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venerdì 19 giugno 2020

Food Action Alliance e il Forum di Davos: il futuro della nostra tavola



Il Forum di Davos oramai lo conosciamo bene. Si tratta di un gruppo di ricconi e potenti uomini d’affari e di governo che si riuniscono una volta l’anno per fare il punto fra di loro di come vanno i loro affari. Ogni tanto invitano anche delle voci più o meno diverse, giusto per dare una spruzzatina di apertura e demagogica democrazia così che i giornali al loro soldo parlino bene delle loro riunioni e di quanto sia importante per l’economia mondiale. 

La realtà è ovviamente diversa perché le loro discussioni vertono su come far andar meglio i loro affari, non certo lo stato di salute del mondo. Questo lo conferma lo stesso fondatore del Forum, così come riportato in un articolo del Sole 24ore: «è sempre stato concepito come piattaforma per gli investitori». (https://www.ilsole24ore.com/art/davos-2020-cos-e-e-perche-e-nata-riunione-dell-elite-mondiale-ACkjD5CB?refresh_ce=1)

Per ovvie ragioni commerciali e di immagine, alla fine anche a Davos hanno cominciato ad usare le parole ecologia e etica, che cercano di spruzzare dappertutto, soprattutto quest’anno che hanno celebrato i 50 anni. 

Noi però non dobbiamo perdere di vista la stella polare e cioè gli affari.

Come descrivo in un libretto di prossima pubblicazione (presso i tipi di Meltemi, novembre 2020) l’attacco al mondo agricolo-rurale-ambientale ha raggiunto oramai il terzo stadio propulsivo. Partito dal tema agrario, con la concentrazione fondiaria e produttiva in poche mani e sempre più sotto il controllo a monte delle industrie degli input necessari (macchinari, prodotti chimici, sementi…) e a valle dell’agribusiness che controlla le catene di valore e la grande distribuzione, con risultati di una uniformizzazione verso il basso della diversità e qualità del cibo che ci arriva in tavola, questo attacco è proseguito con la finanziarizzazione della natura (pagamento dei servizi ecosistemici, meccanismi di compensazione di Kyoto etc.) e adesso è arrivato alla fase che chiamo della neo-colonizzazione digitale. 

Il momento chiave per il pubblico sarà l’anno prossimo con la tenuta del World Food Systems Summit, una iniziativa partita da Davos (cioè dal settore privato), al quale è stato obbligato associarsi il segretario delle nazioni unite Guterres e poi, a ruota, arriveranno le solite grosse ONG internazionali (già conosciute come BINGO). La FAO del nuovo direttore generale cinese è stata messa al margine, dato il rischio che la Cina pretenda di farlo organizzare dalla stessa FAO, potendo giocare un ruolo importante che, in questo momento, non piace al mondo del business occidentale.

Una alleanza speciale è stata creata, la Food Action Alliance, a traino del settore privato, e una Concept Note è stata redatta e resa pubblica a fine novembre del 2019 (https://weforum.ent.box.com/s/v7ufrlql7dd7pcez7sprnbk5e65frdi6). Il testo rasenta in modo chiaro le regole del gioco delle 3 carte: confondere lo spettatore con una montagna di parole chiave messe lì in qualche modo, con l’intento di nascondere l’essenziale. Per me la base sarebbe abbastanza semplice: basterebbe guardare la serie storica dei prezzi dei prodotti agricoli pagati ai produttori e vedere come questi abbiano continuato a scendere (mentre i prezzi finali ai consumatori, controllati dall’agribusiness delle catene di valore e della Grande Distribuzione Organizzata, non scendono). Quindi, ripartire da lì: pagare di più i contadini, in modo da ricapitalizzare il settore. Questo ovviamente sarebbe solo l’inizio. La questione chiave è che siamo in presenza di forze altamente asimmetriche, per cui le agricolture “moderne” e chimiche del nord hanno delle produttività nette per lavoratore che sono centinaia di volte superiori a quelle delle agricolture contadine del Sud. A questo si aggiungono le montagne di sussidi e l’insieme di politiche protettive. Questo andrebbe fatto esattamente nel senso contrario. Proteggere le agricolture del Sud, sussidiarle e togliere tutti gli aiuti alla grande agricoltura del nord. A quel punto potremmo cominciare a sederci a un tavolo per discutere del resto.

Leggetevi la nota della Food Action Alliance e quanto scrivono sul sito del Forum di Davos rispetto al WFFS: ovviamente nulla di tutto questo. Se siete interessati a questi temi (e lo spero, perché alla fine questo riguarda cosa mangeremo anche noi italiani nel futuro e in che ambiente vivremo), allora vi invito a novembre a comprarvi una copia del mio libretto, scritto per spiegare ai non specialisti l’insieme di queste crisi.

lunedì 15 giugno 2020

2020 L28: Ignazio Silone - Fontamara


Oscar Mondadori

Nei primi anni della dittatura fascista a Fontamara, "un antico e oscuro luogo di contadini poveri nella Marsica", i "cafoni" subiscono soprusi e ingiustizie così antichi da sembrare naturali come la neve e il vento. Berardo Viola, che porta una scintilla di ribellione, subirà le torture della milizia fascista e sarà ucciso, ma assurgerà a emblema di un nuovo, seppure ancora impreciso e velleitario, livello di dignità. Opera intessuta di una precisa verità storica, Fontamara fonde la ballata popolare, la parabola evangelica e la satira politica in una partitura corale che si fa violenta denuncia di ogni ingiustizia.

Chissà come mai non l'avevo mai letto. Un gran libro. Sarà sicuramente nella Top dell'anno.

lunedì 8 giugno 2020

2020 L27: Benoit Bouthillette - La trace de l'escargot


JCL, 2009
Benjamin Sioui, d’origine montagnaise, daltonien de son état, consommateur occasionnel de cocaïne, fan de Kurt Cobain et amoureux d’un médecin légiste à laquelle il trouve une ressemblance avec la star Laetitia Casta, enquête sur une série de meurtres. 
Il a toutefois affaire à un tueur génial, minutieux, dément et sadique, qui s’inspire savamment des tableaux du peintre britannique Francis Bacon pour élaborer la mise en scène de ses crimes. 
Au cœur d’un Montréal nocturne et marginal, on assiste alors à une lente plongée dans l’esprit de l’inspecteur, à une incursion dans l’univers tourmenté de ce héros romantique. Benjamin Sioui est un homme épris de justice et d’absolu, un homme capable d’amour, qui croit en l’amour et en un monde meilleur. Mais tous les jours son travail lui rappelle qu’il y a la laideur et la folie. Une folie si outrancière qu’il a parfois l’envie irrésistible de verser pour de bon dans le cynisme et la désillusion.
Pourtant, cette histoire, sous des dehors d’enquête policière, est d’abord et avant tout un grand roman d’amour; elle est celle d’un homme prêt aux actes les plus grands, les plus nobles et les plus risqués pour rester totalement fidèle à ses sentiments.
La Trace de l’escargot est touffu, écrit dans un style parlé à mi-chemin entre la plume de Richard Desjardins et celle de Pierre Foglia. L’univers que ce récit unique nous propose est métissé, cultivé, sans compter qu’il possède ses propres références et sa langue spécifique. En somme, une œuvre d’art à tous points de vue.

Primo polar che leggo in francese del Quebec. Uno sforzo non da poco, soprattutto quando la storia è molto alambiccata. Comunque sono arrivato alla fine capendo anche la trama. Adesso però, riposo.