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lunedì 22 luglio 2024

Beni comuni e uguaglianza di genere: il caso emblematico del “tempo”


 

La lotta per i beni comuni (ricordiamo, solo per restare in Italia, il caso del referendum Acqua Bene Comune) è diventata una bandiera dei progressisti del mondo intero. Cosa buona e giusta, a cui ovviamente ci associamo.

 

Resta però che questa lotta tende a dimenticare un tema che, a giudizio mio e degli amici del gruppo informale Men Against Patriarchy – 4 Domestic Equality, è molto importante, per non dire strutturale della società diversa e migliore che vogliamo costruire. Parlo del “tempo”.

 

Tutti noi, crescendo, compiamo delle scelte quotidiane, magari micro-scelte se vogliamo, ma che fanno capo al controllo (magari non totale) del nostro tempo: cosa fare questo pomeriggio? Con chi andare a vedere un film? Tutti e tutte abbiamo un tempo nostro, privato, che noi scegliamo come usare: frasi come “non perder tempo”, “chi ha tempo non aspetti tempo” e simili, rinviano tutte allo stesso concetto, la “proprietà privata” del nostro tempo.

 

Tutto cambia nel momento in cui cominciamo a vivere le prime esperienze amorose. A partire dal quel momento, il tempo nostro comincia a coniugarsi col tempo dell’altra persona. Non diciamo più: “cosa faccio stasera”, ma “cosa vuoi che facciamo stasera”. Quel plurale di fatto indica il passaggio dal “nostro” tempo, bene privato, a una zona nuova, grigia se vogliamo, di un tempo che diventa bene comune. 

 

È la fase della passione amorosa, della scoperta dell’altra persona, dove domina questa voglia di fare assieme, di conoscere e di pensare al futuro come a un qualcosa da costruire assieme, che si limiti a un’uscita serale, le prossime vacanze o la vita intera.

 

Questo momento di bene comune andrebbe maggiormente valorizzato, perché è lì che si può costruire una parità uomo-donna che, spesso, tende a scomparire quando dal momento passionale si passa al momento razionale. In quel passaggio è quasi sempre l’uomo a prendere il sopravvento, ad appropriarsi di quel bene comune, il “tempo condiviso” della coppia, per farne un bene privato, personale, dove a decidere la sua utilizzazione sarà principalmente, magari solamente, lui, il maschio.

 

Noi, con la nostra battaglia sull’asimmetria di potere nella sfera domestica, ci interessiamo esattamente a questo momento. Fermare, prima che sia troppo tardi, la deriva patriarcale che porta il maschio ad appropriarsi del tempo femminile per metterlo sotto il suo controllo, e cercare di far ripartire una dinamica di condivisione, di pensare assieme cosa fare del tempo comune di ogni coppia. Mettere più tempo maschile nei compiti necessari a tenere in piedi una coppia (compiti la cui lista, variabile, sarà definita dalle persone stesse) serve quindi a liberare tempo femminile, così da riequilibrare il rapporto.

 

Ecco quindi che la lotta per i beni comuni e la lotta per l’uguaglianza di genere trovano un punto di contatto strutturale, cosa che non ci sembra sia così evidente nei dibattiti attuali.

 

Ad ottobre andremo a presentare la nostra proposta al Festival della Sociologia che si terrà a Narni (Umbria) ad ottobre. Per chi fosse interessata/o, prossimamente indicheremo giorno, ora e luogo della nostra sessione. 

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