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giovedì 30 marzo 2017

Il 29 marzo non è solo la data della firma del Brexit: ricordiamoci del 29 marzo 1947


La Francia uscì vittoriosa dalla seconda guerra mondiale, con una lotta interna contro quel governo di Petain alleato ai tedeschi che aveva permesso al Generale De Gaulle di ergersi a salvatore della patria, inaugurando un periodo di prosperità, pace e giustizia, nella metropoli.

C’erano ragioni per credere allora che quei valori universali tanto sbandierati, Liberté – Egalité – Fraternité, si sarebbero tradotti in atti concreti e rapidi anche all’interno di quella costruzione del secolo precedente che erano le Colonie d’Oltremare. Madagascar era una di quelle. 

Le requisizioni di riso per alimentare la madre patria e i soldati al fronte, avevano cominciato a scaldare gli animi già prima della fine della seconda guerra. A queste si aggiungevano le requisizioni di altre materie prime nonché condizioni di lavoro che, fino al 1946, includevano ancora la schiavitù del lavoro forzato.

Senza una vera e propria preparazione, e col solo appoggio di due organizzazioni locali, la rivolta iniziò il 29 marzo 1947. 

La reazione della Francia fu tremenda e vile nello stesso tempo. Invece di mandare le sue forze dell’ordine, bianche, si affidò ai corpi speciali dei tiratori scelti senegalesi. Secondo i dati offerti dallo stesso Stato Maggiore dell’esercito, la “pacificazione” (sic) avrebbe fatto 89 mila morti, con torture, esecuzioni sommarie, raggruppamenti forzati e messa a fuoco di villaggi. L’Alto Commissario del governo dette una cifra ancora più alta, fra i 90 e i 100 mila (https://www.herodote.net/29_mars_1947-evenement-19470329.php).

La disfatta di Diên Biên Phu in Vietnam (1954) era ancora lontana, così come la guerra d’Algeria (1954-1962), altre occasioni nelle quali la democratica Francia avrebbe dimostrato quanto i cambiamenti sociali profondi siano lenti da portare avanti e quanto difficile sia per i governi “democratici” (degli altri non val la pena parlarne) portare avanti un lavoro sulla memoria. 

Si dovette aspettare fino al 2005 per far sì che un presidente della Repubblica, Chirac, qualifichi pubblicamente come “inaccettabile” la repressione (i massacri) compiuti dallo stato coloniale francese nel 1947. 

Ancora una decina d’anni e finalmente nel 2016 il presidente Hollande ha riconosciuto i “crimini” compiuti all’epoca, tentando presentando una versione riduttiva dei fatti ma, peggio ancora, senza nessun segno di pentimento (https://mcmparis.wordpress.com/2016/11/27/madagascar-francois-hollande-1947-il-reconnait-les-crimes-mais-pas-de-pardon/).

Il 29 marzo sarebbe stato opportuno che i candidati alla più alta magistratura di Francia esprimessero il loro pensiero su quanto successe allora, soprattutto pensando all’importanza del tema della sicurezza e del “terrorismo” (non meglio specificato) nell’agenda attuale. Nessuno di loro mi sembra abbia detto nulla. Ho trovato solo una lettera aperta del segretario del partito comunista francese (forse per dimostrare di essere ancora vivo), ma a parte questo, un trafiletto in un telegiornale e amen.

2017 L12: Franck Bouysse - Grossir le ciel



Manufacture du Livre, 2014

L' abbé Pierre vient de mourir. Gus ne saurait dire pourquoi la nouvelle le remue de la sorte. Il ne l' avait pourtant jamais connu, cet homme-là, catholique de surcroît, alors que Gus est protestant. Mais sans savoir pourquoi, c'était un peu comme si l'abbé faisait partie de sa famille, et elle n'est pas bien grande, la famille de Gus. En fait, il n'en a plus vraiment, à part Abel et Mars. Mais qui aurait pu raisonnablement affirmer qu'un voisin et un chien représentaient une vraie famille ? Juste mieux que rien. C'est justement près de la ferme de son voisin Abel que Gus se poste en ce froid matin de janvier avec son calibre seize à canons superposés. Il a repéré du gibier. Mais au moment de tirer, un coup de feu. Abel sans doute a eu la même idée? Non.
Longtemps après, Gus se dira qu'il n aurait jamais dû baisser les yeux. Il y avait cette grosse tache dans la neige. Gus va rester immobile, incapable de comprendre. La neige se colore en rouge, au fur et à mesure de sa chute. Que s'est-il passé chez Abel ?


Allora, il libro mi è piaciuto molto per il 99%, il che è ovviamente molto buono. Ne leggerò ancora, per il momento lo metto fra i candidati alla Top anche se ho trovato la chute finale un po' così... insomma forse poteva trovare qualcosa di meglio. Detto questo l'atmosfera contadina delle Cevennes mi sembra molto ben resa... certo può piacere oppure no... a me è piaciuto

mercoledì 29 marzo 2017

Brexit dichiarata, Europa preoccupata


Il bello di seguire le vicende europee da lontano è che una specie di filtro automatico si piazza fra te e quei lontani paesi. Hai una visione diversa, il che non vuol dire migliore o più completa. Per esempio oggi gran parte dei giornali italiani titola sulla Brexit, mentre i francesi sono alle prese con l’infinita vicenda del candidato alle presidenziali Fillon e le inchieste che oramai riguardano lui, sua moglie e i figli. Nipoti non ne ha ancora, per cui al prossimo giro entreranno gli amici e i soci in affari, come è già successo con quel tipo che gli ha offerto vestiti fatti a mano di ottima fattura per quasi 50mila euro.

