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domenica 3 gennaio 2021

2021: l’anno degli Ignavi

 

Ho pensato molto all’anno che ci lasciamo dietro e al nuovo che comincia. Ho cercato, letto e ascoltato, ma non ho trovato quello che speravo. Ecco perché penso che in futuro ci ricorderemo del 2021 come l’anno degli ignavi. Gli ignavi sono quegli indolenti o vili di fronte alle responsabilità del proprio stato, insomma quelli che potevano fare e non hanno fatto. Dante li piazza nell’antinferno e non esita a metter tra di loro anche il papa Celestino V. Personalmente penso che la lista dovrà essere molto ampliata.

 

Un anno fa potevamo dire di non sapere cosa fosse questo virus, anche se già da anni si segnalava il rischio che le pratiche di sfruttamento incontrollato delle risorse naturali, in particolari le foreste primarie, ci avrebbe riservato novità di questo tipo. Come lo segnalavo nel mio libro apparso verso fine anno, fin dal 2006 la FAO aveva segnalato questo rischio, e non era sicuramente l’unica.

 

Abbiamo trascorso un anno colpiti non una ma due volte, in attesa della terza ondata che ci annunciano a breve. Solo in Italia abbiamo passato la soglia dei 70mila morti, 1,700,000 a livello mondiale ma questo non sembra essere un dato così preoccupante. Le discussioni girano attorno alla componente sanitaria del problema, maschere si o maschere no, distanziazione e feste selvagge, vaccino si o vaccino no. L’albero che nasconde la foresta. 

 

Certo bisogna occuparsi dell’albero, ma chi ha responsabilità ad alto livello, parlo non solo dei politici, ma anche di finanzieri, banchieri e imprenditori pubblici e privati, hanno un dovere di guardare più avanti (e anche più indietro). 

 

Sappiamo da dove viene il virus e da dove ne verranno altri. Sappiamo da molti anni il legame che esiste tra la deforestazione di aree vergini, i contatti inevitabili tra animali di queste aree e l’uomo e dei risultati che questo comporta in termini di importazione di virus sconosciuti. Sappiamo anche che ne esistono ancora milioni di specie sconosciute e sappiamo dove stanno, esattamente dove le stiamo andando a cercare con le nostre pratiche folli.

 

Non un solo lider ha preso una posizione chiara e definitiva sulla necessità di cambiare il sistema economico attuale. Nessuno, che non sia il Papa. Capisco che la ordinary people abbia difficoltà a capire queste complessità, e per questo ho cercato di spiegarlo in termini semplici. Ma chi ci guida, per i nostri e i loro (soprattutto) interessi, non ha bisogno di spiegazioni. Sanno quello che fanno e gli ignavi sanno quello che non fanno. 

 

Forse sperano che con gli anni passi tutto da solo e che non ci ricorderemo di quanto vili siano stati. Ma non credo andrà così, al contrario penso che non passerà e che fra un anno saremo qui a ritrovarci più tristi e preoccupati perché non ne vediamo la fine. Allora sarà il momento di ricordarsi di quanto vi scrivo. Il 2020 si è chiuso con la speranza che i vaccini ci salveranno e il mondo tornerà come prima. Doppio errore, perché un mondo come prima vuol dire un mondo che ha creato le condizioni per questa crisi. Ma almeno l’anno si è chiuso con una speranza. Cosa che non credo succederà l’anno prossimo, perché ci renderemo conto dei limiti dell’approccio al problema. Non solo per gli effetti immediati della crisi economica, che sarà molto dura per le classi medio-basse, ma soprattutto perché pian piano cominceremo a capire che non si vuol cambiare nulla di strutturale, per cui avremo nuovi virus e nuovi problemi ancor più gravi prima di esser riusciti a risolvere questo.

 

Nel mio libretto cercavo di spiegare i tre livelli successivi della crisi: la crisi agraria, quella ambientale e infine quella eco-genetica. Noi abbiamo politici che non riescono nemmeno a visualizzare la crisi agraria; sperare che siano capaci di capire le altre due mi sembra una scommessa persa in partenza.

 

Io da parte mia cerco di informare e di agire, attraverso i canali possibili. Quindi non criticatemi per scrivere queste cose. Capire è il primo passo, dopodiché bisogna agire. Magari cominciando proprio dalla questione agraria, che abbiamo sempre analizzato dall’angolo maschile, del contadino, sfruttato, senza terra e sottomesso. Forse è arrivato il momento di cambiare di prospettiva analitica fin dall’inizio. Questo stiamo provando a fare, ricercare un riequilibrio fra esseri umani e natura a partire dal riequilibrio tra uomini e donne. 

 

Ci stiamo provando: il nostro messaggio è arrivato all’unico leader che sembra preoccuparsi di questo necessario cambio di paradigma. Nel numero 4092 della rivista dei gesuiti Civiltà Cattolica abbiamo pubblicato il nostro appello, grazie all’aiuto di Gael Giraud. Speriamo riuscire ad andare avanti e che Francesco ci risponda, così da non finire anche lui assieme a Celestino V.

 

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