, sarebbe da una parte obbligare il PD e LEU (quelli oriundi dal PD) di fare un esame autocritico serio di tutto quello che non hanno fatto in tanti anni al governo per aiutare altrove che in Albania dei processi di stabilizzazione sociale, economica, politica ed ecologica. L'unico dato certo è il calo degli aiuti, come già detto, ma oltre i soldi è il vuoto di iniziativa politica che mi ha sempre spaventato. Dopodiché bisognerebbe cominciare a pensare ad un'azione programmatica per fare quello che non è stato fatto. Se le migrazioni saranno un fenomeno epocale, che durerà decenni, meglio uscire rapidamente da un'ottica emergenziale e porre le basi, se si vuole un giorno andare al potere, di un programma che possa servire sul serio i cittadini e i contadini/e del nord come del sud. 

Invece sui giornali non si trova un accidente di specialista, uomo o donna che sia, che oltre a filosofare su quanto sta (s)combinando Salvini (e senza dire una parola, a parte Michela Murgia, su quanto fatto in precedenza, sulle similitudini tra Minniti e Salvini) spinga il pensiero un po' più in là. Così non ne usciremo mai, mettetevelo bene in testa.

Quindi iniziamo a ragionare a scala maggiore. Ancora una volta è Salvini, in visita in Libia, a ricordarci che bisogna andare oltre la Libia. Lui lo fa per i suoi hotspot, a me interessa ricordare la questione della Nigeria (come paradigma di tutta la fascia Subsahariana) e il conflitto tra pastori e agricoltori e l'intervento di Boko Haram.

Trovo in edicola oggi questo articolo apparso sull'Osservatore Romano: Oltre ottanta morti nella guerra tra coltivatori e pastori (http://www.osservatoreromano.va/it/news/scontri-interetnici-nigeria-ottantasei-persone-han)

Altri giornali hanno riassunto la stessa notizia ricordando come questi conflitti uccidano più di Boko Haram (https://voce.com.ve/2018/06/25/330120/in-nigeria-la-faida-dei-pastori-uccide-piu-di-boko-haram/). Io queste cose le ho scritte nel mio rapporto di missione dopo un viaggio nel nordest (Maiduguri) della Nigeria per conto della FAO. Ma né il responsabile locale e ancor meno i donatori locali (Unione Europea in testa) si sono dimostrati interessati al tema. Tutti a caccia di terroristi, mentre i problemi sottostanti, più strutturali e più gravi, non interessano nessuno. Invece ci devono interessare perché il risultato combinato, particolarmente in Nigeria, di una demografia galoppante e di conflitti continui e di una riduzione progressiva delle terre disponibili, anche grazie alla siccità che avanza, produrrà solo più voglia di andare via... e di venire al nord... 

Ma siccome discutere seriamente di programmi di stabilizzazione politica, sociale, ecologica, economica è troppo complicato per i nostri equilibri politico-finanziari, allora preferiamo girare la testa dall'altra parte. Peccato che adesso non gira più solo la testa, ma anche le palle. Non affrontare un problema significa che quando tornerà sarà ancora più complicato e il prezzo che rischiamo di pagare per la nostra inazione italiana ed europea è semplicemente la fine di questa Unione. 




domenica 24 giugno 2018

Povero Scalfari



Mi fa un po’ pena ma anche tanta rabbia. Il vecchio Scalfari, autoproclamatosi consigliere della casta di governo degli ultimi decenni, da settimane insiste nel proporre, come futuro leader del PD (che lui considera ancora un partito di sinistra), un personaggio come Mario Draghi. Cioè un eminente rappresentante di quella casta finanziaria e bancaria che gestisce il mondo in nome e per conto loro. Draghi, secondo Scalfari, sarebbe, assieme a Minniti (!!!) il miglior rappresentante della politica italiana, quello che ci ha salvato dalla crisi grazie alla sua misura (Quantitative Easing) destinata a dare soldi a palate gratis alle banche. Malgrado questo il sistema bancario non è affatto in salvo (mentre gli italiani lo sono ovviamente ancor meno).

