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domenica 14 maggio 2017

La sottile linea verde


Vivere in una città come Bangkok, megalopoli situata in un clima caldo umido, con i soliti problemi di inquinamento, traffico caotico, scarichi maleodoranti, puzze varie per strada etc., è un’esperienza che dovrebbe far riflettere sul mondo che stiamo costruendo: chi volendolo, pervicacemente, chi non-opponendosi e accettandolo nel profondo di sé stessi.

La logica del modello economico nel quale siamo nati e cresciuti è basata su due parole che sono diventate un mantra degli economisti: crescita e modernizzazione. Il Dio, unico e trino, che governa queste realtà, si chiama Mercato. Chi mettesse in dubbio questaTrinità è pregato di accomodarsi in panchina. Tutte le strutture che regolano e governano il mondo a livello nazionale o supranazionale, sono basate su questo schema. Lo stesso dicasi per il livello immediatamente sotto, le università, i centri di ricerca e tutto quanto serva per riprodurre una classe dirigente ligia a questi assiomi. Ovviamente anche le nostre agenzie delle nazioni unite sono state messe al passo.  Restano i soliti villaggi sperduti, alla Asterix, che cercano di non farsi sommergere da questa religione, ben più pericolosa dei quattro sprovveduti islamici radicali.

Lo schema di comando è semplice: sopra sta il CT, colui che comanda nella sua invisibilità e nel cui nome tutto va fatto: il Mercato. Il livello immediatamente sottostante è quello, da un lato, di chi si occupa di mantenere accesa la fede attraverso i mantra della crescita e modernizzazione, e dall’altro chi organizza lo sfruttamento di tutto quanto sta ai piani inferiori, in modo da far risalire verso l’alto i benefici e rimandare verso il basso i costi. Il livello immediatamente sotto è quello dell’educazione, che si articola tanto col livello religioso per aiutare la divulgazione del mantra crescita-modernizzazione (C&M) quanto col livello affaristico finanziario per oliare i meccanismi e studiarne nuove possibilità.

A questo punto uno avrebbe il diritto di chiedere: ma a quale scopo tutto questo? La risposta ce la danno i sacerdoti, i custodi del mantra C&M: lo si fa per il Profitto. Il Profitto è la molla che deve spingere avanti tutta la macchina. Non essendo una cosa naturale, va continuamente ripetuta, in modo che tutti ne interiorizziamo il valore di assioma. Non si discute, è così e basta. Per il profitto tutto è lecito, le barriere dell’etica e della morale fanno parte di un mondo preesistente che va adeguato alla modernità attuale. Lo slogan è semplice: il denaro non puzza. 

Questo mondo organizzato si preoccupa di espandere continuamente le sue frontiere, in modo da farci entrare quanto più possibile di tutto ciò che ritroviamo sulla terra, preparandosi anche a ripetere lo schema con quanto si trovi a portata di mano nello spazio. 

Sacerdoti famosi di questa religione sono stati Milton Friedman, economista teorizzatore del monetarismo e del neoliberalismo sfrenato che, grazie al seguito di apostoli conosciuti come i Chicago Boys portò sangue e distruzione per una maggioranza di popoli dell’America latina arricchendo nel contempo una casta agli ordini di Washington. Assieme a lui ricorderemo Ronald Reagan e Margaret Thatcher che furono i politici chiave nel momento adatto per spargere questa rivoluzione conservatrice nel mondo.

Grazie a questo modello, continuiamo ad avere quasi un miliardo di persone che soffrono la fame e quasi la metà della popolazione mondiale che vive in regime di povertà, il tutto dopo decenni che ci sono stati presentati come quelli del miglior sviluppo possibile. Aver sfruttato, e continuare a farlo, gli esseri umani, per farli ritornare ai regimi di schiavitù, come ho osservato personalmente nello Stato del Parà in Brasile, ma che si potrebbe vedere anche in Africa, Mauritania e altri, non è bastato. Il mostro che comanda, il Leviatano della religione moderna aveva e ha bisogno di cibarsi in maniera crescente ogni giorno di più. 