I francesi cominciano ad aver paura che Marine Le Pen possa addirittura vincere e che questo significhi la fine dell’Europa. Gli inglesi se ne vanno, faranno di tutto per far sì che queste negoziazioni vadano male per noi europei, e dato il livello di divisione interno, questo scenario esiste, aprendo di fatto la porta ad altri paesi propensi a guardare con simpatia l’esempio britannico.

Gli europeisti si consolano dicendo che la Le Pen non andrà mai oltre il 40% per cui è un falso problema, nel senso che tutto dipenderà da chi sarà lo sfidante che uscirà vincitore nel primo turno, di fatto diventando automaticamente il futuro presidente. A questo aggiungono i segnali in arrivo dalla Scozia, con la voglia di organizzare un referendum che confermi la loro volontà politica di entrare (o non uscire) dall’Unione e quindi rompendo, di fatto, la Gran Bretagna in stati sovrani indipendenti.

Tutto un gran daffare insomma, che gira attorno al futuro dell’Europa. La vera domanda che sorge spontanea ogni giorno di più diventa proprio quella: ha ancora un senso “questa” Europa?

Mi capita di scrivere qualcosa ogni tanto, giusto anche per ricordarmi l’evolversi delle mie stesse riflessioni, poi di parlarne con qualcuno, Charlotte e pochi altri… capisco le posizioni dei giovani che, come lei, un lavoro ce l’hanno in questo momento e che, grazie a Erasmus hanno potuto andare in giro. Dall’altro lato i miglioramenti tecnologici e l’abbassamento dei prezzi dei voli europei e non, non dipende granché dalla mitica Unione (quest’estate finalmente elimineranno il roaming, ma anche lì ci hanno messo anni, facendo comodi regali alle imprese di telecomunicazione). Girare costa molto meno che un tempo, telefonare non costa nulla, quindi se uno vuole girare lo fa anche senza Unione, e difatti lo fanno anche in tante altre regioni del mondo.

Insomma, non può essere questa la ragione principale. Col tempo che passa sono, siamo, in molti a pensare che quella gamba che manca all’Unione, quella “politica”, assieme a quella economico-commerciale, di fatto non potrà nascere perché oltre alla poca volontà dei politici attuali di rimettere in discussione il modello fondatore della UE, le occasioni storiche sono già passate, e quei treni non si possono più prendere.

Quando si assiste allo disfacimento di un partito socialista come quello francese, sacrificato dal suo stesso Presidente in nome di una ortodossia politica che, secondo lui, arriva dai trattati conclusi dalla Francia con il resto dell’Europa e altri partner commerciali esterni, capisci che qualcosa non va più. Non si tratta nemmeno di un caso come l'italiano, dove è più una questione di personalità. La questione francese ci riguarda da vicino perché segnala la rinuncia di cambiare questa società e di restarci dentro, lasciando che siano altre forze, non democratiche e non elette, come le banche, multinazionali e in generale la finanza, a comandare.

Il livello di disprezzo pubblico al quale è sceso Hollande, lo ha obbligato a non presentarsi alle elezioni, ma ciò non è bastato: il suo candidato in pectore (quello vero), Macron, si è candidato fuori dal partito, per accelerarne la scomparsa. Quello interno, Valls, è stato eliminato dagli stessi sostenitori del partito che gli hanno preferito un dissidente come Hamon il quale, povero, raccoglie meno consensi che il candidato della Francia Indomita, Melenchon. Si distrugge un capitale politico storico, quello da cui lui stesso proviene, e questo basandosi sull’assioma che il modello economico non si può cambiare. Che cose del genere le dicano la Merkel e i suoi sodali si capisce, ma che lo dica Hollande, eletto proprio sulla promessa di andare a rinegoziare quei trattati, allora ti vien voglia di dire, che se ne vadano tutti al diavolo.

L’Unione poteva diventare qualcosa di diverso, una vera forza propositiva mondiale, ma ha perso il treno, nel 1989 (leggere l’articolo di Serge Halimi sull’Europa da rifare: http://www.monde-diplomatique.fr/2016/07/). Il falso europeismo di Mitterand e Kolh ha fatto privilegiare baruffe di piccolo cabotaggio fra di loro, invece di approfittare della caduta del Muro e poi della scomparsa dell’Unione Sovietica per lanciare un’Europa unita basata sui principi di giustizia sociale e pace, rispondendo così a quanto i popoli europei volevano all’epoca. Non l’hanno fatto, il treno è passato e a noi è rimasto in mano l’euro (e la speranza, vana, di Prodi, che quello fosse solo l’inizio, ma che poi la gamba politica sarebbe arrivata).