Poi capita che lo stesso giornale da lui fondato, La Repubblica, lo sbugiardi in maniera clamorosa: sul giornale di oggi esce un anticipo di un articolo che sarà disponibile domani su Affari e Finanza. Il succo: “ Il mondo è sovrastato da una montagna di debiti: 237 trilioni di dollari (migliaia di miliardi), il 318% del Pil mondiale. … Gli ultimi sette anni, con i tassi di tutto il mondo ridotti praticamente a zero (grazie Draghi), sono stati disastrosi, dicono unanimi gli economisti internazionali interpellati da A&F, l’indebitamento è salito di oltre 50 punti percentuali rispetto all’inizio della grande crisi, proprio per la convenienza all’esposizione. … La tanto sperata riduzione dei debiti insomma non si è vista.”


Il menu delle possibili cause della futura crisi mondiale si avvale quindi di un nuovo argomento. Quello che è sicuro è che con questi intellettuali, la sinistra è sicura di essere vista oramai solo come la fonte dei guai, assieme a quei personaggi, tipo la Merkel, che hanno costituito l’asse portante della crisi strutturale europea.

venerdì 22 giugno 2018

2018 L29: Caryl Férey - Plutôt crever


Gallimard Folio, 2006

Tuer n'est pas un jeu, Alice aurait dû le savoir. Surtout un député. En tout cas, Fred se retrouvait aujourd'hui dans la peau d'un assassin, par la faute de sa vieille copine Alice. Quoi faire quand on ne sait rien faire ? Fuir avec elle à bord de La Poubelle, à fond la caisse, jusqu'à ce que le moteur explose ? Partir en cavale, à vélo ? Jouer le jeu, le sien, même s'il a l'air sinistre ? Ce que Fred ne savait pas, c'est que le frère de cette excellente copine hébergeait des terroristes basques et que le flic le plus mal noté de l'hémisphère nord les pourchasserait, jusqu'à la mort visiblement. Alors quoi ? Se rendre ? Ah ! Ça non : plutôt crever !

Non male, eunuchi autore che mi piace assai. La storia ha degli aspetti poco credibili, ma ci si lascia perdere in questa storia di strada sotto il sole di questi giorni.

mercoledì 20 giugno 2018

Dietro l'altare: documentario da non perdere sulla pedofilia all'interno della Chiesa

Introdotto nella versione italiana dallo scrittore e giornalista Emiliano Fittipaldi, autore di "Lussuria". 
"Dietro l'altare" è il film inchiesta dello storico John Dickie sullo scandalo pedofilia all’interno della Chiesa.
Il documentario è costruito su un lavoro di investigazione internazionale, realizzato con il contribuito di numerose e illustri testimonianze: Isabelle De Gaulmyn (La Croix), Lucetta Scaraffia (L’Osservatore Romano), Marci A. Hamilton (autrice del libro “Justice Denied”), Marie Collins (ex membro della Pontificia Commissione per la tutela dei Minori e a sua volta vittima), Padre Hans Zollner (membro della Pontificia Commissione per la tutela dei Minori).
Un viaggio che, oltre all’Italia, tocca Francia, Stati Uniti e Argentina, paese d’origine di Papa Francesco, e che, attraverso le testimonianze di vittime, esperti e religiosi, dimostra come il problema della pedofilia nella Chiesa abbia radici molto profonde e sia molto lontano da una soluzione.
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Ho dovuto guardarlo a pezzi, perché erano troppo duri i racconti dei giovani abusati e, soprattutto, della risposta della gerarchia cattolica, su su fino a Papa Francesco. Quest'ultimo, oramai, sembra accontentarsi di dure reprimende pubbliche, dichiarazioni di tolleranza zero (2014) ma quattro anni dopo non si vedono fatti concreti.
Nella sola Italia si parla di centinaia di casi, e in tutto il mondo, quelli conosciuti finora sono varie migliaia con una reazione timidissima delle gerarchie cattoliche che tendono sempre a nascondere, a non colpire i preti colpevoli e ancor meno i cardinali che coprono queste vergogne, tipo il Cardinale Barbarin in Francia.
Un prete psicologo, chiamato a dare una mano alle centinaia di preti della diocesi di Boston coinvolti in questi scandali dichiara, nel documentario: la tendenza della gerarchia è sempre di dire che si tratta di poche mele marce. Io, dopo averli ascoltati tutti, tendo a credere che sia l'albero a essere marcio.
Dopo aver letto il libro di Fittipaldi e/o guardato questo documentario, spero che tanti genitori ci pensino due volte prima di affidare i loro bambini a queste persone pericolose.

