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venerdì 28 agosto 2015

2015 L38: De Kaboul à Calais - Wali Mohammadi

Robert Laffont 2009

 Il est l'un de ces jeunes Afghans que la guerre a arrachés à leur pays et jetés sur des routes de hasard jusqu'à Calais.
Il lui a fallu de la chance, beaucoup de courage, et une bonne dose de folie.
Son histoire est celle d'une renaissance.

Ils sont des milliers chaque année à quitter l'Afghanistan et à affronter tous les dangers pour émigrer clandestinement : obligés de franchir déserts et montagnes, de traverser un ou deux bras de mer, ils mettent souvent des mois pour atteindre leur but – Calais, ultime porte avant l'Angleterre –, quand ils y parviennent.
Wali Mohammadi a été l'un d'eux. Orphelin – son père, emprisonné par les talibans, est mort sous la torture, sa mère a été tuée par une bombe sur un marché –, il a quitté Kaboul à l'âge de quinze ans, car il n'avait plus rien à perdre, sauf la vie.
Il fait ici le récit de son périple – à pied, à cheval, en bus, en train, en bateau, en camion –, de Kaboul à Calais via le Pakistan, l'Iran, la Turquie, la Grèce, l'Italie, la France... Il raconte les espoirs, les angoisses d'un clandestin, et toutes les péripéties de son voyage. Il dénonce le système des passeurs, véritable économie fondée sur la contrebande d'êtres humains. Il décrit aussi le sort d'un sans-papier, sauvé, dans son cas, par une rencontre heureuse. Une famille de Calaisiens prendra le risque de l'accueillir et lui offrira la chance de mener une nouvelle vie, en France.


Interessante per quello che racconta ma anche per quello che non racconta. Una volta arrivato a destinazione e preso sotto le cure di questa famiglia di benevoli abitanti di Calais, gli altri immigrati bloccati in cittá e che avrebbero bisogno di aiuto, di tanti volontari che diano loro una mano.. ecco, quelli scompaiono dalla storia.. resta solo lui, i suoi amorazzi e il fratellino... insomma da leggere ma senza imballarsi troppo.

lunedì 24 agosto 2015

Dai piazzisti da quattro soldi ai ladri di semi



Finalmente cominciamo a vedere sul serio cosa significa non aver voluto occuparsi dei problemi del sud del mondo, anzi, aver fatto di tutto, per colpa o omissione, per peggiorarli. Chiamiamoli perseguitati in fuga dalle guerre, immigrati, clandestini o come si voglia, resta il fatto che quest’anno dovremmo celebrare la milionata di arrivi. Un trend chiaramente destinato a salire verso vette di cui non abbiamo idea di dove possano situarsi.

Di fronte alle reiterate tirate d’orecchie della Chiesa cattolica (anche lei, meglio tardi che mai, arrivata a capire che questo fenomeno di massa necessita un approccio serio, attivo e che tocchi il sancta sanctorum del modello economico in vigore), le risposte più sguaiate sono venute dall’ex padano Salvini (ex-padano perché adesso è un nazionalista convinto).

Il segretario generale della CEI, quel Monsignor Galantino di cui tanto si parla in questi giorni, ha giustamente commentato che quelle del Salvini e company sono roba da piazzisti da quattro soldi (senza nulla togliere ai piazzisti di professione, sia detto ben chiaro)  http://www.repubblica.it/vaticano/2015/08/10/news/immigrati_galantino_cei_contro_loro_piazzisti_da_4_soldi_-120738402/