L’inizio della fine data quindi dal novembre 1989. Quest’anno, o il prossimo, sarà solo la certificazione che questa Europa non serve più; bene che se ne vada l’Inghilterra, questo potrebbe essere uno scossone salutare per ripensare l’impianto dalla base. Ma non succederà perché servirebbe qualcosa di ancora più forte. Il mio sogno sarebbe l’elezione di Melenchon, l’unico, assieme alla Le Pen, che affronta a muso duro questa Europa oramai percepita solo come fonte di problemi. Ovvio che io sto con lui e non con la Le Pen, che mescola ragioni di fondo a un brodo di (mancanza di) cultura per toccare gli istinti più bassi della popolazione, istigare paura e non speranza. Vincesse uno di loro sarebbe il terremoto; vincendo il candidato delle banche e della finanza, Macron, oppure la versione della destra ultraliberale di Fillon, l’Europa continuerà a fare danni a tutti noi.

Ma ricordatevi che da anni oramai l’Unione è un dead man walking. Bisognerà certificarlo prima o poi, e riprendere a tessere un cammino diverso, che non può passare dalla finanza, a nessun costo. L’Europa sarà dei popoli o non sarà.

martedì 28 marzo 2017

Salade de quinoa, grenade e feta (recette Charlotte)

Ingrédients pour 2 personnes

1 verre plein de quinoa (environ 140 gr)     1 bicchiere pieno quinoa
1 grenade                                                    1 melagrana 
1 oignon frais                                               1 cipolla fresca
100 gr feta                                                    100 gr formaggio greco Feta
1/2 botte de coriandre                                  1/2 mazzetto di coriandolo
1/2 botte de menthe                                     1/2 mazzetto di menta
jus d'un 1/2 citron                                         succo di mezzo limone
huile d'olive                                                  olio d'oliva
sel                                                                sale
5 baies (ou poivre)                                       5 bacche (o pepe)


Préparation
suivre les instructions de la boite pour la cuisson de la quinoa
hachez le coriandre et la menthe
couper la feta en petit dés
couper l'oignon en petit dés
récupérer les pépins de la grenade

mélanger et assaisonner le tout dans un saladier.

Dégustez! 

Preparazione
seguire le istruzioni sul barattolo per la cottura della quinoa
tritare il coriandolo e la menta
tagliare la feta a dadini
tagliare la cipolla a dadini
recuperare i semi della melagrana

mescolare e condire l'insalata ...

lunedì 27 marzo 2017

Ricetta Xuor: Parmigiana a Bangkok (bagnomaria)

Se siete a Bangkok, o altrove, e volete farvi una parmigiana ma non avete ne forno normale ne forno a microonde, allora questa ricetta fa per voi.

Ingredienti:
due melanzane
cipolla
polpa di pomodoro
mozzarella (quella che trovate...)
parmigiano
rosmarino e timo
sale e pepe
olio di oliva





Tagliare le melanzane in due, fate delle strisce in mezzo, salate e lasciate spurgare per una mezz'ora.
Tagliare la cipolla a dadini fini fini
Prendere una pentola tipo Fait Tout e mettere l'olio di oliva e far soffriggere la cipolla.
Dopo mezz'ora asciugare le melanzane, pelarle e tagliarle a dadi di 2x2
Metterle nella pentola. Aggiungere la polpa di pomodoro, sale/pepe, rosmarino e timo.
Lasciar cuocere 35-40 minuti circa.

Quando le melanzane sono cotte, prendere uno stampo di silicone, depositare le fette di mozzarella al fondo, copritele con uno strato di melanzane, seguito da parmigiano grattugiato. Rifare un altro strato fino a riempire lo stampo.
Quando è pieno, prendere una pentola grande, aggiungete acqua (fino al livello indicato dal dito), poi aggiustate lo stampo di silicone (vedi foto... ovviamente se avete uno stampo tondo è meglio), metteteci degli stracci (puliti) per non perdere il vapore, e fate scaldare per circa 30 minuti.
Lasciate raffreddare e servite.

Successo garantito, e in più è super light! 

domenica 26 marzo 2017

Ratchathewi: casa dolce casa











Questo è il quartiere in cui viviamo. Conosciuto soprattutto perché al suo interno si trova la Jim Thomson househttp://www.jimthompsonhouse.com dove i turisti vanno a comprare a caro prezzo dei prodotti in seta molto belli. 

Oltre a questo rinomato posto il quartiere non è zona tradizionale da turisti, quindi abitato da una fauna socialmente mista di Thai di tutti i tipi, nonché asiatici e qualche sparuto europeo. Noi ci siamo arrivati grazie a un amico e collega. Il vantaggio è di essere vicini al metro di superficie (BTS, omonima fermata) e non lontano dall’ufficio. 

Per il resto è un quartiere molto vivo, sembra proprio che non si fermi mai, giorno e notte il rumore ti avvolge, anche quando, come noi, abiti in alto su una torre dalla quale hai uno skyline non male (vedi foto). 

