Ilvo Diamanti
sulla Repubblica di oggi ricorda il lungo elenco di attentati che hanno toccato
vari paesi europei (in particolare Francia e Germania) negli ultimi due anni.
Manchiamo ancora noi italiani, ma é probabile che sia solo questione di tempo.
Se a quella lista aggiungiamo la ancor più lunga lista di attentati compiuti
lungo la linea del fronte della guerra contro gli islamisti di varia fede,
avremmo bisogno di molte più pagine.
La questione
per1o non è solo quella di allarmarci e sensibilizzarci, ma è quella di cercar
di capire da dove proviene tutto ciò e che scenari abbiamo davanti a noi.
Torno quindi sul
tema, con un breve riassunto storico di quei fatti che, a mio avviso, hanno
contribuito a creare la situazione nella quale ci troviamo e dalla quale non so
bene come ne usciremo.
I punti comuni degli
attentati e delle guerre in corso nella dorsale di fuoco, riguardano da un lato
la fragilità e a volte non esistenza dello Stato e delle sue istituzioni e, più
in generale, di una governanza debolisima anche fuori dai confini statali. A
questo si aggiunge l’immagine proiettata dal nord del mondo di un modello di
società molto distante dai canoni locali, un modello dove a fianco di alcuni
spaz privilegiati di diritti individuali riconosciuti, resta un margine enrome
tra i valori promossi e le azioni concretamente portate avanti. Da un lato noi “esportiamo”
democrazia, libertà, fraternità e uguaglianza, dall’altro, in pratica, portiamo
avanti un dominio sempre più incontrastato delle forze di mercato private, non
sottoposte a nessun controllo, un accaparramento delle risorse naturali degli
altri degno del Far West e uno spregio totale per qualsiasi cultura diversa
dalla nostra. Il risultato è una percezione crescente in vasti strati della
popolazione che da parte nostra sia in atto un vero e proprio attacco al Sud
del mondo e questo venga portato avanti da un vasto magma di “infedeli” e
miscredenti, tutti confusi nello stesso calderone di essere nordisti.
Visto dal sud,
non importa molto che la concentrazione del potere stia accelerando in mano a
conglomerati finanziari di sempre più incerta proprietà, estesisi oramai ben al
di là dei tradizionali confini degli stati nazionali, capaci di dettare le
agende mondiali su quasi ogni settore e riducendo, se non annulando, tutti i
diritti che decenni di lotte avevano portato alla nascita e crescita di una
grossa classe media che, di fatto, ha fatto la gran differenza fra il passato e
il presente. Che queste dinamiche di imporemineto siano all’opera anche al
Nord, con partiti politici oramai tutti infeodati allo stesso credo monetarista
e neo liberista, non interessa nella percezione semplificata che se ne ha dal
sud.
L’inizio di
questo percorso può ragionevolteme essere posto nel momento in cui gli
americani hanno rotto il sistema del Gold Standard (1969), rompendo il sistema
di parità monetarie che di fatto impediva l’esistenza dell’inflazione e che
assicurava una stabilità certa a quei paesi, occidentali, ancorati al dollaro.
Sul perchè gli americani lo abbiano fatto potremmo disquisire un bel po’.
Alcuni pensano che la progressiva riduzione del tasso di profitto degli investimenti,
dal dopoguerra agli inizi anni sessanta, fosse stata la vera ragione. Da quel
momento si inizia la guerra del “ognuno per sè”, con monete in libertà a
cercare di imparare come navigare nel mare magnum dell’economia mondiale, e col
dollaro che stabiliva le regole, per cui alla fine era come quel detto
calcistico per cui il calcio é uno sport dove giocano due squadre e alla fine
vince la Germania. La rottura dell’equilibrio monetario ha portato anche alla
nascita dell’inflazione come l’abbiamo conosciuta nei primio anni settanta,
erroneamente attribuita ai paesi arabi, quando in realtà era il frutto della
decisione americana del 1969.
Eravamo all’apogeo
della supremazia americana. Tutti noi, indipendentemente dalle nostre visioni
politiche, siamo cresciuti con quel sogno. Che però ha iniziato a sfilacciarsi.