Dato che mi pagano anche per guardare oltre il Tevere, vi consiglio di leggere anche quest’altro articolo http://www.newrepublic.com/article/122441/corn-wars sulle guerre del mais, e su come oramai gli americani considerino la protezione dei semi ibridi di mais prodotti dalla Monsanto, Dupont e company come dei beni essenziali alla sicurezza nazionale. Interessante da leggere perché conferma la stessa analisi che sto facendo da parecchi anni, sulla base di dati pubblici che ho già citato parecchie volte, sulla difficoltà che avranno paesi come la Cina a soddisfare le necessità alimentari di una popolazione crescente ma anche meno povera. Il cambio di dieta costa caro in termini di quantità di grano da produrre e sembra fuor di dubbio che ai ritmi attuali il gap fra bisogni e disponibilità sarà fuori controllo in pochi anni. Quindi andar a rubare varietà ibride in casa d’altri fa parte delle strategie per accelerare la ricerca in agricoltura e aumentare la produttività. Altra possibilità, già in corso da tempo, è quella di andarsi a prendere la buona terra agricola laddove sia disponibile, in modo da produrre quanto serve per il proprio mercato. Non è che siano cattivi i cinesi, sono semplicemente pragmatici e quindi di fronte a un problema che non ha molte soluzioni, loro cercano quelle migliori per loro.

In caso non ci riuscissero, magari si incazzerebbero, per cui rischieremmo di ritrovarceli davanti in contesti ancor peggiori degli attuali.

Dunque, loro prendono le terre dove le trovano, per esempio in Africa, cercano di rubare le nuove varietà ibride, il tutto per produrre di più perché la crisi la sentono venire. I profughi economici non avendo alle spalle uno Stato come la Cina, devono risolvere individualmente i loro problemi. Ed è giusto che, dopo aver ripetuto per decenni che lo Società non esiste ma che esistono solo individui (Thatcher docet),  questi individui cerchino di andare là dove pensano si possa stare meno peggio. Sbagliato continuare a vedere tutto in un’ottica eurocentrica, perché queste migrazioni di necessità le abbiamo dappertutto, America, Asia, Europa dell’Est e dell’Ovest, Africa e Oceania.

Quindi a quelli che continuano a pensare in piccolo, o che vorrebbero respingerli, magari con le cannonate, cerchiamo di ricordar loro che quello che stiamo vedendo è solo la punta dell’iceberg di un sistema economico che abbiamo voluto, un sistema che depreda il pianeta e i suoi abitanti a favore di una infima minoranza. Nei prossimi anni andrà ancora peggio, questo non abbiamo bisogno di modelli matematici o algoritmi particolari per prevederlo, dato che per riuscire a invertire le rotte dovremmo innanzitutto cambiare il modello economico, renderlo più egualitario e meno consumatore di energia. Ci vorranno decenni perché questo si capisca, l’unico dubbio è se per arrivare a capire queste cose avremo bisogno di passare per la terza guerra mondiale che sempre più leader mondiali, non ultimo il nostro Presidente della Repubblica cominciano a mettere nei loro discorsi ufficiali.

2015 L37: Un doux parfum de mort - Guillermo Arriaga

Libretto, 2015

Dans un petit village du Mexique profond : un meurtre, un cadavre de jeune fille, un assassin trop malin pour se faire pincer, un autre « assassin » (innocent, lui) que chacun voudrait bien voir à la place du vrai… et un brave garçon timide avec les filles que chacun pousse à jouer les vengeurs de la société outragée.

Divorato in un week-end. Candidato alla Top. Ve lo consiglio ... molto tipico latinoamericano...

mercoledì 19 agosto 2015

2015 L36: Numero Zero - Umberto Eco

Grasset, 2015

En 1992, à Milan, un groupe de journalistes, cinq hommes et une jeune femme, sont embauchés pour créer un nouveau quotidien qu’on leur promet dédié à la recherche de la vérité, mais qui se révèle un pur instrument de calomnie et de chantage.
Ils fouillent dans le passé pour mettre en page leur « numéro zéro », et c’est le présent qui leur saute au visage…
« L’ombre de Mussolini, donné pour mort, domine tous les événements italiens depuis 1945 » : est-ce là le délire d’un journaliste d’investigation paranoïaque ? Mais alors, pourquoi le retrouve-t-on assassiné un beau matin ?
Attentats, tentatives de coups d’Etat, empoisonnements, complots, stratégie de la manipulation, de la désinformation et de la tension : quand tout est vrai, où est le faux ?
Umberto Eco nous offre ici la tragédie burlesque de notre temps.

