L'altro ieri, 2 dicembre, ho presentato l'Appello di Valencia: l' abbiamo scritto in molti, pensando a un pubblico di giovani e meno giovani, che non ha perso la voglia di sognare un mondo migliore. Una breve ricostruzione storica di quello che avrebbe potuto essere una organizzazione delle nazioni unite che si occupasse dell'agricoltura; una cosa diversa dall'attuale, una battaglia persa ma che è stata combattuta. Abbiamo poi ricordato un altro lottatore, Josuè de Castro, che ha provato anche lui a far avanzare le lotte per la sicurezza alimentare mettendo le basi per un'alaisi delle cause strutturali e non superficiali del problema. Nemmeno lui è riuscito ad andare molto lontano, ma il suo esempio è stato molto importante nella mia vita professionale.
Abbiamo poi fatto il punto delle cause strutturali che rendono le agricolture del sud cosi poco competitive e dei meccanismi che concentrano ogni giorno di piú il potere nelle mani di pochi. Un modello che arriva al culmine e che deve essere ripensato profondamente, senza asti particolari, ma semplicemente perchè è oramai chiaro che fa parte delle cause del problema fame e povertà e non delle possibili soluzioni.
Ma cambiar modello vuol dire pensare alle allenze politiche, e ad una visione di cosa si vuol difendere e perchè. Abbiamo chiuso quindi con proposte, e con un appello a mettere assieme forze, sperando che i movimenti contadini capiscano l'importanza dell'unione ed escano dalla logica "egoista" per cui ognuno si crede il piú bravo e l'unico detentore della veritá. Imparare ad accettare le logiche del potere per combatterle dal didentro, lottare per occupare spazi di potere interni e non solo aspettare che le cose cambino da fuori. Vuol dire un cambio di prospettiva che, penso io, è necessario. Non possiamo piú permetterci divisioni, la posta in gioco é troppo alta. Nei prossimi mesi ed anni saranno in gioco alcune posizioni chiave dentro dei nostir organismi: posizioni dalle quali dipendono il fare o non fare avanzare delle idee, politiche e programmi. Posizioni centrali per il dialogo serio e leale con i movimenti contadini. Non lottare per queste posizioni è una scelta codarda, la piú facile probabilmente, ma vuol dire non credere assolutamente alla possibilitá di cambaire qualcosa. L'ottimo è nemico del bene dicono dalle mie parti; di questo si tratta: difendere la purezza di sogni e visioni che non hanno appoggi politici di nessun tipo oppure cercare di far avanzare proposte, costruendo alleanze e portare la sfida dentro le istituzioni? Secondo me la scelta è ovvia, ma non sembra esserlo per alcuni.
Io preferisco cominciare a mettere qui le carte in tavola: nei prossimi mesi vedremo come giocheranno, che posizione prenderanno i movimenti contadini rispetto ai candidati alla direzione generale della FAO: chi si ricorda che fra pochi mesi saranno 5 anni dalla conferenza sulla riforma agraria fatta a Porto Alegre? Io si. E da vari mesi ho chiesto ai movimenti di muoversi ed inviare una lettera aperta a tutti i candidati in modo che siano chiare le loro posizioni, o assenza di posizioni. Nessuna risposta scritta per il momento. Vedremo quando sará l'ora.
Ma non é sufficente: secondo me devono cominciare a discutere di quali sono le idee, i programmi che loro appoggiano dentro la FAO, cosí come fanno i governi, con trasparenza; non c'é nulla di male in questo: difendere ed appoggiare chi lotta con loro e cercare di occupare gli spazi che si rendano liberi. Magari perderanno, ma devono capire che i governi, siprattutto i piú conservatori, cosí come i rappresentanti delle lobby piú dure, tipo Monsanto, loro fanno queste lobby sempre ed alla fine vincono sempre loro. Bisogna mettersi in queste lotte, altrimenti avremo giá perso prima.
sabato 4 dicembre 2010
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