Come già detto, a Bangkok e quindi a Ratchathewi, sembra proprio che nessuno cucini a casa, ecco perché trovi tanti posticini dove fanno da mangiare per strada. Vedete un po’ voi alcune delle foto, di posti, persone e prodotti (che non invogliano particolarmente). Quello che continua a sorprenderci sono gli odori che, soprattutto nel pezzo per andare al BTS, sono delle vere e proprie puzze. Alta temperatura e pulizia approssimativa, fanno sì che il cibo maturi molto velocemente e perisca in poco tempo. Non ho ancora osato mangiar per strada, vedremo più avanti.

Le condizioni abitative sono quello che sono, penso però che non sia nulla di diverso da quello che potevamo trovare nei vecchi centri storici italiani alcuni decenni fa.

Finora abbiamo avuto essenzialmente sole, e la sola volta che è piovuto, il paesaggio si è trasformato, ma non in meglio; nel senso che passata la sgrullata la temperatura è salita come una vampata di calore che ti toglie il fiato. Aspettiamo con un po’ d’ansia i mesi a venire.


Ah, se per caso non avete un telefonino, non cercate di usare i telefoni pubblici… come questo nella foto.

sabato 25 marzo 2017

Un paese piccolo piccolo



Stamattina mi è capitato di vedere un reportage su un paese X. Aveva un’economia, se non proprio florida, abbastanza prospera da permettere alla sua gente di viverci bene e a una classe media di crescere piano, ma regolarmente. 

Questo paese aveva qualche rapporto politico commerciale che gli facilitava la vita, ma aveva anche qualche problema di cui non si rendeva conto all’epoca.

Pian piano le agevolazioni fiscali che gli permettevano di attrarre turisti a iosa, sono finite, mettendo a mal partito la bilancia dei pagamenti. I debiti hanno cominciato a crescere, ed il costo della vita ha seguito lo stesso trend. Le importazioni dovevano passare solo da trasportatori con una unica origine, il che, impedendo ogni tipo di concorrenza, ha ovviamente facilitato l’aumento dei prezzi rispetto ai paesi vicini.

Come tanti altri paesi, il nostro ha conosciuto invasioni militari, governi “democratici” secondo i nostri standards occidentali, ma comunque sempre controllati grazie a una solida presenza di basi militari.

Il modello economico, ovviamente liberamente scelto, tendeva a favorire gli investimenti stranieri, con sgravi fiscali e quindi pochissime imposizioni, nella speranza che questo creasse posti di lavoro e facesse girare l’economia.

Politiche simili vennero seguite anche da paesi vicini, col solo effetto di ridurre il tasso di crescita dell’economia locale a livelli totalmente insufficienti per ripagare il crescente debito. La scelta fu quindi di togliere queste esenzioni fiscali e le imprese del settore se ne andarono velocemente nei paesi vicini, che avevano mantenuto le loro.

La crescita si è fermata del tutto. Incapaci di venirne fuori, sono arrivati gli esperti internazionali per risolvere il problema. La promessa della nuova legge varata a metà dell’anno scorso di fatto passa il potere dalle mani del governo a quelle di questa specie di troika senza nome. 

Il debito nel frattempo aveva raggiunto il 100% del prodotto nazionale il quale, da parte sua, non cresce più, contrariamente al debito.

La ricetta proposta, potete immaginarlo, è molto semplice. Tagli, tagli e ancora tagli. Scuole elementari sono state chiuse, università che non pagano più i professori e hanno alzato le rette a livelli astronomici per le possibilità locali, proposte di privatizzare tutto quel resta del piccolo settore pubblico. 

Dati non recentissimi davano la disoccupazione giovanile al 25% e si annunciava la possibile dichiarazione di bancarotta del paese.


Vi sfido a trovare chi sia questo paese …

2017 L11:Leïla Slimani - Chanson douce

Gallimard 2016

Lorsque Myriam, mère de deux jeunes enfants, décide malgré les réticences de son mari de reprendre son activité au sein d'un cabinet d'avocats, le couple se met à la recherche d'une nounou. Après un casting sévère, ils engagent Louise, qui conquiert très vite l'affection des enfants et occupe progressivement une place centrale dans le foyer. Peu à peu le piège de la dépendance mutuelle va se refermer, jusqu'au drame.
À travers la description précise du jeune couple et celle du personnage fascinant et mystérieux de la nounou, c'est notre époque qui se révèle, avec sa conception de l'amour et de l'éducation, des rapports de domination et d'argent, des préjugés de classe ou de culture.
Le style sec et tranchant de Leïla Slimani, où percent des éclats de poésie ténébreuse, instaure dès les premières pages un suspense envoûtant.


Bello, consigliato, sarà nella Top dell'anno.

giovedì 23 marzo 2017

Recette de tartare de cabillaud façon Thai (recette Charlotte)

Ingrédients pour 2 personnes:
- 2 dos de cabillaud
- 1/2 botte de coriandre
- 1 oignon frais
- 1 tige de citronnelle
- 1,5 citrons verts 
- du kumbawa
- du gingembre frais
- de l'huile d'olive
- poivre thai

Préparation 
Mettre tout ensemble dans un saladier, laisser mariner le poisson couper en dés au moins 20 minutes.

Servir avec de la salade et un peu de riz thai.