Letto in francese. Buona traduzione devo dire. Il libro é un manuale per giovani girnalisti... e si legge in un attimo. Il vecchio gigione ha colpito ancora.

sabato 15 agosto 2015

2015 L35: Check-point - Jean-Christophe Rufin


Gallimard 2015

Maud, vingt et un ans, cache sa beauté et ses idéaux derrière de vilaines lunettes. Elle s'engage dans une ONG et se retrouve au volant d'un quinze tonnes sur les routes de la Bosnie en guerre. Les quatre hommes qui l'accompagnent dans ce convoi sont bien différents de l'image habituelle des volontaires humanitaires. Dans ce quotidien de machisme, Maud réussira malgré tout à se placer au centre du jeu. Un à un, ses compagnons vont lui révéler les blessures secrètes de leur existence. Et la véritable nature de leur chargement. A travers des personnages d'une force exceptionnelle, Jean-Christophe Rufin nous offre un puissant thriller psychologique. Et l'aventure de Maud éclaire un des dilemmes les plus fondamentaux de notre époque. A l'heure où la violence s'invite jusqu'au coeur de l'Europe, y a-t-il encore une place pour la neutralité bienveillante de l'action humanitaire ? Face à la souffrance, n'est-il pas temps, désormais, de prendre les armes ?

Letto subito dopo aver finito la versione finale del mio terzo saggio romanzato come lo chiama la mia editrice. Sarà perchè sono particolarmente contento del risultato, ma devo ammettere che ho trovato questo Rufin molto al di sotto dello standard a cui ero abituato. Una storia banale e poco verosimile, che non parla dell' Humanitaire come cerca di spiegarci l'autore nella Postface, ma di una crisi adolescenziale di questa Maud e del collega incapace Lionel, per non parlare degli altri improbabili compagni di viaggio dove l'humanitaire non centra nulla come finisce per capire anche Maud, non proprio una flèche come dicono i francesi, ma tutto s'impernia fra un sogno d'amore di uno dei giovani militari e un sogno del bambino mai cresciuto Marc. Il libro finisce con i sopravissuti a trincare alla faccia di quello che è stato appena ammazzato... vabbè, come dico io PMF (Peut Mieux Faire)

2015 L34: Les rues de Santiago - Boris Quercia

Ricomprato quest'anno, riletto e ri-piaciuto, per cui confermo il mio commento favorevole dell'anno scorso. Santiago de Cile, ci manchi.

2015 L33: Cent vues de Shangai - Nadine Laporte



Gallimard, 1997

Shanghai, 1980. Après la Révolution culturelle, la tante Liu a exigé d'être enterrée selon les rites séculaires. Ces obsèques cocasses et poétiques défient le pouvoir et bouleversent à jamais l'existence de Wang le Jeune, alors enfant. Fils zélé d'un médecin fonctionnaire, puis étudiant studieux aux Beaux-Arts, peintre officiel au musée de Shanghai, manifestant rebelle en juin 1989, discret exilé «politique» aux confins de la Mongolie, Wang vivra toujours dans le respect apparent des formes, en Chinois ordinaire. Mais c'est à travers sa sensibilité singulière, intimement subversive, que tous apparaissent : le vieux Zhu, qui se joue comiquement des absurdes mots d'ordre du régime ; Zhang, le peintre génial ; une jeune femme aimée ; le soldat Li ; et l'extravagant colporteur M. Wu, avec qui Wang revient à Shanghai.Mais c'est Shanghai qui est sans doute le «personnage» principal du roman. Nadine Laporte en révèle ici cent visages, beaux, monstrueux, ou ruinés, ou comme surgis d'un rêve.

Aiuto... proprio non sono riuscito ad arrivare alla fine...