lunedì 18 giugno 2018

Italia, migranti, aiutiamoli a casa loro? Alcuni elementi per capirci qualcosa


Scrivevo ieri su FB che fra il 2006 e il 2016 il monte aiuti della cooperazione italiana verso i paesi a sud del Sahara sono scesi da 1053.56 a 296.51 (milioni USD: fonte OECD  https://stats.oecd.org/qwids/...). Questo per chiarire il gap esistente tra il dire e il fare da parte di governi modaioli e arroganti e sostanzialmente allineati al capitale bancario e finanziario.

L'ultimo rapporto annuale della Cooperazione italiana aggiorna i dati al 2017 segnalando un aumento del budget dal 2016 al 2017. Peccato non siano disponibili i dati disaggregati per regione del mondo. Ecco la ragione per cui sono andato a cercare chiarimenti sulla rete, e lì trovo questa fonte, che vi invito a leggere:  (https://www.truenumbers.it/aiuti-internazionali/)

Copio qui sotto alcuni estratti, giusto per ricordare dove vadano realmente a finire i soldi che ci vantiamo di spendere per "aiutarli a casa loro".

GLI AIUTI IN RAPPORTO AL PIL
In media i Paesi europei destinano agli aiuti internazionali lo 0,51% del proprio Pil, […] (Obiettivo OCSE: 0.7%, giusto per ricordare)

L’Italia ha raggiunto una percentuale dell’0,26% del Pil destinato agli aiuti internazionali. 

A questo proposito bisogna fare un’importante precisazione. Una parte dell’aumento dei fondi europei per i Paesi in via di sviluppo è destinata in realtà all’assistenza ai richiedenti asilo giunti nei diversi Paesi. Di fatto non sono soldi che vanno agli Stati in via di sviluppo, ma rimangono in Italia, Germania o Svezia per gestire l’emergenza sbarchi o arrivi.

Di seguito un grafico che indica come sono aumentati i fondi per lo sviluppo (Oda: “Official Development Assistance”) con o senza questi aiuti, che vengono chiamati “in donor refugee costs”.

Come si vede negli ultimi anni c’è stato un aumento del gap tra le due voci. Considerando solo l’assistenza, senza i fondi “in donor”, si rimarrebbe poco sopra quota 70 miliardi di dollari, mentre nel totale si vola a circa 85 miliardi di dollari spesi nel 2015.

Nel 2016 sono stati 6 miliardi e 125 milioni di dollari gli aiuti “in donor” utilizzati dai tedeschi, il 25% del totale, e sono stati 1 miliardo e 650 milioni di dollari, addirittura il 34% del totale, nel caso dell’Italia.

L’Italia appunto è stato il paese che ha dedicato la maggiore proporzione dei propri fondi per lo sviluppo a… se stessa, ovvero alla gestione interna dell’emergenza sbarchi. Ovviamente a questi fondi vanno aggiunti anche quelli destinati all’accoglienza e che vengono gestiti dai ministeri dell’Interno dei diversi paesi.

A CHI VANNO I SOLDI DELL’ITALIA
Guardiamo quindi più in profondità cosa fa l’Italia con questi fondi.
Dal 2012 vi è stato un deciso aumento dei soldi messi a disposizione. Da 2 miliardi e 129 milioni di euro si è passati ai 4 miliardi e 391 milioni del 2016.