Ingredienti x 2 persone:
2 filetti di merluzzo
1/2 mazzetto di coriandolo
1 cipolla fresca
1 ramo di citronella
1,5 limoni verdi
del kumbawa (chiedere a Charlotte)
zenzero fresco
olio di oliva
pepe Thai

preparazione
Tutto assieme in una insalatiera, lasciar marinare il pesce tagliato a addetti almeno 20 minuti
mangiare dicendo regolarmente: mmh, che buono...


Il grande “dibattito” delle presidenziali francesi

Lunedi sera i cinque pretendenti con maggiori possibilità di successo, sono stati invitati a partecipare a un programma, pomposamente intitolato «Il Grande Dibattito». Durato oltre tre ore, e spalmato su una quindicina di temi vari, in realtà di dibattito non si è trattato, ma essenzialmente della presentazione delle posizioni dei vari candidati e qualche scaramuccia per provare a beccarsi un po’. 
Ovviamente dal fischio di chiusura sono partite le analisi per capire chi sia stato più chiaro, chi abbia vinto e chi abbia perso. Approfittando che dall’estero riusciamo a vedere vari programmi di reti pubbliche e private, mi sono reso conto di come i giudizi siano assai svariati, senza necessariamente seguire una logica partigiana. Qui sotto ne riporto un po’, giusto per mostrare come l’unico punto comune sembra essere dato dal fatto che tutti escludono che il possibile vincitore possa essere stato il candidato ufficiale del partito socialista Hamon. 

François Fillon, Marine Le Pen, mieux notés du Grand Débat TF1

Marine LE PEN et E MACRON Grands Gagnants du Grand Débat (21/03/17)

Pourquoi Mélenchon est le principal gagnant du débat (et Macron le grand perdant)

Un gagnant visible, Emmanuel Macron ; un demi gagnant caché, François Fillon....

ed infine :
LA PRÉSIDENTIELLE 2017 VUE PAR LA PRESSE ÉTRANGÈRE :
El País estime que Macron et Le Pen ressortent comme les favoris après ce premier débat.
La Libre Belgique, en revanche, “difficile de dire qui fut le grand gagnant” 

secondo La Repubblica invece ha vinto Macron.


Detto questo, alcuni giornali e specialisti danno la vittoria a questo o a quello, ma solo uno degli invitati a un programma (almeno fra quelli che ho ascoltato) mi sembra abbia detto la cosa più importante: un programma del genere si rivolge a un pubblico di convertiti, quindi chi sta con un candidato trova che sia stato bravissimo e chi sta con un altro ovviamente dirà la stessa cosa. Prova ne sia che alcune persone, amiche e familiari, che hanno assistito al “dibattito” con la speranza di chiarirsi le idee e decidere per chi votare, ne sono uscite come ne erano entrate, e cioè senza chiarezza alcuna. Detto questo, la sola, grande e unica novità è stata data dal fatto che non erano 4+1 (quattro più una, Marine Le Pen), ma che erano cinque candidati su un piede di parità.  Considerando i tentativi di marginalizzare e demonizzare la candidata dell’estrema destra e il suo partito, il fatto stesso che lei sia stata accettata sia dagli organizzatori che dai partecipanti, senza particolari animosità nei suoi confronti, al di là di qualche scaramuccia è, a mio modo di vedere, il segnale che la vittoria la porta a casa lei, con la sua strategia di normalizzazione progressiva che magari non sarà sufficiente questa volta a farla eleggere (ma intanto sembra sicura la sua presenza in testa alla fine del primo turno) ma che continua a spianarle la strada per il 2022, il vero obiettivo dichiarato fin dall’inizio della campagna.

lunedì 20 marzo 2017

Times goes by...

