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domenica 17 ottobre 2021

Noi, quelli della generazione del ‘60


Quando ripenso a quegli anni, agli amici di allora e come crescevamo, difficile non pensare a una specie di età dell’oro. Si sognava a occhi aperti, l’America era ancora con la A maiuscola e anche noi sognavamo la California, come cantavano i Dik Dik allora e la Nannini poco più tardi; ci sentivamo tutti dentro American Graffiti, con il Vietnam e tutte le altre disgrazie, molto lontane dal cuore e dagli occhi. 

 

Le magnifiche sorti e progressive di cui scriveva Leopardi ci sembravano realtà quotidiana, con i progressi tecnologici e le novità che la società del consumo di massa ci mostravano ogni giorno. Noi siamo quelli che hanno visto arrivare la lavatrice, il televisore e il telefono in tutte le nostre case, la macchina (quasi sempre una Fiat all’epoca), i primi supermercati e poi via col primo motorino, gli occhiali Ray-Ban e, per chi era più fortunato, i Levi’s e le Lacoste (gli altri si accontentavano dei Roy Rogers). 

 

Questo per non parlare della musica, dai Beatles ai Rolling Stones, e poi vai col rock duro, tutto in una lingua che tanto non capivamo malgrado le due ore a settimana che la studiavamo a scuola (“How To Be Top in English”, il mio testo scolastico che ancora mi perseguita), per cui alla fine ci buttavamo sulla Premiata, il Banco e noi, veneti nel sangue, sulle padovane Orme. 

 

I fratelli più grandi giravano l’Europa in autostop o in Lambretta, perché allora si poteva, non vivevi prigioniero di paure e rinchiuso dentro i muri mentali. Era un mondo piccolo e grande allo stesso tempo, dove incontravi i soldati neri della Ederle in giro per il centro, e li guardavi con gli occhi sgranati tanto non eri abituato a quelle novità. Era il momento apicale di un sogno (un sogno ben lontano dalla realtà ovviamente) che l’Uomo avrebbe potuto tutto, nessun problema poteva resistergli. Anche le alluvioni del 66’ erano già un ricordo, perché grazie alla solidarietà di tanti le cose si erano sistemate, così come sarebbe successo dopo il terremoto del Friuli, con i friulani che si tirarono su le maniche e mostrarono di che pasta erano fatti.

 

Luglio 1969 fu l’apogeo del sogno: Armstrong sulla Luna era come esserci tutti. Da quel giorno, quando la guardavamo di sera, chi di noi non si è detto: potrei arrivarci anch’io?

 

C’erano le lucciole vicino agli acquitrini d’estate, e l’Italia del calcio letteralmente impazziva per quel 4-3 alla Germania.

 

I segni che qualcosa non andava in quel sogno non li vedevamo, perché eravamo piccoli o perché nessuno dei più grandi ce li faceva notare. Le tensioni in fabbrica, le bombe fasciste, le guerre in corso in tantissimi paesi, il divario crescente fra noi ricco nord e il sud abbandonato. La mafia non era roba nostra, da noi si lavorava e si facevano i “schei”, da spendere in tutte quelle novità che non finivano mai.

 

Nemmeno le crisi del 73 e del 79 riuscirono a piegare il nostro ottimismo che, anche se su sponde politiche diverse e magari opposte, aveva comunque una base comune di credere nell’avvenire.

 

Oggi, le magnifiche sorti sono diventate regressive. Aver abbandonato troppo presto i libri ha intorbidito la nostra capacità di leggere il mondo nel quale viviamo. Ne abbiamo approfittato finché tutto sembrava andar bene, abbiamo trasmesso questa positività ai nostri figli e figlie, pensando che comunque andassero le cose, in domani sarebbe stato migliore, anche grazie al mio impegno nel mio piccolo.

 

Ed è così che non abbiamo visto come la società in cui noi viviamo, senza andare troppo fuori dai nostri confini mentali, è diventata una società medievale, fatta di tanti signorotti che impongono la loro legge non più su spazi territoriali definiti, ma attraverso spazi mentali e desideri e bisogni quotidiani.

 

Non abbiamo voluto sapere cosa stessero imponendo ai piccoli produttori (oltreché ai piccoli commercianti) le catene sempre più mastodontiche di super e iper-mercati. Per chi capisce il francese rimando a questo reportage della televisione franco-tedesca Arte: https://www.youtube.com/watch?v=KcIyzkTZjnY, dove ti spiegano con molti dettagli la rete di pressioni mafiose messe assieme non solo dai supermercati singoli, ma dalla loro Grande Distribuzione Organizzata, sia a livello nazionale che, sopra, a livello europeo. Capisci perché oggi la gran parte delle famiglie mangia male, causando un aumento di malattie legate alla cattiva nutrizione. Pratiche illegali, che sono riuscite a piegare anche dei giganti come Nestlé, non certo un piccolo produttore di prodotti da supermercato. Una associazione a delinquere di nuovo stampo, con guanti bianchi e senza pistole, ma altrettanto malefica per noi cittadini. 

