dato che comincio ad avere problemi di memoria, scrivo questo post essenzialmente per me.
Giornata
importante oggi per la Colombia: alle 5 del pomeriggio, ora ocale, si firma lo
storico accordo di pace tra il governo e le FARC. Anni di negoziazione su tutta
una serie di questioni chiave, la prima delle quali riguarda il problema delle
terre.
Nel Sud-Sudan uno
dei capi guerriglieri ha invitato alla ripresa della guerra, probabilmente
scontento della ripartizione delle prebende politiche fra il governo attuale e
le opposizioni. Paese che non ha mai conosciuto un giorno di pace da quando è
diventato indipendente, soffre di problemi storici dovuti alla presenza di
petrolio nel sottosuolo, nonchè a storici conflitti legati alle terre e all’acqua
tra i vari gruppi etnici, pastori e contadini.
La Nigeria del
nordest, lo stato di Borno in particolare, è al centro di una delle nuove
grandi crisi umanitarie. Se ne parla ancora poco, malgrado il clamore del
rapimento delle oltre duecento studentesse in una scuola a Chibok. Grattando un
po’ sotto la superficie, ritroviamo quel conflitto crescente tra pastori e
contadini che, nel solo caso della Nigeria, ha già fatto migliaia di morti
negli ultimi anni.
In comune questi
tre paesi hanno il fatto che la comunità internazionale (e le nazioni unite in
particolare) sta cominciando ad accettare l’idea che bisogna occuparsi delle “root
causes of conflict” (le cause profonde del conflitto), che in tutti e tre i
casi vede la questione delle terre e altre risorse naturali, come problema
centrale.
Anche la mia
agenzia sta cominciando a muoversi, in particolare attraverso il gruppo di
lavoro sulle resilienze e sulle crisi prolungate (http://www.fao.org/emergencies/emergency-types/conflicts/en/).
Non si tratta solo di provare a fare qualche passo avanti sul terreno, sempre e
quando sia possibile, ma anche di sensibilizzare in maniera crescente gli altri
attori che intervengono sulla questione umanitaria e sviluppo, nonchè costruire
una piattaforma politica internazionale che permetta di lavorare anche sui
piani superiori del problema: politiche, legislazioni etc.
Per ragioni che
non sto qui a spiegare, da oltre quindi anni lavoro proprio su questi temi. Al
momento del precedente tentativo di dialogo fra governo e FARC in Colombia, fummo
chiamati a formular eun programma di sviluppo per la pace, e a me in
particolare fu data la responsabilità per il tema terra. Più recentemente sono
stato invitato a parlare al congresso nazionale del maggiore sindacato degli
impresari agricoli, interessati a conoscere le nostre esperienze in materia di
terra e conflitti e l’anno scorso fu il comune di Bogotà ad invitarmi a parlare
di questi stessi temi durante il forum mondial dell’arte e cultura per la pace.
Con quest antecedenti non è quindi una gran sorpresa se sono stato contattato
dai miei colleghi sul posto per una missione urgente in appoggio a un progetto
che lavorerà sul post-conflitto.
Quanto al
Sud-Sudan, da oltre un anno siamo alle prese con un tentativo di promozione di
un dialogo e negoziazione fra comunità pastorili in conflitto in un territorio
al sud del Darfur, attualmente contesto tra il Sudan e il Sud-Sudan. Siamo in
piena zona di guerra, già una volta i miei consulenti hanno dovuto evacuare la
zona, ma abbiamo iniziato a creare un senso di fiducia attorno a quello che
stiamo facendo, che ci viene riconosciuto dai leader delle varie comunità. Di
fatto stiamo cercando di replicare in zona quanto abbiao fatto pochi anni fa
più a nord nel Darfur (http://www.fao.org/nr/tenure/land-tenure-journal/index.php/LTJ/article/view/60/0).
Dovrei andarci fra qualche settimana sia per fare il punto sulla situazione
attuale sia per discutere l’evoluzione di questo progetto verso un possibile
programma regionale che vada anche al di là del Sud-Sudan.
Quanto alla
Nigeria, il tentativo di mettere sul tavolo anche le questioni di conflitto per
le terre tra pastori e contadini va avanti. Anche in questo caso è stata
richiesta una mia missione per provare a proporre queste tematiche direttamente
sul psoto, col governo, donanti e con le comunità locali.
Il fatto che le
richieste arrivino a me si deve semplicemente al fatto che sono praticamente l’unico
esperto di terre e conflitti nella mia agenzia. Da anni cerco di formare dei
consulenti che portino avanti un approccio basato sul dialogo e la
negoziazione, nel rispetto delle diversità etniche, religiose e di genere,
contando sul (piccolo, ma esistente) potere che le nazioni unite possono avere.
Da oltre quindici
anni abbiamo pubblicato le cifre riguardanti la decrescente disponibilità di (buone)
terre ed acqua in tutto il mondo. Questo ben prima che apparisse il fenomeno
del land grabbing e senza che incrociassimo i nostri dati con quelli
demografici. Tutto questo per dire che gli scenari futuri saranno fatti di
sempre più conflitti, crisi che si prolungheranno e che diverranno più
complicate da gestire, dato anche il prezzo descrescente delle armi a
disposizione.
Questo è il mio
lavoro attuale e, penso e spero, futuro. Capire il perchè in questo momento di
crescente bisogno di specializzazione su questi temi, io venga mandato in Asia,
lasciando perdere tutto quanto abbiamo in corso, resta ancora poco chiaro per
me.