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venerdì 7 ottobre 2022

10th anniversary of the CFS VGGT

 

Ancora una volta la International Development Theater Company (World Bank, IFAD, FAO, USAID, GIZ ed altri) si è riunita per discutere delle Voluntary Guidelines, approvate a maggio del2012. Un successo indiscutibile di questa operazione è stato di aver associato anche il più grande movimento contadino, La Via Campesina, che fin dal giorno dell’approvazione ha entusiasticamente applaudito questo processo.

 

Per chi ha poca memoria, è necessario ricordare per l’ennesima volta il periodo storico nel quale si sono inserite le VGGT, così che sia più chiara l’operazione di manipolazione così brillantemente condotta, nonché il cul-de-sac nel quale ci si trova adesso.

 

Gli anni novanta, malgrado l’aggressiva dominazione del modello neoliberale, individualista e centrato sul Dio mercato, avevano visto risorgere a livello internazionale l’eterna questione della “Terra”, sia via il tema della Riforma Agraria, sia attraverso il tema dei diritti delle popolazioni locali e dei popoli indigeni. Anche la questione di genere provava a guadagnarsi spazio, in un mondo, quello agrario, dominato da una visione maschilista sia nelle istituzioni di governo che nelle agenzie UN e nei movimenti contadini.

 

Una congiunzione astrale favorevole fece sì che il direttore generale della FAO, Jacques Diouf, ascoltasse la richiesta iniziale delle Filippine, alla quale si associò successivamente il Brasile, prendesse a cuore il tema e, malgrado le forti resistenze interne, in particolare dalla nostra unità (il Land Tenure Service) e dal suo capo inglese, decidesse di andare avanti, facendo approvare l’idea di una conferenza internazionale da tutti i comitati interni e ne affidasse la realizzazione al nuovo direttore, un iraniano sensibile anche se non specialista del tema, con cui ebbi l’onore di condividere l’essenziale del lavoro di preparazione.

 

La Conferenza (ICARRD) si realizzò in Brasile, dato che avevano messo loro i fondi necessari, così da poterla spendere nel mercato politico interno per cercare di ridorare il blasone del presidente Lula che, su questo tema, non aveva mantenuto nessuna delle promesse fatte in campagna elettorale. Sintomatico che, dopo aver discusso per mesi le date, in modo da esser certi della sua presenza al momento dell’apertura, Lula preferisse, all’ultimo momento, andarsene in Inghilterra per farsi fare una foto con la regina Elisabetta, confermando che le sue priorità andavano verso i ricchi altolocati piuttosto che tra i poveri senza terra.

 

ICARRD fu organizzata in modo molto diverso dal solito, dando le stesse opportunità di parola (in quelli che comunemente sono chiamati side-events) alla Banca mondiale come all’ultima ONG interessata. Per la prima volta, i documenti preparatori, da sempre responsabilità esclusiva della FAO, vennero aperti a un contributo esterno, così che uno di loro fu preparato interamente dall’IPC, il braccio politico internazionale di LVC sul tema madre, la sovranità alimentare.

 

Ovviamente la Banca mondiale e i suoi sodali (tipo USAID, DfiD) non apprezzarono questa ventata di democrazia, e non si presentarono, ma iniziarono a lavorare dietro le quinte per preparare un futuro diverso da quello che stava preparandosi a Porto Alegre.

 

ICARRD, come ricordano tutti e tutte quelle persone che ci sono state, è stato un momento di dialogo aperto, sincero, anche con i movimenti contadini più restii ad entrare in una logica di dialogo e negoziazione e si concluse con un sentimento di positività molto forte.

Eravamo coscienti che i paesi del Nord, cioè i Donatori, non erano contenti che si pensasse di toccare questo tema assieme a movimenti sociali e organizzazioni contadine e indigene, senza dare un ruolo principale ai potentati del Nord. Quindi il problema di come organizzarci per il seguito si pose da subito.

 

Grazie al supporto di colleghi dell’IFAD, fu possibile pensare a una iniziativa congiunta, con la FAO e i movimenti contadini interessati, che partisse dai progetti in corso, per dimostrare nei fatti la validità del principio cardine di ICARRD: dialogo e negoziazione, non semplice partecipazione, ma creare condizioni, cioè entrare a discutere delle dinamiche di potere locali, per mettersi attorno a un tavolo dove poter discutere di politiche e legislazioni e programmi in favore del superamento dei “bottlenecks” che bloccavano qualsiasi sforzo di “sviluppo”.

 

Le resistenze furono maggiori di quanto da noi stimate, ma quello che non ci aspettavamo fu il tradimento de LVC.

 

I paesi del Nord, inizialmente molto restii a toccare il tema terra, pian piano si erano arresi alla crescente conflittualità che si registrava in un numero crescente di paesi, malgrado i tentativi della Banca mondiale di dirigere queste dinamiche verso temi periferici e neutri, cioè senza toccare la questione centrale delle asimmetrie di potere. Fu così che la prima mossa fu di mandare dei donatori a parlare con il nuovo capo dipartimento della nostra unità (cioè il capo del direttore che aveva preso la responsabilità di organizzare ICARRD) e mettere sul piatto una grande quantità di fondi per occuparsi di un nuovo tema, sul quale non era evidente che la FAO avesse un mandato, il cambio climatico, a cambio di una sola condizione: dimenticare ICARRD.

