Allora, la fase di installazione comincia a prendere fine. Abbiamo casa, internet, parrucchiere e barbiere, supermercati dove possiamo trovare quello che ci serve. Manca ancora un dottore per farmi dare le mie pastiglie per la pressione e tutto il resto, (e per fare questo sembra dovrò andare all’ospedale) ma direi che oramai ci siamo. A giorni dovremmo anche avere il visto rinnovato nonché le nostre cose arrivate dall'Italia ma ferme sempre all'aeroporto.
Guardiamoci attorno: i thai di bangkok (come si chiameranno: bancocchini?) sembrano dei contadini arrivati in città da poco: nessuno parla inglese, sembra abbiano grosse difficoltà a leggere anche il Thai, non sanno leggere una cartina geografica e conoscono pochissimo la città, per cui con i taxi quando ti avventuri fuori dal tuo quartiere abituale diventa sempre un'avventura. Per non dire poi che il tassametro è un optional.. e appena possono, cioè quasi sempre, cercano di non metterlo. Oggi per esempio li avrei mandati a quel paese come si meritano tutti i tassisti bastardi del mondo. 40 minuti e non uno solo ha accettato di mettere il tassametro, per cui sono tornato con moto taxi, senza casco, tutto ciò che dovrebbe essere vietato dalle nazioni unite.
Noi abbiamo trovato casa non troppo lontano, grazie alla gentilezza di un collega,... quindi quando lui è in missione vengo e torno in taxi. Devi fermarne almeno 5 per trovarne finalmente uno che accetti di portarti al tuo indirizzo... tutti dicono: "traffic jam" ... e lo so anch'io che c'e' traffic jam.. ma con sta scusa chiedono il doppio..
A parte i taxi (che dio li fulmini), e l'inquinamento e il traffico, per il momento siamo tranquilli col caldo. Il peggio verrà a maggio...
La cosa che ovviamente colpisce tutti i forestieri è lo street-food... dall'alba al tramonto cucinano di tutto e di più.. Dicono che i Thai non cucinino a casa, per cui per esempio è normale che negli appartamenti non abbiano forni e i fornelli siano proprio al minimo... Insomma tutti in strada a mangiare.. e poi tutti a letto con infezioni varie. Il marito di una collega ha provato, e poi si è fatto una settimana a letto. Quindi, anche se la tentazione è grande, eviterò di cercar rogne...
Il sabato mattina abbiamo un posto speciale dove andare a berci un cappuccino degno di questo nome, in un baretto sotto la fermata Ratchathewi del BTS. Fa piacere sedersi li, sfogliare magari un giornale e, chi vuole, fumarsi una sigaretta.
In ufficio e per strada sono tutti sorrisi... ma se scavi un po' sotto la patina superficiale, trovi le stesse rogne di qualsiasi altro paese. Ricordiamoci che viviamo sotto una giunta militare con legge marziale dichiarata nel 2014, insomma non è che siano proprio così calmi come vorrebbero farcelo credere...
Per il momento tiriamo avanti... cercando di promuovere un po' di collaborazione con i colleghi in ufficio. Sembra proprio di stare in un altro mondo rispetto a Roma. Qui tutti concentrati su progetti, vecchi e nuovi, mentre nella Sede sono tutti a parlare di obbiettivi strategici di cui, appena ti allontani un po’, nessuno ne capisce più nulla. I lunghi anni passati sotto un capo dittatoriale si sentono ancora, per cui la tendenza resta quella di lavorare da soli, di non condividere troppo le informazioni, anche se va detto la nuova capa, che io trovo simpatica e preparata, cerca di cambiare il modo di fare. Il problema è che per conoscere questo mastodonte, c’è bisogno di molti anni, per cui qui si sconta ancora la “gioventù” del management nuovo. Ma credo valga la pena provare. Come ho detto a tutti arrivando, io non ho nessun problema né con questo ufficio, con i colleghi o con la regione. Al contrario voglio fare del mio meglio per aiutare a costruire un programma al quale collaborare, se possibile, anche quando sarò in pensione. La mia difficoltà nasce dal vedere la traiettoria che ha preso l’organizzazione in questi ultimi anni, la perdita di fiducia dei colleghi, la paura di comunicare e di pensare in grande. Scelte manageriali come quella di inviare le persone più sperimentate, a pochi anni dalla pensione, quando maggiormente avrebbero potuto aiutare nella elaborazione di una gestione più credibile, di pensare programmi nuovi, mettere a disposizione la propria esperienza, ecco mandar via in mobilità, cioè essenzialmente via dalla Sede, a me è parsa una decisione sbagliata, che il management può prendere, e quindi devo sottostare, ma che mi fa dire: quanto spreco! Lo so io, come lo sapete voi che mi conoscete da tanti anni, che tipo di lavoro ho fatto e sto facendo e come la decisione di mettermi in mobilita non avesse molto senso. Amen, è andata così e fra pochi mesi sarò libero di offrire i miei servizi a chi fosse interessato.
Fra pochi giorni arriveranno le medaglie per i lunghi e onesti servigi prestati all’organizzazione. Avrei dovuto riceverla due anni fa, se non fosse per un cavillo amministrativo che la dice lunga su quanto siamo diventati dei numeri, fungibili ai bisogni del momento, e non più delle “risorse”.
L’altra sera mi è capitato di rivedere il film “Ruanda”, imperniato sul salvataggio di quasi un migliaio di persone da parte del gestore dell’Hotel delle Mille Colline. Ancora una volta ho sentito la vergogna di esser parte delle nazioni unite, quella stessa organizzazione che non ha fatto nulla per impedire quel genocidio. Non parlo di quei presidenti francesi (Mitterand) o responsabili politici belgi che si sono sporcati le mani di sangue: la loro era politica interna. La nostra doveva e dovrebbe essere la politica con la P maiuscola, quella che porta speranza e che si batte sul serio per quei valori e principi di cui tanto ci riempiamo la bocca.
Dopo le tante delusioni passate e recenti, eppur continuo a sognare. Non credo più riusciremo a cambiare niente, oramai siamo rimasti al sogno. E adesso, al lavoro…