La crisi attuale sembra non aver fine. Al contrario, molti indicatori non solo restano sul rosso ma potrebbero anche peggiorare. Ecco perché il sentimento di paura attanaglia sempre di più la classe media, una parte della quale è emersa dal proletariato operaio e contadino non più di una o due generazioni fa.
Siamo usciti dalla seconda guerra mondiale in braghe di tela o, peggio, con le pezze al culo. L’avventura fascista aveva scritto nel suo DNA lo sfascio nel quale ridusse l’Italia, dopo aver portato violenze e quant’altro anche nelle spoglie dell’Impero. L’Italia pero aveva anche dell’altro da offrire: prima di tutto una resistenza multipartitica che aveva dimostrato come ci fossero forze fresche per battersi contro gli oppressori, interni ed esterni, ma anche una forza politica capace di far paura all’establishment moderato. Non era solo per il peso politico del partito comunista, ma anche per il legame esistente con quello che, in quegli anni, veniva ancora considerato come un possibile modello alternativo (dagli stessi economisti americani!), l’Unione Sovietica. Gli anni della ricostruzione si caratterizzarono quindi per un sostanziale equilibrio (o comunque un disequilibrio limitato) nella lotta fra il capitale e il lavoro. I diritti andavano conquistati uno per uno, con lotte anche dure e durissime. I governi dell’epoca, a parte sbandamenti temporanei come Tambroni, restavano su una linea democratica che, pur escludendo il PCI dal governo, lo faceva partecipe attraverso il dialogo sociale.
Si stava da una parte o dall’altra, ma poi quando si andava a discutere dei necessari miglioramenti societali, si trovavano accordi e, in caso contrario, la voce del popolo era chiamata ad esprimersi (referendum sul divorzio, sull’aborto). Forse conservatrici e parafasciste erano rimaste ben presenti nel mondo politico, economico e industriale, e continuavano a dominare il mondo militare nostrano. Vari tentativi di colpi di stato si susseguirono dal 1967 in poi, finché non ci pensarono i servizi segreti a immischiarsi nella nostra vita quotidiana. Erano lotte quasi impari, e tante sconfitte sono state portate a casa. Nel frattempo però lo statuto dei lavoratori venne approvato, i salari aumentavano e il livello di vita migliorava per tutti. Nuovi mercati vennero aperti a una serie di prodotti che facilitarono la vita di tutti i giorni, per cui anche il settore industriale trovo il suo beneficio in un processo che, rafforzando una classe media, permettesse loro di diventare anche clienti delle nuove mercanzie messe sul mercato. 
Ognuno vedeva mezzogiorno davanti alla porta di casa sua, come dicono i francesi. Ciò non toglie che quando i terroristi delle brigate rosse e altri gruppi tentarono il rovesciamento delle istituzioni democratiche, il loro calcolo si dimostro completamente sballato, perché il patto sociale tra stato e cittadini reggeva, meglio di quanto pensassero loro e i loro strateghi.
Il 1989 porto alla fine dell’Unione Sovietica e con questo anche la fine di un contropotere al modello capitalistico che, nel frattempo, si era estremizzato con l’arrivo al potere di Reagan e la Thatcher.  Da quel momento in poi comincia la lenta regressione della stagione dei diritti e la progressiva trasformazione del capitale industriale (fatto di beni materiali) in capitale finanziario (e quindi immateriale).
La classe media italiana (ed europea) ha cominciato a perdere colpi, e non si ricordano governi che abbiano posto chiaramente il problema nei suoi termini reali e abbiano cercato delle soluzioni coerenti con questo. Si sono cercate scappatoie, e la più grande è stata la creazione della comunità europea.
Va ricordato, come premessa a quanto segue, che l’invenzione dello stato moderno, alla fine del 1800, rispondeva fondamentalmente alla espansione dell’economia di mercato che non poteva più soddisfarsi degli angusti spazi locali che regioni e paesotti isolati fra loro potevano offrire. Il mercato necessitava spazi più grandi, e questo fu motore sufficiente per riscrivere la geografia mondiale. Il passaggio recente alla globalizzazione, che coincide con la finanziarizzazione e la concentrazione del potere anche industriale in mani sempre più ridotte, pone lo stesso problema di cent’anni prima: gli spazi nazionali sono troppo angusti, bisogna allargarsi. Il fatto che a dominare fosse l’economia (e chi la controlla) e non il sociale (o politico), spiega come mai l’avventura europea sia cominciata da accordi commerciali (carbone e acciaio), per finire col creare una unione dove quel che contava era l’apertura di mercati sempre più vasti al commercio, senza nessun bilanciamento in termini di diritti e doveri da parte dei contendenti. 
La corsa a partire dai 6 paesi membri iniziali per arrivare ai 27 attuali trova qui la sua ragione d’essere. Non importa le diversità, quel che interessa è spianare la strada al capitale. Mettere in competizione sistemi di diritti diversi, senza un forte sostegno politico, voleva dire fin da subito, che avrebbero vinto quelli che avevano meno protezioni sociali e quindi meno costi per l’impresa.
Lo smantellamento dello stato sociale va avanti con il beneplacito ovvio dei governi di destra, ma senza che nessun governo di sinistra si sia realmente opposto a questo. Tutti i recenti trattati dell’Unione Europea sono figli di questa religione che, come vediamo bene, avvantaggia solo i grandi gruppi e qualche paese. Essendo il nostro un modello importato, dobbiamo guardare cosa ci porterà il futuro attraverso quel paese dove queste linee guida sono state promulgate e vengono messe al centro della loro politica da anni: ovviamente parliamo degli Stati Uniti.
Il principio chiave, ben ricordato dal Presidente Trump, è l’interesse centrale e unico degli Stati Uniti. Il modello deve quindi servire a loro innanzitutto. Il fatto che i loro economisti siano riusciti a far credere che questo modello economico andasse bene per il mondo intero, fa parte dei misteri della mente umana. Primus America. Quindi, la prima cosa da fare è controllare la moneta in circolazione, mettendola al servizio della politica. Loro hanno il dollaro, che serve come parte di una strategia coerente, che piaccia o meno, noi abbiamo copiato e inventato l’euro, una moneta che non ha nessuna forza politica dietro per cui non serve come elemento costituente di una strategia europea coerente.
Loro impongono regole, che fanno comodo alle loro imprese, e noi le copiamo, sperando di diventare più bravi e competitivi. Le loro regole continuano a privilegiare i taglia salariali, nessuna copertura sanitaria, il tutto in nome di un mito, del “farcela da solo” il self-made man. Noi, che avevamo una struttura sociale democratica, la distruggiamo per diventare neandertaliani come loro.
Di fatto accettiamo di giocare le partite in trasferta, con regole dettate da loro (o dai loro valletti, tipo l’organizzazione mondiale del commercio); in caso sia necessario, anche l’arbitro lo decidono loro.
Insomma, inseguirli su quel cammino non può che portarci all’inferno. La necessità di ripensare il patto sociale che lo stato e il settore capitalistico finanziario ha distrutto coscientemente, è la base di qualsiasi politica vogliamo per tirarci fuori dalla crisi. Vivendo a Bangkok abbiamo ancor più evidente, ogni giorno, cosa significhi la crisi ecologica, dato che respiriamo particelle inquinanti H24. Ma questo inquinamento è figlio dello stesso modello che ci hanno imposto. E ancora una volta abbiamo visto come sia stato declinato in Europa dai grandi costruttori automobilisti: truffare sui sistemi di misurazione in modo da poter inquinare ancor di più. Il tutto in nome del solito Dio profitto.
Quindi per tirarci fuori da questo casino, non è pensabile farlo all’interno del quadro di riferimento europeo attuale. Ben dice il candidato francese Melenchon che quei trattati vanno rivisti uno per uno e se non rispondono alle priorità sociali del suo paese, vanno aboliti. Abbiamo una moneta che così come è strutturata, senza un vero peso politico unitario dietro, non può resistere ancora per molto. E allora forse val la pena cominciare a porsi il problema. Voler uscire dall’euro come dicono alcuni va letto come una minaccia forte, ma credo necessaria oramai, per far capire che o si cambia danza o andiamo contro un muro. Se i nostri politici e i nostri rappresentanti a Bruxelles non capiscono l’urgenza di un cambio radicale nell’impostazione di questa unione europea, cominciando proprio dalla moneta, siamo finiti. Che sia Mario Draghi di fatto a fare la politica europea, attraverso i suoi interventi sul mercato, è un gran brutto segno. Non ce l’ho con Draghi, ma con chi non ha fatto il suo lavoro fin dall’inizio. 
Ricostruire il patto sociale dal basso è compito arduo, anche perché nel frattempo la società ha talmente interiorizzato l’idea dell’auto sfruttamento, che rende l’individuo il centro e il terminale unico di tutte le politiche, il vero sogno della signora Thatcher: distruggere la società e far spazio all’individuo. Il futuro è scritto anche in quel senso li, e mi ritornano in mente quanto dettomi da un giovane giudice del sud del Parà, uno stato brasiliano fermo al medioevo: si parlava delle riduzioni in schiavitù di molti operai agricoli all’interno delle grandi piantagioni dei latifondisti brasiliani e uno di questi, di fronte alle critiche del giudice, che lo stava mettendo in prigione, gli rispose: “è lei caro giudice che non capisce, noi facciamo del bene a questa gente, diamo loro anche da mangiare”. Ecco a questo arriveremo, a dire grazie ai benefattori che riducono gli stipendi a livelli da fame, tagliano i servizi sociale, la scuola, la sanita pubblica…
Svegliamoci prima che sia troppo tardi…