 

Interessante anche vedere le risposte diverse nei vari paesi: l’avanzata tecnologica porterà prima a far sparire i lavori meno specializzati (come cassiere) nei supermercati, e poi, sempre più su, farà sparire addirittura i produttori, così come stanno sperimentando i cinesi, con le loro aziende pilota tutte tecnologiche, che producono verdura e legumi idroponici, per cui totalmente biologici, e senza un solo contadino. 

 

Ma non è l’unica mafia di nuovo stampo. Restando sempre nel settore che conosco un po’ meglio, la questione della privatizzazione dell’acqua, la sua trasformazione in merce, come dettato dalla religione neoliberale che ci domina dagli anni 80, è un esempio lampante di come sia cambiato il mondo. La Commissione dell’Unione Europea che ha deciso di trasformarsi, assieme alla Banca Centrale Europea, e questo fin dalla fine dell’era Trichet e dell’avvento del salvatore della patria Mario Draghi, in maestra rigida e impositiva di come i paesi membri dell’UE devono gestire i propri beni comuni, a cominciare dall’acqua: privatizzandoli.

 

Da giovani studiavamo “principi di economia ed estimo” al primo anno di università, e lì ci recitavano il mantra che l’imprenditore privato siccome rischia di suo ha un premio che si chiama profitto. Quanto maggiore il rischio, quanto più alto sarà il profitto atteso. E tutto questo ci sembrava corretto.

 

Poi da grandi ci capita di imbatterci sulla questione dell’acqua e dei contratti capestro che le multinazionali impongono ai paesi, municipi e regioni, per occuparsi della gestione dell’acqua. Condizioni che spostano il rischio di impresa dal gestore (privato) al cliente (gli usuari e le loro rappresentazioni politiche, cioè sindaci e governi), assicurandosi profitti stellari a costi crescenti dell’acqua privata. Sempre per chi capisce il francese, vi invito a seguire quest’altro reportage:  https://www.youtube.com/watch?v=BKrhFsh4v6s. Un’altra mafia in marcia, che nemmeno il referendum per l’acqua pubblica in Italia è riuscito a scalfire.

 

Chi di noi era cattolico convinto, trovava nella Chiesa non solo fonte di consolazione, ma anche di speranza, che andava sempre nella stessa direzione di un futuro migliore, pensando non solo a noi stessi ma anche a chi stava peggio. Ecco quindi che affidare i propri figli al mondo religioso, per completare la loro educazione, sembrava una scelta normale per tante famiglie, non solo nel nostro mondo veneto, ma in tanti paesi di cultura cattolica. Anche lì non si è voluto vedere cosa succedeva dietro le quinte. Chi ne pagava il prezzo soffriva e denunciava, ma la questione non diventava mai un tema da prima pagina. Adesso siamo arrivati a contare in centinaia di migliaia i giovani che hanno sofferto di violenze sessuali da parte di quel mondo religioso a cui i loro genitori li affidavano. In Italia non si vuole parlarne ancora, ma è difficile pensare che quanto scoperto e testimoniato in paesi vicini come Francia e Germania non sia successo (e non succeda) anche da noi. E ancora una volta scopriamo che anche questa forma di violenza resta e resterà impunita. Perché questa è la realtà del medioevo attuale. 

 

Privatizzare la salute e l’educazione sono altre forme di ricreare quel mondo medievale che studiavamo nei libri di scuola, e dal quale pensavamo esserne usciti per sempre. Ma non è così, e noi che ci siamo cresciuti dentro, che non abbiamo capito in tempo cosa stava succedendo, dovremmo cercare di tirar fuori quel po’di energia che ci resta, per batterci, per capire che se vogliamo un mondo diverso, in cui si possa tornare a pensare al futuro come a qualcosa di bello e di positivo, bisogna lottare adesso, subito. Non solo contro rigurgiti fascisti di una volta, questo è necessario ma non sufficiente. Bisogna studiare e fare uno sforzo serio perché le sfide che abbiamo davanti sono molto complesse e non avranno risposte facili. 

 

Il mondo di ieri appartiene al passato. I nostri figli e nipoti non avranno una gioventù sognante come la nostra. Ma se vogliamo che non diventi un incubo, allo è tempo di muoversi.

 

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