Quello che non capivamo da piccoli, quando Nixon firmava quel decreto di uscita
dagli accordi di Bretton Woods, era che un’altra battaglia era stata
dichiarata, che sarebbe diventata palese una decinna d’anni dopo. E cioè il
progressivo rimpiazzo di una visione economica centrata sullo Stato e le sue
istituzioni, con una centrata quasi esclusivamente sul mercato, il nuovo Dio
che doveva rimpiazzare tutto il resto. Con l’arrivo di Reagan e della Dama di Ferro,
nel 1980, si accellera questa trasformazione epocale che, per molti paesi
africani, ancora fragilmente alla ricerca di un loro cammino post-indipendenza,
significò l’inizio della fine. La mannaia dei Programmi di Aggiustamento
Strutturali cadde su di loro, con ordini perentori di tagliare le spese
pubbliche, nell’educazione, la salute e i sussidi all’agricoltura contadina.
Il periodo degli
anni 80’in America Latina é diventato conosciuto come quello della “decada
perdida”, ma lo stesso si può dire dell’Africa (anche se non si limitò a un
decennio), e lo stesso toccò al Giappone nel decennio successivo. Anche noi
europei entrammo nei periodi di austerità, e da lì non ne siamo più usciti.
L’America
trionfante vagheggiava di un Nuovo Ordine Economico (Bush Senior) dopo aver
spazzato via l’Unione Sovietica. Fukuyama teorizzava addirittura la fine della
storia. Invece quello che stava succedendo era l’inizio di un mondo nuovo, ma
non come se lo aspettavano gli americani.
La guerra di
liberazione dell’Afghanistan, se da un lato era servita per eliminare l’influenza
russa, aveva mostrato alle forze religiose disperse nella regione che, uniti,
potevano cambiare i destini di paesi interi. Nello stesso periodo in Algeria
gli islamisti radicali, riuniti sotto la sigla del GIA, arrivarono al potere
democraticamente. Il primo segnale non fu percepito nelle nostre capitali, il
secondo sì. Venne data carta bianca all’esercito algerino per far partire una
guerra civile interna che fece almeno 20,000 morti, pur di “estirpare” il
pericolo islamista.
Sotto le ceneri
per1o il fuoco covava. I regimi al potere nei paesi africani avevano sempre
meno margini di manovra economica per stabilizzare le loro dittature. Dovettero
anche far finta di diventare democratici quando, sul finire degli anni novanta,
gli occidentali decisero di dar loro una bella ripulitura di facciata. Elezioni
dappertutto, ma sempre le stesse facce a vincere. Passata la febbre
democratica, restavano sistemi di governanza in via di disfacimento, e un fuoco
che cominciava a covare, alimentato dall’unico punto comune, nella diversità
culturale, che li teneva tutti assieme: la religione.
Settembre 2001
segna un punto di svolta chiave: il Vietnam aveva mostrato che si poteva
sconfiggere l’America sul terreno, adesso invece si dimostra che si può portare
l’attacco al cuore del nemico. In termini di galvanizzazione delle truppe, l’effetto
del 9-11 si produrrà ancora per lunghi anni. Lo Stato americano, oramai sempre
più sotto il controllo della Finanza, non riesce a trovare delle risposte
adeguate, banalmente perchè gli strumenti culturali per capire cosa stia
succedendo non vengono usati, dato che non interessano una visione sempre più
verticistica e tendente alla normalizzazione del pensiero unico.
L’individuo
oramai la fa da padrone, nella teoria; in realtà la frammentazione del corpo
sociale rende tutti i singoli più fragili e più facili da sottomettere, ma
nello stesso tempo rende sempre più difficile una risposta di tipo “corporate”.
