“Ha da
passà 'a
nuttata” dicevano nella commedia Napoli Milionaria. Con questo voglio dire che
deve passare la febbre attuale che porta tante persone e amici, sensati, di
sinistra (vera) e scossi da quanto è successo, a gridare continuamente contro
il “golpe” che sarebbe successo in Brasile.
Una volta che la nuttata sarà passata spero abbiano il tempo di fermarsi a
riflettere meglio su quello che io considero, a differenza loro, un gran regalo
fatto alla sinistra brasiliana e non solo.
Per capire ciò, basta andare
indietro a quello che sembrava essere un cammino di “magnifiche sorti e
progressive” (come scriveva quel di Recanati) che avrebbero cambiato il Brasile
e il resto del mondo. Parlo della campagna elettorale che portò Lula al potere.
Ricordo ancora l’impeto con il quale i movimenti della riforma agraria
portavano letteralmente il “loro” presidente, per via delle promesse di occuparsi
finalmente in maniera totale del tema agrario, da sempre fonte della povertà e
della fame nel paese (come aveva spiegato quasi cinquant’anni prima Josué de
Castro nel suo famoso libro Geografia della fame). Ma non erano solo loro a
spingere Lula, lo erano in tanti, povera gente, intellettuali, classe media e
non solo, soggiogati dal “mito” del partito diverso. Il continuo riferirsi a un’etica
trascendentale che faceva del PT il simbolo di cosa fosse questa nuova sinistra
latinoamericana, incantó ben oltre i confini del Brasile, per arrivare anche da
noi in Europa, giusto per fare un esempio.
Il PT era un partito che aveva
già dato prove concrete di come intendeva la gestione della cosa pubblica, ma
riuscì ugualmente ad arrivare sulla scena nazionale (e mondiale) come un
angeletto puro.
La prova che ne dettero una
volta arrivati nella famigerata stanza dei bottoni, fu ambivalente. Da un lato
la crescita economica fu notevolissima, sfruttando il boom degli alti prezzi
delle materie prime (soprattutto agricole e il petrolio), dall’altro la caduta
degli dei in una serie di scandali nei quali rimasero presi i vari ministri,
fino a lambire lo stesso presidente Lula. Oggi vari dei pezzi grossi del PT
sono in galera, lo stesso Lula rischia di finirci dentro e la crisi economica
ha cominciato da alcuni anni a mordere i “successi” del lulismo.
Per chi se ne ricorda, la
ex-presidente Dilma era scesa a livelli minimi di approvazione (circa dove si
trova il presidente francese Hollande, cioé poco piú del 10%). Le critiche della
sinistra erano diventate feroci sulla sua gestione economica della crisi, ma
quello che mancava era l’occasione di ripensare a tutto ciò che non era stato
fatto durante gli anni precedenti.
13 anni
di governo PT e la concentrazione della terra è agli stessi livelli se non
peggio di prima. Leggete cosa scriveva la Commissione Pastorale della Terra sul
“Bilancio della riforma agraria nell’era Lula” (http://www.globalproject.info/it/mondi/brasile-bilancio-della-riforma-agraria-nellera-lula/7038).
Gli OGM
sono diventati moneta corrente in agricoltura, grazie alle decisioni prese da
Lula. Leggete “Il Brasile di Lula cede alla Monsanto” http://www.peacelink.it/ecologia/a/9966.html.
Sull’Amazzonia,
se devo citare Greenpeace, il governo Lula è stato un fallimento (http://www.repubblica.it/2008/03/sezioni/ambiente/amazzonia-greenpeace/amazzonia-greenpeace/amazzonia-greenpeace.html).
Se questo articolo data del 2008, si può sempre leggere quest’altro del Fatto
Quotidiano dell’anno scorso: “Brasile, Amazzonia e disboscamento: la farsa” (http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/07/02/brasile-amazzonia-e-disbocamento-la-farsa/1835370/).
Queste scelte politiche costarono al PT l’abbandono di una figura mitica del
PT, Marina Silva, che si dimise da Ministra é poi se ne andò dal PT proprio per
dissensi di fondo sulla linea seguita.