Molti di noi non hanno ancora interiorizzato il fatto che il giro d’affari legato alla finanza mondiale ha oltrepassato l’insieme di tutte le economie mondiali da parecchio tempo. Si conta in Trilioni di dollari il giro d’affari la velocità, al contrario, è diventata infinitesimale, microsecondi. Solo computer sempre più avanzati possono stare dietro alla velocità con cui trattano gli affari e le speculazioni in borsa, anche qui l’uomo oramai è troppo vecchio e lento per queste cose. Per evitare rogne maggiori, dato che viviamo in una civiltà della comunicazione di massa, è fondamentale che qualcuno ci metta la faccia: ecco il ruolo che è stato deputato ai governi eletti, e le loro organizzazioni sopranazionali. Compito loro, indipendentemente dal colore politico oramai, è di riaffermare ogni giorno che passa che C&M sono la base della Libertà e quindi non si possono rimettere in discussione. 

Viene introdotta così un’altra parola chiave, che viene pian piano associata al mantra C&M: la Libertà. Fin dai tempi del giovane Giorgio Gaber noi sappiamo da che parte dobbiamo stare: “Gli americani hanno le idee chiare sui buoni e sui cattivi, chiarissime. Non per teoria, per esperienza, i buoni sono loro” (tratto dal disco e spettacolo Libertà Obbligatoria). Quindi chi sta con noi, in favore di C&M può attaccare anche la stellina della L di libertà, e il mantra diventa C&M&L.

Pian piano il cerchio si chiude: se sei contro la crescita e la modernizzazione sei contro la libertà. Basterebbe questo, ma possiamo aggiungere anche la doppia P di Proprietà Privata. E siamo così alla summa teologica: C&M&L&PP. 


Chi tocca i fili muore, come ben indica il segnale precedente.

Chi ha pagato il conto di tutto questo? Per quanto riguarda l’umanità, questo lo sappiamo e lo vediamo ogni giorno nei nostri telegiornali. Fame, Povertà, Miseria e Guerre dappertutto. Cortesemente siamo invitati, negli stessi telegiornali, a ricordarci però che grazie a C&M&L&PP siamo diventati più ricchi, possiamo girare il mondo, andare al cinema, insomma abbiamo la nostra razione di Pane e Circense che ci consiglia di star tranquilli se non vogliamo perdere la nostra fettina. Che poi questa fettina tenda a ridursi ogni giorno di più, non possiamo farci nulla, è il mercato bellezza. E sappiamo che Dio non può essere messo in questione.

Oltre a noi, umani parlanti, capita che da una cinquantina d’anni ci rendiamo conto che anche la Natura stia pagando il conto, e in modo ben più salato di quanto sospettiamo. Un economista americano, specialista di quel ramo della scienza economica che si occupa dell’ambiente (insomma, un bandito in giacca e cravatta), ci informa che annualmente il valore dei “servizi ecosistemi” persi dalla natura si aggira attorno ai 3 Trilioni. Gli zeri ce li mettete voi, ma dopo essere arrivati alla fine. Una persona sensata dovrebbe quindi trarre la conseguenza ovvia: abbiamo una sola Terra, la stiamo depredando a livelli accelerati, a botte di 3 trilioni l’anno, quindi forse dovremmo fermarci e ripensare tutta la religione che ci avvolge. 

Risposta sbagliata. La risposta giusta è di mettere anche la Natura dentro nella giostra del C&M&L&PP, sotto al guida di Dio, il Mercato.

Quindi chi vive in queste megalopoli inquinate, sporche e invivibili deve dirsi che questo è il migliore dei mondi possibili e che se ci fosse un po’ più di mercato sui temi della Natura, tutto andrebbe meglio. Potete dire che magari sono legato a idee oramai troppo antiche e che, alla fine, dire che una specie rara, un ecosistema particolare o cose simili hanno un valore economico, è solo un modo moderno per dire quello che diremmo noi: e cioè che queste cose non hanno prezzo. Gli economisti organici alla religione dominante vogliono farci credere che mettere un prezzo, magari alto, sia solo un modo per ricordarci la loro importanza. 

E’ così che il piano orizzontale comincia ad inclinarsi, e la “ragione” viene portata a dirigersi verso l’orizzonte C&M&L&PP. Il passo successivo, una volta che si accetta l’idea che questi beni rari (non unici, occhio, ma rari, un modo semantico e gentile per far passare l’idea che in fondo in fondo, cercando bene, se ne trovano ancora - se invece restassimo a discutere di beni unici, allora il discorso cambierebbe, e di molto) abbiano un valore e quindi un prezzo (anche qui giocando sulla confusione della persona ordinaria che non immagina le guerre che ci stanno dietro a valore. e prezzo), viene posta - senza porla direttamente, la questione successiva: dove posso trovare queste rarità e dove posso “investire” i miei risparmi per aiutare la biodiversità?

