Scrivo questo post per chi avesse poca memoria e per chi si lascia abbindolare dalle frasi fatte e dichiarazioni roboanti di cui si riempiono giornali, televisioni e social. Il tema oggi è quello della fame e della povertà nel Sud del mondo.
I due “campioni” messi a confronto sono l’attuale Presidente del Brasile, Lula da Silva, e l’ex-senatore, Presidente del Consiglio della FAO e due volte candidato al premio Nobel, Josué de Castro.
Di Lula si parla parecchio in questi giorni dopo che, al recente G20 di Rio de Janeiro, ha lanciato la Global Alliance against Hunger and Poverty, mentre di Josué de Castro, il medico che per primo spiegò in maniera chiara e comprensibile le radici profonde della fame (nel libro La Geografia della Fame, pubblicato nel 1946 a Rio de Janeiro), non se ne parla più.
Un punto comune tra i due: ambedue sono originari del Nordest del Brasile, regione conosciuta per la fame storica delle popolazioni rurali (Feltrinelli pubblicò nel 1966 un libretto chiave su questo tema, dal titolo: Una zona esplosiva: il Nordeste del Brasile – un punto chiave nella “geografia della fame”). Origini sociali diverse, Lula, operaio metalmeccanico, emigrò (come milioni di altri nordestini) verso San Paolo per trovar lavoro mentre Josué de Castro era un medico della borghesia dello stato del Pernambuco. Quest’ultimo, scioccato dalle miserrime condizioni di vita nelle campagne e nelle regioni umide (“mangles”) attorno alla sua città natale, Recife, decise di dedicare i suoi anni di studioso a questo tema.
Lula fece carriera politica nel seno del Partito dei Lavoratori (PT), diventandone la bandiera e il candidato unico alle varie elezioni presidenziali finché nel 2002 le vinse e divenne Presidente della Repubblica, portando alta la bandiera della riforma agraria.
Josué de Castro, nei suoi libri, conferenze, interviste, spiegò in lungo e in largo come la questione della fame fosse intimamente legata a una struttura fondiaria iper-inegualitaria. Laddove domina il latifondio, è sicuro che troveremo la fame e quindi, se si vuol combattere la fame alle origini, bisogna partire da una redistribuzione delle terre, cioè una riforma agraria ben fatta.
Ovviamente queste posizioni non piacquero alla società brasiliana, prima la sua stessa classe sociale e più tardi i militari che presero il potere nel 1964. Josué de Castro, dopo esser stato eletto Presidente del Consiglio della FAO nel 1952 (fino al 1956), tornò in patria per portare avanti la sua battaglia attraverso la politica. I militari gli tolsero la nazionalità e lui morì in esilio a Parigi nel 1973. I suoi tanti libri sono stati tradotti in moltissime lingue e la questione della riforma agraria è diventata la bandiera dei movimenti contadini del mondo intero.
Ricordiamo che noi della FAO organizzammo una conferenza internazionale su questi temi nel 2006 a Porto Alegre, Brasile, che fu dedicata alla figura di Josué de Castro. Il Presidente Lula, che doveva inaugurare la Conferenza, preferì andarsene a Londra per prendere il tè con la regina Elisabetta. A ognuno le sue priorità.
Lula fu eletto grazie al sostegno decisivo delle campagne e dei movimenti contadini, e lui promise di impegnarsi al massimo per la riforma agraria, da sempre la questione centrale del Brasile e di molti altri paesi.
Su questo tema non fece nulla, come da buon politico, nascondendosi dietro i famosi “rapporti di forza” che riducevano il suo spazio di manovra. Riuscì a far eleggere uno dei suoi consiglieri, Graziano da Silva, a Direttore Generale della FAO e molti, ignorando chi fosse il personaggio, pensarono che la questione agraria sarebbe stata una delle sue battaglie chiavi alla FAO. Ma così come aveva fallito col suo Fome Zero che, come mi disse un amico vescovo Brasiliano, iniziò a funzionare solo dopo che Graziano venne fatto dimettere da ministro del governo Lula (dopo soli 11 mesi!) e molti aspetti del programma vennero cambiati, il tema della riforma agraria non entrò mai nella sua agenda di lavoro.
La fame del mondo entrò così nel novero delle promesse retoriche che andavano fatte per mostrarsi “progressisti”, mentre nel fondo della questione, nessuno voleva e vuole far nulla dato che questo potrebbe nuocere alle carriere personali.
Josué de Castro invece si è battuto tutta la vita per questo, perdendo la cittadinanza e dovendo emigrare all’estero, dove continuò la sua opera di proselitismo.
E adesso arriviamo alla Global Alliance: invito le persone interessate a scorrere i documenti in libero accesso sul web, così da rendersi conto di come la parola “riforma agraria” non sia presente nemmeno una volta. Il problema si risolve con: “buone politiche”, “impegnarsi a ridurre le difficoltà dei poveri per accedere agli assets” … Insomma, con le promesse retoriche si faranno miracoli, per la carriera dei politici, magari non proprio per chi soffre.
Vien da pensare che ai seguaci di Lula si addica la famosa frase attribuita a Maria Antonietta: Se (il popolo) non ha più pane, che mangino le brioches!