Siamo arrivati allo 0,26% del Pil, un record. Come abbiamo visto tuttavia una parte decisiva di queste risorse, il 34%, non viene destinata ai Paesi in via di sviluppo, bensì alla gestione dell’emergenza immigrazione sul suolo italiano. Secondo le stime per il 2017 è previsto che si salga anche al 39,6%.
Gli aiuti globali (Oda) infatti secondo le previsioni rimarranno stabili e ammonteranno a 4 miliardi e 819 milioni di dollari, ma calerà l’assistenza ai Paesi in via di sviluppo, da 3 miliardi e 162 milioni a 2 miliardi e 910 milioni di dollari. Crescerà invece la parte destinata ai rifugiati, da 1 miliardo e 650 milioni a 1 miliardo e 909 milioni.

I NOSTRI FONDI DESTINATI AGLI ARABI NON IN FUGA
A livello di paesi assistiti dall’Italia nel 2015 al primo posto si trova l’Afghanistan, con più di 103 milioni di dollari. A seguire ci sono l’Iraq e, poi, il Pakistan. Paesi da cui quasi nessuno è sbarcato sulle nostre coste.
L’obiettivo è, anche nel caso italiano, quello di un intervento nello scacchiere geopolitico, nei luoghi più “caldi” e al centro delle cronache internazionali. Solo così si possono spiegare i finanziamenti alla Palestina e le briciole destinate ai Paesi in via di sviluppo dell’Africa Sub sahariana. Nel grafico appare evidente che a Senegal, Mozambico, Sudan, Somalia arrivano dal nostro paese poche decine di milioni.


Se il motto dovrà essere quello di aiutare a casa propria i cittadini dei paesi africani che partono per giungere a Lampedusa e negli altri porti, allora si dovrà ripensare la politica di aiuti per lo sviluppo condotta dall’Italia. Ci dovrà essere un trasferimento di risorse da aree importanti solo politicamente a zone in difficoltà, quali quella dell’Africa Sub sahariana. Il paese dovrà quindi aiutare quegli Stati che, seppur semi-sconosciuti, hanno più bisogno di sostegno per lo sviluppo.

giovedì 14 giugno 2018

Macron e la doppia morale



Il fascio ministro dell’interno, Gérard Collomb, ha espresso in questi termini il suo pensiero per quanto riguarda i migranti:

« Les migrants aussi font un peu de “benchmarking” pour regarder les législations à travers l’Europe qui sont, on va dire, les plus fragiles, et vous voyez par exemple que telle nationalité, que là encore je ne citerai pas, elle se dirige plutôt sur tel pays non pas parce qu’elle est plus francophile, mais parce qu’elle juge que là, c’est plus facile. »


I migranti fanno un’analisi comparativa delle legislazioni dei paesi europei per trovare quelle più fragili, così vedete per esempio che quella nazionalità, che non citerò, preferisce dirigersi verso un certo paese non perché siano più francofoni, ma perché considera che là sarà più facile.

Lo scandalo è ancora alto in Francia a causa di queste dichiarazioni. Ma ricordiamoci che Collomb è quello che ha chiuso a doppio battente il valico di Ventimiglia e quello di Bardonecchia, quello stesso che ha dichiarato:

"Certaines régions sont en train de se déconstruire parce qu’elles sont submergées par les flux de demandeurs d’asile”.