Finalmente,
ricordiamo anche la trasformazione progressiva del programma Fame Zero nella
sua versione precedente Bolsa Familia, cosa che portò uno dei leader nazionali
più riconosciuti del Fame Zero, il teologo, scrittore e uno dei fondatori del
PT, Frei Betto, a criticare apertamente la politica del presidente Lula (http://noticias.uol.com.br/ultnot/2008/03/15/ult23u1484.jhtm).
Nel 2006, all’apice del mega scandalo delle mazzette che quasi portava in
galera Lula, Frei Betto pubblicó un libro con le sue riflessioni, che restano
di bruciante attualità e dalle quali bisognerà pur ripartire: suggerisco di
leggere l’articolo seguente: “Poder mostrou face real de Lula, diz Frei Betto” http://www1.folha.uol.com.br/fsp/brasil/fc1202200607.htm.
Va ricordato, come scrive Mario Maestri, autodefinitosi come “un comunista
senza partito” che “in un’operazione che a mio parere deprime
la già fragile coscienza di classe dei lavoratori brasiliani, il governo del Pt
ha orchestrato un’importante campagna di propaganda per elevare decine di
milioni di brasiliani dal ceto povero a quello medio. È stata decretata
l’appartenenza a questo ultimo di tutte le famiglie con un reddito pro capite
mensile uguale o superiore ai 300 reais (circa 110 euro!). Le famiglie che
invece hanno un reddito mensile equivalente a circa 1.170 euro sono ritenute
appartenenti alla classe ricca. Ciò succede in un paese in cui la scuola
pubblica non funziona e la quota mensile di una scuola privata può raggiungere
i 300-400 euro.” http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-brasile-non-e-in-marcia-intervista-a-mario-maestri/
Insomma, le voci critiche interne
erano ben presenti da parecchi anni, e le risposte sempre le stesse, cioè che
una cosa è fare campagna elettorale per vincere le elezioni, una cosa diversa è
governare un paese complesso come il Brasile (lo stesso discorso che le nostre
sinistre al potere ci hanno propinato per anni, fino a portare avanti politiche
così neo-liberali e di destra da vergognarsi).
Con la crisi che continua e si
aggrava, dopo i disastri finanziari del Mondiale e delle recenti Olimpiadi, probabilmente
anche quel programma sarebbe stato toccato.
La fortuna è arrivata sotto
forma di una procedura di destituzione farlocca che ha permesso di ricompattare
tutti i nemici della destra, nascondendo così tutte le magagne di scelte
politiche in contrapposizione al mandato elettorale e al aver buttato nel cesto
della spazzatura la dimensione etica che faceva del PT un “partito diverso”
(leggere: “Envergonhado, senador petista diz que partido jogou ética no lixo” https://noticias.terra.com.br/brasil/politica/envergonhado-senador-petista-diz-que-partido-jogou-etica-no-lixo,e29c3e232cb4b310VgnCLD200000bbcceb0aRCRD.html).
Grazie a una banda di
deputati e senatori gran parte dei quali corrotti, la destituzione di Dilma
potrebbe far sì che il PT riesca a rifarsi una verginità e magari anche a
risollevarsi dalla crisi attuale che lo stava portando ai livelli del Pasok
greco (passato dal 46,9% dei consensi nelle elezioni del 1993 agli attuali 4,7%
del 2015 https://it.wikipedia.org/wiki/Movimento_Socialista_Panellenico).
Dal mio punto di vista è un
peccato, perchè questa sarebbe stata l’occasione storica per mettere sul
tappeto le scelte politiche del PT, il senso stesso del continuare a esistere
dopo aver tradito in maniera così fragorosa quegli che erano gli ideali di chi
lo fondò, avviare cioè un processo di rifondazione profondo, che rischia di
essere dimenticato dall’impellenza delle prossime elezioni presidenziali fra
meno di due anni.
Posso concordar com muito do que há escrito. Todavia espero ter tempo para ver a volta da história.
RispondiEliminaCreio que a mesa já pode ser posta. Que seja breve!