 

Il passo successivo fu quello di mettere in circolazione la proposta di iniziare a lavorare sulla “governance” della terra, mantenendo in tela di fondo l’interpretazione di questo tema come dato dai tenutari del Consenso di Washington. Nacque così l’operazione VGGT. Scopo principale, togliere dalla circolazione qualsiasi riferimento alla riforma agraria, questa parola che, per quelli del Nord, suona come una bestemmia nella Basilica di San Pietro. L’operazione sostituzione era iniziata nei primi anni 90, dopo la caduta del Muro e lo scioglimento della ex-Unione Sovietica. Il governo americano propose (impose?) alla FAO di eliminare due servizi che, a loro giudizio, non servivano a nulla: il primo era quello della Rural Extension e il secondo, manco a dirlo, era il nostro, che si chiamava, da sempre, Servizio della Riforma Agraria. La “negoziazione” politica interna alla FAO risultò nella eliminazione del primo servizio e nel cambio di nome per il nostro, che passò a chiamarsi Land Tenure Service. 

 

Per i non addetti ai lavori può sembrare un passaggio insignificante, in realtà era centrale per l’operazione di mettere sotto il controllo della finanza internazionale le terre (e le risorse) del Sud. La FAO era l’unica agenzia ONU dove si parlava e promuoveva (magari non troppo) la riforma agraria, un cambio di struttura, non solo una questione di tecnica e tecnologia come piace discutere in questi giorni all’IFAD.

 

Rimaneva un piccolo spazio dove ancora si parlava di riforma agraria, ed era la rivista ufficiale FAO di cui mi occupavo come editore dal 1992. Anche lì, grazie al nuovo capo inglese che ci venne imposto, la musica cambiò e venni estromesso da questo compito giusto alla vigila di ICARRD, per passarne il ruolo a un collega che ha successivamente fatto carriera alla Banca mondiale esattamente sui temi di dati, tecnica e tecnologia legati alla land tenure.

 

Il nostro servizio diventato Land Tenure Service, la rivista rinominata Land Tenure Journal, bisognava disinnescare il potenziale che ICARRD rappresentava. L’operazione VGGT a questo serviva: innanzitutto togliere definitivamente qualsiasi riferimento alla riforma agraria ed inquadrare il tutto dentro il perimetro della amministrazione fondiaria, catasto, dati e tecnologia moderna, così da non parlare più delle dinamiche di potere. Le VGGT nascevano fuori dalla FAO, all’interno del CFS, così da far credere a una maggiore democratizzazione del dibattito, ma il gioco era truccato fin dall’inizio e i movimenti contadini non lo capirono mai, né allora né adesso.

 

Nate come “volontarie”, le VGGT dipendevano dal buon volere di quei governi che detenevano il potere, il che toglieva da subito qualsiasi speranza di cambiamento. La FAO, dichiarandosi subito non responsabile del documento finale, chiarì subito che non era compito suo fare pressione sui governi in favore delle misure più progressiste. Al massimo poteva dare un po’ di assistenza tecnica, se qualche donatore (i soliti lupi del Nord) avessero messo i soldi sul tavolo.

 

Era un’operazione di manipolazione talmente evidente che, nella mia ingenuità, pensai che avrebbe provocato una reazione contraria molto forte da parte di LVC. Immaginate quindi la mia sorpresa quando, al contrario, decisero di entrare nel processo, per essere poi presenti sul palco, a maggio 2012, con uno dei loro leader, Scapazzoni, a dire quanto felici erano dell’approvazione di questo strumento fondamentale.

 

Dieci anni sono passati, LVC ha avuto tempo per rendersi conto di aver sbagliato i conti, ma ovviamente non ha mai voluto fare un mea culpa su questo, ed oggi il tema riforma agraria è, di fatto, sparito dal dibattito mondiale, mentre i conflitti sono aumentati in maniera esponenziale dappertutto, e in giro si discute di: data, monitoring, best practices e come migliorare i catasti e i diritti formali sulla terra, cioè tutto quello che serve per migliorare i mercati della terra a favore degli interessi dei potenti (una volta era solo il Nord, oramai anche Cina e la finanza internazionale in generale).

Ancora ieri e oggi LVC sta seduta lì a farsi prendere in giro, quasi non capissero che si sono fatti fregare (they got ripped off). Soldi per progetti nei paesi (del Sud ovviamente, perché i problemi di governance che esistono nei paesi del nord, tipici i diritti non rispettati del popolo Sami in Norvegia, Finlandia, Svezia e Russia, tutti paesi membri della FAO) non ce ne sono più, per cui adesso si tirano le somme: zero risultati, nessun paese esemplare da mostrare, e così si pensa chiudere il tema terra per sempre.

Peccato che sia la realtà ad imporsi alla teoria, e saranno ancora una volta i conflitti fondiari, mascherati da conflitti religiosi, ad imporsi ancora una volta alla nostra attenzione. Peccato perché ricostruire una alleanza progressista necessiterà molto tempo e soprattutto facce nuove, sia a livello di governi che a livello di agenzie ONU e di movimenti contadini. Io, che ci ho passato la vita a battermi per questi temi, sono finito all’angolo, pensionato obbligato dall’incompetente direttore generale brasiliano (come ho spiegato nel mio libro A Manà), ma almeno mantengo una libertà di espressione che molti colleghi e colleghe FAO hanno perso, spero non per sempre.

 

 

 

 

  

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