Collomb, quando era ancora sindaco di Lione, ha fatto spendere alla collettività di cui era responsabile 200 milioni di euro (soldi pubblici) per la costruzione dello stadio della squadra locale. Stadio che, era stato garantito, sarebbe stato finanziato solo su fondi privati. Ma in una intervista televisiva Collomb si è fatto sfuggire la cifra, che non è mai stata contestata successivamente.
200 milioni di euro regalati ai proprietari della squadra che, adesso, sono anche proprietari dello stadio. Le truffe di cui si parla oggi riguardo il futuro stadio della Roma sono bazzecole in confronto a questo. Forse avrebbero dovuto prenderlo come consulente …

Riassumendo: Collomb fa, mentre Macron detta la linea. Prendiamo il caso di Calais dove da anni dei migranti si raggruppano per cercare di entrare eni camion che vanno in Inghilterra. L’assoluta mancanza di aiuto da parte dei governi francesi ha trasformato questa zona in una “giungla”. Arriva Macron e, prima, fa cacciare via con i bulldozer i migranti, distruggendo tutti i loro miseri averi, e poi dichiara che in nessun caso lascerà che si ricostituisca una giungla a Calais. 

Il governo di destra Macron-Collomb annuncia trionfalmente a gennaio 2018 di aver aumentato del 29% le espulsioni di richiedenti asilo.
Sempre a gennaio (2018) sono state date le cifre dei migranti bloccati alla frontiera di Ventimiglia: 49.000 (quarantanovemila), tutti rimandati indietro verso l’Italia 

Questa è la Francia di Macron e del suo fascio ministro. Questa è la nazione che vuole esercitare la leadership in Europa e a cui la sinistra italiana dovrebbe ispirarsi (Scalfari dixit).

Che sia da questa gentaglia che vengano avanzate critiche all’Italia, francamente fa ridere. Il loro primo ministro, costretto ieri a dire qualcosa in Parlamento, ha offerto l’aiuto della Francia (per i migranti dell’Aquarius) a … indovinate? Non all’Italia, ma alla Spagna, dichiarando che la Francia è disposta a analizzare la situazione di quelli che potrebbero beneficiare dello status di esiliati. Nemmeno uno straccio di offerta nei giorni precedenti, offerte vere del tipo: ne prendiamo noi la metà e appoggiamo l’Italia per far sì che questa discussione sia centrale nell’agenda della prossima riunione europea di fine mese. Zero virgola zero.

Continua così l’opera di distruzione capillare della poca volontà rimasta ai cittadini europei di restare assieme. Ognuno per sé e la religione neoliberale per tutti. Questo è il credo che portano avanti Macron, la Merkel, Rajoy (cacciato via per colpa di scandali e corruzioni). 

Col probabile rifiuto del primo ministro italiano di andare a Parigi venerdì inizia formalmente il campionato chiave del futuro europeo. O se ne viene fuori con una visione diversa, diametralmente opposta a quella portata avanti dal primo giorno della moneta unica, oppure non resterà che affrontare l’inevitabile separazione. 

Tutti i paesi avranno una parte di responsabilità, governi attuali e precedenti, socialisti, fascisti, giallo-verdi, ma chiaramente in funzione del peso specifico di ognuno. Il fatto che i leader dei paesi più grossi non riescano nemmeno a rendersi conto dei problemi e quindi non abbiano nulla da mettere sul tavolo (a parte il chiacchiericcio delle proposte macroniane che non portano a nulla) rende molto fosco il futuro che si preannuncia. 


Sulla pelle die migranti Macron sta giocando una partita molto grossa, di cui porterà la responsabilità principale (con la Merkel): fare una nuova Europa (cosa che mi sembra impossibile data la sua piccola statura intellettuale e i suoi legami di dipendenza dalla finanza) oppure andare avanti con i casini attuali dove l’unico segnale rimasto che ci fa credere di essere europei sono questi euro che abbiamo in tasca.Tolti quelli, è finito il gioco.

mercoledì 13 giugno 2018

2018 L28: Elizabeth Leake - Tex Willer (Un cowboy nell'Italia del dopoguerra)


Il Mulino, 2018

All’indomani della seconda guerra mondiale, un eroe nuovo nasce in Italia e conquista il pubblico dei lettori: è Tex Willer. Entro la cornice dell’iconografia classica americana, le storie del leggendario ranger texano attingono alla cultura del recente passato del nostro paese (i film d’epoca fascista, la Resistenza, il neorealismo) e alla realtà sociale e politica contemporanea (la legalità costituzionale, la corruzione politica). Tex difende i deboli, combatte i cattivi, non ha dubbi esistenziali, dimentica velocemente i torti subiti e la sua stessa rabbia, rispetta le tradizioni altrui ed è pronto a violare la legge per far trionfare la giustizia. Eroe dell’epopea americana ma testimone fedele del mondo emozionale e dei tratti antropologici degli italiani.