In questo modo si è riusciti a far passare l’idea che noi, cittadini lambda, potremmo mettere dei soldi per “proteggere” la Natura. Per semplice traslazione, quando vogliamo mettere i nostri risparmi da qualche parte, immediatamente pensiamo alla nostra cara Banca. Ed infatti, sorgono come funghi Banche ambientali che si propongono giustamente di far fruttare i nostri risparmi investendo sul benessere della Natura.

Ma come è possibile che una Banca faccia fruttare i miei soldi (che ho trasformato in azioni per proteggere un bene ambientale)? L’unica possibilità è che ci sia un mercato dove si possano scambiare queste azioni e dove, attraverso degli interventi fatti per salvare l’ecosistema, le nostre azioni aumentino di valore così che possiamo venderle e guadagnarci sopra.

Ottimo, siamo già tutti più contenti, e in fin dei conti ci diciamo che il C&M&L&PP non ha tutti i torti.

Come tutti i mercati del mondo, anche questo mercato ambientale è truccato. Esiste cioè una teoria ufficiale e poi esiste la realtà. La realtà è costruita dagli uomini, a partire dal presidente Reagan, seguito poi da Bush padre che hanno creato le vere basi dei mercati ambientali. L’invenzione del secolo è semplice come dire buongiorno (un vezzo di francesismo, chiedo venia). Si tratta della parola: Compensazione. Io do a te una cosa in cambio di un’altra, una cosa vecchia che il mondo, dal baratto al mercato. Quel che cambia è l’applicazione: si legano mercati economici e finanziari con i mercati ambientali. Nella pratica funziona così: io voglio costruire una fabbrica inquinante in una zona non lontana dall’ecosistema protetto. Vado sul mercato e compro dalla banca ambientale l’equivalente dei “danni” che la mia fabbrica provocherebbe in quella zona. Se la domanda di azioni della banca ambientale per quel “prodotto” cresce velocemente, anche l suo prezzo (ops. Valore) iniziale sale e io, che ho messo i miei risparmi ci guadagno di più.

In questo modo, all’industriale che ha i soldi (finanziati dalle banche), viene dato un certificato di poter inquinare, tanto lui “compensa” con dei soldi messi a comprare azioni dell’ecosistema che la banca (magari la stessa) mi ha venduto.

Chi più soldi ha, più può inquinare. 

Poi resta il problema chiave: un ecosistema, per definizione, funziona come un sistema: cioè tante variabili in interazione permanente di cui noi umani riusciamo ancora a capirne poco. Ecco perché quando vado in una banca ambientale, non mi propongono di salvaguardare un ecosistema nella sua integralità, contando anche gli effetti subiti da altri ecosistemi più o meno vicini e includendo anche gli effetti del nostro ecosistema sugli altri - dato che non sappiamo modernizzarlo e calcolarlo, ma mi propongono qualcosa di semplice: proteggere un animale, una pianta, qualcosa che sia in pericolo di vita e grazie alla quale, “salvandola”, io mi metta il cuore in pace.

Stiamo così riducendo la complessità ambientale, quella che ci fa vivere, a qualcosa di semplice, le sue parti fondanti, dimenticando che l’interazione non si fa sommando gli addendi, ma moltiplicando. Per cui ogni intervento nostro, anche il più banale, alla fine non solo non attinge lo scopo, ma complica ulteriormente l’equilibrio della biodiversità esistente.

Noi respiriamo aria sempre più inquinata e la cui qualità va peggiorando. Stanno già operando mercati dell’aria, attraverso programmi che paesi donatori hanno proposto-imposto alle Nazioni Unite con la stessa idea di valutare il danno e poi compensarlo. 


La sottile linea verde dell’equilibrio ambientale è stata passata e di molto da parecchi decenni. Non contenti di questo, gli umani cercano tutti i mezzi per accelerare la sottomissione dell’ambiente naturale all’ambiente finanziario. Guardatevi questo documentario per saperne di più: ARTE: Nature: le nouvelle Eldorado de la finance. https://www.youtube.com/watch?v=M9IGLki5J1M

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