2017 L10: Daniel Picouly - La Treizième Mort du Chevalier


Grasset, Poche, 2003

En cette année 1799, le chevalier de Saint-George, mulâtre, maître d'escrime et compositeur de musique, est atteint d'un mal qu'il pressent mortel. Et voilà que Beaumarchais - auteur dramatique célèbre, mais sans doute aussi agent diplomatique discret - lui confie le prospectus d'un mystérieux théâtre, l'Extrême-Ambigu... Tel est le point de départ des multiples aventures qui attendent Saint-George, et qui feront tournoyer autour de lui des figures passées ou présentes : la reine Marie-Antoinette, qu'il n'a pu soustraire à l'échafaud, l'énigmatique chevalier d' Eon, avec qui il a un vieux compte à régler, et beaucoup d'autres encore...

Il mio primo Picouly, del quale sembra che l'Enfant leopardati fosse un capolavoro. Questo mi è costato molto arrivare alla fine. Un francese forse aulico, difficile da entrarci all'inizio poi pian piano ci si lascia prendere. Non credo comunque di portare avanti questo autore.

sabato 18 marzo 2017

Crisi Lago Ciad, rifugiati, donne al lavoro e... alla fine: iMARS (quelli blu)





Pago un cappuccino al bar davanti l'ufficio di Bangkok a chi trova immediatamente il legame. La risposta è abbastanza facile in realtà: si tratta dell'alga spirulina.
Il lago Ciad è una delle poche zone dove l'alga spirulina cresce facilmente. Attività delle donne che, grazie a questa piccola fonte di reddito, mandano avanti le loro famiglie. 
Il lago Ciad è anche il teatro di una delle più grosse crisi attuali, che va al di là del lago, prende in mezzo anche il Nordest della Nigeria per allargarsi altrove. Boko Haram la punta dell'iceberg che vediamo, ma dietro abbiamo problemi ancor piùgrossi e strutturali, come gli effetti del cambio climatico, la voglia di "sviluppare" quelle zone liberandosi dei pastori e delle autorità tradizionali.