Per leggere Tex basta ... saper leggere... Per leggere E. Leake serve ... un Master come minimo.... buona lettura

The age of Aquarius



Allora, innanzitutto consiglio di leggere l’articolo di Travaglio sul Fatto di oggi https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/06/13/aquarius-travaglio-evento-drammatico-conte-spieghi-in-tv-a-italiani-non-affidi-tutto-alla-propaganda-di-salvini/4424021/). Riprende una serie di concetti che ribadisco da tempo. Detto questo, anche lui, come tutta (credo proprio di sì) la stampa italiana e un pezzo di europea a cui ho dato uno sguardo, resta sempre nel girone emergenziale migranti.

Ricordo che di questi temi cominciammo a sentirne parlare nel lontano 1978: i famosi boat people del Vientnam alla ricerca di un approdo e di una vita migliore fuori da casa loro. 40 anni dopo ilVietnam è diventato una potenza regionale, adesso hanno anche loro il problema degli immigrati e non più di emigrati. L’occidente, sempre pronto a mandare una cinepresa per far vedere i migranti di allora, non ha svolto nessun ruolo pratico nella loro soluzione e nello sviluppo successivo del Vietnam. 

Pochi anni dopo, 1985, “scoprimmo” la “fame nel mondo”. Quelli della mia età o più vecchi ricorderanno il buon Pannella darsi da fare per far approvare la legge che divenne conosciuta come quella contro la fame nel mondo. Soldi a palate alla Cooperazione, ma di risultati ne abbiamo pochino da mostrare.

I decenni son passati, i migranti son diventati un problema talmente complesso che nessuno sa bene cosa fare, ma con la scusa dell’emergenza ci si è scordati di fare qualcosa di serio sulle cause di fondo. Nel nostro piccolo, noi italiani abbiamo continuato ad appoggiare governi di banditi come quelli della Nigeria (grazie ENI), abbiamo sostenuto il regime marxista etiope e quello Mozambicano. Non si scorda una sola iniziativa dei nostri governi passati per cercare di stimolare una riflessione e un’azione europea e/o nazioni unite che andasse alla radice di quel problema. I governi fantoccio facevano comodo a tutte le potenze occidentali, Francia in primis, i maltrattamenti sociali, fisici ed economici de loro cittadini non arrivava mai sulle prime pagine né in alto nell’agenda di governo, e quindi l’inevitabile è accaduto: sempre più conflitti, come ripeto da anni, una destabilizzazione alla quale noi occidentali contribuiamo ogni giorno (basta pensare al casino creato dalla Francia in Libia) e, nella pacchia generale, si sono infilati anche i cinesi che fanno esattamente quello che noi abbiamo fatto per oltre un secolo: prendere quello che gli serve e infischiarsene del tema “diritti umani” (come se a noi europei questo tema importasse davvero: provate a chiederlo al fascio ministro dell’interno di Macron).

La fame nel mondo è aumentata, la “governance” globale va sempre peggio, la corruzione dilaga (noi con l’ENI giochiamo sempre in zona medaglie) e giustamente la gente se ne va. Abbiamo liberalizzato mercati finanziari, ma nessuno vuole liberalizzare la circolazione delle persone, credendo sul serio, nella loro beata ingenuità, che questo braccio di mare che abbiamo davanti sia un deterrente sufficiente perché se ne stiano a casa loro.

