Questo giovedì
sarò ospite al Festival Fare la Pace di Bergamo per parlare di risorse naturali
accaparrate e per aiutare a capire a che gioco stiamo giocando su questa terra.
Il tema dell’accaparramento
(il Land Grabbing) si è imposto in questi anni recenti sulla scorta di una
sensibilizzazione crescente di fasce giovanili nel mondo intero. Questo è
positivo, perché dimostra innanzitutto che malgrado le dosi di valium che le
televisioni, radio e giornali ci propinano quotidianamente, ci sono ancora
persone (voglio credere siano addirittura in crescita) che si guardano attorno
curiose di capire cosa sta succedendo in giro e vogliose di partecipare. Fare
qualcosa, in un mondo che ci sfugge via, dove a mano a mano che entriamo nei
menadri dei temi chiave, finanza, ambiente, sfruttamento, migrazioni… ci
rendiamo conto che si sale subito a una scala superiore, al di là delle nostra
portata, … ecco, aver ancora voglia ed energia per “fare qualcosa” mi sembra un
primo segnale di vita. Importante.
Noi che questi
fenomeni li abbiamo studiati per anni e che ci abbiamo lavorato sopra per
difendere i diritti delle comunità e dei popoli indigeni, abbiamo una
responsabilità morale di passare il nostro capitale di “sapere” a chi si
accinge ad entrare in quest’arena. Soprattutto perché con gli anni abbiamo
imparato a capire quanto subdola sia la strategia che ci sta dietro. Qui non si
tratta più di prendersi le terre e le acque o la sabbia dei popoli del Sud, il
confronto va ben al di là e cercare di spiegarlo in modo semplice sarà lo scopo
di questa serata. Speriamo riuscirci.
Siamo sottoposti
quotidianamente a un bombardamento di
informazioni false, tendenziose oppure
nella zona grigia fra il certo e l’incerto, il cui primo scopo è di metterci
paura rispetto a tutto quello che sta oltre l’uscio di casa nostra. In questo
modo ci richiudiamo in noi stessi, mentalmente, e facendo così rimpiccioliamo
anche il nostro cervello. Di fatto questo serve a far sì che alla fine
deleghiamo tutto quello che sta oltre l’uscio a chi si propone di farlo al
nostro posto. Rimpiazzare la nostra
capacità di pensare, riflettere, ecco il primo comandamento. Firmare una
lettera in bianco a qualcuno che poi deciderà per conto nostro. Contro questo
dobbiamo lottare. Riappropriarci del nostro spazio mentale, riapprendere a
uscire di casa e andare verso gli altri, per capire a che gioco ci stanno
obbligando a giocare.
Percorso
difficile perché implica energia, studio, curiosità e soprattutto andare contro
il mainstream isolazionista e caciarone. Non si tratta di buttarla in vacca, di
chiacchiere da Bar Sport, ma del nostro futuro, nostro come razza umana. Ecco perché
eventi come Bergamo servono, per far circolare idee, coinvolgere giovani che
ancora hanno voglia di pensare e capire. Tutto ciò è precondizione all’azione. Ma
questo verrà dopo, per il momento contentiamoci di vincere la paura e andare
avanti nella comprensione del complicato. Non si può semplificare tutto,
soprattutto in un mondo che diventa sempre più complesso e dove trovi che a
spiegarti i principi dell’ecologia politica pratica siano gli ex-banchieri
della JP Morgan, quelli che hanno creato i famosi derivati finanziari della
crisi del 2008. Non basta quindi stupirsi o fermarsi alla prima reazione
superficiale. Bisogna andare oltre e chiedersi il perché delle cose. Come è
stato possibile che si sia arrivati a questo momento di crisi che mette assieme
finanza, ecologia, cultura … Se non lo facciamo non capiremo perché il Papa
parli già da mesi di una terza guerra mondiale che è già cominciata (http://www.repubblica.it/esteri/2014/08/18/news/papa_francesco_terza_guerra_mondiale_kurdistan-94038973/).
Sta esagerando
lui? Oppure ha informazioni segrete che solo i suoi Servizi hanno per cui ne sa
più di noi? Oppure, dico io, sta mettendo assieme i pezzetti di un puzzle che
abbiamo sotto gli occhi tutti quanti, basta andarlo a vedere e cercare i
pezzetti che pian piano si incastrano. Un puzzle composto da una mega crisi
ecologica, finanziaria e culturale-umana le cui basi sono state poste oltre una
quarantina di anni fa. I più giovani si ricordano, forse, che nel 1969 l’uomo
(americano) è andato sulla Luna. Ma probabilmente non ricordano o non sanno che
il presidente americano dell’epoca, quel Nixon che fu costretto a dimettersi
per gli ascolti illegali del Watergate, firmò lui il decreto che metteva fine
al regime monetario che aveva garantito stabilità e zero inflazione per tutto
il dopoguerra. La rottura del Gold Standard è roba sua, la mano, anche se gli
interessi che ci stavano dietro erano ovviamente più grossi. Anche lì vale
sempre la stessa domanda: perché? Perché mettere fine a un sistema che
garantiva pace e tranquillità economica a tutto l’Occidente? Proveremo dare una
risposta, spero coerente anche se magari di parte, a questo. E come mai in
parallelo negli stessi anni inizia una distruzione sistematica di tutti i
progressi legislativi in materia ambientale che si erano realizzati negli anni
precedenti? Le basi dei disastri attuali sono state poste in quegli anni. Così
come si sono ridotte al minimo le capacità governative dei paesi del Sud, via i
piani di aggiustamento strutturale, un modo finanziario di portar via la sovranità
nazionale e metterla sotto il cappello del FMI e Banca Mondiale. Salvo poi oggi
scoprire che questi stati sono deboli e non riescono a controllare le pulsioni
terroristiche che emergono. Chiediamoci sempre il perché e quando tutto questo
è cominciato.
Spero avervi
numerosi giovedì sera.
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