In tutto questo Mars entra perché ha bisogno della spirulina come colorante artificiale per fare quel blu che tanto piace nei suoi cioccolatini. Mars come altre grosse multinazionali sta cercando di realizzare una transizione dai coloranti artificiali ai naturali, ma quel maledetto blu che così tanto vale, non riescono ancora a fabbricarlo.... 
Uno potrebbe sperare che l'interesse superiore dell'industria occidentale sia ragione sufficiente per farfinire questa guerra e questa crisi. Non puntiamoci troppo: la coca cola ha bisogno di una gomma speciale per tenere in sospensione i suoi componenti che altrimenti ricadrebbero al fondo delle bottigliette e lattine.. questa gomma viene praticamente solo dal Sudan, paese col quale ufficialmente gli Stati Uniti non hanno rapporti commerciali, causa la guerra, il sostengo a Bin Laden etc etc.. eppure non mi pare che le celebri lattine siano scomparse dai nostri supermercati...
Ecco perché in un modo o nell'altro quelle donne dovranno cercare di mandare avanti le loro piccole attività, assumendosi tutto il rischio.. 






giovedì 16 marzo 2017

Hello cowgirl in the sand (grabbing?)

In tanti parliamo, scriviamo e ci agitiamo contro il Land grabbing (l’accaparramento delle terre). Basta cambiare una lettera, da Land a Sand (da Terra a Sabbia) e come per magia spariscono molti degli osservatori.

Qui in Asia sembra un’attività molto in voga: vi propongo un giretto giusto per fornire qualche traccia a chi fosse interessato.


Cambodia: How sand became one of Phnom Penh’s hottest commodities


Grain drain, Laos’ sand mining damaging the Mekong http://www.todayonline.com/world/asia/grain-drain-laos-sand-mining-damaging-mekong
Malaysia: Selangor lists illegal sand mining sites, vows action  http://www.themalaymailonline.com/malaysia/article/selangor-lists-illegal-sand-mining-sites-vows-action 
Pakistan: Ceaseless sand mining of the Narmada puts the river at risk https://www.newslaundry.com/2017/01/20/ceaseless-sand-mining-of-the-narmada-puts-the-river-at-risk 
Philippines: Black sand mining next on environment crackdown


Vietnam: Illegal sand mining on Vietnam government agenda  http://tuoitrenews.vn/society/31281/illegal-sand-mining-on-vietnam-government-agenda 

This too merits to be read: The dead global war for sand  https://www.wired.com/2015/03/illegal-sand-mining/ 

And this too: The mining of sand, a non-renewable resource http://www.greenfacts.org/en/sand-extraction/l-2/index.htm 


A proposito, la canzone, per chi non lo ricordasse, è di Neil Young. A me piace questa vecchia versione:  https://www.youtube.com/watch?v=zphUt_tp898 (cosa non darei per saperla suonare alla chitarra…)

lunedì 13 marzo 2017

2017 L 9: Carlos Ruiz Zafon - Les Lumières de Septembre


Robert Laffont, 2012

1937. La mort de son mari l’ayant laissée sans revenus, Simone Sauvelle accepte de quitter Paris pour occuper un emploi de secrétaire particulière en Normandie. Lazare Jann, son employeur, est un génial inventeur de jouets. Il vit dans une immense propriété en compagnie de sa femme, très malade, qui n’a pas quitté son lit depuis vingt ans. Passionnément amoureux d’elle, il la soigne personnellement. Simone Sauvelle, sa fille Irène, quinze ans, et Dorian, son jeune fils, sont immédiatement séduits par la grande gentillesse de Lazarus. Ils tombent aussi sous le charme de Cravenmoore, son extraordinaire demeure. Composée d’innombrables pièces et corridors qui se perdent dans l’obscurité, elle est peuplée de marionnettes qui semblent mener une existence indépendante. Hannah, la jeune domestique de Lazarus, devient vite l’amie d’Irène, à laquelle elle présente Ismaël, son beau cousin. Et très naturellement les deux adolescents tombent amoureux l’un de l’autre, tandis qu’une douce amitié rapproche Lazarus et Simone. C’est alors qu’une force criminelle prend possession de Cravenmoore, comme si l’amour et l’affection lui étaient insupportables. Ombre plus noire que les recoins les plus obscurs, elle tue Hannah, cherche à assassiner Irène et Ismaël, attaque Simone, Dorian et Lazarus. Pourquoi manifeste-t-elle tant de jalousie et de haine ? Et quelles sont ses motivations ? En trouvant dans un phare abandonné le journal intime d’une jeune femme disparue des années auparavant, Irène et Ismaël percent peu à peu le mystère de cette force désespérée. Et c’est dans une chambre isolée, au bout d’un long couloir gardé par des marionnettes possédées par une folie homicide, près d’une femme oubliée du monde depuis vingt ans, que les deux adolescents doivent aller traquer la vérité.

Mah. Pensavo meglio, anzi molto meglio. Zafon è uno scrittore che carbura col tempo, se tutti i suoi primi libri, ripubblicati da poco, sono come questo, inutile spendere i soldi. Meglio aspettare le nuove creature.