Il governo precedente ha terziarizzare il tema alla banda di banditi al governo in Libia. Così abbiamo chiuso gli occhi, detto grazie a Minniti (uno dei migliori ministri decentro sinistra a detta del mitico Scalfari) e lasciato che marciscano e muoiano laggiù. In cambio tutti contenti di sbandierare la riduzione del 78% degli sbarchi. Con questa logica, se li ammazzassimo direttamente a casa loro avremmo eliminato il problema alla radice. Oddio, cosa ho scritto. Devo chiedere scusa, magari a quelle industrie di armamenti italiani, francesi, tedesche, russe, cinesi e americane che fanno gara a chi (s)vende più armi di distruzione di massa. La mano destra non sappia cosa fa la sinistra.

Quindi eccoci qua a sbraitare sul tema migranti, non una riga e meno ancora uno straccio di idea sul tema maggiore che, avessimo cominciato a trattarlo 40 anni fa, magari oggi non sarebbe così grave. La fame nel mondo è aumentata, certifica la FAO, nel ricordare la propria impotenza e in particolare del suo Lider Maximo tanto contento del suo Fame Zero. Nemmeno in sede ONU si sente volare una mosca che non sia la necessità di trattamenti umani e del rispetto del diritti umani. 


Forse varrebbe la pena iniziare a guardare la foresta dietro l’albero che continuiamo a indicare con le nostre dita. E ritorneremmo a bomba: la necessità di un cambio paradigmatico di modello di sviluppo: pensare che basti mettere un populista in giacca e cravatta all’Eliseo con la sua coorte di ministri fascisti, o un Cazzaro Verde a Roma per risolvere questi problemi è un infantilismo che qualcuno deve ricordare quotidianamente.  

martedì 12 giugno 2018

Riflessioni mattutine sul nuovo governo, migranti e il futuro dell’Europa



Abbiamo un governo nuovo che mette in pratica quanto ha detto in campagna elettorale. Piaccia o non piaccia, queste cose Salvini le aveva dette e adesso le fa. La necessità di riaprire il discorso migranti (ma non solo, ricordate che Salvini ripete spesso che il problema è di aiutare l’Africa a svilupparsi e quindi non solo di controllare i porti di imbarco come continua a ripetere La Repubblica) a livello europeo è abbastanza chiaro a molti. I governi precedenti non hanno avuto la forza o la volontà di porre il problema in maniera brutale, e il risultato si è visto: l’Italia è rimasta da sola a occupare il fronte sud e gli italiani hanno votato come hanno votato. Salvini pone il problema in modo diverso, brutale, ma nell’immediato questo ha funzionato. Anche la Spagna adesso ripete che il problema va risolto a livello europeo, così come Malta e l’Italia. Bisogna costruire una alleanza politica più larga perché è evidente che i paesi del nord europeo così come i pesi massimi Germania e Francia non hanno nessuna voglia, nella pratica, di aprire questa discussione. Ecco perché Salvini propone, in via forse provocatoria, ma non credo tanto, che il punto di primo contatto diventino le navi dove vengono tratti in salvo i migranti e quindi le nazionalità delle bandiere di quelle navi. Il tema Aquarius sarebbe quindi un problema inglese e non italiano. Interessante, vedremo come andrà avanti.

Ritorno sul silenzio di fondo dei francesi, il cui ministro dell’interno, ex-socialista, usa metodi e frasi che in Italia lo classificherebbero automaticamente come fascista. Il presidente Macron non lo amai smentito, confermandogli la fiducia il che, proprietà traslativa della politica, ci fa pensare che Macron pensi quello che il suo ministro fa. Ricordiamoci di come trattano i migranti che vorrebbero passare in Inghilterra (la famosa “giungla” di Calais) e il blocco al confine con l’Italia dove ammassiamo migranti che loro non vogliono vedere.

