Tira vento freddo dai balcani (o giù di lì). Già dopo il
disfacimento della Yugoslavia, abbiamo avuto una bella serie di guerre e
guerriglie da quelle parti. Massacri degni di quelli che solitamente consideriamo
come patrimonio del sud del mondo (des sauvages), si sono prodotti a due passi
da casa nostra. Siamo riusciti, noi europei, a fare la nostra porca figura,
brillando o per assenza o per aver girato la testa dall’altra parte.
Questo
avrebbe potuto insegnarci qualcosa, per esempio la necessità di studiare di più
quella zona del mondo così instabile e così vicina, non dico per prevenire ma
almeno per avere uno straccio di idea sul cosa fare se queste situazioni si
ripetessero. E invece nada. Avevamo avuto Čhernobyl nel 1986, ma anche quello sembrava appartenere
ad un altro mondo. Vivevo in Francia in quel periodo e i telegiornali locali
annunciavano che la nube tossica si era fermata ai confini.. e noi fessi a
crederci. Tutto era mistero e incomprensione, quell’Est che nel 1989 ci
sorprese col Muro e poi nel 1991 con la caduta dell’Unione Sovietica.
Passano gli anni passano, crescono i bambini crescono cantava Roberto
Vecchioni. Possiamo aggiungere che resta l’ignoranza resta. L’Ucraina si è
risvegliata ancora, stavolta non più per ragioni nucleari (Čhernobyl si trova lì) ma potrebbe essere anche peggio
stavolta. La non invasione dei russi in Crimea e i “nostri” dall’altro, fa
ricordare ai più ferrati in Storia la vecchia guerra di Crimea della metà del
secolo XIX. Ma anche se rileggere quel conflitto può sempre insegnarci
qualcosa, stavolta non sono le ragioni religiose a riportare la regione al
centro dell’attenzione ma, seguendo l’aria dei tempi, la più fredda economia e
geopolitica.
Come andrà a finire è impossibile dirlo oggi. Notiamo solo il ruolo di
spettatori disattenti che gli europei, come paesi singoli e come istituzioni
comunitarie, hanno avuto fin’ora nel susseguirsi rapido di eventi che hanno
portato alla fuga di un Presidente che a noi non piaceva, ma eletto “democraticamente”,
un nuovo governo filo-occidentale del quale non sappiamo cosa fare dato che i
soldi per tener in piedi l’Ucraina non li abbiamo (difatti il primo viaggio
della Timoschenko lunedì sarà dove? A Mosca). Metà paese guarda a est, partendo
dalla Crimea e l’altra metà a ovest. Si spaccherà in due? E anche in quel caso
cosa faremo noi europei, che erediteremmo la parte povera del paese, senza
industrie, con un’agricoltura arretrata che fa gola solo ai land grabbers che
già sono presenti sul posto?
Il vecchio Stalin aveva un modo semplice e pulito per risolvere
problemi creatigli dalle province dell’Impero: li isolava e li faceva morire di
fame. Circa sette milioni di morti che non hanno contribuito ad aumentare la
fiducia degli ucraini nei confronti di Mosca. E noi? Che pensiamo di tutto
questo? Nel 1853 il Regno di Sardegna era intervenuto di fianco ai francesi ed
inglesi per opporsi ai russi. Oggi, il nostro super primo Ministro “Ghe pensi
mì alla fiorentina” cosa dice di quello che si sta preparando? Abbiamo uno
straccio di posizione comune in Europa? No.
Dopo però, quando succederà il casino (incrociamo le dita perché non
succeda anche se i segnali sono preoccupanti), non fingiamo di esser stupiti
quando qualche milione di rifugiati arriverà nella nostra bella Unione Europea.
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