Le strampalate
idee di esportare la democrazia, accompagnate da bombardamenti e vittime
collaterali, nonchè una corruzione crescente nei ranghi politici del nord
rendono sempre meno appetibile il prodotto che si vuol vendere al sud. Un
prodotto che suona falso, che più che aiutare a risolvere problemi sembra
generarne ogni giorno di più e soprattutto un prodott che è mille miglia
lontano dagli standard culturali in voga al sud. Per cui, invece di
accompagnarne una lenta evoluzione verso standard di diritti più alti, provoca
l’esatto contrario: l’esempio del nord è un esempio da non seguire perchè rompe
la società in tanti individui, per cui mina la tradizione e non la sostituisce
con nulla di migliore. Se almeno questo “modello” permettesse una vita agiata
nel Nord, creando lavoro per tutti, allora magari avrebbe qualche possibilità
di sopravvivere. Ma non è più cosí. La continua rivoluzione tecnologica porta a
una fase avanzata di distruzione di posti di lavoro, quindi con tassi di
disoccupazione giovanile e non, altissimi, e con gli unici lavori che restao,
quelli più umili, che vengono coperti da frotte di immigrati, clandestini o
meno, dato che nesusno dei nostri si abbassa più a fare quei lavori.
Ed eccoci al
giorno d’oggi. Dopo aver visto che gli attentati si possono fare anche a casa
del padrone, diventa moneta corrente organizzarli anche nei paesi satelliti,
giusto per portare la sfida e l’insicurezza anche da noi. Le lotte di
supremazia al sud fra i vari movimenti, Al Qaida, Isis, Boko Haram e quant’altro,
incitano a farne sempre di più di attentati, per mostrare chi sia il migliore
nel compiere queste efferatezze. Adesso poi che nel mondo del mercato libero e
virtuale, tutto si può trovare, basta un nulla per far s1i che una persona
leggermente depressa e/o squilibrata, si metta in testa di farsi una bombetta
in casa e vada a farsi esplodere. Tanto il valore della vita umana è sceso a
livelli cos1i bassi che il nostro stupore di fronte a tali comportamenti, il
nostro ragionamento che “ma non si rendono conto che vanno incontro alla morte
certa?” non li puó toccare, dato che oramai non c’é nulla che li faccia
sognare.
Ricordo durante
la campagna elettorale per le presidenziali francesi del 1995, vinte da Chirac,
una serata dei Guignols de l’Info dove il suo Primo Ministro, Eduard Balladur,
appena dichiaratosi candidato contro Chirac, veniva interpellato, nella stessa
trasmissione di pupazzetti, da un esemplare di teppista di periferia, che gli
chiedeva: Fait moi rever! Fammi sognare... E Balladur rispondeva, inorridto di
fronte a un personaggio uscito dal filmdi Scola Brutti... Mon Dieu (Mio Dio). L’incomunicabilità
era arrivata al culmine. Chirac, vecchia volpe politica, ne fece il suo cavallo
di battaglia, insistendo sulla Frattura Sociale. Lo votarono in tanti perchè
sapeva icantare la gente, quella volta toccando ua corda sensibile già allora.
Poi non fece assolutamente nulla, dato che anche lui era espressione di quell’elite
che si giovava della frattura.
Oggi la frattura
è evidente in tantissimi paesi, e nessuno più ci fa sognare (a parte il Papa
forse).
Non abbiamo nulla
da offrire ai nostri giovani, e ovviamente ancor meno ai giovani del sud.
Questo perchè oramai non comandiamo più nemmeno a casa nostra, ma non per colpa
degli immigrati, come tanti sempliciotti credono, ma perchè oramai comandano le
banche e le istituzioni che loro hanno creato. Comanda Zonin a Vicenza, e ne
mette 120mila sul lastrico. Comanda Draghi a Francoforte, e comandano i
burattini che abbiamo nei governi, il cui unico discorso continua a essere:
salviamo le banche.
Questo è il cammino
sicuro per più attentati, più stragi e più immigrati. Se non cominciamo a
cambiare modello culturale, e Dio sa se di tempo ce ne vorrà, non riusciremo
più a riequilibrare questo pianeta. Ma bisogna incominciare, e l’inizio deve
essere il capire cosa sta succedendo e il perchè delle cose, altrimenti è tempo
perso.
Lo scenario peggiore comincia ad avverarsi: tana, liberi tutti, ognuno per sè e dio contro tutti. Uno si alza male la mattina, se la prende col mondo e va a farsi saltare...
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