Il problema è chiaramente a una scala superiore, minimo europea, ma va ben al di là della questione migrazione. Con l’incapacità confermata ogni giorno di più da parte della Merkel e di Macron di proporre una visione minimamente accettabile dell’Europa del domani (leggetevi l’articolo di Piketty su La Repubblica di oggi), i problemi si accumulano, così come i surplus della bilancia tedesca. Di fatto la loro assenza politica lascia spazio tutte le avventure possibili, con l’unico risultato diconfermare, nella percezione della gente comune, che questa europa non funziona per loro ma solo per chi ha i soldi. Il presidente dei “molto ricchi” (dixit l’ex-presidente Hollande) Macron, e la mutter tedesca continuano a portarci verso l’inevitabile: una frattura sempre più grande che va al di là della discussione Euro sì-Euro no, e che tocca il cuore del problema. Questa costruzione europea non ci difende da nulla e si mette gli uni contro gli altri. Se passiamo a una scala superiore, la nostra (europea) progressiva marginalizzazione fa il gioco di Trump, Putin e  Ici-Git-Ping di eliminarci dai grandi consessi internazionali tipo G7 o G8, e di farsi gli affari loro a scapito nostro.

E’ ovvio che le paure espresse dal governo giallo-verde (oramai verde-giallo) non hanno una sostanza sufficiente per smuovere le montagne; possono solo abbaiare al ladro al ladro, ma se poi chi ha compiti (e capacità) superiori, non li esercita, avremo più governi verdi-gialli in giro per l’europa, cioè andremo verso una rottura che farà solo il gioco delle altre grandi potenze mondiali mentre noi, da separati, non riusciremo, ancor meno di adesso, di gestire problemi complessi come la migrazione.

Concludendo: battere i pugni sul tavolo serve, ma non basta. Bisogna che chi pensa di esser ancora capace di far politica si risvegli, e, spero io, bisogna che noi popoli europei, stante l’incapacità delle classi governative e dei leader attuali, li mandiamo a casa e li sostituiamo con leader veri, del popolo, per costruire una europa più democratica, capace di porre il problema centrale del sottosviluppo del sud, della mancanza di governance (che ci fa tanto piacere intrattenete attualmente) come LA sfida del futuro. Questa europa chiaramente non ce la fa. E questo perché non hanno l’intelligenza politica per capire queste complessità. I loro leader hanno studiato nelle grandi scuole di management e amministrazione, ma non hanno mai studiato politica e non hanno mai guardato in faccia la realtà quotidiana, che non conoscono.


Quindi, criticate finché volete o applaudite Salvini, ma il problema si gioca a scale superiori. Il sogno ideale sarebbe una europa solidale che si da da fare per democratizzare i paesi africani cacciando via tutti quei presidenti che sono lì per fare gli affari delle nostri multinazionali, una europa che aiuti lo sviluppo locale senza inondare le loro agricolture con i nostri prodotti sovvenzionati, una europa che non va a rubare le loro terre per fare gli agro-carburanti per le nostre vetture. Una europa che, forte di una azione democratizzante di questo tipo, può ergersi, sul serio questa volta, a paladino del tema dei diritti e quindi sedersi, in modo unito, di fronte all’assemblea delle nazioni unite e ricordare che solo quella è la sede accettabile per discutere e mettersi d’accordo. Una Europa dove i tedeschi verrebbero a Canossa con le loro politiche che creano sottosviluppo a casa degli altri. Un’Europa dove finalmente ci sentiremmo a casa nostra.

2018 L27: Philippe Rouquier - Tant pis pour le Sud


Le Masque 2017

Le 17 octobre à 23h32, en pleine mer, au sud des Philippines, Marc Meneric disparaît. Du moins, c'est ce qu'indique sa montre GPS, qu'il portait comme tous les autres employés de la société de prospection minière pour laquelle il travaillait.
Son frère, Vincent, lobbyiste dans la même entreprise en Afrique, décide de retracer le parcours enregistré par la montre pour tenter de le retrouver. Mais chaque fois qu'il semble approcher du but, il découvre une vérité qui l'en éloigne. Dans ce décor paradisiaque, sa course infernale se transforme alors en labyrinthe dont il n'est pas sûr de s'échapper...

Vale la pena leggerlo... probabile candidato alla Top